mercoledì 29 ottobre 2014

LA DURA VERITA' SULL'ITALIA: INTERVISTA A PAOLO CARDENA'

LA DURA VERITA' SULL'ITALIA: INTERVISTA A PAOLO CARDENA'



Ospitiamo con immenso piacere una intervista a Paolo Cardenà, blogger di straordinario spessore - www.vincitorievinti.com - e consulente finanziario, per analizzare la situazione economica italiana attuale, cercare di fare il punto su quali sono le aspettative per i prossimi 6-12 mesi e soprattutto per dire con estrema chiarezza di cosa avrebbe bisogno il paese per uscire dalle secche in cui si è cacciato da anni e cosa invece il governo Renzi - sulla falsariga di quelli che l'han preceduto, Letta e Monti - sta facendo. dal team di tradingnetwork


Come vedi la situazione economica generale al momento?
Paolo Cardenà: Gli ultimi indicatori forniti dall'Istat confermano che la situazione economica italiana si sta ulteriormente deteriorando. Cosa che, a dire il vero, ci aspettavamo. Purtroppo l'Italia è caduta in uno stallo che si protrae ormai da diversi anni, e sembra che stia percorrendo un sentiero molto pericoloso, nel quale, con ogni probabilità, nella migliore delle ipotesi, si troverà ad alternare periodi di recessione con periodi di bassa crescita, in un percorso distruttivo fortemente allarmante. C'è da dire anche che, per il momento, le esportazioni sembrano aver offerto un sostegno significativo alla tenuta del PIL. Più o meno tutte le più grandi economie occidentali, dopo il periodo di burrasca successivo alla scoppio della bolla dei mutui subprime e al fallimento della banca americana Lehman Brothers, seppur con molte difficoltà e con altrettanti elementi di fragilità, hanno conosciuto una ripresa dell'attività economica che, in un certo qual modo, ha contribuito a sostenere l'export italiano, che a sua volta ha dato e continua a dare un ottimo contributo all'attività economica italiana, compensando in parte il crollo della domanda interna dell'Italiana.

Quindi, quali sono le aspettative per i prossimi 6-12 mesi?
Paolo Cardenà: E' evidente che queste economie si trovino in una fase di ciclo economico molto più avanzata rispetto all'economia italiana che sta ancora combattendo con la crisi che si protrae dal 2008. In alcune di queste aree, stanno già incubando i prodromi per una prossima crisi. Non possiamo dire quando scoppierà: se tra sei mesi, un anno, oppure due. Ma è certo che scoppierà, e quando avverrà, è chiaro che si assisterà ad una contrazione del commercio internazionale che aggredirà anche le dinamiche della componente export dell'Italia, che a quel punto si troverà ancora in condizioni di estrema fragilità e, in assenza di una domanda interna sostenuta (che non appare all'orizzonte) tale da contribuire ad arginare la contrazione dell'export, ne verrà travolta pagandone il prezzo più alto.

Il Fondo Monetario Internazionale che, nel World Economic Outlook pubblicato ieri, pone particolare attenzione ai fattori di rischio al ribasso per l'economia globale, non dimenticando di segnalare come l'intensificarsi e il persistere di rischi di natura geopolitica, potrebbero riflettersi sui prezzi dei prodotti petroliferi, sull'intensità del commercio internazionale, e potrebbe portare ad ulteriori difficoltà economiche. Non solo, ma il FMI afferma anche che nelle economie avanzate, la stagnazione secolare e la bassa crescita potenziale continueranno ad essere rilevanti fattori di rischio, nonostante tassi di interesse molto bassi. Aggiunge anche che il protrarsi di fenomeni deflattivi o deflazione vera e propria, in particolare nell'area dell'euro, potrebbero rappresentare un rischio per l'attività e la sostenibilità del debito in alcuni paesi. E qui il richiamo sembra essere rivolto proprio all'Italia, per via del debito pubblico in continua ascesa, e anche per via delle condizione di estrema fragilità dell'economia nazionale: fattori che incidono significativamente sulla sostenibilità del debito pubblico, peraltro aggravata -nel lungo periodo- anche da un deficit demografico che si sta ulteriormente deteriorando per via del fatto che molti giovani italiani stanno abbandonando l'Italia per cercare fortuna in luoghi ove esistono condizioni più favorevoli per realizzarsi e costruire un futuro migliore. Che l'Italia possa trovarsi nella condizione di operare una ristrutturazione del debito pubblico è una possibilità che non va esclusa a priori. Come non va esclusa la possibilità che si possa arrivare a qualche forma di imposizione patrimoniale straordinaria, proprio finalizzata a rendere più sostenibile il debito pubblico. Ma in questo caso, a mio avviso, gli affetti distruttivi sarebbero enormi.

Di che cosa ha bisogno l'Italia per uscire dal limbo in cui si è cacciata?
Paolo Cardenà: Finora si è affrontata questa crisi - che di rituale ha assai poco - con manovre di politica economica del tutto rituali, che hanno miseramente fallito e aggravato la situazione. Quello che non comprendono i nostri governanti (e anche molti economisti) quando azzardano previsioni di crescita del Paese (sistematicamente fallite), è un fatto molto semplice, anzi banale.

Ossia, loro, più o meno colpevolmente, pensano che l’Italia, considerate le diverse componenti del Pil, possa crescere esprimendo per ciascuna componente lo stesso potenziale di contribuzione espresso nel periodo precedente la crisi, ignorando la distruzione intervenuta in questi anni.

Mi spiego: se prima dalla crisi 100 persone producevano 1000 euro di ricchezza, oggi, ad esempio, le stesse persone esprimono un potenziale di contribuzione alla crescita non più di 1000, ma magari di 900, o forse meno.
Questo perché, quelli che gli economisti chiamano "agenti economici", per via della crisi, hanno subìto una forte riduzione della potenzialità di contribuzione alla generazione di ricchezza. E ciò per diversi fattori.
Solo per citare alcuni esempi: dall’inizio della crisi sono risultati insolventi nei confronti del sistema bancario oltre un milione di soggetti, tra famiglie e imprese. Costoro, allo stato attuale (ma anche futuro) non hanno alcuna possibilità di accesso al credito, né per effettuare investimenti in beni durevoli, né per finanziare qualche ipotetica iniziativa imprenditoriale. Anzi, nei casi più eclatanti vivono in condizioni di miseria o povertà assoluta. Quindi minori investimenti corrispondono a un minor PIL.


Altro esempio. Sempre per via della crisi, molti soggetti (oltre a quelli sopra citati) hanno accumulato ingenti debiti tributari, perché non sono riusciti ad adempiere all’obbligazione tributaria, seppur legittimamente dichiarata nella denuncia dei redditi. Questi soggetti saranno costretti a vivere in condizioni di clandestinità fiscale e, anche in futuro, dovranno comprimere i consumi o rinunciare ad investire in beni durevoli, in case, o automobili, che altrimenti verrebbero aggrediti da Equitalia.


Pensi, ancora, alla pressione fiscale, notevolmente aumentata dall’inizio della crisi, nonostante redditi reali in diminuzione. Un minor reddito, peraltro gravato da un maggior onere fiscale, corrisponde ad un minor reddito disponibile per sostenere i consumi.
In parole più semplici, questi fattori e molti altri ancora, contribuiscono a comprimere le potenzialità di crescita del paese, con soggetti in ostaggio (e vittime, allo stesso tempo) della crisi e di un sistema fiscale che dovrebbe essere profondamente riformato.
Si potrebbe andare avanti per ore, ma il risultato sarebbe sempre lo stesso. Cioè che, ad oggi, alla produzione della ricchezza nazionale auspicata (sognata) dal governo deve contribuire una platea considerevolmente più ristretta rispetto al passato, sulla quale grava anche un onere fiscale maggiore.
Fino a quando questi soggetti non verranno in qualche modo riabilitati o reintegrati nella sfera economica e sociale, qualsiasi previsione di crescita del Paese sarà destinata a fallire miseramente, sotto i colpi di posizioni ideologiche (da parte della politica) ancora ben lontane dal comprendere la profondità di questa crisi.
Ecco, l’ho detto in maniera semplice e banale. Ma qui, di teoria economica c’è ben poco, e il ragionamento osservato è solo di logica e buonsenso.

E di Renzi, cosa ci dici?
Paolo Cardenà: Il mio giudizio è assai negativo sull'operato del governo Renzi, per tutte le ragioni di cui abbiamo abbondantemente discusso sul blog. Quando Renzi afferma che siamo all'ultima spiaggia, sostanzialmente lo dice per proprio tornaconto. Perché a lui e alla nomenclatura politica trincerata dietro alle sue spalle, fa comodo che l'opinione pubblica si convinca che leadership di Renzi sia l'unica soluzione possibile, l'unica in grado di fare qualcosa per il paese, l'unica capace di invertire il declino italiano. E nel frattempo loro rimangono saldamente ancorati allo STATUS QUO, godendo di tutti i benefici che ne conseguono.

Ecco perché gli italiani, alle scorse europee, hanno rovesciato una valanga di voti a favore di un partito dai connotati genetici discutibili, guidato da un tizio che sta dimostrando la sua inerzia intellettiva dinanzi alle condizioni drammatiche del paese. Perché hanno creduto (e credono tutt'ora) che quella di Renzi, magari anche per via della sua giovane età, sia l'unica alternativa possibile ad un vuoto politico che, se colmato, rischierebbe di produrre altrettanti cialtroni, non meno distruttivi rispetto a quelli del passato.

