martedì 20 agosto 2013

Business Nucleare: Urania Lucania. Letter to the USA

Business Nucleare: Urania Lucania. Letter to the USA


A poco più di due settimane dal trasporto di materiale nucleare dall’ITREC di Rotondella (Mt) verso l’aeroporto militare di Gioia  del Colle (Ba), permangono inevasi numerosi interrogativi. Una delle tracce fosforescenti percorribile sembra essere quella del rimpatrio di uranio e plutonio da parte degli USA&partners, in ossequio ad accordi sanciti negli scorsi anni. Ma di che business si tratta? Dalla Lucania al Pianeta Urania, passando per una Letter to the USA.
A livello internazionale l’uranio altamente arricchito (HEU) significa tradurre materiale nucleare in potenziale energetico o in potenza militare e/o in tutt’e due.
Dal 2004 è attivo il GTRI (Global Threat Reduction Initiative) su iniziativa del NNSA (National Nuclear Security Admnistration). Scopo dell’ufficio? Nella maniera più veloce possibile identificare, mettere in sicurezza, rimuovere e/o facilitare la messa a disposizione di materiali nucleari vulnerabili ad alto rischio e radioattivi nel mondo che costituiscano una minaccia per gli Stati Uniti e per la comunità internazionale.
[traduzione] La missione del GTRI è di ridurre e proteggere il materiale vulnerabile nucleare e radioattivo situato in siti civili di tutto il mondo. Il GTRI porta a termine al propria  missione attraverso tre iniziative che prevedono un approccio complessivo per prevenire l’accesso dei terroristi a tali materiali. Queste tre iniziative sono:
Convertire: convertire reattori di ricerca e strutture  di produzione di isotopi dall’uso di uranio altamente arricchito (HEU) a uranio impoverito (LEU) o verificarne la loro chiusura;
Rimuovere: rimuovere i materiali nucleari e radioattivi; e
Proteggere: proteggere i materiali radioattivi e nucleari ad alta priorità dal furto.
Nello stesso comunicato si apprende che dal discorso tenuto da Obama a Praga il 5 di aprile 2009, il GTRI ha accelerato le proprie attività.
L’elenco delle azioni secondo i tre principi cardine della missione:

 April 2009 to secure all vulnerable nuclear material in four years.

Convert

Since President Obama’s Prague speech, GTRI has:

  • Successfully converted to LEU fuel or verified the shutdown of 24 HEU research reactors in 14 countries, including Bulgaria, Canada, Chile, China, the Czech Republic, Hungary, India, Japan, Kazakhstan, the Netherlands, Poland, Russia, the United Kingdom and the United States, and verified the cessation of the use of HEU targets for isotope production in Indonesia.
  • Accelerated the establishment of a reliable supply of the medical isotope molybdenum-99 (Mo-99) produced without HEU by establishing partnerships with South Africa, Belgium, and the Netherlands to convert Mo-99 production from HEU targets to LEU targets, and with four domestic commercial entities to produce Mo-99 in the United States with non-HEU technologies.
Remove
Since President Obama’s Prague speech, GTRI has greatly accelerated the removal of weapons-usable nuclear material, including:
  • Successfully removed more than 1,450 kilograms of HEU and plutonium (enough material for more than 55 nuclear weapons); and
  • Removed all weapons-usable nuclear material from 10 countries and areas, including: Romania (June 2009), Taiwan (September 2009), Libya (December 2009), Turkey (January 2010), Chile (March 2010), Serbia (December 2010), Mexico (March 2012), Ukraine (March 2012), Austria (December 2012), and Czech Republic (April 2013).
Protect

Since President Obama’s Prague speech, GTRI has:

  • Completed physical protection upgrades at more than 1,000 buildings with high-activity radiological sources; and
  • Removed more than 10,000 at-risk radiological sources.
(fonte: NNSA)
Cinque Aprile 2013. Qualche giorno dopo l’equinozio primaverile, e giusto quattro anni dopo il discorso di Obama, nel dettaglio si evince dal sito dell’ambasciata americana che:
68 kilograms of highly enriched uranium (HEU) – enough material for two nuclear weapons – from the Czech Republic. The HEU was securely transported to Russia, where it will be downblended into low enriched uranium (LEU) for use in nuclear power reactors
Tutto chiaro. 68 kilogrammi di uranio altamente arricchito dalla Repubblica Ceca verso la Russia su mandato statunitense. 68 kgs di HEU che possono costituire un potenziale di due armi nucleari, ma che, depotenziato in LEU, non offendono più nessuno.
Ma l’attività “veloce” per convertire/rimuovere e proteggere non finisce qui.
Siamo all’antivigilia dell’Independence Day e dal solerte sito della NNSA si apprende che:
The U.S. Department of Energy’s National Nuclear Security Administration (NNSA) and the Socialist Republic of Vietnam’s Ministry of Science and Technology (MOST), in a joint operation with the Russian Federation, announced today the successful removal of 11 kilograms of highly enriched uranium (HEU) from the Dalat Nuclear Research Institute in Dalat, Vietnam.
Quindi, gli USA in odore di amarcord  – più amaro che ricordo – si recano in una delle nazioni devastate dalla loro Export Demo_Crazy – prim’ancora della recente epopea 20ale dei far western nel middle east –  e prelevano 11 kgs di HEU. Aiutati dai russi.
Dunque, ci è dato leggere da comunicati dal vago sentore di editti imperiali che questi prelievi e trasporti verso altri siti, oltre che in madrepatria, sono dovuti a evitare l’occasione  – che, per chi vive di luoghi comuni, fa l’uomo ladro – che tali quantità di uranio o di altro materiale radioattivo finiscano nella mani di terroristi.
Ma, l’ombra di Al Qaeda incombe. E allora, per non farsi mancare niente in questo grande scacchiere messo in piedi dall’impero in_tubato e con l’indice puntato, il 3 di agosto scorso, poco dopo il trasporto “secretato” dal’ITREC di Rotondella (di cui non viene ancora fornita notizia sul sito NNSA), l’amministrazione norteamericana si affretta a diffondere un incipiente allarme terrorismo e a chiudere diverse ambasciate e consolati in giro per il mondo (fonte ansa).
Intanto, il giorno 8 di agosto, in virtù di tale allarme, giunge notizia che a seguito di azioni di droni sono stati uccisi 7 yemeniti perché SOSPETTATI di essere terroristi. Forse affiliati di Al Qaeda. Il video-gioco al massacro continua imperterrito, come un buon impero-del-terrore sa fare.
A proposito di ciò, rimane fermo l’obiettivo di non vedere il MUOS di Niscemi (CL) sorgere per fare da sponda e centro strategico a questo gigantesco play-station for human detection/protection/conversion and destruction.
E_nucleando i fatti del nucleare, quindi, ci si imbatte nella recrudescenza allarmistica del terrorismo con principale matrice islamica. Si sa, di questi tempi, a quasi 12 anni tondi-tondi da gound zero, e dopo la caccia a Bin Laden, v’è estrema o estremistica necessità di trovare un capro espiatorio per tenere alta l’atten(s)zione.
Perciò, ambasciate chiuse, all’armi generali, Ue-ropa che segue timidamente a ruota.
Un primo interrogativo nasce spontaneo: se il materiale potenziale preda di probabili terroristi è ben custodito in centrali nucleari/depositi di stoccaggio e se i trasporti vengono effettuati in totale sicurezza (quale?NonDsiponibile), da dove nasce l’urgenza di dover spostare l’uranio manco fossero delle fiches da piazzare sulla roulette (russa, effettivamente) in ossequio alla prevenzione per proseguire l’export democratico a suon di droni e di ingerenze politico-militari in giro per il mondo?
Cioè: se la detenzione manageriale è a titolo stelle e strisce, se sono gli Usa a promuovere la maggior parte delle guerre  sul globo terracqueo – ufficiali o innescate da think tanks o varie agenzie e sub-agenzie di non-assicurazione della pace – come farebbero mai dei terroristi a entrare in possesso di un materiale tanto difficile da maneggiare? Vero è che dicono si possa  portare pure in una valigetta. Ma è altrettanto vero che entrare in un deposito e prelevarlo vuol dire dover necessariamente fare ammenda dei propri peccata mundi e farsi emendare o mondare la vita. Con tutta st’abbondanza di prevenzione&protezione levata sugli scudi e sugli sportelli (della polizia), risulta veramente difficile riuscire a immaginare un’irruzione in un deposito nucleare con relativo prelievo di materiale e susseguente fuga.
Dove poi? In Nepal? In Kyrgyzstan? O, tanto per rimanere  in Italia e all’ultimo trasporto effettuato, a Craco, paese-fantasma? Fiction-Non Fiction, questo è il problema!
Innanzitutto, mi pare illuminante – praticamente: fosforescente – questo sito, in cui vengono riportate con molti particolari presenza, disponibilità, sostenibilità, riciclo, uso civile e militare e altre notizie sull’uranio: il sito è il World Nuclear Association.
Prendendo le mosse dalla disponibilità, potrebbe esserci un altro tra i tanti motivi che sottendono a questo tipo di operazioni, quali quelle messe in campo in maniera veloce dall’ammnistrazione USA&colonies. Ed escludendo la fantasiosa pista della prevenzione delle ruberie qaediste o terroristiche in generale – e_seguendo come sempre la pista del soldo – si può arrivare a ipotizzare che i trasferimenti di uranio arricchito (altamente o meno) servano a qualcos’altro.
Leggendo le quotazioni delle azioni e dei fondi di investimento minerario che riguardano proprio questo minerale facilmente reperibile in natura, si nota un declino di valore negli ultimi tempi. Uno dei motivi principali risiede certamente nell’incidente di Fukushima del 2011.
Tale tragedia ha comportato un giudizio negativo sull’espansione dell’energia nucleare in tutto il mondo. Tant’è vero che molti progetti sono stati sospesi. Benché
62 reactors will be under construction worldwide in 2013, with another 484 either planned or proposed. Chinaleads the way14 with 26 nuclear reactors under construction and a five-year plan for growing its nuclear program to an installed capacity of between 70 and 80 GWe by 2020.
Sì, 62  reattori. E altri 484 panificati o proposti. Considerato l’incidente occorso alla Tepco, pare che non vi sia alcun freno alle ambizioni del nucleare nel mondo!  Certamente neanche la notizia secondo cui l’acqua  del Pacifico sarebbe stata contaminata e radioattiva fermerà i piani di sviluppo. Quelli asiatici in particolare.
Dallo stesso sito  – uraniuminvestingnews.com – il 3 gennaio del 2013 si apprende
that uranium should trade in a range of $80/lb to $90/lb for 2013. JP Morgan, equally bullish, anticipates a range of $78/lb to $85/lb.
Detto da JP Morgan è una sicurezza. E forse anche una prevenzione. O una rimozione. Addirittura: una (ri)conversione!! Fatti di Banksters&Gangsters!
Sempre al sito di cui sopra, è importante far notare che il maggior player del mondo nel settore è la
Cameco [is one of the world’s largest uranium producers and nuclear fuel suppliers], accounting for nearly 16 percent of world U3O8 production from its mines in Canada, the US and Kazakhstan. The company recentlyacquired31 BHP Billiton’s (ASX:BHP32,NYSE:BHP,LSE:BLT) Yeelirrie uranium project in Western Australia.
La Cameco Corp, di stanza canadese, ma più naturalmente nordamericana nei fatti. Come si evince dalla storia del loro sito ufficiale, nasce nel 1988, ma da allora si è attestata come il player più importante e influente  del settore uranio. Infatti, recitano in ridondante sovrabbondante baldanza
