lunedì 30 dicembre 2013

Gli attentati di Volgograd seguono le minacce del Principe Saudita Bandar a Putin...

Gli attentati di Volgograd seguono le minacce del Principe Saudita Bandar a Putin...

Nei mesi precedenti ad oggi dicembre 2013 ,  quando la guerra in Syria infuriava e le legioni dei satanici jiahadisti mercenari al soldo dei Sauditi noti per essere dei mangiatori del fegato o del cuore  delle loro vittime militari in combattimento  imperversavano con il sostegno americano , dell'occidente eurosionista, dei Sauditi sostenuti da Israele.


Il principe Bandar ha avvertito Putin, "I gruppi ceceni .... sono controllati da noi", come dire se non vuoi che alle olimpiadi invernali a Sochi, non ci siamo spargimenti di sangue segui le istruzioni che ti diamo... 

..nessuna attenzione dei media occidentali è stata data,  alla minaccia avvertimento emessa dal principe saudita Bandar bin Sultan ad agosto quando ha detto a Vladimir Putin,  che l'Arabia Saudita avrebbe attivato i gruppi terroristici ceceni da  loro controllati  contro la  Russia, se Mosca  si fosse rifiutata di abbandonare il suo sostegno al presidente siriano Bashar Al-Assad.
Le esplosioni gemelle seguono a distanza di pochi mesi le parole profetiche del Principe della morte saudita, il primo attacco l'esplosione dentro una stazione ferroviaria  della città di Volgograd, hanno ucciso almeno 17 persone, seguono la minaccia dell'Arabia Saudita di attaccare la Russia con terroristi ceceni, oggi i fatti. 



Il secondo attacco è avvenuto nei pressi di un affollato mercato nel quartiere Dzerzinskij di Volgograd. Un autobus pieno di gente sul tragitto di mattina è stato squarciato da un attentatore suicida, uccidendo 14.

Anche se nessun gruppo terrorista ha rivendicato la responsabilità per le esplosioni, il sospetto cade immediatamente su islamisti della regione del Caucaso settentrionale che abitualmente attaccano bersagli facili in Russia.

Mentre i media si sono concentrati sulla minaccia che tali gruppi rappresentano per le Olimpiadi invernali di febbraio a Sochi.

ECCO COME AGISCONO I PAESI "DEMOCRATICI" ED I LORO ALLEATI SAUDITI, SE NON STAI AI NOSTRI DICKTAT TI AGGREDIAMO E ATTERRIAMO CON IL SANO TERRORISMO MADE IN...




giovedì 26 dicembre 2013

FUKUSHIMA: LaTEPCO rileva la nuova perdita di radiazioni record dal reattore nucleare Dai-ichi 2 di Fukushima.

FUKUSHIMA: La TEPCO rileva la nuova perdita di radiazioni record dal reattore nucleare Dai-ichi 2 di Fukushima.

edificio del reattore No. 2  di Fukushima Dai-ichi Nuclear power plant s (AFP Photo / Pool)
rt.com/news
26.12.13
La TEPCO ha rilevato un livello record di radiazioni – 1,9 milioni di becquerels per litro dovuti a sostanze radioattive emittenti raggi beta – nel reattore n° 2. Nelle acque sotterranee del reattore n° 4 è stato poi rilevato del cesio radioattivo. Crescono le paure di nuovi sversamenti nell’oceano. 

 La NHK riferisce che è da novembre che il livello di radioattività nelle acque nel terreno sottostante il reattore n° 2 è in crescita. La precedente più alta rilevazione di radiazioni era del 13 dicembre e relativa al reattore n° 1 con un valore di 1,8 milioni di bequerels/litro di raggi beta. 

 Oggi, quest’ultima rilevazione di radioattività nelle acque profonde nel terreno sottostante al reattore n° 4 solleva serie preoccupazioni circa la possibilità di una nuova fonte di sversamento di sostanze radioattive nelle acque dell’oceano essendo la prima volta – perlomeno ufficialmente – che viene rilevata radioattività da un campione proveniente oltre i 25 metri di profondità sotto al reattore n° 4.

 Il personale della TEPCO ha rilevato poi 6,7 bq/litro di Cesio 137 e 89 bq/litro di stronzio oltre ad altre sostanze radioattive che emettono raggi beta. Le fonti ufficiali della società hanno comunque sostenuto che è presto per parlare di un’altra perdita di radioattività e che saranno necessari altri esami per convalidarla. La TEPCO ha anche suggerito che i valori rilevati possano essere errati perché potrebbero essersi maldestramente mischiate delle sostanze radioattive durante la campionatura. 

 Fin dai primi momenti del disastro di Fukushima nel marzo del 2011, il principale timore per l’ambiente e la popolazione del Giappone ha riguardato la fuga di acque contaminate dalle radiazioni. È un dato di fatto che l’esistenza di fughe dall’impianto nucleare – e di conseguenti sversamenti di acque radioattive nell’oceano – è stata ammessa dalla TEPCO solo alla fine di luglio del 2013, e da allora la TEPCO ha riconosciuto almeno due grandi sversamenti di acque altamente radioattive: una fuga di 300 tonnellate di acque radioattive ad agosto ed una da 430 litri ad ottobre.


mercoledì 25 dicembre 2013

BONA PASCHIXEDHA E NADALE A TOTUS IS SARDUS SIAT IN PATRIA ET A CHINI EST IN SU DISTERRU

BONA PASCHIXEDHA E  NADALE A TOTUS IS SARDUS SIAT IN PATRIA ET A CHINI EST IN  SU DISTERRU

SI DDU NARAUS IN ANTIGA LIMBA DDE IS NOSHTUS ETZUS NURAGICUS


Depus imparai at arreconnosci sa limba antiga dde iks babais ajajus et etzus, ca dda depeus agati in donnia logu chi siat antigu , po si 'onai is ainas de istudiu po nosus e po is noshtus fillus , in sa natzione sarda indipendenti cun linba e scritura dde nosus. 

Cument tenint sa limba et iscritura insoru is arabus (عَرَبيْ), i cinesus (汉语) is indianus cun sa indi (हिन्दी o हिंदी), et ebreus (עברית).... aici siat po nosus sardus.


martedì 24 dicembre 2013

.... sulla maxi conferenza stampa di Putin

Commento sulla maxi conferenza stampa di Putin

Fonte: La Voce della Russia.


Da Mosca “La Voce della Russia”! Quattro ore di domande e risposte, giornalisti che cercavano in tutti i modi di farsi notare dal protagonista della conferenza, striscioni strategici svolazzanti. Stiamo parlando della maxi conferenza stampa di fine anno del presidente Putin, con più di mille e trecento giornalisti russi e stranieri.




Quattro ore di domande e risposte, giornalisti che cercavano in tutti i modi di farsi notare dal protagonista della conferenza, striscioni strategici svolazzanti. Stiamo parlando della maxi conferenza stampa

di fine anno del presidente Putin, con più di mille e trecento giornalisti russi e stranieri.