D'altra parte, quello italiano, per lo più, è un popolo naturalmente incline a cedere al fascino delle lusinghe di chi promette la gloria. Quindi, perché non concedere fiducia ad un ragazzotto per bene che sembra avere le idee chiare? si saranno detti chi lo ha votato.

Ecco, il punto è proprio questo: quello delle idee chiare. Che, ahimè, non appartengono affatto al patrimonio intellettivo di Renzi, visto che ha una cognizione del tutto asimmetrica rispetto alla realtà delle cose, e alle tragiche condizioni del paese.

Al netto del fatto che siamo già abbondantemente "spiaggiati", non è assolutamente vero che Renzi sia l'unica alternativa possibile. Anzi, a dire il vero, lo stesso Renzi, in quanto espressione dei soliti interessi partitici e lobbistici, rappresenta un ostacolo alle vere alternative. L'Italia non è quella di Renzi, quella che vogliono i partiti, o peggio quella disegnata da un vecchio signore di novant'anni, che sta progettando il futuro dei prossimi 20/30 anni di 60 milioni di persone, nascituri compresi.
E' tutt'altra cosa rispetto a come la vorrebbero loro, che continuano ad affannarsi nel rincorrere spasmodicamente soluzioni finalizzate a comprimere dignità, diritti e libertà. E lo stato di polizia tributaria in cui siamo reclusi ne costituisce l'espressione più autentica.

L'evasore è il capro espiatorio del declino italiano, cioè colui per mezzo del quale è possibile giustificare ogni repressione delle libertà individuali, come quella (ormai prossima) della riduzione dell'uso del contante. Ma queste sono solo le ultime cartoline da basso impero, almeno spero.

Nonostante tutto, l'Italia, ancora oggi, può contare su uno straordinario patrimonio culturale in ogni campo, in ogni disciplina. E non mi riferisco solo al patrimonio culturale consegnatoci dalla storia. L'Italia è piena di eccellenze: dalla scienza, alla fisica, all'imprenditoria, alla medicina, fino ad arrivare all'economia, e così via.

L'Italia dispone di grandissime intelligenze, di menti acute, perseveranti ed eccellenti. Sono persone che, con il proprio lavoro, con la propria dedizione e con altrettanto sacrificio, ogni giorno combattono la disfatta che costoro vorrebbero infliggerci, dopo averci appiattito nel modo di pensare, di ragionare, di essere autentici, di essere individui, inteso nella forma più alta del termine.

Esistono ancora condizioni per uscire da limbo?
Paolo Cardenà: Più che dibattere senza costrutto e accusarsi tutti, l’un l’altro, per ciò che non è stato fatto negli anni o decenni trascorsi e a proporre improbabili ricette a favore di qualche sparuta categoria o peggio ancora clientela, bisogna amaramente ma consapevolmente ammettere, che l’ITALIA ha fallito nel suo proposito di diventare un paese virtuoso, come ci era stato prospettato al momento dell’entrata nell’EURO.

Purtroppo l’ITALIA, a questo punto e con la classe politica e dirigente che si ritrova, non ce la può fare più a competere all’interno di un sistema economico finanziario con regole tedesche. Insomma l’ITALIA dovrebbe pensare a come poter uscire dall’EURO con i minori danni possibili per sé e per gli altri, se vuole avere una ragionevole speranza di uscire dal lunghissimo tunnel in cui è entrata e riprendere, dopo un breve calvario, la strada della crescita. L’alternativa, nella situazione attuale, è quella che abbiamo iniziato a sperimentare, ovvero:
Declino inarrestabile del sistema produttivo manifatturiero italiano 
Aumento della disoccupazione e crescita del paese da sognare per lungo tempo 
Impoverimento continuo delle famiglie, della classe media e poi anche degli altri 
Collasso del welfare attuale perché insostenibile

lunedì 27 ottobre 2014

Anarchía. Ordine senza Autorità

Anarchía. Ordine senza Autorità

periodicoellibertario

Rodrigo Quesada Monge
tradusiu editau
de Sa Defenza


[Nota del Libertario: Grazie alla cordiale solidarietà  dell'autore, che ci ha guidato attraverso una copia di questo libro in circolazione dallo scorso maggio, abbiamo avuto l'opportunità di avvicinarsi ad un lavoro che vogliamo raggiunga il maggior numero di lettori del nostro continente, quindi non esitate a etichettarlo come un valido contributo alla diffusione, discussione e dibattito sul ideale anarchico, chiaramente concentrata, la conoscenza densa del punto di vista latinoamericano. In questo senso, e si vuole incoraggiare la vasta lettura del testo, riprodotto qui di seguito nei suoi punti iniziali e finali.] 


Introduzione generale

L'obiettivo principale di questo libro è il rilascio di alcune delle idee di base e la storia del pensiero anarchico. Ci sono  aspirazioni molto meno dottrinarie. Oggi non c'è persona che può, singolarmente, in un unico lavoro coprire l'intera ideologia anarchica, la quantità di informazioni sul tema richiederebbe molte vite per essere compreso appieno. Data questa enorme massa di informazioni, pratiche e di esperienze storiche, siamo dei semplici esseri umani in cammino, abbiamo il solo modesto compito di fornire informazioni di carattere generale.

Tuttavia, questo è stato il bisogno di un piccolo paese come il Costa Rica, dove molti anni fa, si è fatto un lavoro che ha cercato di fornire alcuni pezzi di informazioni più o meno articolate su quello che si propone l'anarchismo come  dottrina sociale, politica e culturale non è stata pubblicata. La nostra esposizione è in sintonia con il soggetto, e quando è stato necessario avvicinarsi con passione e soggettività lo abbiamo fatto. Noi non siamo storici, ma continuiamo a pensare che la ricerca storica deve essere completamente "oggettiva" per acquisire il prestigio della scientificità. Quando è necessario, parliamo anche le carenze dell'anarchismo come un ideale e come pratica.

Queste sono le cose sbagliate che sono state dette di anarchismo. La maggior parte delle persone immagina un anarchico come un ragazzo con gli occhi iniettati di sangue, un pugnale tra i denti, e le tasche piene di granate e dinamite, pronto a sacrificarsi (come i terroristi dei nostri giorni), al fine di imporre le loro idee del socialismo, pace e amore. Ci potrebbero essere contraddizione più assurda! Pochissime persone sanno che uno dei principali maestri il Mahatma Gandhi (1869-1948) dirigente dell'indipendenza dell'India e uno dei più grandi maestri spirituali del XX secolo, era semplicemente un anarchico, uno scrittore che, a sua volta, era anche un aristocratico, uno dei più grandi proprietari terrieri in Russia, a suo modo, era nella sua dirittura un uomo molto spirituale. Ci riferiamo naturalmente al conte Lev Tolstoj (1828-1910).

Tuttavia, durante gli anni '90 del XIX secolo ei primi due decenni del XX secolo, alcuni anarchici credevano che l'azione diretta o propaganda, cioè l'esecuzione di alcuni personaggi pubblici, o il semplice atto di terrore potesse spostare grandi maggioranze a prendere coscienza della prpria vergognosa situazione sociale, economica e politica. Questi singoli atti sono stati ferocemente condannati al momento dell'atto, mentre  l'anarchico coerente d'oggi non  vede  questi atti di violenza appropriati al modus vivendi. Anche se comprende il dolore e la rabbia che  possono sopportare alcune persone, le enormi ingiustizie commesse oggi contro milioni di persone in diverse parti del mondo, organizzati da poteri che si definiscono religiosi, democratici o socialisti.
 

Tolstoj non era solo. Era semplicemente un collegamento di un gruppo di persone che, nel corso dei millenni, hanno sostenuto che uno degli ingredienti più nocivi e pericolosi nella nostra società è l'esercizio brutale e senza limiti del potere, in ogni sua espressione. Non c'è niente di più terribile e umiliante come uno scagnozzo alla dipendenza sottomessa di un essere umano piuttosto che a un altro. Si sono scritti migliaia di libri, ci sono state guerre e milioni di persone sono morte per impedire questo genere di sottomissione di essere raggiungiunto ed esteso a tutto il mondo. Gli anarchici sono solo un gruppo di persone che pensano che finché c'è vita, vale la pena,  fare ogni sforzo per evitare che una cosa del genere accada.

Molti altri hanno la stessa visione si dirà. Vero, ma le procedure degli anarchici all'ordine del giorno sono uniche, poiché lottano a tempo pieno, questa alleanza sovrana, progettato in modo particolare  per oscurare la felicità del popolo, una parte che integra lo Stato-Chiesa (organizzato)- e il Capitale. Si tratta di un'alleanza che ha fatto molto male all'umanità, ed è stato compito degli anarchici proporre la ribellione permanente contro i suoi disegni. 


Stato e Autorità non è un'equazione, come alcuni pensano. Gli anarchici accettano e riconoscono l'autorità della scienza e della saggezza. Mai l'autoritarismo, l'arroganza e la forza bruta, che sia di regimi di destra o di sinistra
Chiesa e  spiritualità non è un'equazione.Gli anarchici sono profondamente rispettosi dell'etica e del tipo di spiritualità che le persone decidono di scegliere per la propria felicità, dal suo profondo intimo. L'anarchico non riconosce le chiese gerarchizzate. La storia è un testamento alla sua devastante incompetenza a risolvere i grandi problemi spirituali dell'umanità. Accettare il cristiano, come ha fatto Tolstoj, in un essere umano che difende il suo diritto di comunicare con Dio, a suo piacimento, senza l'intervento di mediatori o di qualche tipo.  
Capitale e ricchezza non è un'equazione. La morale,la solidarietà, l'arte, un patrimonio l'intellettualità  nulla ha a che fare con il capitale, che si basa essenzialmente ad acquisire la ragione nei confronti del lavoro, facendo utili in misura crescente.