Cameco is one of the world’s largest uranium producers accounting for about 14% of the world’s production from its mines in Canada, the US and Kazakhstan. Our leading position is backed by about 465 million pounds of proven and probable reserves and extensive resources. Cameco holds premier land positions in the world’s most promising areas for new uranium discoveries in Canada and Australia as part of an intensive global exploration program. Cameco is also a leading provider of processing services required to produce fuel for nuclear power plants, and generates 1,000 MW of clean electricity through a partnership in North America’s largest nuclear generating station located in Ontario, Canada. (fonte: Cameco Corp/about)
A parte la disparità di percentuali (16 contro 14, in evidente stridore di modestia sull’egemonia percentuale mondiale), dalla loro breve presentazione risulta evidente di quale colosso energetico si stia parlando.
E il passaggio dell’acquisizione di NUKEM Energy GmbH la dice lunga sulla capictà nordamericana di determinare le sorti dell’uranio, energetiche civili o militari che siano:
NUKEM Energy GmbH (NUKEM), one of the world’s leading traders and brokers of nuclear fuel products and services.
Nei fatti, questo il link per chi volesse gettare un occhio sull’esercizio del secondo trimestre di questa corporation con numeri esplosivi. +100% sullo stesso periodo 2012 di utile lordo (gross profit). Nello stesso profilo statistico si trovano anche i numeri che riguardano il mercato azionario e quelli della recente acquisizione di NUKEM.
Perciò, fatte salve le prerogative tutte nordamericane (e del bacino russo-kazako) di detenzione del materiale  – e quindi di determinazione del valore di mercato azionario – potrebbe avvalorarsi l’ipotesi economica, enrgetico-strategica e finanziaria del programma che gli USA&partners stanno portando avanti.
E in tutto ciò, il materiale prelevato all’ITREC di Rotondella è finito chissà dove, visto che non compare ancora su alcuna nota o comunicato ufficiale statunitense. Considerando che oltre atlantico ci tengono all’esposizione muscolare, non si comprende come mai non sia stata fatta alcuna pubblicità al caso in questione.
Quindi: su quale pianeta sarà finito l’uranio arricchito prelevato in terra di Lucania? Un pianeta chiamato Urania?
Dove Urania sta per un anagramma cri(p)tico o (demo)cratico di USA/Canada/Russia?
Colgo l’occasione per tornare sull’argomento e volgere delle domande all’amministrazione statunitense.
Domande che non sono state poste. Questioni ancora irrisolte. E dato quanto sopra scritto e l’articolo precedente (Il Nucleare Lucano: Affari Militari e Affari di Stati (Uniti)), mi pare sempre più urgente scrivere e pubblicare in maniera semplice e schietta all’amministrazione a stelle e strisce.
Lettera agli USA
A:
USA Embassy, Roma
Department of Health and Human Services, USA
Eia Director, USA
Department of Defense, USA
NNSA, USA
Mr John Kerry, Secretary of State, Washington D.C. (MA) USA
Mr Barack Obama, President of the USA, Washington D.C. (MA), USA
Da:
Francesco Giannatiempo|unlucano
Subject: chiarimento trasferimento HEU da ITREC di Rotondella (Mt); scopo dell’uso dell’uranio prelevato (civile o militare); abbandono del suolo italiano con immediato disimpegno militare.
Egregi Signori,
Vi scrivo questa lettera per chiederVi di informare e chiarire i fatti che seguono.
Sono originario della Lucania, regione del Sud  Italia. In questo territorio c’è l’ITREC situato nel centro per l’energia nucleare ENEA, a Rotondella (Provincia di Matera).
In quel deposito nucleare sono custodite le barre nucleari provenienti da Elk River. Vi sono state trasportate lì alla fine degli anni 60.  E ancora là stanno.
Nella notte tra il 28 e il 29 Luglio scorsi, alle 3:00 am c’è stato un trasferimento secretato di materiale nucleare dall’iITREC. Poche ore dopo, e attraverso un comunicato stampa della SOGIN, si è appreso che l’operazione riguardava il trasferimento di 1 kg circa di uranio destinato all’aeroporto militare di Gioia del Colle (Bari).
Si è venuti a conoscenza del fatto che il materiale nucleare oggetto dell’operazione doveva essere consegnato alla vostra nazione, gli USA. O meglio, questa è una  supposizione indotta, dato che niente altro è stato detto e non esistono notizie a copertura dei fatti.
Non vi sto chiedendo di rivelare o aprire files segreti della vostra amministrazione. Bensì vi sto chiedendo  di:
Attivarvi immediatamente per rimpatriare tutte le barre di Elk River dall’ITREC;
Informare dove il materiale nucleare fosse o è tuttora destinato;
Se il materiale nucleare trasferito sarà usato per scopi energetici o militari;
Chiarire perché un’operazione civile su suolo italiano abbia necessitato l’intervento dell’Esercito e delle Agenzie di Sicurezza di entrambe le nazioni coinvolte, Italia e USA;
Considerando che il governo italiano, i suoi ministeri dell’Interno, della Salute, dell’Ambiente, della Difesa, del Turismo e dello Sviluppo Economico non stanno rilasciando comunicati/informazioni a mezzo stampa che siano soddisfacenti, vi chiedo di chiarire quanto accaduto, cioè:
se il trasferimento del materiale nucleare fosse in entrata o in uscita dall’ITREC;
perchè i sindaci delle città e dei paesi interessati dal presunto itinerario del trasferimento non sono stati informati;
perché la vostra amministrazione non ha ancora rilasciato alcuna notizia o nota su questi fatti;
Superando gli accordi di Seoul dell’Ottobre 2012 o qualunque accordo stabilito tra il vostro e il governo italiano, vi chiedo di scrivere immediatamente un documento in cui venga riportato senza ulteriori ritardi il disimpegno dell’Italia da qualsiasi protocollo nucleare con gli USA, cioè:
liberare immediatamente l’Italia da tutto il vostro materiale nucleare e radioattivo;
Vi chiedo di rilasciare  una nota in cui possiate dichiarare  se l’ITREC sia sotto controllo militare, vostro o del governo italiano o di entrambi, e quali sono i documenti siglati per questo; ma, soprattutto, le ragioni di questo controllo militare;
Infine, considerate che il Mediterraneo è una base strategica – tanto quanto la posizione centrale dell’Italia -  per il Vs Governo, le Forze Militari USA e della NATO, vi chiedo di abbandonare il suolo italiano. Ovvero che tutte le basi militari vengano chiuse e smantellate.
Perchè non si può pagare con la nostra salute, con la mancanza di sicurezza e di libertà, con la mancanza della possibilità di muoversi la vostra presenza in nome di una sicurezza che di fatto non esiste. Sono spaventato e terrorizzato dall’avere incidenti nucleari nel Sud e/o nel resto d’Italia, tanto quanto ritorsioni per le vostre azioni militari di aggressione a nazioni del Mediterraneo o del Medio Oriente con cui l’Italia ha da sempre rapporti di grande amicizia, condividendo interessi sociali, economici, geopolitici, ma soprattutto culturali.
Cultura ultra-secolare ormai preda dell’occupazione del bacino Mediterraneo e colonia perenne in collusione con le amministrazioni italiane ed europee. Amicizia e libertà che dovevano tornare a proliferare con la restituzione del debito contratto a mezzo dell’ERP. Ma, grazie alla costituzione dell’EBRD, si vede ancora protagonista la vostra nazione con investimenti molto ingenti nell’area a far data dal 1991.
Rapporto di collaborazione tra nazioni non significa ospitarne gli eserciti, i mezzi militari, averne basi, materiale nucleare – attivo o rifiuti che siano. No: non possiamo continuare a pagare per decisioni prese dall’alto.
Scrivendo a voi, questo testo è estensibile anche ai governi del Regno Unito e della Francia, imperialisti-colonialisti e nondimeno guerrafondai e interventisti, oltre che impegnati in azioni nel settore dell’energia insostenibile.
Sono certo che comprenderete la mia posizione, anche se è fin troppo particolare rispetto al “big picture”  delle strategie geopolitiche che voi vendete continuamente in giro per il mondo.
Rimango in attesa di un vostro riscontro a questa semplice lettera.