Per un commento a caldo “La Voce della Russia” si è rivolta a Dario Citati, direttore del programma di ricerca “Eurasia” dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e redattore della rivista “Geopolitica”. Ai nostri microfoni le riflessioni di Dario Citati, che ha seguito la conferenza stampa in diretta dall’Italia.
Corrispondente: L’Ucraina è stato uno dei temi più caldi durante la conferenza stampa. Rispondendo alla domanda di un giornalista, Putin ha detto che “c’è disinformazione nel contesto dell’integrazione europea.” Putin ha affermato che si tratta di “una lotta politica interna. La firma dell’associazione è solo un pretesto”.
Secondo Lei l’associazione con l’UE è solo un pretesto delle manifestazioni a Kiev? Si tratta anche a suo avviso di una lotta politica interna?
Citati: Si tratta anche di una lotta politica interna. Non credo invece che si tratti di un pretesto quando parliamo dell’accordo di associazione con l’Unione Europea. Ogni volta che in Ucraina si affronta il problema dei rapporti con la Russia o l’Unione Europea, nel bene e nel male, si ha a che fare con una forte ideologizzazione. È molto difficile che le posizioni espresse tanto dai manifestanti quanto dai gruppi politici riescano ad analizzare la questione da un punto di vista spassionato per ovvie ragioni storiche e culturali, che legano l’Ucraina sia alla Russia che all’Europa.
Vero è, invece, che c’è una forte disinformazione degli elementi tecnici, non sempre facili da comprendere. Uno di questi è il caso del prestito di 15 miliardi, che la Federazione Russa ha deciso di concedere. È difficile comprendere perché ci sia stato questo accordo con la Russia, se non si tengono ben presente le condizioni molto dure che il Fondo Monetario internazionale imponeva all’Ucraina. Questo è solo un esempio di disinformazione e in questo caso potrebbe passare il messaggio di un atteggiamento troppo invasivo della Federazione Russa, che invece mette l’Ucraina in condizione di scegliere una forma di sussidio a costi convenienti. L’Ucraina ha un debito pubblico abbastanza oneroso, questo elemento viene un po’ oscurato dai dibattiti animati della piazza.

Corrispondente: Lei ha seguito in diretta la conferenza stampa. A suo avviso qual è stata una delle domande più “scomode”?
Citati: Domande prettamente scomode e polemiche non ci sono state. Ci sono stati alcuni punti che hanno riguardato le problematiche interne: quando è stata associata la parola “oligarchi” alla gestione del colosso di stato dell’energia Gazprom, oppure la domanda sulle sproporzioni interne alle regioni della Federazione Russa, sia in termini di produttività e retribuzioni, per esempio per i dipendenti pubblici. Da un lato lo sviluppo della Russia è legato alla decentralizzazione, alla valorizzazione delle realtà locali. Al tempo stesso la decentralizzazione si è sempre accompagnata al rischio di una frammentazione del Paese. Mantenere un governo centrale conciliandolo alle vigenze locali senza suscitare spinte di separatismo è ancora una delle questioni irrisolte.

Corrispondente: Una domanda da parte di una giornalista della CNN riguardava l’importanza crescente dei valori religiosi nella politica di Putin rispetto al passato. La giornalista ha chiesto perché per il presidente è importante criticare i valori dell’Occidente. In risposta Putin ha detto che “la questione non sta nel fatto di criticare o meno i valori occidentali, ma l’importante sono i valori tradizionali, senza i quali la società va verso il degrado. Dobbiamo basarci sulla nostra antica e profonda cultura”.
Potrebbe dirci com’è percepita in Italia la posizione di Putin nella questione dei valori?
CitatiIn Italia esiste un grande divario tra la percezione della Russia veicolata dai mass media e quella della popolazione. Per rendersene conto è sufficiente confrontare i titoli e i contenuti degli articoli delle testate nazionali. Sono prevalentemente negativi e danno della Russia un’immagine arretrata e reazionaria, clericale. Bisogna confrontare questi articoli con i commenti dei lettori sui siti internet degli stessi quotidiani. I commenti rivelano che una parte forse maggioritaria considera spesso le posizioni russe in difesa dei valori religiosi e tradizionali come dettate dal buon senso.
Inoltre credo che le pressioni sulla Russia in materia dei diritti civili vadano analizzate da un punto di vista del soft power. In questo senso possono apparire come dei cavalli di battaglia sul piano etico – politico con cui alcuni Paesi tentano di dimostrare sul piano internazionale la superiorità dell’Occidente su una Russia sempre arretrata in assenza di altri argomenti. Se si guarda la maggioranza delle questioni sociali, economiche di politica estera, non vi è dubbio che la situazione di alcuni Paesi, che spesso criticano la Russia per le sue leggi interne, penso agli Stati Uniti e alla Francia, è molto difficile.
Proprio nel 2013 la popolarità di Barak Obama e François Hollande ha toccato il punto più basso. Questi politici, secondo molti osservatori, hanno profondamente deluso le aspettative. Si pensi alla politica fiscale francese o alla riforma sanitaria di Obama. Sulla scena internazionale gli Stati Uniti e i Paesi della NATO in generale hanno perso credibilità in questo 2013: il caso dei Paesi colpiti dalle primavere arabe, la guerra in Libia, la gestione fallimentare della crisi siriana.
Le polemiche dei Paesi occidentali contro la Russia rientrano in una strategia di “guerra di informazione” piuttosto che motivate da un reale dibattito sulle posizioni etiche e sulle leggi emanate dai diversi Paesi.

Corrispondente: La conferenza è durata più di quattro ore. I temi toccati erano tantissimi. Tirando le somme, secondo Lei quali sono stati i temi salienti della lunghissima conferenza?
CitatiRispetto agli anni passati, c’è stata una maggiore attenzione ai problemi della politica interna. Sul piano della politica internazionale la maggior parte delle domande ha riguardato l’Ucraina. Vi sono stati degli accenni ai rapporti con la Georgia, la Repubblica popolare cinese e in fondo poco spazio dedicato alle relazioni russo-americane. Questo è indicativo in un 2013 in cui la Russia esce positivamente sul piano di immagine a livello internazionale: la presidenza del G20 a San Pietroburgo, la gestione del conflitto siriano. In Russia anche i più critici nei confronti del presidente Putin, raramente obiettano la sua gestione della politica estera e il vero dibattito riguarda questioni di politica interna.
Concludo ricordando che l’approccio del presidente Putin verrà sicuramente rappresentato come aggressivo e sfidante nei confronti degli Stati Uniti sulla maggior parte dei mass media occidentali. In realtà il suo unico riferimento diretto è stato positivo: Putin ha ricordato che nella questione iraniana, per esempio, i successi che sembrano profilarsi all’orizzonte non sarebbero stati possibili se tutto fosse stato dovuto solo all’attività della Russia. Il contributo dell’Unione Europea e degli Stati Uniti è stato molto importante. Sono proprio questi aspetti purtroppo che vengono poco alla ribalta. Tutta la dimensione collaborativa è spesso oscurata da elementi polemici o frasi estrapolate da un contesto di un discorso più ampio.

intervista sulla conferenza stampa di fine anno di Putin che Dario Citati, direttore del programma di ricerca “Eurasia” dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e redattore della rivista “Geopolitica”, ha rilasciato a Tatiana Santi.

lunedì 23 dicembre 2013

Navigando Nell'Ignoto: "Il Mondo del Sognare Svegli"

..Ho partecipato ad uno workshop di Castaneda sulla "Tensegrità" nel Febbraio 1998 a LOS ANGELES, sono stati due giorni di intensa applicazione , un sabato e domenica, e di studio dei passi magici di don Jaun, due mesi dopo Carlos faceva fuoco dal di dentro e passava per sempre nel nagual. 

