sabato 23 ottobre 2010

È il momento di passare all’azione

Paul Krugman
New York Times


L e persone per bene sono rimaste inorridite dal voto del 29 settembre alla camera dei rappresentanti di Washington. Un’ampia maggioranza bipartisan ha approvato una legge presentata dal deputato Sander Levin. Il provvedimento potrebbe porre le premesse per sanzioni commerciali contro la Cina legate alla politica monetaria del paese asiatico. La legge non è molto dura, ma di fronte alle allarmanti voci di guerre commerciali e altre catastrofi economiche, gli opinionisti più moderati ritengono che sia meglio non fare chiasso e privilegiare la diplomazia. Queste persone per bene, che da quando è cominciata la crisi si sono sbagliate su tante cose (per esempio, dicevano che il deficit pubblico statunitense avrebbe fatto impennare i tassi d’interesse e l’inflazione), si sbagliano anche questa volta. Per quanto riguarda la politica monetaria cinese, la diplomazia non otterrà niente inché non sarà accompagnata da qualche minaccia di ritorsione. L’isteria sulla possibile guerra commerciale è ingiustificata, e comunque ci sono cose peggiori dei conlitti commerciali. In un periodo come questo, con una disoccupazione di massa aggravata dalla politica predatoria della Cina in campo valutario, la possibilità di qualche nuovo dazio dovrebbe essere l’ultima delle preoccupazioni statunitensi. Ma facciamo un passo indietro. Le grandi economie industrializzate subiscono ancora gli effetti della bolla immobiliare e della crisi inanziaria. I consumi sono calati e quindi le aziende non hanno incentivi a espandere le loro attività. La recessione sarà anche finita, ma il tasso di disoccupazione è molto alto e non dà segni di voler tornare ai livelli normali. La situazione delle economie emergenti è diversa: hanno resistito alla tempesta economica e offrono molte opportunità d’investimento. Com’è naturale, quindi, i capitali provenienti dai paesi più ricchi ma in crisi si dirigono verso i paesi emergenti, che quindi potrebbero essere decisivi nell’uscita dalla recessione globale. La principale economia emergente, la Cina, ostacola invece questo processo naturale. Pechino ha limitato l’aflusso di capitali privati per mezzo di restrizioni sugli investimenti stranieri e mantiene artiicialmente basso il valore dello yuan. Questo aiuta le esportazioni cinesi, ma danneggia l’occupazione nel resto del mondo. La fata turchina Le autorità cinesi difendono questa politica con argomenti poco convincenti e al tempo stesso incoerenti. Pechino nega di manipolare deliberatamente il tasso di cambio. Forse vorrebbe farci credere che è stata la fata turchina ad accumulare riserve per 2.400 miliardi di dollari e a mettergliele sotto il cuscino mentre dormiva. Ma esponenti di primo piano dell’élite cinese dicono che le riserve non contano, perché il surplus commerciale della Cina non c’entra niente con il tasso di cambio. Eppure il primo ministro Wen Jiabao ha dichiarato: “Non possiamo immaginare quante fabbriche cinesi fallirebbero, e quanti operai perderebbero il lavoro, se lo yuan si rivalutasse troppo rapidamente”. Allora il valore dello yuan conta qualcosa. Pechino fa di tutto per ostentare il suo disprezzo nei confronti dei negoziatori statunitensi. A giugno i cinesi avevano detto di essere disposti a lasciar finalmente determinare dal mercato il valore della moneta. Questo avrebbe comportato un netto apprezzamento della valuta cinese. Invece in questi mesi il valore dello yuan è cresciuto appena del 2 per cento rispetto al dollaro, per lo più solo nelle ultime settimane, cioè con l’avvicinarsi del voto sulla proposta di legge di Levin. A cosa servirà dunque questa nuo- va legge? Permette – ma, si badi bene, non impone – alle autorità statunitensi di applicare dazi sulle esportazioni cinesi che sfruttano il valore artificialmente basso dello yuan. Ora, l’esperienza ci insegna che Washington non passerà all’azione. Anzi, continuerà a trovare scuse e a vantare progressi del tutto immaginari sul terreno diplomatico. Insomma sarà confermato quello che i cinesi pensano delle autorità statunitensi: che sono delle tigri di carta. Quindi la legge Levin può essere considerata al massimo un segnale rivolto ai cinesi. In ogni caso, è un passo nella direzione giusta. Perché la verità è che finora, di fronte ai comportamenti inaccettabili della Cina, i politici statunitensi sono stati incredibilmente e scandalosamente passivi. Specialmente se si considera che, visto l’ostruzionismo dei repubblicani, una delle poche possibilità che restano all’amministrazione Obama per afrontare il problema della disoccupazione è dar battaglia alla Cina. Probabilmente la legge Levin non basterà a modiicare questo atteggiamento passivo, ma almeno comincerà a mettere sotto pressione i politici statunitensi. E questo ci avvicinerà al momento in cui saranno inalmente pronti ad agire.

Paul Krugman è un economista statunitense. Nel 2008 ha ricevuto il premio Nobel per l’economia. Scrive sul New York Times.

Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è La coscienza di un liberal (Laterza 2009). Finora l’azione diplomatica non ha prodotto risultati. Le maniere forti convinceranno Pechino a rivalutare lo yuan

venerdì 22 ottobre 2010

La nuova beneficenza dei capitalisti

Slavoj Žižek

















Perché la beneficenza è diventata un elemento strutturale della nostra economia e non è più solo la caratteristica di qualche brava persona?

Nel capitalismo di oggi la tendenza è di mescolare proitto e beneficenza. Così quando comprate qualcosa, nella spesa è già incluso il vostro impegno per il bene degli altri, dell’ambiente e così via. Se pensate che stia esagerando, entrate in un qualunque caffè della catena Starbucks e vedrete. Cito la loro campagna: “Non è solo cosa comprate, ma cosa scegliete”. Lo spiegano così: “Quando comprate Starbucks (...) state scegliendo qualcosa di più di una tazza di cafè. State promuovendo un’etica del cafè. Grazie al programma Starbucks ‘Shared Planet’, compriamo più caffè del commercio equo e solidale di qualunque altra azienda al mondo, garantendo agli agricoltori un prezzo equo per il loro duro lavoro. E investiamo nei metodi dei coltivatori di caffè migliorando la vita delle loro comunità in tutto il mondo. È un buon karma per il caffè”. È quello che chiamo “capitalismo culturale” allo stato puro. Non state solo comprando un caffè, state comprando la vostra redenzione dall’essere semplici consumisti. State facendo qualcosa per l’ambiente, qualcosa per salvare i bambini che hanno fame in Guatemala e qualcosa per ricostruire il senso di comunità.