In questo piccolo libro si è discusso di uomini e donne che hanno pensato, sentito e agito in accordo con questi principi. Per la prima parte, dei primi diciassette capitoli, si discute e riflette su temi chiave della ideologia anarchica, noto anche come pensiero libertario o anarchico. Vale la pena chiarire che il termine libertario è di origine anarchica, e non ha nulla a che fare con i principi di anarco-capitalismo, o di estrema destra,  nel quale mondo è una giungla in cui i più forti sopravvivono. In questo libro, ogni volta che si parla di libertari, si fa riferimento agli anarchici, quelli che aspirano a una società pienamente libera, senza autoritarismo, e dove è possibile solo la solidarietà tra le persone attraverso una versione produttiva e fluida del socialismo .

Chi ha lottato per realizzare questa utopia, il percorso storico di questi sforzi sono descritti nella seconda parte del libro, costituita da otto capitoli ove si raccolgono alcuni dei punti salienti della pratica dell'anarchismo negli ultimi duecento anni. La testimonianza sta rivelando perché gli anarchici si mettevano dalla parte dei perdenti, e non dei vincitori o del profitto. Quindi sono essenzialmente gli ideali utopici,  il ricorso all'Utopia  capitalizza, in quanto l'orientamento guida principale in un mondo  strutturato per i ricchi, di successo, per i vincitor, che detengono la felicità realizzata.

L'anarchico lotta e combatte per l'assoluta libertà non possibile in un mondo utopico  senza oppressi ne oppressori, sogno di una condizione che l'alleanza di cui abbiamo parlato in precedenza impedisce. Così la storia raccontata in questo libro è pieno di situazioni di successo, di perseguitati e persecutori, carnefici e giustiziati,
e appropriazioni indebite, di rivoluzioni trionfanti, di golpe contro persone innocenti, e di abusi nelle sue manifestazioni più più dolorose. L'inchiesta ha concluso nei due capitoli finali, studi su l'anarchismo nei paesi latino-americani, e in Costa Rica, dove non si è mai pensato che  potesse ricevere una dottrina, la cui spina dorsale è la difesa più intransigente della libertà possibile in tutta la sua espressione. Molti dei santi uomini della cultura del Costa Rica ufficiale di questa innocente Arcadia[1], avevano  inclinazioni nascoste affini all'anarchismo, come vedremo.



Conclusione generale

Autoritarismo, nonostante le grandi lotte in cui è stato coinvolto l'anarchismo nel combatterlo, è ancora oggi uno dei più grandi mali della civiltà. Oggi, molte persone che esercitano il potere, hanno la convinzione che sia l'unico modo per le persone di servire una buona causa, una buona idea, o una semplice decisione politica per influire sulla comunità locale, con la forza, la brutalità, il rumore sordo del grido. Purtroppo, la maggior parte dei leader politici,   nei piccoli paesi del Costa Rica,
sono di medio e basso rango, provengono da settori sociali in cui l'istruzione, la sensibilità, il dialogo e la razionalità non sono il modello predominante.

Si tratta di un fenomeno che ha cominciato a farsi sentire sempre più nel corso degli ultimi 30 anni. In modo che la gamma più è autoritaria,  più è probabile  la corruzione, la truffa, e il morso della manipolazione. Il problema del Costa Rica non è la mancanza di autorità, ma al contrario, è l'eccesso di autorità. Per il politico medio in questo paese, la governance e la governabilità è inversamente proporzionale alla repressione o alla sua assenza. Il paese è governabile se le persone si lasciano facilmente imboniere, ed ingovernabile se la repressione non sortisce alcun effetto.

Ma in una società che trasuda paura, insoddisfazione, frustrazione, e una gamma illimitata di aspirazioni che non sono canalizzate, l'ingovernabiltà crescerà ogni giorno e si trasforma in una ribellione permanente contro l'apparato istituzionale, dello Stato, Chiesa e Capitale. Per un anarchico questo è lo scenario ideale sulla quale può contare per imprimere le idee nella gente per spostare il governo al servizio della propria vita. Quando le persone  prenderanno il controllo della propria esistenza, la propria responsabilità religiosa, morale ed etica delle prprie azioni, allora sarà il momento in cui si può iniziare a costruire una forma di libertà produttiva e civile.

L'@narchismo individualista e il socialismo @narchico, saranno essi stessi  un'opportunità storica per organizzare la società desiderata, seguendo le linee per applicare uno sforzo maggiore in tutto quello in cui si impegnano, per la maggioranza o totalità degli individui e dei gruppi umani di poter beneficiare pienamente degli sforzi di ciascuno. Né il capitalismo predatorio o il socialismo autoritario contemplano questa possibilità, come sono stati progettati per promuovere un maggiore uso della forza e della violenza nella conquista di ciò che la gente vuole. Lungo la strada, la parte peggiore è svolta dai poveri, i deboli e gli indifesi, la natura e l'ambiente. La democrazia, in questo caso, diventa un'utopia blanda, non la realtà di cui tutti dicono di godere, e ingannano nella piena consapevolezza.

Questa coscienza  che inganna me stesso, mi impedisce di continuare un atto che è ancora peggiore, nel vedere  virtù nella democrazia borghese e la presunta democrazia socialista. Quindi, per l'anarchico, la rappresentanza politica è una farsa totale. Come lo sono tutti i sistemi elettorali, in cui sono selezionati alcuni individui per essere serviti, e copartecipare con altre persone nella finzione che è al servizio della società in generale. Sia nella democrazia parlamentare borghese o democrazia socialista, la frode consiste nel far credere alla gente che partecipa nell'organizzazione e nell'applicazione del potere. Quando in realtà ciò che viene distribuito è l'esercizio del potere, dato in mano a piccoli e potenti gruppi di potere, nell'economia politica e sociale e dividerne la ricchezza prodotta da tale società, senza considerare, neanche lontanamente, la partecipazione piena al potere della popolazione.

E quest'ultima, la gente, per capirci, sia il liberal-democratico, che il socialista autoritario, la considerano incompetente, stupida, incapace di prendere decisioni, disorientata e alienata, tale da non consentire loro di ricevere  una pur minima parte  di autorità (gestionale). Ma è la gente, senza forma, analfabeti, affamati, che ha messo al potere  l'uno o l'altro politico. 

Nel corso degli anni, come scrive E. de La Boétie [2] nel suo Discorso sulla servitù volontaria, la gente  suppone che l'obbedienza cieca sia la vera indicazione della migliore pratica  democratica. La democrazia, come è stata praticata finora, sia dai liberali che dai socialisti autoritari, non è stata altro che l'espressione supina di addomesticazione e di abbrutimento. La Boétie dice: "La gente stesse quindi sono lasciati, o meglio, sono divorati, e si fermano al servizio che essi sarebbero stati al sicuro; le persone erano soggette a schiavitù, alla decapitazione, la scelta tra l'essere un servo e  essere libero, lasciando la loro indipendenza per prendere il giogo, acconsentendo al proprio male, o meglio, lo persegue. "

Ma gli anarchici "ottimismo stoico", a differenza del "pessimismo stoico" dei socialisti liberali e autoritari che sostengono che l'uomo è fondamentalmente lupo mannaro, e deve quindi batosta quotidiana, alla disciplina e producono qualcosa vale la pena, ha dimostrato nel corso dei secoli che è possibile immaginare mondi possibili, in cui le persone controllano le loro vite, le loro decisioni, le loro credenze e sogni. Questi sforzi pegno un'utopia che ha i piedi ben piantati per terra. Le utopie sognate dai tiranni hanno causato un danno incommensurabile per l'umanità. L'olocausto del popolo ebraico, come il popolo d'America, o tutte quelle persone sotto la volontà dei dittatori, sono il prodotto, in gran parte i capricci e capricci di piccoli gruppi sociali e politici, hanno saputo, quando, dove e con chi si può manipolare la democrazia.

Gli anarchici hanno cercato di confrontare i loro sogni con la realtà. Non solo in Spagna durante la guerra civile, come abbiamo visto, ma anche in America Latina, dove le comuni libertarie fiorirono generosamente in varie parti del Brasile, Argentina, Messico, tra cui in Costa Rica, durante la fine del XIX e l'inizio del XX. Queste esperienze, alcune vivono più a lungo, altre meno, volevano essere esperimenti per dimostrare al mondo che è possibile organizzare progetti sociali, economici, e politiche ed educative in cui le persone partecipano attivamente senza sentire la pressione di una disciplina organizzata per servire solo alcuni.