La lettura di questa intervista rispetta i canoni che ho imparato dai tredici libri che ho letto e studiato di Carlos. 
Vi incoraggio a leggerli, ma,  se avete l'opportunità  entrare in contato con qualche gruppo di pratica di "tensegrity" provate e vedete di che si tratta, ai miei tempi non si pagava nulla , se non, solo l'affitto della palestra che si prendeva assieme a tutti i cadetti. 
Ora essendo fuori dal loro circuito non so come fanno se vogliono quote fisse oppure no.

Leggete questo articolo interessante , se poi leggete i libri di Carlos Castaneda è buon per voi.


Vàturu Erriu Onnis Sayli 



Navigando Nell'Ignoto: "Il Mondo del Sognare 

Svegli" intervista a Carlos Castaneda.

per la rivista Uno Mismo, Cile ed Argentina, 
Febbraio 1997 di Daniel Trujillo Rivas*
Vedere il numero di gennaio/febbraio '98 di Utne Reader per gli estratti da questa intervista e da un'altra intervista con Carlos Castaneda intitolata 
"Il Mondo del Sognare Svegli", scritta da Michael Brennan.

Domanda: Signor Castaneda, per anni lei è rimasto in assoluto anonimato. Che cosa la ha spinto a cambiare questa condizione e a parlare pubblicamente degli insegnamenti che lei e le sue tre compagne avete ricevuto dal nagual Juan Matus?

Risposta: Ciò che ci obbliga a diffondere le idee di don Juan Matus la necessità di chiarire cosa ci insegnò. Per noi questo è un compito che non può essere più rimandato. Le altre tre sue allieve ed io abbiamo raggiunto la conclusione unanime che il mondo in cui don Juan Matus ci introdusse è nelle possibilità percettive di tutti gli esseri umani. Abbiamo discusso tra noi su quale fosse la strada corretta da prendere. Rimanere nell'anonimato come ci aveva proposto don Juan? Non era un'opzione accettabile. L'altra strada possibile era di divulgare le idee di don Juan: una scelta molto più pericolosa e impegnativa, ma l'unica che, noi riteniamo, abbia la dignità con cui don Juan ha permeato tutto il suo insegnamento.

D: Considerando ciò che lei ha detto circa l'imprevedibilità delle azioni di un guerriero, che noi abbiamo corroborato per tre decadi, possiamo aspettarci che questa fase pubblica duri per un pò? Fino a quando?
R: Non c'è modo per noi di stabilire un criterio temporale. Noi viviamo secondo le premesse proposte da don Juan e non ce ne discostiamo mai. Don Juan Matus ci fornì il formidabile esempio di un uomo che viveva secondo ciò che diceva. E dico che è un esempio formidabile perché è la cosa più difficile da emulare; essere monolitici e allo stesso tempo avere la possibilità di fronteggiare qualsiasi cosa. Questo era il modo in cui don Juan visse la sua vita. Date queste premesse, l'unica cosa che si può essere è un mediatore impeccabile. Non si è giocatori in questa cosmica partita a scacchi, si è solo pedine sulla scacchiera. Ciò che decide tutto è un'energia consapevole ed impersonale che gli stregoni chiamano Intento o lo Spirito.

D: Per quanto ho potuto constatare, l'antropologia ortodossa, così come i presunti difensori dell'eredità culturale pre-colombiana dell'America, minano la credibilità del suo lavoro. La convinzione che il suo lavoro sia semplicemente il prodotto del suo talento letterario, che, in ogni caso, è eccezionale, oggi continua ad esistere. Anche in altri ambiti la accusano di avere doppi valori perché, presumibilmente, la sua vita e le sue attività contraddicono ciò che la maggioranza si aspetta da uno sciamano. Come può dissipare questi sospetti?
R: Il sistema cognitivo dell'uomo occidentale ci costringe a fare affidamento su idee preconcette. Noi basiamo i nostri giudizi su qualcosa che è sempre "a priori", per esempio l'idea di ciò che è "ortodosso". Che cosa è l'antropologia ortodossa? Quella insegnata nelle sale di conferenza universitarie? Qual'è il comportamento di uno sciamano? Mettersi piume sulla testa e ballare per gli spiriti? Sono trenta anni che la gente accusa Carlos Castaneda di aver creato un personaggio letterario solo perché ciò che riporto non concorda con gli "a priori" antropologici, le idee stabilite nelle aule o sul campo di lavoro antropologico. In ogni caso ciò che don Juan mi presentò può applicarsi solo ad una situazione che richiede azione totale, in queste circostanze, avviene molto poco o quasi nulla di preconcetto. Non sono mai riuscito a trarre delle conclusioni circa lo sciamanismo perché per farlo bisogna essere membri attivi nel mondo degli sciamani. Per uno scienziato sociale, diciamo per esempio un sociologo, è molto semplice arrivare a conclusioni sociologiche riguardo qualsiasi soggetto relazionato con il mondo occidentale, perché il sociologo è un membro attivo del mondo occidentale. Ma come può un antropologo, che passa al massimo due anni studiando altre culture, arrivare a conclusioni sicure a quel riguardo? Ci vuole una vita per poter acquisire l'appartenenza ad un mondo culturale. Io ho lavorato per più di trent'anni nel mondo cognitivo degli sciamani dell'antico Messico e, sinceramente, non credo che ciò mi permetterebbe di trarre delle conclusioni o addirittura di proporle. Ho discusso di questo con persone di diverse discipline e loro sembrano capire ed essere d'accordo con le premesse che sto presentando. Ma poi si girano e dimenticano ogni cosa sulla quale avevano convenuto e continuano a sostenere principi accademici "ortodossi", senza preoccuparsi della possibilità di un errore assurdo nelle loro conclusioni. Il nostro sistema cognitivo sembra essere impenetrabile.

D: Qual'è lo scopo di non permettere di essere fotografato, di registrare la sua voce o rendere noti i suoi dati biografici? Questo potrebbe influire su ciò che lei ha raggiunto nel suo lavoro spirituale e se sì, come? Non pensa che sapere chi lei sia veramente potrebbe essere utile per alcuni sinceri ricercatori della verità come modo di corroborare che è veramente possibile seguire il sentiero che lei promulga.?
R: In riferimento alle fotografie e ai dati personali, le altre tre apprendiste di don Juan ed io stesso seguiamo le sue istruzioni. Per uno sciamano come don Juan, la principale idea dietro l'astenersi dal rivelare i dati personali è molto semplice. E' imperativo lasciare da parte quello che egli chiamava "storia personale". Allontanarsi dal "me" è qualcosa di estremamente fastidioso e difficile. Ciò che gli sciamani come don Juan cercano è uno stato di fluidità dove il "me" personale non conta. Egli credeva che l'assenza di fotografie e dati personali influisca su chiunque entri in questo campo di azioni in modo positivo, sebbene subliminale. Noi abbiamo l'incessante abitudine di usare fotografie, registrazioni e dati personali, ognuno dei quali nasce dall'idea di importanza personale. Don Juan diceva che è meglio non sapere nulla di uno sciamano; in questo modo invece di incontrare una persona, si incontra un'idea che può essere sostenuta; l'opposto di ciò che succede nel mondo quotidiano dove abbiamo di fronte solo persone che hanno numerosi problemi psicologici ma non idee, tutte queste persone piene fino all'orlo di "io, io, io".