Potrei fare molti esempi, ma la sostanza non cambia: mentre fate delle scelte consumiste, allo stesso tempo spendete i vostri soldi per fare del “bene”. Tutto questo genera una sorta di… come potrei deinirlo? Un sovrainvestimento o sovraccarico semantico. Sapete che non è in gioco solo l’acquisto di una tazza di cafè: è in gioco il rispetto di tutta una serie di responsabilità etiche. Questa logica oggi è quasi universalizzata. Perciò si crea un corto circuito molto interessante: un gesto di consumo egoista comprende il prezzo del suo contrario.

Davanti a questo fenomeno, credo che dovremmo tornare al buon vecchio Oscar Wilde, che ci ha fornito l’argomentazione migliore contro la logica della beneficenza. In L’anima dell’uomo sotto il socialismo, lo scrittore sottolinea che “è molto più facile solidarizzare con la sofferenza che con il pensiero”: “Le persone scoprono di essere circondate da una spaventosa povertà, da una spaventosa bruttezza, da una spaventosa fame. È inevitabile che tutto ciò le commuova. Di conseguenza, con intenzioni ammirevoli ma male indirizzate, con la massima serietà e molto sentimentalismo, si impegnano nel compito di rimediare ai mali che vedono. Ma i loro rimedi non curano la malattia, non fanno che prolungarla. Di fatto, i loro rimedi sono parte della malattia. Cercano di risolvere il problema della povertà, per esempio, tenendo in vita i poveri o, nel caso di una scuola molto avanzata, divertendoli. Ma questa non è una soluzione, è un aggravamento del problema. L’obiettivo giusto è cercare di ricostruire la società su basi che rendano impossibile la povertà. E le virtù altruistiche hanno di fatto impedito il raggiungimento di questo obiettivo. […] I peggiori schiavisti erano quelli che si comportavano gentilmente con i loro schiavi, e così impedivano che l’orrore del sistema fosse compreso da coloro che sofrivano per sua colpa e da coloro che lo osservavano. […] La beneficenza degrada e demoralizza.

È immorale usare la proprietà privata per alleviare i mali orribili causati dall’istituzione della proprietà privata”. Penso che queste parole siano più attuali che mai. Per quanto possa apparire positivo, il salario garantito – questa specie di patto con i ricchi – non è una soluzione. A mio giudizio esiste un altro problema. Ho l’impressione che questo sia l’ultimo, disperato tentativo di mettere il capitalismo al servizio del socialismo: non cancelliamo il male, lasciamo che sia il male stesso a lavorare per il bene. Trenta o quarant’anni fa, sognavamo il socialismo dal volto umano. Oggi, invece, l’orizzonte più lontano, più radicale, della nostra immaginazione è il capitalismo globale dal volto umano. Le regole del gioco restano le stesse, però lo rendiamo un po’ più umano, più tollerante, con un po’ di welfare in più. Diamo al diavolo quel che è del diavolo e diciamolo chiaramente: almeno negli ultimi decenni, e almeno in Europa occidentale, in nessun altro momento della storia umana una percentuale così alta di popolazione ha goduto di tanta relativa libertà, ricchezza, sicurezza eccetera. Ora queste conquiste sono gradualmente rimesse in discussione. Voglio solo dire che l’unico modo per salvare gli acclamati valori del liberalismo è fare qualcosa di più. Non sono contrario alla beneficenza in astratto. È meglio di niente. Però dobbiamo essere consapevoli che contiene un elemento di ipocrisia. È ovvio che dobbiamo aiutare i bambini. È terribile vedere che la vita di un bambino può essere distrutta perché i genitori non possono pagare un’operazione che costa 20 dollari. Ma come avrebbe detto Oscar Wilde, a lungo andare, se ci limitiamo a curare i bambini loro vivranno un po’ meglio però si ritroveranno sempre nella stessa situazione.

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Slavoj ŽiŽek è un filosofo e studioso di psicoanalisi sloveno.

Il suo ultimo libro è Dalla tragedia alla farsa. Ideologia della crisi e superamento del capitalismo (Ponte alle grazie 2010).

giovedì 21 ottobre 2010

I plotoni dell'ingiustizia...

Monica Pisano

La manifestazione Liberi Pastori è cominciata ieri 19 ottobre con molto ritardo...Sulla 131 e 130 gli squadroni del questore cercavano di impedire l'ingresso a Cagliari dei pulmann i..Li hanno bloccati , e come squadristi di Pinochet sono saliti a bordo a chiedere documenti, prendere nominativi e minacciare i liberi Pastori e famiglie al seguito..tra cui anche tanti bambini e ragazzi..per non parlare delle mogli...che si occupavano di rifocilllare tutti....

Iniziamo con molto ritardo...alle 11.30 circa...La manifestazione si svolge senza intoppi fino a Via Roma di fronte al Consiglio Regionale...

Si respira un'aria pesante..Squadristi di polizia e carabinieri in assetto antisommossa...elicotteri che ci sorvegli
Questa è la situazione signori, il latte sardo viene pagato meno del latte italiano...i protti sardi sono in svendita, i pastori sono in svendita...le aziende agricole sono in svendita...Non si dice ma le banche del Veneto e dell'Emilia Romagna stanno acquistando grandi aziende sarde poco prezzo..in fallimento....la volontà è di dare il colpo di grazia ai sardi ormai allo stremo...Ma ancora si fanno manifestazioni a compartimenti stagni...operai tra loro...scuola e sindacati ormai svenduti...Coldiretti contro liberi pastori....come se questultima avesse fatto una volta l'interesse di agricoltori o pastori...A proposito la loro manifestazione si è svolta giorni prima con tanto di pallocini e mongolfiere...Senza ail minimo accenno all'oppressione perpetrata senza motivo di ieri..si, torniamo a ieri.. Ore 17.45...la polizia ed i Carabineri all'improvviso attaccano i manifestanti: donne, bambini, ragazzi, liberi pastori..Cominciano a sparare lacrimogeni ad altezza d'uomo...la folla cerca di mettersi a riparo dal fumo...non riesce a respirare..si spaventa arretra terrorizzata, urla di dolore...le squadre dell'ingiustizia avanzano manganellando e calpestando chi cade a terra...lasciando indietro sangue lacrime, dolore e frustrazione... Avanzano ..i lacrimogeni arrivano da Via Roma fino al porto...alle barche ormeggiate...un ragazzo con i rasta...viene malmenato da due poliziotti davanti a me...io comincio ad urlare... ...due corrono contro di me...mi spingono e mi minacciano... Sono inerme alzo le mani...mi mollano...Cercano di picchiare una madre...e lei ...Roba da periodo fascista!