Per questo motivo, le persone devono rigettare le loro paure, che sono una potente risorsa nella ricerca per portare alle persone in modi diversi. L'innovazione, idee, emozioni e sentimenti sono lavoro inedito con l'anarchico, perché sa che il futuro gli appartiene, così come l'attuale, se la ribellione permanente non abbassa la guardia. L'anarchico è in stato di veglia costante per prevenire eventuali abusi di deformazione, della libertà, della volontà, dell'immaginazione e l'indipendenza delle persone nella loro vita quotidiana. Ricordiamo che, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo, per me e per coloro che amo, è uno dei compiti prioritari  l'anarchismo, che è pienamente consapevole del fatto che lo Stato, la Chiesa e il Capitale, farà tutto il possibile  strappare il controllo della mia vita, per cercare allo stesso tempo di contaggiarmi con il loro pessimismo improduttivo e controproducente.

Se questa troika mortifera e negativa insiste sul fatto che non c'è futuro in questo mondo, ne in un altro, o altro, dove la mia felicità apparterrà alla legge, o la chiesa o al denaro, è il momento di chiedersi se non saremo di fronte a un diverso modo di razionalizzare la morte. La razionalizzazione della morte è il segno sicuro che abbiamo raggiunto lo stadio in cui la nostalgia e la malinconia non appartengono più a noi. I nazisti e gli stalinisti hanno adempiuto questo compito in modo impeccabile. Con la razionalizzazione della morte priva di memoria dei popoli, e sono fatti per credere che non c'è futuro, che la speranza è da pazzi ed è solo un delirante trauma nella mediocrità di un paio di ritardatari. Per questo motivo gli anarchici non hanno paura di essere chiamati sognatori invitati a completare il compito incompiuto dei romantici. L'anarchismo è la porta sul retro del romanticismo. Per lei entra furtiva la libertà, la tolleranza e la passione.

[Tratto da Quesada Monge, Rodrigo. (2014) Anarchia. Ordine senza autorità. San Jose, Costa Rica - Santiago, EUNA / Eleuterio, 2014. 450 p].





note di sa defenza:

1 L'Arcadia, oltre ad essere una zona di Grecia e appaiono già nel mito, si riferisce a un paese immaginario che la poesia dal Rinascimento Garcilaso, Cervantes e Lope de Vega nel suo romanzo L'Arcadia (1598) - ha modellato un idilliaco paradiso dove la tranquillità, la pace e la felicità sono un regno eterno.

Étienne de La Boétie (Sarlat, 1º novembre 1530Germignan, 18 agosto 1563) è stato un filosofo, scrittore, politico e giurista francese.



IL DISCORSO SULLA SERVITÚ VOLONTARIA



Il breve scritto Il discorso sulla servitù volontaria (circa trenta pagine) fu composto da La Boétie, secondo Montagne, a soli 16 anni (in un edizione precedente dei suoi Essais, Montaigne indica 18), ma più probabilmente nel 1552-53.

Fu fatto circolare ampiamente da La Boétie, tanto che lo stesso Montaigne afferma di averlo letto prima di conoscerne personalmente l’autore.

Il Discorso sarà pubblicato, anziché da Montaigne, nella raccolta di scritti antimonarchici Memorie degli Stati di Francia sotto Carlo IX, con il titolo Contr’uno con cui divenne noto.

Questa pubblicazione non è del tutto fedele, ma contiene alcune interpolazioni e inserimenti, dei quali la prova maggiore è fornita dalla citazione della Franciade di Ronsard pubblicata nove anni dopo la morte di La Boétie. Secondo alcuni storici, questi inserimenti sarebbero opera dello stesso Montaigne; tanto che lo storico francese Armingaud, ai primi del ‘900, arriva a sostenere che il testo sia interamente opera di Montaigne. Ipotesi non condivisa dalla maggior parte dei suoi colleghi; la paternità dell’opera rimane così attribuita a La Boétie.

Il testo costituì un punto di riferimento inizialmente per l’opposizione calvinista alla monarchia cattolica, successivamente per la opposizione contro l’Ancien Régime che scaturì nella Rivoluzione Francese, in seguito per la protesta repubblicana contro la Restaurazione attuata al congresso di Vienna, ed infine per la politica socialista e rivoluzionaria dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori, ed in particolare per la sua corrente libertaria.

La carica libertaria del Discorso è stata dunque utilizzata per la critica di regimi tra loro molto diversi, dalla monarchia feudale fino allo stato borghese liberale, testimoniando così di conservare la sua validità in ogni tempo, compreso l’attuale, rivolgendosi contro la tirannia in sé, indipendentemente dalle forme storiche che essa assume.

Il Discorso si fonda su due pilastri. Il primo, che dà il titolo all’opera, è costituito dall’idea che la tirannia non sia imposta, ma consensualmente accettata dal popolo, il quale si trova quindi in una situazione di servitù volontaria, ossia accetta volontariamente di sottomettersi al tiranno. La Boétie critica dunque la concezione classica della filosofia politica, ancora oggi molto diffusa, che considera le catene della servitù unidirezionali, e dunque il problema posto da questa semplicisticamente risolvibile attraverso la rottura delle catene stesse; ottenuta la quale, gli individui sarebbero automaticamente liberi, come se solo la volontà malefica del sovrano fosse causa della loro sorte, alla quale essi non contribuiscono in alcun modo.

La Boétie, al contrario, afferma che, accanto al naturale e innato desiderio di libertà, vi sia negli uomini anche un oscuro desiderio di servire:



«è davvero sorprendente, e tuttavia così comune che c’è più da dispiacersi che da stupirsi nel vedere milioni e milioni di uomini servire miserevolmente, col collo sotto il giogo, non costretti da una forza più grande, ma perché sembra siano ammaliati e affascinati dal nome solo di uno, di cui non dovrebbero temere la potenza, visto che è solo, né amare le qualità, visto che nei loro confronti è inumano e selvaggio. […] Ma, buon Dio! che storia è questa? Come diremo che si chiama? Che disgrazia è questa? Quale vizio, o piuttosto, quale disgraziato vizio? Vedere un numero infinito di persone non obbedire, ma servire; non essere governati, ma tiranneggiati; senza che gli appartengano né beni né parenti, né mogli né figli, né la loro stessa vita! Sopportare i saccheggi, le licenziosità, le crudeltà, non di un esercito, non di un’orda barbara, contro cui bisognerebbe difendere innanzitutto il proprio sangue e la propria vita, ma di uno solo […] Chiameremo questa vigliaccheria? diremo che coloro che servono sono codardi e deboli? Se due, tre o quattro persone non si difendono da un’altra, questo è strano, ma tuttavia possibile; si potrà ben dire giustamente che è mancanza di coraggio. Ma se cento, mille sopportano uno solo, non si dovrà dire che non vogliono, che non osano attaccarlo, e che non è vigliaccheria, ma piuttosto spregevolezza ed abiezione? […] Dunque quale vizio mostruoso è mai questo che non merita nemmeno il nome di vigliaccheria, e per il quale non si trova un termine sufficientemente offensivo, che la natura rinnega di aver generato e la lingua rifiuta di nominare?».



Il carattere volontario della servitù è dimostrato dal fatto che basterebbe desiderare essere liberi per diventarlo:



«questo tiranno solo, non c’è bisogno di combatterlo, non occorre sconfiggerlo, è di per sé già sconfitto, basta che il paese non acconsenta alla propria schiavitù. Non bisogna togliergli niente, ma non concedergli nulla. Non occorre che il paese si preoccupi di fare niente per sé, a patto di non fare niente contro di sé. Sono dunque i popoli stessi che si lasciano o piuttosto si fanno tiranneggiare, poiché smettendo di servire ne sarebbero liberi. È il popolo che si assoggetta, che si taglia la gola e potendo scegliere fra l’essere servo e l’essere libero, lascia la libertà e prende il giogo; che acconsente al suo male, o piuttosto lo persegue. […] se per avere la libertà basta desiderarla, se c’è solo bisogno di un semplice atto di volontà, quale popolo al mondo potrebbe valutarla ancora troppo cara, potendola ottenere solo con un desiderio […] ?».



Il popolo è dunque complice del proprio asservimento:



«Colui che tanto vi domina non ha che due occhi, due mani, un corpo, non ha niente di più dell’uomo meno importante dell’immenso ed infinito numero delle nostre città, se non la superiorità che gli attribuite per distruggervi. Da dove ha preso tanti occhi, con i quali vi spia, se non glieli offrite voi? Come può avere tante mani per colpirvi, se non le prende da voi? I piedi con cui calpesta le vostre città, da dove li ha presi, se non da voi? Come fa ad avere tanto potere su di voi, se non tramite voi stessi? Come oserebbe aggredirvi, se non avesse la vostra complicità? Cosa potrebbe farvi se non foste i ricettatori del ladrone che vi saccheggia, complici dell’assassino che vi uccide e traditori di voi stessi?».



Come è possibile, quindi, si chiede La Boétie, che gli uomini accettino di sottomettersi al tiranno?

Innanzi tutto questa domanda porta La Boétie ad allargare il concetto di tirannia. Tiranno non è semplicemente l’Uno della monarchia assoluta, ma qualsiasi corpo politico che elimini il carattere pubblico del potere per utilizzarlo in modo da imporre agli altri la propria volontà ed i propri interessi; indipendentemente dal modo in cui questo potere è ottenuto, fosse anche attraverso il suffragio popolare.