D: Coloro che la seguono, come dovrebbero interpretare la pubblicità e l'infrastruttura commerciale a lato del suo lavoro letterario e che circonda la conoscenza che lei e i suoi compagni diffondete? Qual'è la sua vera relazione con Cleargreen, Incorporated e le altre società (Laugan Productions, Toltec Artists)? Sto parlando di un legame commerciale.
R: A questo punto nel mio lavoro ho avuto bisogno di qualcuno capace di rappresentarmi in relazione alla diffusione delle idee di don Juan Matus. Cleargreen è una società che ha grandi affinità con il nostro lavoro, così come Laugan Productions e Toltec Artists. L'idea di diffondere gli insegnamenti di don Juan nel mondo moderno implica l'uso di mezzi commerciali e artistici che non sono alla mia personale portata. Come società aventi una affinità con le idee di don Juan, Cleargreen, Laugan Productions e Toltec Artists sono capaci di fornire i mezzi per divulgare ciò che io voglio divulgare. Nelle società impersonali c'è sempre una tendenza a dominare e trasformare ogni cosa venga presentata loro e adattarla alle loro proprie ideologie. Se non fosse per il sincero interesse di Cleargreen, Laugan Productions e Toltec Artists, ogni cosa detta da don Juan a quest'ora sarebbe stata trasformata in qualcos'altro. 

D: C'è un gran numero di persone che in un modo o nell'altro, "si attaccano" a lei per acquisire pubblica notorietà. Qual'è la sua opinione riguardo alle azioni di Victor Sanchez, che ha interpretato e riorganizzato i suoi insegnamenti per elaborare una teoria personale? E dell'asserzione di Ken Eagle Feather che è stato scelto da don Juan per essere il suo discepolo, e che don Juan tornò indietro solo per lui?
R: Effettivamente c'è un gran numero di persone che si autodefiniscono miei studenti o studenti di don Juan, persone che non ho mai incontrato e che, posso garantire, don Juan non incontrò mai. Don Juan Matus era interessato esclusivamente alla perpetuazione del suo lignaggio di sciamani. Ebbe quattro apprendisti che sono qui ancora oggi. Ne ebbe altri che partirono con lui. Don Juan non era interessato all'insegnamento della sua conoscenza; la insegnò ai suoi discepoli perché continuassero il suo lignaggio. Dato che non possono continuare il lignaggio, i suoi quattro discepoli sono obbligati a divulgare le sue idee. Il concetto di un maestro che insegna la sua conoscenza è parte del nostro sistema cognitivo ma non è parte del sistema cognitivo degli sciamani del Messico antico. Insegnare era assurdo per loro. Trasmettere la sua conoscenza a quelli che avrebbero perpetuato il loro lignaggio era una questione differente. Il fatto che ci sia un numero di individui che insistono ad usare il mio nome o il nome di don Juan è semplicemente una facile manovra per trarre dei vantaggi senza troppo sforzo.

D: Consideriamo che la parola "spiritualità" significhi stato di coscienza in cui gli esseri umani sono pienamente in grado di controllare i potenziali della specie, qualcosa raggiungibile dalla trascendenza della semplice condizione animale attraverso una dura preparazione psichica, morale e intellettuale. E' d'accordo con questa asserzione? Com' è integrato il mondo di don Juan in questo contesto?
R: Per don Juan Matus, uno sciamano pragmatico ed estremamente sobrio, "spiritualità" era un'idealità vuota, un'asserzione senza basi che noi crediamo essere molto bella perché è rivestita di concetti letterari ed espressioni poetiche, ma che non va mai oltre quello. Gli sciamani come don Juan sono essenzialmente pratici. Per loro esiste solo un universo predatorio in cui intelligenza o consapevolezza sono il prodotto di sfide di vita o di morte. Egli si considerava un navigatore dell'infinito e diceva che per navigare nell'ignoto, come fa uno sciamano, si ha bisogno di pragmatismo illimitato, sconfinata sobrietà e fegato d'acciaio. In vista di tutto questo, don Juan credeva che la "spiritualità" fosse semplicemente una descrizione di qualcosa di impossibile da raggiungere all'interno degli schemi del mondo della vita quotidiana, e che non fosse un vero modo di agire.

D: Lei ha sottolineato che la sua attività letteraria, così come quella di Taisha Abelar e di Florinda Donner-Grau, è il risultato delle istruzioni di don Juan. Qual'è lo scopo di questo?
R: Lo scopo di scrivere quei libri fu dato da don Juan. Egli asserì che anche se non si è scrittori si può scrivere, ma lo scrivere è trasformato da azione letteraria in azione sciamanistica. Ciò che decide il soggetto e lo svolgimento di un libro, non è la mente dello scrittore ma piuttosto una forza che gli sciamani considerano essere la base dell'universo, e che loro chiamano intento. E' l'intento che decide la produzione di uno sciamano, che sia letteraria o di qualsiasi altro genere. Secondo don Juan un praticante di sciamanismo, ha il dovere e l'obbligo di saturare se stesso con tutte le informazioni possibili. Il lavoro degli sciamani è di informarsi accuratamente su ogni cosa che potrebbe avere relazione con argomenti di loro interesse. L'atto sciamanistico consiste nell'abbandonare tutto l'interesse nel dirigere il corso delle informazioni prese. Don Juan era solito dire: "Ciò che organizza le idee che erompono da una tale fonte di informazioni non è lo sciamano, è l'intento. Lo sciamano è semplicemente un condotto impeccabile." Per don Juan scrivere era soltanto una sfida sciamanistica, non un compito letterario. 

D: Se lei mi permette di asserire ciò che segue, il suo lavoro letterario presenta concetti che hanno stretta relazione con insegnamenti filosofici orientali, ma contraddice ciò che comunemente si conosce circa la cultura indigena messicana. Quali sono le similitudini e le differenze tra l'una e l'altra?
R: Non ne ho la minima idea. Non sono un esperto di nessuna delle due. Il mio lavoro consiste in un rapporto fenomenologico sul mondo cognitivo al quale don Juan Matus mi introdusse. Dal punto di vista della fenomenologia come metodo filosofico, è impossibile fare asserzioni che siano relazionate al fenomeno in esame. Il mondo di don Juan è così vasto, così misterioso e contraddittorio, che non si presta ad un esercizio di esposizione lineare; il massimo che si può fare è descriverlo, e anche solo questo è uno sforzo supremo.

D: Presupponendo che gli insegnamenti di don Juan siano diventati parte della letteratura occulta, qual'è la sua opinione circa altri insegnamenti in questa categoria, per esempio la filosofia massonica, il Rosacrucianesimo, l'Ermetismo e discipline come la Cabala, i Tarocchi e l'Astrologia quando le compariamo al nagualismo? Ha mai avuto o mantiene qualche contatto con qualcuna di queste o con i loro devoti?
R: Ancora una volta, non ho la minima idea di quali siano le premesse, o i punti di vista e i soggetti di queste discipline. Don Juan ci presentò il problema di navigare nell'ignoto e questo richiede tutto il nostro sforzo disponibile.

D: Alcuni concetti del suo lavoro, come il punto d'assemblaggio, i filamenti energetici che costituiscono l'universo, il mondo degli esseri inorganici, l'intento, l'agguato e il sognare, hanno un equivalente nella conoscenza occidentale? Per esempio, ci sono alcune persone che ritengono che l'uomo visto come uovo luminoso sia un modo di definire l'aura.
R: Per quanto ne so, nulla di ciò che don Juan ci insegnò sembra avere una controparte nella conoscenza occidentale. Una volta, quando don Juan era ancora qui, passai un anno intero in cerca di guru, maestri e saggi che mi dessero un accenno di ciò che stavano facendo. Volevo sapere se c'era qualche cosa al mondo in quel tempo simile a ciò che don Juan diceva e faceva. Le mie risorse erano molto limitate e mi portarono solo ad incontrare maestri celebrati che avevano milioni di seguaci e sfortunatamente non trovai alcuna similitudine.