lunedì 19 agosto 2013

CAMBIARE LO STATUTO PER PREPARARCI ALL’INDIPENDENZA!

..in sa debata de s'indipendentismu sardu intrant a passu mannu fintzas is arregulas de su stadu sardu indipendenti, certu ca no est custu "Statuto" sa costitutzioni , ma est sa basi po naj ca seus iincarreraus in sa bia de s'indipendentzia, e po cussu arringratziaus chi cument a Moreno e medas atrus si 'onant 'e fai po ponni e artziai is fundamentas de sa Natzioni Libera et Indipendenti de Sardinya.

Poneus su link.pdf de su statudu de sa RAS po chini ddu bolit biri e fai cunfrontu 

Sa Defenza



SA PROPOSTA DE STATUTO DE SA REGIONI SARDINYA EST DE BIRI AMPLIAI E ARREXONAI IN TOTUS IS MOVIMENTUS, DE CHINI EST INTERESSAU DDU FAI.  PROPOSTU DDE MORENO CONTINI

CAMBIARE LO STATUTO PER PREPARARCI ALL’INDIPENDENZA!

Moreno Contini
facebook.M.Contini



Che ci sia l’esigenza di rivedere lo Statuto della Regione Sardegna è ormai fuori dubbio.
Ma quello che dobbiamo chiederci è cosa vogliamo ottenere cambiando lo Statuto.
In una importante percentuale del popolo sardo è presente una cultura indipendentista, un'altra importante percentuale è autonomista e molti altri, purtroppo i più numerosi, non si pongono il problema.


L’aspetto che caratterizza l’indipendentismo e/o l’autonomismo sardo è la forte componente ideologica prima ancora che pratica (lo dico senza polemica, e parlo di sensazioni personali). Succede per dirlo in modo elementare che si pensa ad un indipendentismo/autonomia formale, ma non ci si concentra sulla concretezza del risultato da ottenere.


Immaginate di dover arrivare in cima ad una montagna. Ora si può ragionare sul come arrivarci e di conseguenza prendere la decisione giusta e scegliere quel percorso che ci porta in cima. Se siamo esperti scalatori e abbiamo l’attrezzatura adatta possiamo scegliere la via più breve, cioè l’arrampicata. Ma se non abbiamo l’attrezzatura? Rinunciamo? Rischiamo un’arrampicata comunque? Oppure possiamo decidere di cercare un sentiero che, girando intorno alla montagna, ne attenui la risalita. 