«Vi sono tre tipi di tiranni: gli uni ottengono il regno attraverso l’elezione del popolo, gli altri con la forza delle armi, e gli altri ancora per successione ereditaria. Chi lo ha acquisito per diritto di guerra si comporta in modo tale da far capire che si trova, diciamo così, in terra di conquista. Coloro che nascono sovrani non sono di solito molto migliori, anzi essendo nati e nutriti in seno alla tirannia, succhiano con il latte la natura del tiranno, e considerano i popoli che sono loro sottomessi, come servi ereditari; e, secondo la loro indole di avari o prodighi, come sono, considerano il regno come loro proprietà. Chi ha ricevuto il potere dello Stato dal popolo […] è strano di quanto superino gli altri tiranni in ogni genere di vizio e perfino di crudeltà, non trovando altri mezzi per garantire la nuova tirannia che estendere la servitù ed allontanare talmente i loro sudditi dalla libertà, che, per quanto vivo, gliene si possa far perdere il ricordo. A dire il vero, quindi, esiste tra loro qualche differenza, ma non ne vedo affatto una possibilità di scelta; e per quanto i metodi per arrivare al potere siano diversi, il modo di regnare è quasi sempre simile».



Tornando alla domanda di cui sopra, La Boétie elenca i mezzi attraverso i quali i sovrani suscitano la volontà di servire, per ottenere il consenso necessario ad ogni regime, ancorché tirannico.

Il primo di questi mezzi è l’abitudine:



«certamente tutti gli uomini, finché conservano qualcosa di umano, se si lasciano assoggettare, o vi sono costretti o sono ingannati […] È incredibile come il popolo, appena è assoggettato, cade rapidamente in un oblio così profondo della libertà, che non gli è possibile risvegliarsi per riottenerla, ma serve così sinceramente e così volentieri che, a vederlo, si direbbe che non abbia perduto la libertà, ma guadagnato la sua servitù. È vero che, all’inizio, si serve costretti e vinti dalla forza, ma quelli che vengono dopo servono senza rimpianti e fanno volentieri quello che i loro predecessori avevano fatto per forza. È così che gli uomini che nascono sotto il giogo, e poi allevati ed educati nella servitù, senza guardare più avanti, si accontentano di vivere come sono nati, e non pensano affatto ad avere altro bene né altro diritto, se non quello che hanno ricevuto, e prendono per naturale lo stato della loro nascita. Non si può dire che la natura non abbia un ruolo importante nel condizionare la nostra indole in un senso o nell’altro; ma bisogna altresì confessare che ha su di noi meno potere della consuetudine: infatti l’indole naturale, per quanto sia buona, si perde se non è curata; e l’educazione ci plasma sempre alla sua maniera, comunque sia, malgrado l’indole. I semi del bene che la natura mette in noi sono così piccoli e fragili da non poter sopportare il minimo impatto di un’educazione contraria; si conservano con più difficoltà di quanto si rovinino, si disfino e si riducano a niente». Benché dunque l’indole umana sia libera, l’abitudine ha sugli individui effetti maggiori che non la loro indole, e così essi accettano la servitù se sono sempre stati educati come schiavi: «La natura dell’uomo è proprio di essere libero e di volerlo essere, ma la sua indole è tale che naturalmente conserva l’inclinazione che gli dà l’educazione».



Il secondo mezzo, essendo il primo alla lunga insufficiente, consiste nell’abbrutimento del popolo. La servitù di per sé porta a un infiacchimento dell’individuo, ed i tiranni, accorgendosene, operano per incrementare tale effetto. Innanzi tutto ostacolando la diffusione della cultura, giacché i libri e l’istruzione contribuiscono più di ogni altra cosa, secondo La Boétie, a diffondere la consapevolezza di sé e l’odio per la servitù. Ma soprattutto questo risultato è ottenuto attraverso una strategia da tempo nota come panem et circences:



«i teatri, i giochi, le farse, gli spettacoli, i gladiatori, le bestie esotiche, le medaglie, i quadri ed altre simili distrazioni poco serie, erano per i popoli antichi l’esca della servitù, il prezzo della loro libertà, gli strumenti della tirannia. Questi erano i metodi, le pratiche, gli adescamenti che utilizzavano gli antichi tiranni per addormentare i loro sudditi sotto il giogo. Così i popoli, istupiditi, trovando belli quei passatempi, divertiti da un piacere vano, che passava loro davanti agli occhi si abituavano a servire più scioccamente dei bambini che vedendo le luccicanti immagini dei libri illustrati, imparano a leggere».



Quanto al panem:



«I tiranni elargivano un quarto di grano, un mezzo litro di vino ed un sesterzio; e allora faceva pietà sentir gridare: “Viva il re!” Gli zoticoni non si accorgevano che non facevano altro che recuperare una parte del loro, e che quello che recuperavano, il tiranno non avrebbe potuto dargliela, se prima non l’avesse presa a loro stessi».



Un altro strumento è rappresentato dall’atomismo sociale: il potere tirannico fa di tutto per impedire qualunque forma di aggregazione e comunicazione sociale tra coloro che hanno conservato la passione per la libertà. Le uniche associazioni consentite sono quelle che non contestano la tirannia, o che la sostengono.

Gli ultimi due strumenti indicati da La Boétie sono i più importanti. In primo luogo, egli considera tutti i meccanismi volti a creare il massimo consenso possibile intorno alla persona del tiranno.

Tra questi meccanismi, La Boétie considera la pratica di presentarsi al pubblico «il più tardi possibile, per insinuare nei popoli il dubbio che fossero in qualche cosa più che uomini». In secondo luogo la «favola» dell’origine divina del re, dalla quale deriva la credenza nelle sue capacità taumaturgiche.

Nella misura in cui questa credenza viene meno, diviene importante l’altro meccanismo considerato da La Boétie: quello di presentarsi, da parte del tiranno come rappresentante del popolo e fautore dell’interesse generale:



«gli imperatori romani non dimenticarono neanche di assumere di solito il titolo di tribuno del popolo, sia perché quella era ritenuta sacra, sia perché era stata istituita per la difesa e la protezione del popolo, e sotto la tutela dello Stato. Così si garantivano che il popolo si fidasse di più di loro, come se dovesse sentirne il nome e non invece gli effetti. Oggi non fanno molto meglio quelli che compiono ogni genere di malefatta, anche importante, facendola precedere da qualche grazioso discorso sul bene pubblico e sull’utilità comune».



Il tiranno arriva così a rappresentare l’unità del popolo, e questo si lascia affascinare dal «nome di Uno», appunto perché simboleggia il popolo stesso riunificato sotto il fantasma della propria unità e finalmente liberato dalla propria pluralità.

Infine La Boétie considera lo strumento che egli stesso definisce il fondamento della tirannia. Si tratta della sua stratificazione gerarchica:



«non lo si crederà immediatamente, ma certamente è vero: sono sempre quattro o cinque che sostengono il tiranno, quattro o cinque che mantengono l’intero paese in schiavitù. È sempre successo che cinque o sei hanno avuto la fiducia del tiranno, che si siano avvicinati da sé, oppure chiamati da lui […]. Questi sei ne hanno seicento che profittano sotto di loro, e fanno con questi seicento quello che fanno col tiranno. Questi seicento ne tengono seimila sotto di loro, che hanno elevato nella gerarchia, ai quali fanno dare o il governo delle province, o la gestione del denaro pubblico […].Da ciò derivano grandi conseguenze, e chi vorrà divertirsi a sbrogliare la matassa, vedrà che, non seimila, ma centomila, milioni, si tengono legati al tiranno con quella corda […]. Insomma che ci si arrivi attraverso favori o sotto favori, guadagni e ritorni che si hanno sotto i tiranni, si trovano alla fina quasi tante persone per cui la tirannia sembra redditizia, quante quelle cui la libertà sarebbe gradita».



La Boétie è dunque ben lungi dall’attribuire il desiderio di servire ad un presunto carattere irrazionale delle folle, od alla stupidità popolare. Al contrario, il fondamento della tirannia è assolutamente razionale, essendo dato da un meccanismo che diffonde gerarchicamente il potere e, per suo tramite, la ricchezza, dando ad un certo numero di individui buone ragioni per obbedire.

Il secondo pilastro su cui si regge il Discorso è dato dalla contrapposizione tra la servitù e lo stato di libertà. Quest’ultimo non solo è storicamente anteriore al primo, che sarebbe frutto di un Malencontre, ma è anche naturale:



«credo che sia fuori dubbio che, se vivessimo secondo i diritti che la natura ci ha dato e secondo gli insegnamenti che ci rivolge, saremmo naturalmente obbedienti ai genitori, seguaci della ragione e servi di nessuno. […] di sicuro, se mai c’è qualcosa di chiaro ed evidente nella natura, che è impossibile non vedere, è che la natura, ministro di Dio, la governatrice degli uomini, ci ha fatti tutti della stessa forma, e come sembra, allo stesso stampo, perché possiamo riconoscerci reciprocamente come compagni o meglio come fratelli. E se, dividendo i doni che ci faceva, ha avvantaggiato nel corpo o nella mente gli uni più degli altri, non ha inteso per questo metterci al mondo come in recinto da combattimento, e non ha mandato quaggiù né i più forti né i più furbi come briganti armati in una foresta, per tiranneggiare i più deboli. Ma, piuttosto, bisogna credere che la natura dando di più agli uni e di meno agli altri, abbia voluto lasciar spazio all’affetto, perché avesse dove esprimersi, avendo gli uni potere di dare aiuto, gli altri bisogno di riceverne. […] non bisogna dubitare che siamo naturalmente liberi, perché siamo tutti compagni, e a nessuno può venire in mente che la natura abbia messo qualcuno in servitù, dopo averci messo tutti insieme. […] Se ne deve concludere che la libertà è un dato naturale, e per ciò stesso, a mio avviso, che non solo siamo nati in possesso della nostra libertà, ma anche con la volontà di difenderla».