D: Concentrandosi specificatamente sul suo lavoro letterario, i suoi lettori trovano differenti Carlos Castaneda. Prima troviamo uno studioso occidentale un pò incompetente, permanentemente confuso dal potere di vecchi indiani come don Juan e don Genaro (principalmente in A Scuola dallo Stregone, Una Realtà Separata, Viaggio a Ixtlan, L'Isola del Tonal, ed Il Secondo Anello del Potere). Più tardi troviamo un apprendista esperto in sciamanismo (ne Il Dono dell'Aquila, Il Fuoco dal Profondo, e particolarmente ne L'Arte del Sognare). Se lei è d'accordo con questa valutazione, quando e come cessò di essere l'uno per divenire l'altro?
R: Non mi considero uno sciamano o un maestro, o uno studente di sciamanismo ad un livello avanzato; n´ mi considero un antropologo o uno scienziato sociale nel mondo occidentale. Le mie presentazioni sono state tutte descrizioni di un fenomeno che è impossibile discernere sotto le condizioni della conoscenza lineare del mondo occidentale. Non potrei mai spiegare cosa don Juan mi stava insegnando in termini di causa ed effetto. Non c'era modo di predire cosa stesse per dire o cosa stesse per succedere. In tali circostanze, il passaggio da uno stato all'altro è soggettivo, e non qualcosa di elaborato, premeditato o un prodotto di saggezza.

D: Si possono trovare episodi nel suo lavoro letterario che sono veramente incredibili per la mente occidentale. Come può chi non è un iniziato verificare che tutte quelle "realtà separate" sono reali come lei dichiara?
R: Può essere facilmente verificato coinvolgendo il proprio intero corpo invece della sola mente. Non si può entrare nel mondo di don Juan intellettualmente, come un dilettante che cerca conoscenza veloce e rapida. Né, nel mondo di don Juan, nulla può essere verificato con certezza. La sola cosa che possiamo fare è di arrivare ad uno stato di consapevolezza accresciuta che ci permetta di percepire il mondo intorno a noi in una maniera più inclusiva. In altre parole, la meta dello sciamanismo di don Juan è di rompere i parametri della percezione storica e quotidiana e di percepire l'ignoto. Questo è il motivo per cui egli si definiva un navigatore dell'infinito. Asseriva che l'infinito si trova dietro i parametri della percezione quotidiana. Rompere questi parametri era lo scopo della sua vita. Poiché era uno sciamano straordinario, egli instillò quel medesimo desiderio in tutti e quattro noi. Ci forzò a trascendere l'intelletto ed incorporare il concetto di rompere i parametri della percezione storica.

D: Lei asserisce che la caratteristica basilare degli esseri umani è di essere "percettori di energia". Si riferisce al movimento del punto d'assemblaggio come a un fattore necessario per percepire l'energia direttamente. Come può questo essere utile ad un uomo del 21° secolo? Secondo i concetti definiti precedentemente, come può il conseguimento di questa meta aiutare il progresso spirituale di qualcuno?
R: Gli sciamani come don Juan asseriscono che tutti gli esseri umani hanno la capacità di vedere l'energia direttamente così come fluisce nell'universo. Credono che il punto d'assemblaggio, come lo chiamano, è un punto che esiste nella sfera totale di energia dell'uomo. In altre parole, quando uno sciamano percepisce un uomo come energia che fluisce nell'universo, vede una palla luminosa. In quella palla luminosa, lo sciamano può vedere un punto di maggiore brillantezza, situato all'altezza delle scapole, approssimativamene ad un braccio di distanza dietro di esse. Gli sciamani sostengono che la percezione viene assemblata in questo punto; che l'energia che fluisce nell'universo viene qui trasformata in dati sensoriali, e che i dati sensoriali vengono poi interpretati, dando come risultato il mondo della vita quotidiana. Gli sciamani asseriscono che ci viene insegnato a interpretare, e di conseguenza a percepire. Il valore pragmatico di percepire l'energia direttamente come fluisce nell'universo è lo stesso per un uomo del 21° secolo o per un uomo del 1° secolo. Gli permette di allargare i limiti della sua percezione e di usare questo accrescimento all'interno del suo mondo. Don Juan diceva che sarebbe straordinario vedere direttamente la meraviglia dell'ordine e del caos dell'universo.

D: Lei ha presentato recentemente una disciplina fisica chiamata Tensegrità. Può spiegare che cosa è esattamente? Qual'è il suo scopo? Quale beneficio spirituale può ottenere una persona che la pratica individualmente?
R: Secondo ciò che don Juan Matus ci insegnò, gli sciamani che vissero nel Messico antico scoprirono una serie di movimenti che quando eseguiti dal corpo determinavano un tale benessere fisico e mentale che decisero di chiamare quei movimenti passi magici. Don Juan ci disse che attraverso i loro passi magici, quegli sciamani raggiunsero un accresciuto livello di coscienza che permise loro di realizzare indescrivibili prodezze di percezione. Nel corso delle generazioni, i passi magici furono insegnati solamente a praticanti di sciamanismo. I movimenti furono circondati da enorme segretezza e rituali complessi. Questo è il modo in cui don Juan li imparò e questo è il modo in cui li insegnò ai suoi quattro apprendisti. Il nostro sforzo è stato di estendere l'insegnamento di tali passi magici a chiunque volesse impararli. Li abbiamo chiamati Tensegrità, e li abbiamo trasformati da specifici movimenti pertinenti solo ad ognuno dei quattro discepoli di don Juan, a movimenti generali adatti a tutti. Praticare la Tensegrità, individualmente o in gruppo, promuove salute, vitalità, giovinezza e un senso generale di benessere. Don Juan diceva che praticare i passi magici aiuta ad accumulare l'energia necessaria ad aumentare la consapevolezza e ad espandere i parametri della percezione.

D: Oltre alle sue tre compagne, la gente che partecipa ai suoi seminari, ha incontrato altre persone, come le Chacmools, le Inseguitrici dell'Energia, gli Elementi, l'Esploratore Azzurro.....chi sono? Sono parte di una nuova generazione di veggenti guidati da lei? Se così fosse, come si può diventare parte di questo gruppo di apprendisti?
R: Ognuna di queste persone è un essere specifico che don Juan Matus, come guida del suo lignaggio, ci chiese di aspettare. Predisse l'arrivo di ognuno di loro come parte integrale di una visione. Poiché il lignaggio di don Juan non poteva continuare, a causa della configurazione energetica dei suoi quattro studenti, il loro compito fu trasformato dal perpetuare il lignaggio al chiuderlo, se possibile con una fibbia d'oro. Noi non siamo nella posizione di cambiare queste istruzioni. N´ possiamo cercare o accettare apprendisti o membri attivi della visione di don Juan. L'unica cosa che possiamo fare è di accettare i disegni dell'Intento. Il fatto che i passi magici, protetti con tale gelosia per così tante generazioni, oggi vengano insegnati, è prova che si può davvero in maniera indiretta, divenire parte di questa nuova visione attraverso la pratica della Tensegrità e seguendo le premesse della via del guerriero.