Tutto va deciso in base alle variabili e a i mezzi che si hanno a disposizione.
Partiamo quindi dal chiederci cosa vogliamo e perché.


Vogliamo l’indipendenza? E perché?


Personalmente credo che l’indipendenza debba essere pratica prima che formale, altrimenti sembriamo quei quindicenni che sbraitano di voler abbandonare il tetto dei genitori solo per non rispettare le loro regole, salvo però rientrare a casa tutte le sere. Continuare quindi ad auspicare un indipendenza formale, non dico sia impossibile, ma sicuramente improbabile allo stato attuale, credo sia uno spreco di energie.


Se invece puntassimo all’indipendenza nei fatti, cioè a non aver più bisogno della paternità del governo centrale, sono convinto che il traguardo diventerebbe immediatamente più facile da raggiungere e anche più funzionale alle esigenze dei Sardi.
Mi chiedo e vi chiedo: cosa fa uno Stato sovrano? Decide la propria politica interna, fa riforme fiscali, decide quanti e quali enti avere, quale politica energetica attuare, ecc, e in più decide per la politica estera.


E se la Sardegna potesse fare tutto questo?
Ma può farlo? Certo!!!! Può farlo!!!


Ma bisogna cambiare lo Statuto. 


Tra l’altro i meccanismi per cambiare lo Statuto ci permettono, la dove il popolo fosse unito e determinato nel raggiungimento dello scopo, di blindarlo con una legge costituzionale che il governo centrale non può modificare.


È una sfida, è vero. Ma è più ostica e difficile del perseguire l’indipendenza formale?

Di seguito troverete una bozza, ovviamente perfettibile, di quello che potrebbe essere lo Statuto Sardo che ci dia l’indipendenza concreta per governare in autonomia il nostro territorio.
Ne abbiamo bisogno per compensare gli svantaggi che comporta la condizione insulare inserita nel contesto nazionale italiano.



 Il nuovo Statuto:

 Articolo 1
 La Sardegna con le sue isole è costituita in Regione autonoma fornita di personalità giuridica entro l'unità politica della Repubblica Italiana, secondo il presente Statuto.

 Articolo 2
 La Regione autonoma della Sardegna ha per capoluogo Cagliari.

 TITOLO II - Funzioni della Regione

 Articolo 3
 In armonia con la Costituzione e col rispetto degli obblighi internazionali, la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie:
 1) fisco;
 2) ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed
 economico del personale;
 3) ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni2;
 4) polizia locale urbana e rurale;
 5) agricoltura e foreste; bonifiche e opere di miglioramento agrario e fondiario3;
 6) lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione;
 7) edilizia ed urbanistica;
 8) trasporti su linee automobilistiche e tramviarie;
 9) acque minerali e termali;
 10) caccia e pesca;
 11) esercizio dei diritti demaniali della Regione sulle acque pubbliche;
 12) esercizio dei diritti demaniali e patrimoniali della Regione relativi alle miniere, cave e saline;
 13) usi civili;
 14) artigianato;
 15) turismo, industria alberghiera;
 16) biblioteche e musei di enti locali.
 17) industria, commercio ed esercizio industriale delle miniere, cave e saline;
 18) istituzione ed ordinamento degli enti di credito fondiario ed agrario, delle casse di risparmio, delle casse rurali, dei monti frumentari e di pegno e delle altre aziende di credito di carattere regionale; relative autorizzazioni;
 19) opere di grande e media bonifica e di trasformazione fondiaria;
 20) espropriazione per pubblica utilità non riguardante opere a carico dello Stato;
 21) produzione e distribuzione dell'energia elettrica;
 22) linee marittime ed aeree di cabotaggio fra i porti e gli scali della Regione;
 23) assunzione di pubblici servizi;
 24) assistenza e beneficenza pubblica;
 25) igiene e sanità pubblica;
 26) disciplina annonaria;
 27) pubblici spettacoli.
 28) istruzione di ogni ordine e grado, ordinamento degli studi;
 29) lavoro; previdenza ed assistenza sociale;
 30) antichità e belle arti;
 31) nelle altre materie previste da leggi dello Stato.
 32) sanità 
 33) pubblica sicurezza
 34) in tutte le materie di politica interna al suo territorio.

 Articolo 4
 La Regione esercita le funzioni amministrative nelle materie nelle quali ha potestà. Essa
 esercita altresì le funzioni amministrative che le siano delegate dallo Stato.

 TITOLO III - Finanze - Demanio e patrimonio - Monopoli

 Articolo 5
 La Regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, nei modi stabiliti dagli articoli seguenti.

 Articolo 6
 La Regione si doterà di suoi monopoli per la produzione, distribuzione e gestione di tabacchi, giochi d’azzardo, lotterie e per quant’altro ritenesse di interesse collettivo, di importanza strategica o di esclusiva competenza pubblica per motivi di sicurezza e tutela dell’ordine pubblico e per la tutela della salute pubblica.