Ma come arretrano...urlo al capo dello squadrone anti-giustizia...un ragazzo magro dalla faccia nevosa in borghese, con accento italiano, Dopo un attimo di shock...avanziamo...arretrano...ci minacciano allontanandosi...tornando indietro si mettono in assetto in fila e cominciano a marciare sbattendo gli anfibi sull'asfalto di via Roma...e i manganelli sugli scudi antisommossa...un brivido percorre tutta me stessa...non è paura è disgusto è consapevolezza ma è anche forza...torno indietro dal marciapiede seguo nauseata questa parata...questa prova di forza ma che forza non è ...Un ragazzo forse neanche maggiorenne...col segno distintivo: il foulard azzurro simbolo dei liberi pastori...sorseggia accanto a me una mezza birretta..un poliziotto esce dai ranghi dà una manata alla bottiglia che il giovanissimo teneva in mano, rifocillandosi di quella odiosa giornata...la calpesta con gli anfibi enormi...è un gigante..lui piccolo..e fragile..il ragazzo impallidisce lo prendono in due...tre, comincio ad urlare ...un agente dice : Gli stanno mettendo le manette..Urlo più forte...quasi senza voce oramai dalla rabbia...si guardano..dall'altra parte della strada..troppi testimoni...che vedono...lo mollano...libero. ragazzo! Sei libero...Lui sotto shock mi guarda è pallidissimo...gli dico ..

I liberi pastori non si arrendono...mi chiedo se le meccaniche degli altri arresti non sono state le stesse del ragazzo...ma forse anche peggio...Ho visto portar via in manette ragazzi inermi insanguinati, shoccati...

riprendiamo le posizioni...di fronte al Consiglio...proprio sull'asfalto...ci sediamo a terra di fronte aglia scuadroni anti-giustizia...stiamo lì...Inermi come prima...con la sola arma che è quella del coraggio...

Un libero pastore prende il microfono...

Aspettiamo...ma i giochi sono già fatti...La Sardegna è in svendita signori...Le masse leggeranno sui giornali che i banditi sardi sono scesi a distruggere a sopraffare e crederanno che sia così....perchè la verità gia scodellata è comoda e facile...da seguire comodamente in poltrona...













giovedì 14 ottobre 2010

La Repubblica ebraica di Israele

Sayli Vaturu

pubblicata da Sayli Vaturu

Gideon Levy

Ha’aretz.

http://www.haaretz.com/

La diga è crollata, minacciando di annegare ogni traccia di democrazia, fino al punto in cui forse finiremo per ritrovarci in uno stato ebraico, la cui natura nessuno capisce veramente, ma che di sicuro non sarà democratico.

Segnatevi la data. Il 10 ottobre è il giorno in cui Israele ha cambiato natura. E magari cambierà addirittura nome e si chiamerà “Repubblica ebraica di Israele”, come la Repubblica islamica dell’Iran. D’accordo: la legge sul giuramento di fedeltà che il premier Benjamin Netanyahu ha fatto approvare al governo e ora vuol far votare dal parlamento riguarda, o almeno così si dice, solo i nuovi cittadini israeliani non ebrei. Ma in realtà avrà efetti sul destino di tutti. Perché d’ora in poi vivremo in un nuovo paese etnocratico, teocratico, nazionalista e razzista. E chi pensa che la cosa non lo riguardi si sbaglia.

Già, perché in Israele c’è una maggioranza silenziosa che accetta tutto questo con un’allarmante apatia. Invece chiunque creda che dopo l’approvazione di questa legge il mondo continuerà a considerare Israele come una qualsiasi democrazia non ha capito cos’è questa legge: è un nuovo grave danno all’immagine di Israele.

Il premier Netanyahu ha dimostrato di essere come Avigdor Lieberman, il suo ministro degli esteri e leader del partito di estrema destra Yisrael Beiteinu. Il Partito laburista ha dimostrato di essere solo uno zerbino.

E Israele ha mostrato la sua indiferenza. La diga è crollata, minacciando di annegare ogni traccia di democrazia, fino al punto in cui forse finiremo per ritrovarci in uno stato ebraico, la cui natura nessuno capisce veramente, ma che di sicuro non sarà democratico.

Si prevede che la Knesset, nella sua sessione invernale, discuta un’altra ventina di disegni di legge antidemocratici. L’Associazione per i diritti civili in Israele ha appena pubblicato una lista nera di provvedimenti che comprende: una legge sul giuramento di fedeltà per i parlamentari, una legge sul giuramento di fedeltà per i produttori cinematograici, una legge sul giuramento di fedeltà per le associazioni senza ini di lucro. E ancora: un provvedimento che vieta ogni proposta di boicottaggio e un provvedimento sulla revoca della cittadinanza. Siamo di fronte a un pericoloso balletto maccartista, da parte di parlamentari ignoranti che non hanno capito cos’è la democrazia.

Non è difficile giudicare il duo Netanyahu-Lieberman: sono due fanatici nazionalisti, quindi nessuno può pretendere che capiscano che democrazia non signiica solo potere della maggioranza, ma anche anzi soprattutto diritti delle minoranze. È molto più diicile da capire, invece, l’inerzia dei cittadini. Le piazze di tutte le città israeliane avrebbero dovuto riempirsi di persone che riiutano di vivere in un paese dove la minoranza è oppressa da leggi severissime come quella che le obbligherebbe a prestare un falso giuramento di fedeltà a uno stato ebraico. E invece quasi nessuno sembra pensare che la cosa lo riguardi. È sbalorditivo.

Ci siamo dedicati per decenni al futile dibattito su cosa signiica essere ebrei. Un interrogativo che a quanto pare ci impegnerà ancora per molto tempo. Cos’è, infatti, lo “stato della nazione ebraica”? Appartiene forse agli ebrei della diaspora più che ai cittadini arabi d’Israele? E i cittadini arabi potranno decidere delle sue sorti, così che la nostra si possa chiamare ancora una democrazia? Cosa caratterizza l’ebraicità? Le festività? Le prescrizioni alimentari della kasherut? L’aumento del peso politico dell’establishment religioso, come se non fosse già suiciente a distorcere la democrazia?