D: In Lettori dell'Infinito, lei ha usato il termine "navigare" per definire ciò che fanno gli stregoni. State issando le vele per cominciare presto il viaggio definitivo? Il lignaggio dei guerrieri toltechi custodi di questa conoscenza, finirà con voi?
R: Si, è esatto, il lignaggio di don Juan finisce con noi.

D: C'è una domanda che mi sono posto spesso: la strada del guerriero include come fanno altre discipline, lavoro spirituale per coppie?
R: La strada del guerriero include tutto e tutti. Ci può essere un'intera famiglia di guerrieri impeccabili. La difficoltà si trova nel terribile fatto che le relazioni individuali sono basate su investimenti emotivi, e nel momento in cui il praticante mette veramente in pratica ciò che lei/lui ha imparato, la relazione si frantuma. Nel mondo di ogni giorno, gli investimenti emozionali normalmente non sono esaminati, e viviamo un'intera vita aspettando di essere ricambiati. Don Juan disse che ero un investitore duro a morire e che il mio modo di vivere e provare sentimenti poteva essere descritto semplicemente: "Io do solo ciò che gli altri mi danno."

D: Quale aspirazione di un possibile miglioramento dovrebbe avere qualcuno che desideri lavorare spiritualmente secondo la conoscenza divulgata nei suoi libri? Che cosa raccomanderebbe a coloro che desiderano praticare gli insegnamenti di don Juan da soli?
R: Non c'é modo di porre un limite su ciò che si può realizzare individualmente se l'intento è un intento impeccabile. Gli insegnamenti di don Juan non sono spirituali. Lo ripeto perché la questione è emersa più e più volte. L'idea di spiritualità non calza con la disciplina di ferro di un guerriero. La cosa più importante per uno sciamano come don Juan, è l'idea di pragmatismo. Egli distrusse le mie velleità e mi fece vedere che, da vero uomo occidentale, non ero né pragmatico né spirituale. Arrivai a capire che ripetevo la parola "spiritualità" per contrastarla con l'aspetto mercenario del mondo della vita quotidiana. Volevo fuggire dal mercantilismo del mondo della vita di ogni giorno ed il forte desiderio di fare questo lo chiamavo spiritualità. Realizzai che don Juan aveva ragione quando pretendeva che arrivassi ad una conclusione; di definire ciò che consideravo spiritualità. Non sapevo di che cosa stessi parlando. Quello che sto dicendo potrebbe suonare presuntuoso, ma non c'è altro modo di dirlo. Ciò che uno sciamano come don Juan vuole è aumentare la consapevolezza, cioè essere capaci di percepire con tutte le possibilità umane di percezione; questo implica un compito colossale ed uno scopo inflessibile, che non può essere rimpiazzato dalla spiritualità dell'uomo occidentale.

D: C'è qualcosa che lei vorrebbe spiegare alla gente sud-americana, in special modo ai cileni? Vorrebbe fare qualche altra dichiarazione in aggiunta alle sue risposte alle nostre domande?
R: Non ho nulla da aggiungere. Tutti gli esseri umani sono allo stesso livello. All'inizio del mio apprendistato, don Juan Matus provò a farmi vedere come la situazione dell'uomo fosse comune a tutti. Io, da sudamericano, ero molto coinvolto, intellettualmente, con l'idea della riforma sociale. Un giorno rivolsi a don Juan quella che pensavo fosse una domanda assoluta: Come può rimanere impassibile di fronte alla situazione terribile dei suoi compagni uomini, gli indiani yaqui di Sonora? Sapevo che una certa percentuale della popolazione yaqui soffriva di tubercolosi e che, a causa della loro situazione economica, non potevano curarsi. "Sì", disse don Juan, "E' una cosa molto triste ma, vedi, anche la tua situazione è molto triste, e se credi di essere in condizioni migliori degli indiani yaqui, ti stai sbagliando. In generale la condizione umana è in un orrendo stato di caos. Nessuno sta meglio di un altro. Siamo tutti esseri che stanno andando a morire e, a meno di essere consapevoli di questo, per noi non c'è rimedio." Questo è un'altro punto del pragmatismo degli sciamani: divenire consapevoli che siamo esseri che stanno andando a morire. Essi dicono che quando impariamo questo, tutto acquista un ordine e una misura trascendentali...

domenica 22 dicembre 2013

Telegraph: Il Presidente Italiano teme un'insurrezione violenta nel 2014, ma non propone nessun rimedio

Telegraph: Il Presidente Italiano teme un'insurrezione violenta nel 2014, ma non propone nessun rimedio.


Ambrose Evans Pritchard dal Telegraph commenta gli allarmi di Napolitano sui "Forconi" e le minacce non tanto velate di Draghi, che non offrono risposte alle tensioni sociali, ma solo imperativi impossibili. Non si può rimanere in recessione e disoccupazione di massa quando le soluzioni esistono e sono a portata di mano: la protesta sta diventando un movimento anti-Euro.


In Italia gli eventi stanno volgendo al peggio. Il presidente Giorgio Napolitano ha lanciato l'allarme su possibili "tensioni sociali e disordini diffusi" nel 2014, mentre la lunga recessione si trascina.
Coloro che vivono ai margini vengono coinvolti in "atti di protesta indiscriminata e violenta, verso una forma di opposizione totale".

Il suo ultimo discorso è una vera e propria Geremiade. Migliaia di aziende sono "sull'orlo del collasso". Grandi masse di persone prendono il sussidio di disoccupazione o rischiano di perdere il posto di lavoro. L'altissimo tasso di disoccupazione giovanile (41%)  sta portando verso un pericoloso stato di alienazione.



"La recessione sta ancora mordendo duro, e c'è la sensazione diffusa che sarà difficile sfuggirle, e trovare il modo per tornare alla crescita" ha detto.

Ma ora, quale potrebbe essere la causa di tutto questo? Potrebbe avere qualcosa a che fare con il fatto centrale e prioritario che l'Italia ha una moneta sopravvalutata del 20% o più, all'interno dell'Unione Monetaria Europea: che è intrappolata in un sistema di cambi fissi stile anni '30, gestito da una banca centrale anni '30, che sta lì a guardare (per motivi politici) mentre l'aggregato monetario M3 ristagna, il credito si contrae e la deflazione incombe?

Napolitano non offre alcuna risposta. Ex stalinista, che ha applaudito all'invasione sovietica dell'Ungheria nel 1956 (un peccato giovanile), Napolitano da tempo ha manifestato il suo fervore ideologico a favore del progetto UE. Egli è per natura incapace di mettere in discussione le premesse dell'unione monetaria, quindi non aspettatevi nessuno spunto utile dal Quirinale su come uscire da questa impasse.

Egli ammette che la crisi della zona euro "ha messo a dura prova la coesione sociale", ma lascia la questione in sospeso, e la sua argomentazione incompiuta, più sul descrittivo che sull'analitico.

Senza arrivare al punto di lanciare l'allarme sul rischio che corre lo Stato italiano stesso, ha detto che la crescente minaccia delle forze insurrezionali deve essere affrontata. La legge deve essere rigorosamente rispettata. Il paese deve andare avanti con disciplina. "L'Europa ci sta guardando", ha detto.

Napolitano è allarmato, e ha ragione di esserlo. La rivolta dei "Forconi" ha preso una svolta inquietante per le élite dell'Italia. Durante l'ultima manifestazione di massa a Torino la polizia si è tolta i caschi, come manifestazione di simpatia.