 Articolo 7
 Le entrate della regione sono costituite:
 a) dai nove decimi del gettito delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche istituite e riscosse nel territorio della regione;
 b) dai nove decimi del gettito delle imposte sul bollo, di registro, ipotecarie, sul consumo
 dell'energia elettrica e delle tasse sulle concessioni istituite e percette nel territorio della
 regione;
 c) dai nove decimi delle imposte sulle successioni e donazioni istituite e riscosse nel territorio della regione;
 d) dai nove decimi del gettito delle ritenute alla fonte di cui all'articolo 23, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, operate da imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale nella regione sugli emolumenti corrisposti a soggetti che prestano la loro opera nella sede centrale e negli stabilimenti ed impianti situati nel territorio regionale, nonché di quelle operate da imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale fuori dal detto territorio sugli emolumenti corrisposti a soggetti che prestano la loro opera presso stabilimenti ed impianti ubicati nell'ambito regionale; le ritenute alla fonte operate da imprese industriali e commerciali con sede centrale nella regione sugli emolumenti corrisposti a soggetti che prestano la loro opera in stabilimenti ed impianti situati fuori dal territorio regionale spettano per intero allo Stato;
 e) dai nove decimi dell'imposta di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta nel territorio della regione;
 f) dai nove decimi della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti del monopoli dei tabacchi della regione;
 g) da una quota dell'imposta sul valore aggiunto riscossa nel territorio della regione, compresa quella relativa alla importazione, al netto dei rimborsi effettuati ai sensi dell'articolo 38-bis, del decreto del Presidente della Repubblica. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario d'intesa fra lo Stato e la regione, in relazione alle spese necessarie ad adempiere le funzioni normali della regione;
 h) dai canoni per le concessioni idroelettriche;
 i) da imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri che la regione ha facoltà di istituire con legge;
 l) dai redditi derivanti dal proprio patrimonio e dal proprio demanio;
 m) da contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria.

 Articolo 8
 La Regione ha l’onere dell'accertamento delle imposte erariali sui redditi dei soggetti con domicilio fiscale nel suo territorio.
 A tal fine la regione si doterà di uffici finanziari appositi.
 Gli uffici finanziari della regione sono tenuti a riferire alla giunta regionale sui
 provvedimenti adottati in base alle indicazioni dalla stessa ricevute.

 Articolo 9
 La Regione, al fine di favorire lo sviluppo economico dell'Isola, disporrà, della assoluta autonomia legislativa in materia tributaria, esenzioni e agevolazioni fiscali per le imprese e le persone fisiche residenti nel proprio territorio.

 Articolo 10
 La Regione ha facoltà di emettere prestiti interni da essa esclusivamente garantiti, per provvedere ad investimenti in opere di carattere permanente, per una cifra annuale non superiore alle entrate ordinarie.

 Articolo 11
 Il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza della Regione.
 La Regione potrà istituire punti franchi, ovvero potrà decidere con legge regionale di istituire una zona franca integrale che comprenda l’intero territorio sardo comprese le isole minori.

 Articolo 12
 La Regione dispone un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell'Isola.

 Articolo 13
 La Regione, nell'ambito del suo territorio, succede nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali, compreso il demanio marittimo.

 I beni immobili situati nella Regione, che non sono di proprietà di alcuno, spettano al patrimonio della Regione.
..................


da ampliare con la partecipazione di tutti

FUKUSHIMA, dosimetri taroccati agli operai

..al male non c'è mai fine, si dice, la notizia non è fresca in quanto l'avevamo nel surgelatore da un anno, ma la cosa che infastidisce di più è il fatto che questi soggetti filonuclearisti nonostante l'evidenza del danno che fanno e ci fanno, insistono con la via dell'errore ,  non ci sbagliamo nell'affermare che  chi persevera in questo errore è diabolico;  

la cosa disgustante è il voler occultare a forza la verità .

 ovvero: 
IL NUCLEARE FA MALE.

l'azienda Tepco,  pagata profumatamente per la fornitura di energia elettrica in Giappone, non si preocupa affatto della salute degli operai esposti alle radiazioni , anzi fa di più rende i dosimetri inservibili in quanto a prevenzione... e gli operai muoiono di cancro per le sovraesposizioni alle radiazioni... e la giustizia che fa? 

NULLA


Sa Defenza


FUKUSHIMA, dosimetri taroccati agli operai

  • All’inizio erano voci, poi testimonianze dirette ma anonime. Ora ci pensa l’autorevole Asahi Shinbun, tornato in prima linea come negli anni ’60 e ’70, a denunciare lo scandalo dei dosimetri taroccati che una (per ora) società di “lavoratori in affitto” ( i famosi “zingari nucleari”)  forniva agli operai, prima di mandarli al “fronte” di Fukushima. 

    Nella vignetta, la ricostruzione del dosimetro taroccato, così come l’ha pubblicata l’Asahi Shinbun: per ridurne la sensibilità (fino al 70%), il dosimetro era avvolto da una pellicola di piombo.

    La notizia per ora lascia di stucco i giapponesi, che pur avendo cambiato idea sul nucleare – come le recenti, imponenti manifestazioni dimostrano –  continuano a credere alle favole e alle parole rassicuranti della Tepco e del governo. 

    Strano invece, ma non troppo, visto che in Giappone vige la discrezionalità dell’azione penale (ricordate? Quella che voleva introdurre Martelli, quando era ministro della Giustizia) che polizia e magistratura non si siano ancora fatti né vedere né sentire.  

    Ma non è tentato omicidio? 


