L’introduzione di un giuramento di fedeltà allo stato ebraico ne deciderà il destino. E rischia di trasformare Israele in una teocrazia simile all’Arabia Saudita. È vero: per il momento giurare fedeltà allo stato ebraico è solo uno slogan ridicolo, e non esistono tre ebrei che riescano a mettersi d’accordo su come dovrebbe essere uno stato ebraico. Ma la storia ci ha insegnato che la strada per l’inferno può essere lastricata anche di slogan inutili. Nel frattempo, la nuova legge non farà altro che aggravare il senso di estraneità degli arabi israeliani e inirà per alienare le simpatie nei confronti di Israele di settori ancora più vasti dell’opinione pubblica mondiale.

Ecco cosa succede quando non si ha piena iducia nella strada intrapresa. Solo questa siducia può indurre a presentare proposte di legge perverse come quella approvata il 10 ottobre. Il Canada non sente il bisogno che i suoi cittadini giurino fedeltà allo stato canadese, né lo richiedono altri paesi. Solo Israele.

Questa decisione è stata pensata per provocare di nuovo la minoranza araba e spingerla a dimostrare an- cora più distacco dal paese, così che un bel giorno venga inalmente il momento di disfarsene. Oppure per afossare la prospettiva di un accordo di pace con i palestinesi. Comunque sia, lo stato ebraico – come diceva Theodor Herzl – fu fondato nel primo congresso sionista, che si svolse a Basilea nel 1897. Il 10 ottobre invece è stata fondata l’oscurantista Repubblica ebraica di Israele.

Gideon Levy è un giornalista israeliano. Scrive per il quotidiano Ha’aretz.

lunedì 11 ottobre 2010

TEULADA .. LA NAZIONE SARDA INIZIA IL LUNGO CAMMINO DELL'INDIPENDENZA POLITICA CULTURALE ED ECONOMICA DALLO STATO ITALICO



Teulada 10 ottobre 2010, una giornata uggiosa e grigia oltre che piovosa, sembra che tutti i numi siano contro di NOI, ma la sorpresa viene come compensata da una partecipazione popolare grandiosa, un migliaio di teuladesi in piazza e dopo nel palazzetto dello sport partecipe del sentimento nazionale nato dalla proposta di referendum consultivo sul nucleare proposto da Sardigna Natzione e NO NUKE, e a rivendicare sovranità ed opposizione al progetto di morte nucleare , che , il governo italiota ci vuole propinare e rivogare contro la nostrà dignità e volontà.

Oggi, si rischia che Teulada, suo malgrado, passi alla ribalta per una ulteriore servitù: LA CENTRALE NUCLEARE, che, il governo italiota del premier "sardo" adottato dalla Gallura Silvio Berlusconi e company vuole installare nella nostra terra.

Sappiamo quanto sia folle costruire centrali atomiche su un'isola, tra l'atro delle dimensioni della Sardegna poco più di 24000 kmq, considerate che l'area di evacuazione attorno a Chernobyl fu di 30000 kmq.. di conseguenza è tutto dire della serietà dei profeti di sventura dello stato italico e dei suoi lacchè e servitori costruttori e cementificatori nonchè speculatori a basso costo personale nello sfruttamento del territorio sardo, dei piani di evacuazione e sicurezza....

Bisogna iniziar a far pagare cara la loro scelta malaugurata del nucleare, dettata dalla malafede affaristica e tronfia di ingorda e meschina avidità, tramite campagne di boicotaggio sull'energia per quanti partecipano al comitato d'affari sia che siano coinvolti nella progettazione, costruzione o sfruttamento del territorio con appalti o altro, nel progetto Nucleare italiota in patria Sarda!

Il popolo sardo sta ponendo le basi per dare una spallata a questi avidi e tronfi politici che siano italioti o che siano i suoi leccaculi sardo-italioti

Si respira nell'aria un nuovo profumo di risveglio dal torpore ipnotico incantatore del re mediatico, una nuova era si staglia di fronte a NOI la scelta della sovranità e dell'abbandono della servitù-schiavitù nata nel lontano 1847 dalla cosidetta "FUSIONE PERFETTA".

Denunciamo che la sovranita' del popolo sardo ''e' stata frettolosamente abbandonata nelle mani della monarchia sabauda in cambio della 'perfetta fusione con gli Stati della terraferma' '' nel 1847, precisiamo di considerare ''politicamente conclusa la vicenda storica conseguente alla rinuncia alle proprie sovranita' istituzionali, avvenuta il 29 novembre 1847, e solo parzialmente recuperate nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.3, 'Statuto speciale per la Sardegna' ''.

Conseguentemente poniamo le basi per la indipendenza della nazione sarda già da ora , sia con il referendum consultivo che deve trasformarsi in un referendum di sovranità sarda per la cacciata dei nuovi "piemontesi" con un voto pebliscitario e trasversale per il bene comune della nostra terra!

Rimettere in discussione le servitù pendenti e tutte le scelte fatte dal governo italiota in funzione anti sarde, i quali perpetrano uno sfruttamento esagerato ed esasperato del territorio attuando una politica mortifera sulla nostra terra ed il nostro popolo.

Accade , che, nelle basi militari si usano armi non convenzionali (Uranio impoverito ed altre sostanze sconosciute) trasformando il territorio circostante in grande laboratorio per test sulla popolazione civile lì vivinte.

Le prove di questo scempio, le possiamo riscontrare nelle testimonianze dei cittadini del luogo e dalle indagini epidemiologiche che rivelano l'alta diffusione di tumori maligni e morti precoci nei pressi delle basi militari di Quirra e Teulada , malattie e morti pressochè inesistenti nel resto della nostra isola.

Inoltre condanniamo moralmente e politicamente le loro politiche scellerate accapparratorie del nostro territorio contro la volontà popolare e nazionale sarda, che lo stato Italiota ne fà con l'intento di trasformare la nostra isola come piattaforma per la produzione di energia a loro necessaria, per poi portarla tramite i cavi SACOI e SAPEI nel continente italico , ove consumarla, non tenendo in nessuna considerazione i danni ambientali e umani che arrecano alla nostra gente e alla nostra terra, partono dall'idea che questo luogo sia da considerare discarica comune a costo zero, sia per loro che per l'europoa intera... portare i rifiuti nucleri o di elevata tossicità chimica e biologica, è la soluzione dei loro problemi.

NON POSSIAMO TOLLERARE OLTRE QUESTA ONTA PER LA NOSTRA TERRA!

SIAMO POPOLO, NAZIONE, CON LA NOSTRA LINGUA E CULTURA , VOGLIAMO RIVENDICARE LA DIGNITA' DI UOMINI E DONNE LIBERI, E DI POTER DECIDERE DA NOI, DEL NOSTRO FUTURO !!