Questo sta diventando un movimento anti-UE. Uno dei leader dei Forconi è appena stato arrestato per essere salito agli uffici dell'Unione europea a Roma e aver strappato giù la bandiera blu e oro dell'Europa.

Dove porti tutto questo nessuno lo sa. Secondo Citigroup nel 2014 l'Italia resterà bloccata in depressione con una crescita dello 0.1%, di nuovo a zero nel 2015, e allo 0.2% nel 2016. Se è così, ben otto anni dopo la crisi, la produzione in Italia sarà ancora del 10% sotto l'ultimo picco, una performance di gran lunga peggiore di quella avuta durante la Grande Depressione.

Anche se la zona euro incontrasse una ripresa nel corso dei prossimi tre anni o giù di lì, il meglio che l'Italia possa sperare è la stabilizzazione su livelli di disoccupazione di massa – al 20% se si considera l'altissimo livello di lavoratori Italiani scoraggiati (numero tre volte superiore alla media UE) che sono usciti fuori dalle statistiche. La domanda è quanto tempo la società potrà tollerare tutto questo. Nessuno di noi sa la risposta.

Per ora l'Italia ha evitato un ritorno agli "anni di piombo", il terrorismo tra gli anni '70 e i primi anni '80, quando la stazione ferroviaria di Bologna fu fatta saltare dai fascisti e l'ex premier Aldo Moro fu sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse. Ma questo tipo di violenza non è poi così lontano come la gente pensa. Nel 2011 il capo dell'agenzia fiscale Equitalia è stato quasi accecato da una lettera bomba di matrice anarchica. Da allora ci sono stati ripetuti casi di attacchi dinamitardi.


La mia ipotesi è che ad un certo punto ci sarà un incidente - un po' come lo scontro tra le truppe francesi e i portuali a Brest nel 1935, quando un lavoratore fu colpito a morte con il calcio di un fucile, mettendo in moto degli eventi che infine costrinsero Laval alle dimissioni e fecero uscire la Francia dal Gold Standard.

A coloro che continuano a insistere che l'Italia deve stringere la cinghia e recuperare competitività tagliando i salari, vorrei obiettare che questo è matematicamente impossibile, in un clima di ampia deflazione o quasi deflazione in tutta l'UEM.

La ragione dovrebbe essere evidente a tutti, ormai. Non è possibile permettere allo stock di debito nominale di salire su una base nominale in contrazione. Una politica del genere fa sì che la traiettoria del debito aumenti in maniera esponenziale. Negli ultimi tre anni il debito Italiano è già aumentato dal 119% al 133% del PIL, in gran parte a causa delle politiche di austerità fiscale.

Sotto le attuali politiche UEM questo rapporto presto sfonderà il 140%, nonostante l'avanzo primario del bilancio Italiano - un livello oltre il punto di non ritorno per un paese senza moneta sovrana o senza una propria banca centrale. Tale è il potere dell'effetto denominatore.

Giusto per essere chiari. Non credo che l'Italia debba lasciare l'euro come prima opzione. Ci sono altre misure che dovrebbero essere prese prima, se non altro per costruire un contesto politico e morale favorevole.

L'Italia può cambiare la sua strategia diplomatica, spingendo per un cartello degli stati debitori del Club Med a leadership francese che prenda il controllo della BCE e della macchina politica dell'UEM. Hanno i voti, e la piena autorità legale basata sui trattati, per forzare una strategia di reflazione che potrebbe cambiato tutto, se solo osassero.

Questo è più o meno il nuovo piano di Romano Prodi, ex premier Italiano e "Mr. Euro", che ora sta sollecitando l'Italia, la Spagna e la Francia a unirsi, piuttosto che illudersi di poter fare da soli, e "sbattere i pugni sul tavolo".

L'economista premio Nobel Joe Stiglitz riprende il tema su Project Syndicate , dicendo: "Se la Germania e gli altri non sono disposti a fare il necessario - se non c'è abbastanza solidarietà per far funzionare la politica - allora l'euro potrebbe dover essere abbandonato per salvare il progetto europeo".

Ieri, al Parlamento europeo, Mario Draghi della BCE ha avvertito che l'uscita dall'UEM porterebbe ad una svalutazione del 40% e a una crisi che metterebbe qualsiasi paese in ginocchio, ancor più brutalmente di quella che si deve affrontare adesso. Questo è sempre lo stesso argomento che viene portato avanti in difesa dei regimi di cambio fissi, sia del Gold Standard nel 1931, che dello SME nel 1992, o dell'ancoraggio argentino al dollaro nel 2001. E' stato dimostrato falso, anche nel caso dell'Italia negli anni '90, quando la svalutazione ha funzionato benissimo.

Draghi si sofferma sul trauma immediato, ma ignora gli effetti molto più corrosivi di una crisi permanente. I paesi possono infatti recuperare molto velocemente se il tasso di cambio si sblocca. Si potrebbe ugualmente sostenere che ci sarebbe una marea di investimenti in Italia nel momento in cui il paese prendesse risolutamente il toro dell'euro per le corna e ristabilisse l'equilibrio valutario.


In ogni caso, la tesi di Draghi presuppone che la BCE lascerebbe accadere una svalutazione del 40%, anche quando le potenze del nord hanno un forte interesse ad assicurare un'uscita ordinata dell'Italia? La BCE potrebbe intervenire sui mercati FX per stabilizzare la lira per un paio di mesi, fino a quando la situazione si calmasse. Questo eviterebbe gli eccessi, eviterebbe delle perdite rovinose per il blocco dei creditori e degli esportatori tedeschi, ed eviterebbe una crisi da deflazione in Germania, Olanda, Finlandia e Francia.

Quello che Draghi sta implicitamente affermando (senza volerlo), è che la BCE si comporterebbe in maniera spericolata, punendo l'Italia per il gusto di farlo, anche se questo potrebbe rendere l'intera prova peggiore per tutti. Sarebbe stato bello se un deputato gli avesse chiesto perché mai la BCE dovrebbe fare una cosa del genere.

Quello che sembra certo è che nessun paese democratico sopporterà uno stato perdurante di semi-recessione e disoccupazione di massa, quando esistono delle alternative plausibili.

sabato 21 dicembre 2013

AUTONOMIA DEL KURDISTAN OCCIDENTALE IN UNA SIRIA LAICA PLURALISTA E DEMOCRATICA

AUTONOMIA DEL KURDISTAN OCCIDENTALE IN 

UNA SIRIA LAICA PLURALISTA E DEMOCRATICA

A. Boassa

Mentre l'esercito libero siriano sponsorizzato fin dagli inizi dai francesi, un tempo padroni della regione , e dagli inglesi va liquefandosi tanto che gli stessi inglesi e gli Usa hanno deciso ufficialmente di non prestare più soccorso militare , l'offensiva militare contro la Siria continuerà con bandiere islamiche terroriste con il sostegno fondamentale di Israele , Arabia Saudita e Francia . E intanto registriamo la fuga precipitosa in Qatar di Salim Idriss , il leader su cui tanto avevano contato "gli amici della Siria" .