Nel difendere questa concezione naturale della libertà, La Boétie delinea una società fondata sulla libertà e sull’uguaglianza, contrapposta alla dominazione, e realizzata attraverso una relazione sociale antiteca a questa: l’amicizia. I disonesti non sono amici ma complici, non si amano ma si temono. Al contrario, l’amicizia «ha il suo vero terreno di coltura nell’eguaglianza, che non vuole mai contravvenire alla regola, anzi è sempre uguale». Al di là della concezione naturalistica della libertà, La Boétie basa il suo ideale di società su di una relazione istituita di amicizia che consenta il massimo sviluppo possibile di libertà ed uguaglianza.

In conclusione, il Discorso, benché scritto 450 anni fa, conserva ancora oggi un carattere fortemente attuale. Oltre che per i suoi aspetti teorici, la forza di quest’opera consiste nell’affermare contro ogni tirannia il diritto alla disobbedienza civile: «siate decisi a non servire più, ed eccovi liberi».

Facendo attenzione che ciò non sia per alcuni il pretesto per instaurare una nuova tirannia, diversa nella forma ma identica nella sostanza, di modo che “tutto cambi affinché nulla cambi”. A costoro è giusto che non arrida il successo in quanto «non bisogna abusare del santo nome della libertà per compiere imprese malvagie ».

Questo è il messaggio che La Boétie ci manda dal suo testo, in nome della libertà, contro ogni tirannia.

ABBIAMO FATTO L'ITALIA ORA DOBBIAMO FARE GLI ITALIANI ABBIAMO FATTO L'EUROPA ORA DOBBIAMO FARE GLI EUROPEI

ABBIAMO FATTO L'ITALIA ORA DOBBIAMO FARE GLI ITALIANI ABBIAMO FATTO L'EUROPA ORA DOBBIAMO FARE GLI EUROPEI
Una parola contro le guerre
A Boassa
 
Come a dire abbiamo fatto un Piemonte extralarge ora dobbiamo fare del Meridione una colonia interna . Come a dire abbiamo fatto una Germania extralarge ora dobbiamo costruire i sudditi .

Aveva ragione quel tedesco non del tutto privo d'ingegno (mi si perdoni il manzonismo) che asseriva che la storia quando si ripete non è mai tragica ma fa solo sbellicare dal ridere . Stesse alleanze , identici burocrati , politici servili , stolidi intellettuali . Ci sono tutte le condizioni perchè entri in scena il castigamatti dei buffoni , il grande Moliere . Tuttavia a me poco viene da ridere perchè non riesco ancora ad essere l'oltreuomo di Nietzsche , un uomo senza risentimento , un leone che danza ,un leone che ride ...


L'europa degli spot di regime ci appare come il regno della giustizia , della democrazia realizzata , della solidarietà sociale , aperta ai giovani senza trascurare i vecchi , alle donne come nessun altro paese al mondo ...e alle idee nuove di zecca come quelle relative alle RDIE ( ovverossia regolamento a senso unico delle controversie tra multinazionali e stati ) , al TTIP ( Transatlantic Trade and Investment Partnership , trattato di libero scambio Usa-UE ) , al TISA (accordo "segreto" per lasciare mano libera alle corporation ) ...idee moderne che finalmente potrebbero spazzare il Continente da tutti quei lacci e lacciuoli frutto della rivoluzione francese , dei movimenti operai , della lotta di classe contro il padronato (scusate . Preferisco usare questo termine piuttosto che "imprenditori") che hanno creato la sfiducia dei mercati ed impedito la crescita dell'Europa ( si pensi all'ipertrofia dello stato sociale , alle pensioni e ai salari troppo alti , alla presenza eccessiva dello stato nella scuola , nella ricerca , nei trasporti , nella sanità ...) .


E ciò che è mirabile nella costruzione di questa Europa è la sua assoluta coerenza edificatoria che ci permette di collegare politicamente e culturalmente i suoi inizi e i suoi passi successivi ( Roma ; Maastricht ; Lisbona...) con le mirabili sorti che ci vengono prospettate . Si doveva costruire un'istituzione dispotica che governasse il popolo senza la partecipazione dei cittadini , indipendente da governi e parlamenti , che con maggiore forza potesse schiacciare le sinistre e il movimento operaio , affidarne il governo reale a funzionari che edificassero l'architettura giuridica del Moloch in piena 

solitudine ...

Non c'è da stupirci dunque che il primo Presidente di questa Europa sia stato un valente giurista di provata fede nazista , teorizzatore di una unità europea sotto l'egida della Grande Germania , Walter Hallstein , presidente successivamente della Commissione europea , come ci suggerisce Daniele Nurisso , dal 1958 al 1967. L'impostazione che Hallstein diede alla Commissione ,a parte alcune varianti "democraticistiche" successive ed inevitabili mediazioni con altri organi costituenti, è l'impostazione che oggi governa l'Unione Europea " Oggi la Commissione europea è diventata la direzione dello stato che detiene il potere ultimo e incondizionato in tutte le decisioni".


Queste le nobili origini della UE . Naturalmente si è voluta lustrare la veste con un linguaggio apparentemente meno inquietante liberal ,ambientalista , sinistrese...ma il nocciolo non si è modificato... e il testimone che Walter Hallstein consegna ai suoi eredi è lo stesso che verrà consegnato al sistema finanziario con le RDIE ,con il TTIP , con il TISA :autoritario ,dispotico ,antipopolare ,guerrafondaio .

Un mille grazie a Daniele Nurisso . A breve ci vedremo con il TTIP

domenica 26 ottobre 2014

L'EX GIORNALISTA della TV pubblica francese PHILIPPE MENUT documenta con un film la crisi generata dalla TROIKA in GRECIA : "La Grecia è il laboratorio di una politica terribile" ... "Η Ελλάδα είναι το εργαστήριο της μια τρομερή πολιτική"...

L'EX GIORNALISTA della TV pubblica francese PHILIPPE MENUT documenta con un film la crisi generata dalla TROIKA in GRECIA: "La Grecia è il laboratorio di una politica terribile"... "Η Ελλάδα είναι το εργαστήριο της μια τρομερή πολιτική"...

publico.es
Tradusiu editau
de Sa Defenza

Menut Philippe è un ex giornalista  della televisione pubblica francese 'La tempesta greca', è un documentario che mostra dall'interno le conseguenze della crisi in Grecia sia in termini economici che umani.

Il titolo reale del film si può tradurre in : "La Grecia è il laboratorio di una politica terribile"... "Η Ελλάδα είναι το εργαστήριο της μια τρομερή πολιτική"...
IL DOCUMENTARIO è REALIZZATO SULLE SPAVENTOSE CONDIZIONI DELLA GRECIA, la DIRETTA  dal LAGER della TROIKA.
Η Ελλάδα είναι ένα εργαστήριο για τις πολιτικές έντρομοι μιας μικρής χώρας δοκιμών (11 εκατομμύρια κάτοικοι), τις πολιτικές που εφαρμόζονται στο όνομα ενός χρέους τεχνητά διογκωμένες.




Philippe Menut, ex-giornalista di France 2 e France 3, ha realizzato un documentario sulle cause e le conseguenze della crisi in Grecia.
Il suo reportage fa parlare i salariati, i militanti, gli economisti, i medici, i ministri, i disoccupati, … e tutti danno il loro punto di vista sulla crisi, testimoniando la resistenza e la solidarietà del popolo greco. 
La pellicola di Menut espone una serie di manipolazioni mediatiche che cercano di giustificare una vera guerra economica e sociale contro la Grecia. Una manipolazione in cui i cittadini greci vengono presentati come i responsabili di una situazione di crisi di cui, invece, sono vittime. 
Questa manipolazione, spiega Menut, ha lo scopo di nascondere la politica economica che attua un’austerità spaventosa nei confronti del popolo greco e dei servizi, con un trasferimento massiccio di capitale pubblico verso la speculazione internazionale. Denaro pubblico greco ed europeo. 
245 miliardi di euro sono stati versati in un cosiddetto piano europeo di salvataggio, del quale i greci e l’economia greca non hanno praticamente beneficiato. 
Queste enormi somme di denaro vanno direttamente nelle tasche dei creditori del debito pubblico greco, creditori che hanno concesso prestiti a tassi superiori al 20%. 
Tutto questo è organizzato dagli emissari della Troïka, mandati dal Fondo monetario internazionale, dalla Commissione europea e dalla Banca centrale europea.  Sono questi tre enti i veri padroni della Grecia.  
Quando si parla del debito della Grecia, sembra che la Germania faccia di tutto per nascondere il fatto che, dalla Seconda guerra mondiale, il governo tedesco deve molti soldi al governo di Atene. Si tratta del risarcimento dei danni di guerra e di un prestito che i nazisti avevano preteso con la forza dalla Banca di Atene. In totale, la Germania deve alla Grecia 162 miliardi di euro.  
Uno dei medici che testimoniano nel documentario di Philippe Menut, spiega che la chiusura di sette ospedali a Atene significa che sempre più persone hanno scelto di morire nelle strade. L’impatto delle misure di austerità in Grecia, in particolare nel settore sanitario, è apocalittico.
Una sola cifra sarebbe sufficiente : dall’inizio dell’applicazione dell’austerità imposta dalla Troika, nel paese la mortalità infantile è aumentata del 43%. 
In Grecia, ma anche nella Zona euro in crisi, la sanità è l’obiettivo principale delle riduzioni di bilancio. Vengono modulati i percorsi di cura, ridotti o cancellati i rimborsi, ecc. Gli ospedali che restano aperti funzionano male, a causa della mancanza di fondi, di medicinali e di apparecchiature. 
Menut sostiene che l’intera Zona euro è chiamata in causa dalla crisi greca. 
La Grecia è un laboratorio per sperimentare politiche spaventose su un piccolo paese (11 milioni di abitanti), politiche attuate in nome di un debito gonfiato artificialmente. Η Ελλάδα είναι ένα εργαστήριο για τις πολιτικές έντρομοι μιας μικρής χώρας δοκιμών (11 εκατομμύρια κάτοικοι), τις πολιτικές που εφαρμόζονται στο όνομα ενός χρέους τεχνητά διογκωμένες.   
Dall’inizio delle riforme, imposte dalla Troika “per rispondere alla crisi”, il debito greco è salito del 50% e la disoccupazione è passata dal 10% al 28%. E queste politiche proseguono. Max Parisi