LIBERTADE INDIPENDENTZIA SOBERANIA!!





























sabato 9 ottobre 2010

Palestinese umiliata dai soldati

michele giorgio
IL MANIFESTO

Ebrei ultraortodossi in rivolta contro Corte suprema

Un altro grave caso di umiliazione di prigionieri palestinesi compiuto da soldati israeliani è venuto alla luce lunedì sera. La rete televisiva israeliana «Canale 10» ha messo in onda immagini in cui si vede una donna palestinese, bendata e ammanettata, adagiata contro un muro, e un militare israeliano impegnato a umiliarla parodiando una danza del ventre. In sottofondo una musica araba e le voci di altri soldati che, sghignazzando, incitano il loro compagno a continuare. Il filmato non è recente, come indica la data in cui è stato postato su Youtube , l'aprile 2008. (http://www.youtube.com/watch?v=pxFlmXbzY3I&feature=player_embedded). Le immagini comunque confermano che la pratica dell'umiliazione di palestinesi in stato di arresto non è limitata agli episodi emersi in questi ultimi mesi ma è diffusa tra i soldati israeliani. Si tratta di un fenomeno ampio, come denunciano da lungo tempo i centri per i diritti umani, che respingono la tesi abituale delle forze armate israeliane di «vicende isolate» legate a poche «mele marce». Solo due mesi fa aveva destato scalpore il caso di Eden Abargil, un'ex soldatessa che aveva diffuso su Facebook foto che la ritraevano mentre sbeffeggiava detenuti palestinesi bendati. Immagini alle quali la ragazza - dopo un mezzo abbozzo di scuse - aveva fatto seguire la pubblicazione di messaggi razzisti nei confronti degli arabi. Intanto si è conclusa ieri all'alba, con l'esecuzione di un provvedimento di espulsione approvato dalla Corte Suprema israeliana, la vicenda di Mairead Maguire, la premio Nobel per la pace irlandese respinta una settimana fa come «persona non grata» alla frontiera d'Israele e da allora trattenuta in stato di fermo all'aeroporto di Tel Aviv. Maguire aveva partecipato al viaggio della nave pacifista «Rachel Corrie» sequestrata lo scorso giugno in acque internazionali dalla Marina militare israeliana mentre cercava di aggirare il blocco marittimo di Gaza.

Sayli Vaturu

Non c’è pace con le colonie

pubblicata da Sayli Vaturu

The Independent, Gran Bretagna

Questo ine settimana, in Cisgiordania, duemila estremisti ebrei e cristiani evangelici hanno festeggiato la ine della moratoria di Israele sulle nuove costruzioni negli insediamenti dei Territori palestinesi occupati. Una mossa che rischia di compromettere i colloqui di pace sul Medio Oriente a poche settimane dal loro avvio alla Casa Bianca. Il presidente palestinese Abu Mazen è in una posizione molto diicile. Se di fronte a quest’umiliazione si ritira dai colloqui, sarà accusato dagli israeliani di sabotare l’iniziativa di Washington. Se invece va avanti, sarà accusato dai gruppi palestinesi radicali di svendere il suo popolo. Abu Mazen ha detto che Israele deve scegliere: “O la pace o gli insediamenti”, ma ha rinviato la decisione a dopo l’incontro con i leader della Lega araba, il 4 ottobre al Cairo. Tutte le parti in causa sono, o dicono di essere, in un vicolo cieco. Abu Mazen è debole: il suo mandato è scaduto, ma non ha potuto andare al voto a causa della lotta tra Al Fatah e Hamas. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu guida una coalizione di destra che vuole l’espansione degli insediamenti, in cui vive già quasi mezzo milione di coloni. E il mediatore Barack Obama non vuole innervosire la lobby iloisraeliana a poche settimane dalle elezioni di metà mandato. Obama fa pressioni su Abu Mazen perché non lasci i negoziati. Bisognerebbe però spingere anche sugli israeliani perché rinnovino la moratoria. Netanyahu non ha le mani legate: oggi il premier è lui e a destra non ha leader forti. Nulla gli impedisce di rompere con una parte della sua coalizione e di far entrare nel governo i centristi di Kadima. Il punto è che non vuole. Occorre quindi che Washington gli ricordi, magari in privato, che Israele non ha un diritto incondizionato né ai due miliardi di dollari all’anno di aiuti militari statunitensi né al veto americano su tutte le risoluzioni Onu che criticano il suo governo. Insomma: non bisogna permettere a Netanyahu di riiutare la moratoria senza pagarne il prezzo. E anche se non vuole prorogarla esplicitamente, potrebbe impedire i lavori, per esempio riiutando nuove licenze edilizie e facendo capire a banche e costruttori che è imprudente impegnarsi su nuovi progetti. Convincere i negoziatori palestinesi che le costruzioni in Cisgiordania saranno limitate potrebbe spingerli a non lasciare i colloqui. Certo, è una soluzione pasticciata: ma oggi è l’unica speranza per non fermare i negoziati.



Soldato israeliano fa la danza del ventre attorno a una prigioniera palestinese legata e bendata



>Questo pezzo è apparso su Il Foglio del 25 settembre, per annunciare l’incontro Per Israele organizzato dall’infaticabile Nirenstein a Roma.


Ciascuno può gustare la misura del delirio di Fiamma, qui al suo apice. Israele, Stato istituzionalmente razzista (per ottenere la cittadinanza, bisogna dimostrare d’essere di razza ebraica) sarebbe il frutto più luminoso dell’«universalismo e giusnaturalismo». Israele, Stato occupante, in Palestina «ha fondato un diritto morale che ha fatto fiorire democrazia e benessere». Israele «è un faro di vita». Tutto il mondo la invidia «per il dono di identità e moralità che possiede», e per questo la delegittima. Soprattutto in Europa, dove ci si è messi in testa che «sulla Mavi Marmara gli ebrei avessero voluto attaccare e uccidere un gruppo di pacifisti», pensate un po’ fin dove arriva l’antisemitismo; perchè l’Europa è preda di «un moralismo mostruoso», sotto cui si maschera l’antisemitismo che dilaga nelle sue città.