Ma contro gli assalti dei fondamentalisti ( è di questi giorni l'esecuzione in massa di 80 civili secondo fonti attendibili) non è schierato solo l'esercito di Assad . Un ruolo decisivo contro l'aggressione straniera è svolto dalla forza di difesa Kurda (YPG) che ha sostenuto durissimi scontri con le bande armate provenienti dalla Turchia allo scopo di creare un Califfato islamico .
I kurdi sono concentrati nell'area settentrionale da loro chiamata "kurdistana Rojava" ma sono presenti anche ad Aleppo e a Damasco .



In passato scontri con l'esercito di Assad che agli inizi della guerra si è ritirato dai loro territori . In tal modo i Kurdi hanno potuto dare inizio ad un'autogestione denominata " autonomia democratica "( alla quale partecipano le minoranze armene , assire , arabe ) che ha dato vita all'Assemblea nazionale cui partecipano oltre al PYD , partito nazionalista di orientamento marxista-leninista , altri 15 partiti .


Forti delle loro vittorie sul campo e di un progetto altamente innovativo che si avvale di una grande partecipazione politica e militare di massa , i Kurdi aspirano all'autonomia all'interno di uno stato laico , pluralista e democratic
o .
Di fatto alleati con Assad in questa fase , Assad con cui intendono fare i conti successivamente preferibilmente in uno scontro democratico , i Kurdi pretendono di dialogare con l'attuale governo siriano e di partecipare a pieno titolo, per restituire alla regione un orizzonte di pace e di ricostruzione , alla Conferenza di Ginevra continuamente sabottata da tutte quelle forze dall'Occidente alle petromonarchie che hanno devastato la Siria e che non rinunciano criminalmente a dissanguarla con l'embargo e con il terrore delle armi

La Grecia precipita nella deflazione

E mentre i politicanti del blabla italioti, ed i disinformatori dei media acclarano che in Grecia si stanno riprendendo alla grande con una economia che inizia a marciare; da questo comprendiamo come siano menzogneri,  il tutto detto da gente definita autorevole come s'è visto ciò che affermava giorni fa, in uno dei tanti talkshow di regime che vengono messi in onda dalle varie TV;  il patrono del Corriere della Sera servo del Governo Letta-bildeberg, un certo Mieli, dice che la realtà Greca è ben diversa da quanto abbiamo visto fino ad ieri, quando si vedevano le manifestazioni e gli scontri di piazza ad Atene, oggi è addirittura in ripresa e non si vedono più le manifestazioni di piazza (un mantra che ci stanno raccontando da 4 anni per quanto concerne tutti i paesi EU detti PIGS); la verità è che gettano solo fumo negli occhi dei cittadini ignari di quanto  avvenga veramente in giro per il mondo , solo perché questa stampa (con tutti i soldi che prendono dal finanziamento pubblico) è ormai uno solo una sterile portavoce del governo eterodiretto da Bruxelles,  da più lontano o in alto, da chissà quale élite privata segreta multimiliardaria che detta la legge a questi inetti e incapaci politicanti del malaffare al governo nei paesi delle banane euro dipendenti.
Leggiamo un po di verità e riflettiamo sui media che ci propinano il contrario della realtà , con questo articolo della rivista Europae, apriamo le nostre pupille gente! 
Sa Defenza

La Grecia precipita nella deflazione

Riceviamo e pubblichiamo questo articolo da Giacomo Giglio della rivista Europae


Da quando è esplosa la crisi dei debiti sovrani in Europa, molti osservatori hanno argomentato come i Paesi debitori avessero bisogno di un rialzo dei tassi d’inflazione: in caso contrario, sarebbero caduti in un tipico scenario da “deflazione da debiti”, già prevista dall’economista americano Irving Fisher durante la crisi degli anni Trenta. Fisher aveva notato come un’economia ancorata a un tasso di cambio fisso (quale era il Gold Standard degli anni ’30, così come l’Eurosistema oggi), in presenza di alto debito e domanda stagnante, sarebbe inevitabilmente caduta in una grave deflazione: il calo dei redditi indotto dalla recessione avrebbe eroso i profitti delle imprese, di conseguenza gli investimenti sarebbero crollati e la domanda aggregata si sarebbe azzerata. L’impossibilità di svalutare il cambio, inoltre, avrebbe pregiudicato il transitorio effetto benefico dell’aumento delle esportazioni. La svalutazione interna dei prezzi fa calare il valore di tutte le attività finanziarie e non (immobili, valori azionari, beni mobili), salvo che del debito, che rimane immutato in quanto variabile esogena al sistema.
Ebbene, nonostante questi solidi contributi teorici, ancora una volta l’eurozona ha completamente sbagliato la diagnosi: non solo si è curata la crisi con le politiche di austerità, che notoriamente (almeno per la teoria economica) fa aggravare il rapporto debito/PIL, ma si è continuato a mantenere un’ossessione anti-inflazionistica tale da portare l’inflazione nell’area dell’euro a livelli sotto l’1%. Ma la situazione che desta più preoccupazione è ovviamente quella greca.
Il mese di novembre ha confermato la pericolosa scivolata della Grecia verso la deflazione. Nel mese scorso i prezzi di beni e servizi sono calati del 2,9% su base annua, il dato più negativo dal 1960 ad oggi. Ad ottobre la flessione si era assestata su un -1,9% già molto negativo. Le previsioni per il breve periodo non inducono inoltre all’ottimismo, visto che il PIL del terzo trimestre è sceso del 3% su base annua non destagionalizzata, con una decelerazione costante, dopo il -4% del primo trimestre ed il -3,7% del secondo. Una contrazione che evidenzia la flessione del PIL nominale e che rende di conseguenza sempre più difficile la sostenibilità di un debito pubblico ormai esploso al 170% su PIL.
Tale esito è del tutto in linea con lo scenario previsto da Fisher: le manovre “lacrime e sangue” hanno reciso le retribuzioni medie dei dipendenti pubblici, mentre nel settore privato i tagli sono stati ancora più netti ed hanno portato a licenziamenti di massa. I giovani sono costretti ad emigrare o ad accontentarsi di paghe bassissime, le imprese, di conseguenza, per stare sul mercato hanno tagliato i costi al massimo per ridurre i prezzi. Tutto ciò può produrre un solo risultato: la deflazione.
La BCE di Draghi, resasi conto di quanto sta avvenendo sulle sponde del Mediterraneo (il calo dei prezzi infatti è una realtà anche in Portogallo e Spagna), sta correndo ai ripari, abbassando il tasso d’interesse a livelli “giapponesi”. ;a il punto è che tale operazione appare tardiva e soprattutto non performante, perché il calo dei tassi nell’eurozona è assolutamente inefficace nel far ripartire la concessione dei prestiti da parte delle banche, che non sono mai state così avverse al rischio (in vista dei stress test condotti dalla BCE stessa per dar inizio all’unione bancaria). Inoltre, al fine di far ripartire la domanda aggregata, bisognerebbe permettere di far salire l’inflazione nei Paesi periferici, dando respiro a delle economie in coma. Ma la nuova Grande Coalizione tedesca di certo non sembra disposta a fare molte concessioni: la “cura dimagrante” in Grecia e altrove deve continuare. Basti pensare che la Troika sta insistendo con il primo ministro greco Antonis Samaras affinchè metta all’asta le case delle persone che non possono pagare le rate del mutuo.
Tutto questo fa venire in mente l’immagine che ha usato il Wall Street Journal qualche settimana fa per descrivere la situazione dell’Italia e degli altri Paesi in difficoltà: è stata ottenuta una “stabilità” politica e dello spread, ma sul lungo termine essa rischia di essere soprattutto la stabilità del cimitero.

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