Menut Philippe è un ex giornalista della televisione pubblica francese, ha deciso di fare un documentario come giornalista freelance ... 
Sulla base di un approccio che mette in primo piano le conseguenze umane ed economiche del tempo sulla crisi greca, tempesta greca [Ελληνική καταιγίδα] dà voce a quei dipendenti, attivisti, economisti, medici, ministri, filosofi disoccupati... che dimostrano la forza e la solidarietà del popolo greco. 
Si tratta di un punto di vista sulla crisi vissuta dal di dentro della Grecia come fosse un laboratorio ...
Il film  apre il dibattito sul futuro della crisi della zona euro, dato dal capitalismo finanziario
Un documentario che serve sia come una denuncia che da allarme.
Nel suo film, "La tempesta greca", espone una serie di manipolazione dei media. Essi cercano di giustificare la guerra economica e sociale contro la Grecia. 
Come giornalista critico, come si potrebbe spiegare questa inversione di ruoli, ovvero le vittime , i cittadini greci, sono presentati come responsabili della crisi?

Ho iniziato le riprese in base a questa stessa premessa. Ero indignato che i greci fossero stati presentati, fin dall'inizio della crisi, come responsabili di una situazione di cui sono invece vittime. Dopo di che, sono andato oltre, per individuare le ragioni della crisi stessa. Quelle voci e la disinformazione hanno naturalmente una funzione: nascondere una politica in atto, in cui si afferma che un terribile austerità per il popolo greco e dei servizi pubblici, con un massiccio trasferimento di capitali pubblici verso la speculazione internazionale. Certo non è solo denaro pubblico greco, ma anche europeo.

In un presunto piano di salvataggio europeo sono stati versati 45 miliardi di euro, di cui il popolo greco e l'economia reale greca non ne ha visto nemmeno un briciolo. Questo è dimostrato nel film, grandi quantità di denaro che vanno nelle tasche dei creditori del debito greco, che a loro volta hanno fatto prestiti a tassi che a volte hanno superato il 20% ...

Quale responsabilità avete che i media europei nella presentazione di parte della realtà di questo paese?

I media europei, soprattutto i tedeschi e soprattutto Bild, il più grande giornale in circolazione in Europa, svolgono un ruolo importante nella produzione di pareri. L'approccio non è solo nella parte della realtà greca, ma anche della crisi in Europa. La "grande stampa francese" è meno violenta, ma altrettanto efficace per parlare di "riforme strutturali" (leggi "austerità imposta al popolo"), a "calmare i mercati" (finanziari, ovviamente, ma, non è mai detto) , per "ristabilire la fiducia" (la stessa,  che non si dice). L'obiettivo è quello di mantenere il fatalismo contro un sistema economico neoliberista "non ha scelta" come ho detto Margaret Thatcher. La forza dell'ideologia dominante è quello di convincere la gente che non c'è ideologia dominante ... E 'difficile dire alla gente: "La politica non mi interessa"; così mentre loro stanno sostenendo la stessa politica che soffrono ...

Ammetto che io uso la parola "crisi" come tutti gli altri, per  facilità di linguaggio, ma comunque non è appropriato. Questa crisi non è una catastrofe, inevitabile. Si tratta, in definitiva, un aumento sempre più deliberato e brutale delle disuguaglianze.

La chiusura della televisione pubblica greca nel 2013 e la decisione dei loro lavoratori di sviluppare media indipendenti rimane un esempio notevole della resistenza del popolo greco. Cosa possiamo imparare da questa esperienza?

Ci sono momenti in cui la gente è forte, fantasiosa e audace in una potenza indebolita. La lotta per la radiodiffusione pubblica (ERT) è un esempio. Nel film di approfondimento del soggetto, cercherò di riassumerlo:  l'11 giugno 2013, su richiesta della troika, il governo chiude l'antenna e congeda i suoi 2.650 dipendenti. Immediatamente si attua una massiccia mobilitazione in Grecia e proteste diffuse in tutto il mondo. Giornalisti e tecnici occupano l'edificio, colto di sorpresa, il governo greco non osa inviare il MAT (polizia antisommossa) contro il personale. L'occupazione è durata cinque lunghi mesi, un periodo di vera autogestione, l'attuazione di emissioni rilasciata su internet. Queste emissioni, la loro funzione era di vera e propria indipendenza e il pluralismo completo, erano di grande successo. Dopo cinque mesi, il governo, sempre consigliato dalla Troika - ha deciso di evacuare tutto il personale il 7 novembre 2013 Da allora, gli ex dipendenti hanno lanciato una nuova  radio e la televisione Open ERT .

C'è un gran parlare di debito in Grecia, ma sembra che la Germania nasconde un episodio importante della storia: il denaro che questo paese deve alla Grecia da dopo la seconda guerra mondiale ... Può spiegare questo importante capitolo del suo film, che è menzionato dalla testimonianza di un veterano della resistenza contro i nazisti?

Manolis Glésos, ha 92 anni, ed è un vero e proprio "monumento" in Grecia. Si tratta di uno dei primi resistenti d'Europa, famoso per aver strappato la bandiera nazista dalla cima dell'Acropoli nel maggio del 1941. La sua lotta attuale è quello di richiedere il pagamento da parte della Germania dei danni inflitti dalla guerra, e un prestito indiscutibile, che è stato imposto dai nazisti alla Banca di Atene. L'indebitamento totale alla Grecia oggi ammonta a € 162.000.000.000 ... In altre parole, più della metà di quel debito che la Grecia ora richiede con totale intransigenza da parte della Germania!

Un medico parla nel suo film, durante una manifestazione, e dice che la chiusura di 7 ospedali di Atene significa semplicemente che più persone moriranno per strada. L'impatto delle misure di austerità in Grecia, in particolare nel settore della sanità, sembra apocalittico ...
Una singola cifra sarebbe sufficiente: secondo un giornale britannico e le ONG Medici del Mondo, la mortalità infantile è aumentato del 43% dall'inizio delle misure di austerità. In Grecia, ma anche con l'Europa in crisi, la salute è l'obiettivo principale dei tagli di bilancio. Perché non è l'educazione? Poiché non è possibile ridurre il numero totale di studenti. Tuttavia, è possibile modificare il funzionamento dell'assistenza sanitaria, ridurre le sovvenzioni, ecc... Nel film si vede funzionare al minimo un grande ospedale, mezzo vuoto per mancanza di risorse.
La vista panoramica che offrite Grecia sembra espandersi rapidamente ad altri paesi ...

Nelle prime riprese non avevo intenzione di parlare dell'importanza del capitalismo finanziario, né l'Unione europea. Sono stato incline a trattare l'argomento naturalmente mosso dalla mia ricerca e dalla mia partner. Nel film si apre il dibattito sull'Unione economica e monetaria. La forza di alcune testimonianze attestano la necessità di una rottura con l'area dell'euro; altri spiegano che bisogna essere pragmatici e soprattutto si oppongono all'austerità che porta a debito illegittimo.

Senza prendere una posizione chiara per entrambe le opzioni, penso che se solleviamo il problema di cambiare politica economica e sociale, e la democrazia, dobbiamo sollevare la questione sulle grandi potenze dell'Europa di oggi. Il capitalismo finanziario è il maestro della sua organizzazione, nei loro trattati, attraverso l'influenza di lobby molto potenti.


Quale sarebbe il messaggio diretto alle  persone che guardano da lontano a una Grecia che ha subito un danno terribile presentato come inevitabile? Che cosa può influenzare gli europei al di là della solidarietà necessaria? E come potrebbero i cittadini europei andare alla controffensiva?

Tutta l'area dell'euro è influenzata dalla crisi greca. La Grecia è un laboratorio per testare in un piccolo paese (11 milioni di abitanti), una politica terribile per conto di un debito artificialmente gonfiato. Dall'inizio delle riforme,  da che sono stati obbligati a rispondere della crisi, il debito è aumentato del 50% e la disoccupazione è passata dal 10 al 28%! E queste politiche continuano.