«Roma. Una manifestazione Per la verità, per Israele. Nel momento in cui allONU aumenta il tentativo di delegittimazione dello Stato ebraico e nuove spedizioni umanitariesono pronte a rompere lisolamento di Hamas. La maratona oratoria si terrà il prossimo 7 ottobre presso il Tempio di Adriano a Roma. Hanno aderito politici, intellettuali e artisti, italiani e stranieri, fra cui il direttore del Foglio Giuliano Ferrara e Paolo Mieli, Roberto Saviano e Walter Veltroni, Shmuel Trigano e Farid Ghadry. Ad aprire la manifestazione sarà José Marìa Aznar, ex primo ministro spagnolo e presidente dellassociazione Friends of Israel. Promotrice delliniziativa è la deputata del Pdl e giornalista Fiamma Nirenstein. Vogliamo sollevare lallarme più potente rispetto allesistenza dIsraele, cioè la minaccia armata dellIran e dei suoi amici Hamas ed Hezbollah’, ci dice Nirenstein. Lo sfondo fattuale alla delegittimazione dIsraele è la strategia dellIran. Ahmadinejad ha sottomesso lONU, così la più alta istanza mondiale è diventata una cassa di risonanza di vaneggiamenti pericolosi. Gli Stati Uniti hanno reagito con appeasement, aumentando leccitazione islamista. Gli armamenti di Hezbollah sono cresciuti a dismisura, Hamas può colpire Tel Aviv, Ahmadinejad può annunciare la fine dIsraele nelle sedi globali e noi gli stringiamo la mano. Qui stanno distruggendo pezzo dopo pezzo la struttura universalista e giusnaturalista uscita dalla Seconda guerra mondiale’. Veniamo alla delegittimazione culturale. E un lavoro enorme compiuto dal mondo dellestremismo islamista che comincia con un viaggio di Arafat in Vietnam, dove il leader palestinese chiese al generale Giap cosa dovesse fare per universalizzare la questione palestinese. Giap disse ad Arafat: ‘Fate come noi vietnamiti, andate alla conquista degli intellettuali’. Larcheologo Barkaimi ha detto che la negazione di Gerusalemme come città ebraica è peggiore del negazionsimo dellOlocausto. E ci sono riusciti in questa impresa di conquista. Un negazionismo paragonabile alla distruzione dei Budda in Afghanistan. Delegittimare la presenza stessa di Israele nellarea come patria del popolo che ha reso quel luogo basilare per la storia dellumanità è giustificato dal rifiuto a riconoscere che gli ebrei abbiano un diritto a proclamarvi e a farvi fiorire il loro Paese. Un diritto storico, perché il popolo ebraico vi è nato, vi ha vissuto secoli, vi ha fondato il monoteismo, un diritto morale che ha fatto fiorire democrazia e benessere. Per la cultura araba, non solo palestinese, la presenza ebraica seguita a essere illegittima, malvagia, a termine. Israele è pronto a riconoscere uno Stato palestinese. E ora che il mondo arabo sia pronto a riconoscere uno Stato ebraico’. La delegittimazione è sparsa su tutto Israele, ‘inventandosi una crudeltà, un razzismo, una persecuzione, una volontà di conquista e un disprezzo della pace inesistenti. Sul caso della Mavi Marmara, la stampa globale ha accolto lidea che gli ebrei avessero voluto attaccare e uccidere un gruppo di pacifisti’. La delegittimazione è persino sportiva. ‘Un gruppo di tennisti israeliani ha potuto giocare solo a porte chiuse in Svezia. Ad Hannover un gruppo di danza israeliano è stato preso a sassate da dimostranti che urlavano Juden Raus’. In Turchia una partita di pallavolo è stata circondata da dimostranti violenti che urlavano ai poliziotti: ‘Non siate i cani da guardia dei sionisti, Allah ve ne chiederà conto’. Lunione dei lavoratori inglesi del settore pubblico ha passato una mozione per il boicottaggio di Israele. Un grande giornale svedese ha scritto che gli israeliani uccidono i palestinesi per rubarne gli organi. I supermercati dEuropa decidono di boicottare le merci ebraiche. I film israeliani sono contestati, così le sue scoperte scientifiche, i prodotti tecnologici, i suoi accademici sono cacciati dalle università. Anni e anni che Israele vede piombare dal cielo i razzi e nessuno dice nulla. Un politico israeliano non può atterrare a Londra senza rischiare larresto. Amnesty e lONU attaccano Israele ogni giorno, assieme al consiglio dei Diritti umani. Passa in cavalleria il fatto che la Spagna proibisca agli omosessuali israeliani di partecipare a un gay pride’. E il diritto di esistere di Israele che è messo in discussione. Non cè diritto all’autodifesa, se Israele non si può difendere ed è condannato alla morte allONU. E un pericolo che corriamo tutti. Il mondo dovrebbe vergognarsi di come ha lasciato morire gli israeliani nei caffè, nei supermercati, nei ristoranti, quando si lodava sulla stampa la kamikaze venuta a uccidere famiglie intere. Questo moralismo mostruoso si rovescia sullEuropa tutta con lantisemitismo che circola nelle sue città. Hanno distrutto il senso della lotta antirazzista, pensiamo a Durban. Lodio per Israele è la corruzione stessa della nostra civiltà’. La manifestazione vuole anche portare in dono ciò che Israele rappresenta. La delegittimazione nasce da invidia per il dono prezioso di identità e di moralità che la nazione ebraica possiede: un ragazzo israeliano pieno di vita e di voglia di divertirsi, di ballare, di viaggiare è concentrato con tutto il cuore sul compito di proteggere la sua casa, la sua cultura. Un famoso medico colono’ (Arieh Eldad) per salvare un bambino palestinese bruciato da unesplosione lavora giorni e notti, per mesi interi, in ospedale. A Gaza, fino al minuto prima di essere costretti a sgomberare, i contadini ebrei raccoglievano i pomodorini ciliegia e i fiori di serra. Israele è un faro di vita, quando la vita è il valore più problematico e in pericolo del nostro tempo, quello più invidiato e che scorre nelle vene di questo popolo costantemente sotto minaccia».