Fukushima: nuova perdita di acqua altamente radioattiva

Fuoriuscite 300 tonnellate che sono finite nel suolo. Incidente classificato di livello 1

corriere.it/

La valvola dalla quale è avvenuta la perdita (Afp)

La centrale nucleare di Fukushima, danneggiata dello tsunami del marzo 2011, continua a perdere acqua radioattiva. Dopo che il 22 luglio la Tepco, la società che gestisce la centrale, ha dovuto ammettere che centinaia di tonnellate al giorno di acqua radioattiva sono finite in mare, la compagnia giapponese ha reso noto che altre 300 tonnellate (pari a 300 mila litri) sono fuoriuscite e questa volta sono finite nel suolo. La fuga di acqua radioattiva è stata classificata «incidente di livello 1». Si tratta dell'incidente più grave dopo le esplosioni del marzo di due anni fa che hanno messo fuoriuso la centrale. «Siamo molto preoccupati», ha ammesso Hideka Morimoto, portavoce dell'Autorità giapponese per il nucleare.


FUORIUSCITA - La Tepco ha spiegato che la quantità di acqua sfuggita al controllo, che viene utilizzata per raffreddare i reattori danneggiati, è molto più grande dei 120 litri stimati inizialmente. Una pozza di acqua altamente radioattiva (100 millisievert/ora a mezzo metro di distanza, cinque volte l'esposizione annuale limite per i dipendenti dell'impianto) è stata scoperta nei pressi di serbatoi di stoccaggio, forse per il cedimento di un valvola collegata a un canale di scolo di una cisterna. Il portavoce di Tepco, ha aggiunto che l'acqua fuoriuscita (un terzo di quella contenuta nel serbatoio) in gran parte si è infiltrata nel terreno dopo aver superato le pile di sacchi di sabbia aggiunte a una barriera di cemento attorno alla cisterna. Si cerca ora di pompare l'acqua rimasta in superficie nuovamente nella cisterna e di trasferirla poi in altri container, ma martedì pomeriggio (ora giapponese) solo 4 tonnellate di acqua su 300 erano state aspirate. Altri serbatoi dello stesso tipo avevano subito quattro perdite lo scorso anno, ma per una quantità limitata a 10 tonnellate in tutto.
ALLARMI IN CINA E SUD COREA - Questo nuovo incidente ha sollevato allarmi in Cina e in Corea del Sud e getta nuove ombre sulla capacità della Tepco di gestire la fase di recupero e pone nuovi interrogativi sulla trasparenza delle notizie fornite dalla società. Un portavoce di Seul ha affermato che il governo sudcoreano ha ufficialmente chiesto al Giappone di fornire informazioni pubbliche su quanto viene fatto per impedire all'acqua contaminata di raggiungere il Pacifico e quanto questa possa aver interessato le piante acquatiche e la pesca. Lunedì la Tepco ha riferito che due impiegati in attesa dell'autobus alla fine del turno sono risultati contaminati da particelle radioattive. Si tratta del secondo incidente del genere in una settimana.

domenica 18 agosto 2013

EGITTO: Il giorno del massacro

EGITTO: Il giorno del massacro

 GIUSEPPE ACCONCIA 
14.08.2013 
http://www.ilmanifesto.it/ 



L’esercito reprime la protesta dei Fratelli musulmani. El Baradei si dimette: «C’erano opzioni pacifiche per risolvere la crisi». Dopo le centinaia o migliaia di morti di mercoledì, anche oggi le vittime si contano a decine. Il «giorno della collera» si trasforma in un nuovo massacro. Le proteste internazionali non fermano la repressione Stato di emergenza per un mese. 

 Corpi di decine di ragazzi e uomini adulti, volti straziati di donne e giovani, il rosso vivo del loro sangue, sono le immagini della carneficina egiziana compiuta ieri. 

Persone indifese sono state attaccate alle prime luci dell’alba da poliziotti, altrettanto poveri, ma armati fino ai denti, sono state colpite dai cecchini posizionati sui tetti delle case, sono state massacrate da criminali in borghese sguinzagliati alla rinfusa. 

Il corpo dilaniato di un ragazzo viene portato verso la moschea Alaa Ina, sotto il ponte 6 Ottobre, prima dell’inizio di via Nassr a qualche centinaio di metri dal sit-in di Rabaa al Asaweya. 
All’interno i cadaveri sono decine, non ci sono mezzi per curare i feriti, il sangue scorre intenso sulle pale improvvisate dove sono sistemati alcuni corpi. Un giovane muore sotto i nostri occhi. 
Tentano ripetutamente di fargli un massaggio cardiaco, ma inizia a diventare cianotico a perdere conoscenza. 
Una donna si abbassa sul suo capo e gli parla, ma non ci sono speranze di rivederlo in vita mentre degli infermieri improvvisati gli applicano un lavaggio. Un ragazzo prende la sua gola tra le mani: è morto. 

Continuano ad arrivare uomini dai volti sfregiati, con gli occhi completamente usciti dalle orbite, un ragazzo ha l’addome tranciato, mentre due signori, stesi con lo sguardo nel vuoto, e le maglie ricoperte di sangue, hanno fori alla testa e lungo la spina dorsale. 

Parte del lunghissimo ponte di 6 Ottobre, teatro degli scontri del 26 luglio scorso, è completamente occupato da una folla in fuga dalla strage di Rabaa, mentre alcuni giovani incitano un corteo a ritornare verso l’accampamento. 

Si intravedono da lontano le colonne di fumo che si alzano dal sit-in e gruppi di ragazzi impauriti dai nuovi lanci di lacrimogeni correre a testa bassa dall’altro lato del ponte. 

Passano vetture, motociclette e camioncini pieni di feriti, un uomo è stato trapassato da parte a parte. 
La barella funebre di un giovane, il cui corpo è stato coperto all’ultimo momento da una serie di asciugamani colorate, fa il suo ingresso solenne nella moschea. 