Ma attenzione, questa crisi del debito è la stessa in tutta Europa, la zona più in recessione nel mondo. La Francia, paese che conosco bene, ha un debito di 2.000 milioni di euro, dello stesso tipo del debito greco. Senza l'eccessivo interesse delle banche e le esenzioni imposte sarebbe meno della metà. Solo il pagamento degli interessi costituisce di per sé uno dei bilanci principali dello Stato. I nostri Cari "colleghi" (giornalisti) non ne parlano mai ...

Il sogno europeo potrebbe diventare un incubo. I greci sono per la via della resistenza. Isolata la resistenza non sarà sufficiente. La vera questione è se le persone saranno in grado di unirsi per lottare per un'altra Europa, più giusta e democratica, un'Europa dei cittadini ...



sabato 25 ottobre 2014

SALTO DI QUIRRA I VELENI DELLE MULTINAZIONALI PRODUTTRICI D'ARMI COLPISCONO LA POPOLAZIONE SARDA

SALTO DI QUIRRA I VELENI DELLE MULTINAZIONALI PRODUTTRICI D'ARMI COLPISCONO LA POPOLAZIONE SARDA



Poligono del Salto di Quirra - Sardegna sotto le bombe, tra leucemie e malformazioni

Quirra, 15 morti per leucemia emolinfatica su 150 abitanti. Escalaplano, 14 neonati con gravissime malformazioni fisiche su 2600 abitanti. Non ci sono industrie chimiche o città inquinanti, in questa zona di Sardegna, dove decine di animali d’allevamento nascono deformi o morti per tumori. C’è però il Poligono Interforze del Salto di Quirra, dove si ripetono da cinquant’anni test militari d’ogni genere. A 13 anni di distanza dalla prima denuncia la Procura di Lanusei apre un’inchiesta, mentre i militari negano ogni legame tra i tumori e l’uranio impoverito testato nel Poligono.

Il primo allarme per i tumori “strani” di Quirra arriva nel 1998, all’epoca della missione italiana in Kosovo. E’ appena scoppiato il caso dei militari italiani di ritorno dai Balcani con tumori improvvisi, che i medici attribuiscono rapidamente all’esposizione dei soggetti ai proiettili all’uranio impoverito. L’esercito non nega l’uso (da parte della Nato e dell’Italia) di queste armi, ma rifiuta ogni responsabilità: le due cose -- i tumori e l’uranio impoverito -- non hanno nulla a che spartire. Mentre le famiglie dei soldati insistono, in Sardegna qualcuno fa due più due e denuncia una situazione nota: intorno al Poligono Interforze di Salto della Quirra i casi di leucemia emolinfatica sono tanti, troppi. Il sindaco e il medico di Quirra ed Escalapano supportano le denunce del comitato “Gettiamo le Basi”, guidato dalla coordinatrice Mariella Cao, che chiede risposte per lo stillicidio di decessi inspiegati.

Il comitato si mette all’opera, e dopo anni di pressioni sui media sardi (ma solo rare comparsate sui grandi giornali di “continente”) accumula un archivio immenso. Ci sono tutti i dati clinici, confermati dall’Ospedale di Cagliari, delle vittime di leucemia emolinfatica, ma anche delle malformazioni sugli animali. La dottoressa Antonietta Gatti, ricercatrice specializzata nello studio delle nanoparticelle sull’organismo, rintraccia nei corpi degli agnelli nati senza occhi o con gli organi esposti all’esterno microparticelle di antimonio e antimonio-cobalto, polveri rarissime in natura ma frequenti sui campi di battaglia. Le altissime temperature che si generano sul luogo delle esplosioni di bombe, infatti, rilasciano nell’aria e nel suolo un pulviscolo che, se ingerito o inalato, produce gravi danni all’organismo. Se poi queste armi sono DU, cioè all’uranio impoverito, le polveri diffuse risultano radioattive ed emettono radiazioni alfa: innocue a distanza, provocano la rapida modificazione e morte delle cellule limitrofe, portando a leucemia e tumori. Ed hanno effetto anche sull’apparato riproduttivo degli individui colpiti.

Un servizio video del 2009 de “Le Iene” mostra un terreno pieno di crateri e voragini, dove ad anni di distanza dalle esplosioni non cresce erba. Il fumo dei test di missili sale nel cielo per centinaia di metri e le polveri si spargono per chilometri intorno al Poligono. A Escalaplano in tanti ricordano una misteriosa polvere bianca che un giorno, negli anni ’80, sporcò i tetti delle case di tutto il paese. E i bambini malformati nati negli anni successivi.Per non parlare dei militari stessi di servizio nella base militare: dal 1998 ad oggi, 23 di loro hanno contratto la “sindrome di Quirra”.

Non basta. Il Salto di Quirra è privo di alcuna recinzione: le pecore vi pascolano tranquillamente, e oltre 150 concessioni di pascolo sono state rilasciate dallo stesso Ministero della Difesa negli anni. Ma anche le multinazionali e le grandi imprese del war-business possono “pascolarci”: il Ministero, infatti, affitta ai privati il poligono per testarvi sopra i prototipi di nuove armi, o nuovi missili aerospaziali. E i privati lo utilizzano ampiamente, olltre il 44% dei test sono opera di “civili”. Si va dall’Alenia, alla Fiat, all’Oto-Melara, all’Iveco, al Consorzio Eurosan europeo, all’Aerospatiale, insomma il gotha dei produttori di armi. Una di queste aziende, la Oerlikon Contraves Spa, fabbrica armi all’uranio impoverito, ed è tra i migliori clienti del Poligono. Il canone d’affitto è di 50mila euro per ogni ora, cioè 1,2 milioni di euro al giorno. Un introito netto per le casse della Difesa, e una sicura palestra di esercitazione per i privati, cui viene garantito il segreto militare.

Tanti i motivi per mantenere una base così dannosa per le persone: i guadagni economici, la libertà nell’uso di un’area estesa oltre 11mila ettari, i vantaggi nell’ospitare il testing di armi Nato all’avanguardia. Per mantenere la base, nel corso degli anni si è arrivati ad accusare anche “l’eccesso di benessere e l’urbanizzazione” attraverso studi quantomeno discutibili, dimenticando che Quirra si trova nella regione più spopolata e deserta della Sardegna. Ora la Procura di Lanusei ha aperto un’inchiesta, per accertare “se esistano correlazioni tra le attività del Poligono e le presunte numerose leucemie, linfomi e nascite di animali deformi nell’area militare”. I risultati saranno resi noti a fine gennaio.



SERVITU’ SU GUARDIA DEL MORO IL MINISTERO DELLA DIFESA “IMPONE” LA REGIONE “RESISTE” MA VINCERA’? SARA’ LA GENTE SARDA A VINCERE IL 13 DICEMBRE A CAGLIARI 

Il ministro “amico” della difesa Pinotti non si cura del parere della Regione Sardegna e del COMIPA e decreta di riesumare la servitù su S. Stefano, scaduta e non rinnovabile dal 3 marzo 2014, perché “ è necessaria per ragioni di funzionalità e di sicurezza” . 

Di funzionalità agli interessi dello stato, naturalmente, e non certo di quelli del popolo sardo, che di servitù non ne vuole più sapere e che con la manifestazione di Capo Frasca si è pronunciato in modo inequivocabile. Il ministro del governo amico, non si limita all’imposizione coloniale ma strumentalizza il parere di un sindaco costretto dalla crisi occupazionale, forza il parere della Regione e lo sminuisce e prende in giro i sardi concedendo una riduzione del 40% di una servitù a mare che non esiste, perché scaduta e non rinnovabile. 

La Regione “Resiste” all’imposizione e gliene rendiamo merito, ma la Regione è per istituzione funzionale allo stato e in quanto tale non può essere il soggetto politico vincente contro la COLONIALE occupazione militare della Sardegna, ma al massimo sarà l’intermediario del vero soggetto politico che si incontrerà con lo Stato Italiano, il Popolo Sardo. 

SARA LA GENTE A VINCERE, non le delibere regionali o le avanguardie. E’ il Popolo Sardo, il vero soggetto politico con il quale il ministero della difesa si dovrà confrontare. E’ uno scontro tra due interessi contrastanti e non conciliabili, tra quelli della natzione sarda impedita e quelli dello stato italiano che la impedisce. 

Il 13 dicembre a Cagliari ci sarà una nuova CHIAMATA del soggetto collettivo , del popolo sardo. Tutti i sardi che in modo pacifico e popolare intendo continuare la battaglia iniziata a Capo Frasca, potranno rispondere alla chiamata e dare corpo e vita all’unico soggetto politico che può vincere contro le servitù militari . 

La gente sarda che governa la regione, presidente, assessori e consiglieri regionali, diano un segnale chiaro di ESSERE POPOLO SARDO, sabato 13 dicembre, aprano alla gente i palazzi del governo regionale e dimostrino che quei palazzi e loro stessi sono funzionali non agli orari burocratici o ai privilegi della casta politica ma alla gente che lavora e può disporre del sabato per accorrere alla CHIAMATA CONTRO L’OCCUPAZIONE MILITARE DELLA SARDEGNA. 

Sig. presidente, sig. Pigliaru e sig.ri assessori e consiglieri, siamo sicuri che coglierete l’occasione per essere anche voi GENTE DEL POPOLO SARDO e l’appello per restituire alla gente i palazzi di governo, almeno per un giorno, il 13 dicembre 2014, quel giorno passerebbe alla storia. 

Nugoro 22/10/2014 anno 153° Dominazione Italiana 
COORD. NATZ. Bustianu Cumpostu

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