giovedì 7 ottobre 2010

SIT-IN ANTINUCLEARE A TEULADA E APPOSIZIONE DI UN BRONZETTO NURAGICO DI VARDIANIA

Domenica 10 ottobre dalle ore 10 in Piazza Fontana

Il comitato.si.nonucle, al fine di informare il popolo sardo sul referendum consultivo contro il nucleare che verrà votato nella primavera del 2011 e sensibilizzarlo sulla necessità di votare SI al quesito “Sei contrario all’installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti ?”, indice un Sit-In, con convegno e festa, per il giorno domenica 10/10/2010 dalle ore 10 alle ore 20 a Teulada in piazza Fontana.Sono previsti interventi da parte delle varie componenti del comitato, e da parte del pubblico. Ogni componente politica potrà esporre una sola bandiera sul palco, non c’è limite di numero per la bandiera nazionale sarda e per striscioni, cartelli o simboli contro il nucleare.Per l’occasione chi non fa ancora parte del comitato, che comprende più di 150 organizzazioni, svariati comuni, artisti, deputati, senatori e migliaia di cittadini, potrà farlo al momento compilando gli appositi moduli. L’adesione comporta solo la condivisione di due punti; Il comitato.si.nonucle è contro il nucleare in Sardegna e, facoltativo, contro il nucleare in qualsiasi altra parte del mondo.2) Il popolo sardo ha il diritto di decidere sul nucleare e sulle questioni che riguardano il proprio territorio ed il proprio futuro. E’ previsto il pranzo e la cena a base di pecora in cappotto, capra arrosto, formaggio, salcicce arrosto o secche, vino, birra alla spina e dolci sardi.Tutti i convenuti sono invitati a contribuire portando qualcosa che serva per arricchire le tavolate e da condividere con tutti.

Durante la manifestazione verrà presentata l’iniziative e apposto, in segno simbolico di difesa del territorio, un bronzetto nuragico installato blocco di granito.

CARATTERISTICHE DEL SEGNALE DI VARDIANIA – Sarà costituito da un bronzetto nuragico, capo tribù, alto 45 cm, fissato ad un masso in granito messo a disposizione dall’amministrazione comunale. Sotto il bronzetto ci sarà una targa in ceramica con la scritta “ A Vardiania de Teulada e de sa Sardigna totu dae su Perigulu Nucleare”

LUOGO D’INSTALLAZIONE – Sarà installato in piazza Fontana di fronte al municipio o in altro luogo indicato dall’amministrazione comunale, senza arrecare danni a strutture pubbliche o private.

Gli amici giornalisti sono invitati anche al pranzo con berbeghe in capoto, pane, casu, sarditza, vinu e amistade meda.

Teulada 06/10/2010 BUSTIANU CUMPOSTU Coordinadore dell’iniziativa

Per comunicazioni Responsabile zonale Fulvio Perdighe 3494381687

Coordinatore dell’organizzazione Bustianu Cumpostu Tel./fax 0784-415249 0348-7815084 



The Committee si.nonucle in order to inform the Sardinian people on the referendum against nuclear power that will be voted in the spring of 2011 and raise awareness of the need to vote YES to the question "Are you against the presence in Sardinia of nuclear power stations and sites
storage of radioactive waste left over from them or background? ", announces a Sit-In, with conference and festival for the day Sunday, 10/10/2010 from 10 to 20 hours in Teulada square Fontana.Sono planned interventions by of the various components of the committee, and by the public. Each member may exhibit only one political banner on stage, there is no limit to the number of Sardinian flag and banner, signs or symbols against nucleare.Per the occasion who is not yet part of the committee, which includes more than 150 organizations, various municipalities, artists, congressmen, senators and thousands of citizens, will do so when filling out the form provided. The membership sharing only two points si.nonucle The committee is against nuclear power in Sardinia, and optional anti-nuclear in any other part of world.2) The Sardinian population has the right to decide on nuclear and matters affecting their land and their future. E 'provided lunch and dinner with sheep in coat, roasted goat cheese, roasted or dried sausage, wine, beer and soft sardi.Tutti the defendants are invited to contribute to bringing something useful to enrich the tables and to share with everyone.



During the exhibition will present the initiative and placed in a symbolic sign of territorial defense, bronzetti installed a granite block.



CHARACTERISTICS OF THE SIGNAL Vardiani - will consist of a bronzetti, tribal chief, 45 cm high, attached to a granite boulder made available by the municipality. Under the bronze statue will be a ceramic plate with the inscription "A Vardiani de Teulada and Sardinia TOTU de sa dae on Nuclear Perigulu"



Installation location - will be installed in Fountain Square in front of City Hall or another location specified by the municipality, without causing damage to public or private.



Journalists are also invited friends to dinner with berbeghe in Capote, bread, incidental, sarditza, vinu meda and friendship.

mercoledì 6 ottobre 2010

Romani accelera sul nucleare: nomine per l'Agenzia entro quest'anno

Paolo Romani conferma l'impegno di accelerare sul nucleare: «Ci sono delle scadenze», ha detto al termine del giro di incontri in programma oggi al ministero di via Veneto con i sindacati, gli amministratori delegati di Enel e Terna, e il numero uno di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini. Romani ha sottolineato come le nomine dell'Agenzia per la sicurezza sul nucleare siano «all'ordine del giorno e assolutamente le faremo entro quest'anno».

Una partita che guarda con estrema attenzione Enel, che, attraverso l'amministratore delegato, Fulvio Conti, ha apprezzato la disponibilità del neo ministro dello Sviluppo economico a lavorare ai tanti provvedimenti «per dare impulso agli investimenti nel settore», che, ha aggiunto, «per noi ammontano a circa nove miliardi nei prossimi anni».

Parole rilanciate da Romani, che si è detto «un convinto assertore del 50-25-25», riferendosi al mix di idrocarburi, nucleare e rinnovabili, e ha aggiunto, che Enel è «l'unica grande azienda che ha a che fare con le tre tecnologie e ho cercato di capire se questa lunga interruzione avesse portato un gap culturale, ma mi hanno spiegato che anzi abbiamo recuperato questo disavanzo».

Romani ha parlato poi di crisi aziendali, sollecitato dal segretario generale della Cgil, Gugliemo Epifani: «ce ne sono 170 e più di 80 in commissariamento», ha detto, ricordando che il problema « ci riguarda, così come riguarda anche Confindustria e il sistema bancario». A giudizio di Romani, «se il sistema Italia si muove nel suo complesso e con un sistema bancario sensibile, è ovvio che tutto diventa più semplice come cabina di regia in sede di governo». Epifani ha comunque detto che non è stato preso in considerazione un calendario preciso per affrontare le crisi, ma sono stati citati i casi di Termini Imerese, Vinyls, Fincantieri e Merloni.

Parlando invece delle deleghe sulle comunicazioni, Romani ha detto di non aver ancora affrontato il tema con il premier Silvio Berlusconi. «Ma forse lo faremo nel consiglio dei ministri di venerdì o più avanti», ha aggiunto. Riferendosi poi ai 126 milioni ancora a disposizione per gli incentivi, ha detto: «stiamo valutando e dobbiamo ripensare a una suddivisione». Ha anche espresso «apprezzamento» per l'iniziativa annunciata da una grande multinazionale, Vodafone, di investire un miliardo per colmare il digital divide mobile in Italia. Peraltro, ha rilanciato, «il progetto è in linea con il piano Romani».

Per l'amministratore delegato di Terna, Flavio Cattaneo, il neoministro si è mostrato disposto a lavorare «da subito sui temi del sistema elettrico, di interconnessione, sugli sviluppi internazionali e nazionali e sul problema delle autorizzazioni». Cattaneo ha ricordato che Terna ha programmato un piano investimenti per 7 miliardi di euro, di cui 1,6 miliardi (fotovoltaico compreso) quest'anno; ma, ha tenuto a ribadire, «gli investimenti dipendono dalle autorizzazioni».

«L'incontro con il neo ministro è andato bene», ha commentato il presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini. Romani, ha detto Guarguaglini, ha ripetuto che ci sarà supporto alla nostra azienda, «anche per quanto
riguarda le esportazioni».


Cinquanta comuni idonei per le scorie nucleari. Ecco la mappa dei siti possibili

di Jacopo Giliberto 24 settembre 2010
ilsole24ore.com/

Apriti cielo. La mappa delle possibili collocazioni del deposito per i residui

atomici, pubblicata ieri, ha innescato la slavina prevedibile di dichiarazioni indignate e di comunicati stampa furenti. Chi vuole il generoso centro ricerche e il superbo parco tecnologico con annessi ben due stoccaggi di rifiuti nucleari? (Un deposito per le scorie a brev

e e media radioattività e uno per i residui a lunga attività). Le risposte possono essere riassunte con la locuzione «non qui».

Ma a qualcuno piace il progetto. Quaranta tra aziende e istituzioni – anche colossi dell'energia – sarebbero interessate a entrare nel centro ricerche e deposito atomico, non come costruttori ma soprattutto per aprirvi laboratori e attività di studio.

Oggi pubblichiamo una mappa ancora più dettagliata dei luoghi ritenuti idonei secondo i criteri dell'Aiea adottati dalla Sogin, la società pubblica del nuclea

re, sulla base degli stessi standard che erano stati utilizzati dalla task force dell'Enea nel 2003 e dal gruppo di lavoro stato-regioni nel 2008. Rispetto alla cartina di ieri, nella mappa di oggi è stato adottato un criterio aggiuntivo di selezione scelto dalla Sogin: l'impianto avrà bisogno di 300 ettari, e così le zone indicate sul disegno qui a destra sono solamente quelle che hanno un'area di almeno 300 ettari. Qui ci sono i 52 comuni della lista finale.

Perché tanta emotività contro il progetto? Per Stefano Saglia, bresciano, sottosegretario allo Sviluppo economico, i comuni che si candideranno a ospitare gli impianti avranno vantaggi appetitosi. «L'idea del parco tecnologico è una felice intuizione perché il deposito delle scorie derivanti dalle attività nucleari diventa un polo molto attraente». Ci sono molte esperienze di successo nel mondo. «La Sogin ha potuto seguire quanto hanno fatto per esempio in Francia, Spagna e Olanda, dove gli impianti sono luoghi frequentati da visitatori e affollati di ricercatori. Il progetto della Sogin parla di un grande laboratorio di ricerca in cui saranno anche ricoverate le scorie ma dove soprattutto si esercita un'attività scientifica e divulgativa di forte attrazione, come testimonia il caso dell'uisine nucléaire di Le Hagues, in Francia, visitata da migliaia di persone al giorno».

La Sogin ha condotto il suo lavoro di analisi con tempismo perfetto. «La legge dava tempo fino al 23 settembre perché la Sogin completasse lo studio, e la s ocietà ha svolto perfettamente il suo ruolo – aggiunge Saglia – come aveva sottolineato il ministro a interim dello Sviluppo economico, Silvio Berlusconi, nella lettera in cui spiegava che la data di consegna non è prerentoria. La mappa, cioè la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, dovrà essere esaminata dall'agenzia della sicurezza nucleare e sarà sottoposta alla valutazione ambientale strategica. Poiché non si possono ancora svolgere queste due tappe fondamentali, va da sé che il documento – specifica il sottosegretario – è una tappa del percorso, e se l'agenzia cambierà i criteri l'elenco potrebbe dare risultati diversi».

Il problema da affrontare non è solamente per le centrali future. «Stiamo lavorando a un progetto che purtroppo tarda da 20 anni. Il programma nucleare del governo ha permesso di riaprire la ricerca di una soluzione per un problema non risolto in 20 anni: oggi l'eredità nucleare e le scorie radioattive che si generano da attività industriali e sanitarie è distribuita fra moltissimi depositi sparsi per l'Italia. Il progetto del deposito nazionale ha un asp

etto innovativo – aggiunge Saglia – e cioè che quando sarà completato l'iter di selezione metteremo in competizione i territori che vorranno ospitare gli impianti. Il parco tecnologico e il deposito producono occupazione di alta qualità, e non solo per la costruzione (500 persone per 10 anni) ma anche perché la località diverrà una piccola capitale della ricerca».

La strategia nucleare del governo – un documento agile – è sostanzialmente pronta e la sua ufficializzazione formale dipende dall'insediamento dell'agenzia di sicurezza nucleare. Il prossimo Cipe potrebbe anche delineare le scelte tecnologiche da adottare per le centrali, ovvero i reattori Epr della francese Areva (per i progetti di EdF ed Enel) e probabilmente la tecnologia statunitense Westinghouse (per la cordata di Eon con Gaz de France Suez); escluse forse altre soluzioni, come i reattori canadesi Candu oppure i Vver russi.

Una veloce selezione dei commenti di ieri rischia di essere ripetitiva: se ne sceglie qualcuno. Ecco le regioni più coinvolte: «Mi opporrò a ogni ipotesi di nucleare», sbotta il presidente della Toscana, Enrico Rossi; «Avranno la più civile, pacifica e partecipata reazione popolare della storia pugliese», aggiunge Nichi Vendola dalla Puglia; «Nulla verrà fatto senza la condivisione dei territori interessati», dice più conciliante il presidente della Basilicata Vito De Filippo; in Lazio insorgono tra gli altri anche i dipietrini e Sinistra ecologia libertà. Protestano per la segretezza dei dati la Legambiente e Greenpeace. Più sereno il leghista piacentino Stefano Cavalli: «Chi, come me, è di Caorso, sa bene quanti problemi e preoccupazioni derivano dall'abitare in prossimità di queste istallazioni, ma la scelta dei siti non sarà imposta dall'alto ma concordata con regioni e comuni».

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