Un nugolo di donne piange e urla per strada, degli uomini tentano di assaltare i camion della polizia per approvvigionarsi di poveri mater iali, utili alla difesa personale, una folla continua a picchiare pietre sulle sbarre di ferro del ponte. Sono decine le macchine incendiate e i copertoni andati in fumo, si diffonde un odore acre, molti spruzzano sugli occhi dell’acqua che lenisca l’effetto dei lacrimogeni. 

Tutti scappano via da Rabaa. 

Centinaia sono gli arresti, tra cui il segretario del partito Libertà e giustizia, Mohammed Beltagi, impegnato in prima linea nel difendere la legittimità elettorale dell’ex presidente. Ieri ha perso anche sua figlia Ammar nello sgombero della polizia. Altri sette leader della Fratellanza, tra cui Essam El-Erian e Safwat Higazy, finiscono in carcere. 

 Comitati popolari a sostegno della polizia sono stati creati in alcuni quartieri presi di mira dai sostenitori dei Fratelli musulmani. Intorno alla moschea Mohammed Mahmoud è una scena di guerra. 

Le inferriate dei negozi sono divelte. «Sono venuti in migliaia da ogni lato, si sono concentrati intorno alla moschea. Qui la polizia ha iniziato a lanciare cariche. Alcuni islamisti sono entrati negli uffici del quotidiano Youm el Saba», ci racconta un giovane. 

I comitati popolari fermano più volte i passanti per controlli. 
L’annuncio del coprifuoco rende necessario mettere in sicurezza il quartiere. 

Spesso criminali si infiltrano all’interno di questi gruppi spontanei della società civile. L’immensa Gamat al Duwal è attraversata in lungo e in largo da ruspe dell’esercito. «Ho visto salire gruppi di Fratelli musulmani in alcuni palazzi perché avevano paura. 

Ho trascorso con loro la notte, avevano con sé soltanto bottiglie molotov, pietre e fionde», ci spiega Khaled, fotografo di Youm El-Saba. 

Ma le violenze sono scoppiate anche fuori dal Cairo. «Ci hanno detto che i Fratelli hanno iniziato ad attaccare dovunque e hanno tentato di forzare l’ingresso della Biblioteca di Alessandria», ci spiega l’attivista Mahie Masry. Gravissimi scontri hanno avuto luogo anche a Ismailia dove sono morte oltre 15 persone negli attacchi della polizia. 



Mentre nelle violenze a Fayoum e Suez hanno perso la vita rispettivamente 17 e cinque persone: un bilancio ancora da confermare. Non solo: sono state date alle fiamme le chiese di Sohag nell’Alto Egitto e Suez. 
Era la notte tra martedì e mercoledì, quando fonti dei Fratelli musulmani parlavano di poliziotti in borghese che si avvicinavano agli accampamenti di Nahda, a Giza. 

Poco lontano erano scoppiati scontri alla metro Faysal dove ha perso la vita un islamista e altri 10 sono rimasti feriti. A quel punto sono partiti almeno otto cortei dalla moschea Salam di Medinat Nassr, Quds di Ein Shams, el Aziz Belah di Zeitun, Soheib di Sharabeya. 

Le comunicazioni che abbiamo ricevuto dalla Fratellanza sono diventate concitate, «confidiamo in dio», «impediscono alle ambulanze di raggiungere Rabaa», «donne e bambini feriti non possono uscire dal sit-in», «le forze di sicurezza hanno attaccato l’ospedale da campo e trasportano fuori i cadaveri». 

E poi le terribili notizie di Habiba, la giovane attivista del movimento che ci ha spesso accolto nelle nostre visite a Rabaa e del cameramen inglese di Skynews Michael Dean, uccisi nello sgombero forzoso. 
A questo punto le comunicazioni si interrompono, i Fratelli parlano di quasi duemila morti, mentre il ministero della Salute conta 150 caduti e oltre mille feriti. 

Il violento sgombero di Rabaa el-Adaweya ha riportato il terrore e la violenza nelle strade egiziane. Un bagno di sangue che l’esercito avrebbe dovuto fermamente evitare. 

Invece ha imposto il coprifuoco dalle 7 di sera alle 6 di mattina per almeno un mese. 
E così, assicurati dai cordoni della polizia, le centinaia di migliaia di persone che per oltre 40 giorni hanno occupato piazza Rabaa al Adaweya defluiscono lentamente. 

A sera piazza Rabaa è sotto totale controllo della polizia.



 LA SOLIDARIETA' SI E' SUBITO ATTIVATA IN BOLIVIA 

Le parole del Presidente Evo Morales mostrano il sincero dolore per i fatti accaduti dopo il golpe dei militari in Egitto

www.facebook.com/

-Il Presidente boliviano condanna il 'genocidio' in Egitto-

Il Presidente boliviano Evo Morales, ha descritto come "genocidio" la violenza in Egitto, che ha lasciato a terra centinaia di morti venerdì negli scontri tra le forze di sicurezza e i sostenitori del presidente deposto, Mohamad Mursi.

"Sono personalmente sorpreso, come è possibile che si possa una tale  strage, un vero massacro di uomini e donne(...) "è un genocidio e in questi giorni, non si può accettare il genocidio (...) condanniamo, respingiamo questa crudeltà e lo condanniamo a titolo definitivo", ha detto il Presidente.

"Non è possibile che in alcun paesi gli imperi  incoraggino questo tipo di genocidio", ha detto Morales, insinuando che negli Stati Uniti sono i promotori della crisi politica in Egitto.

In precedenza, il Ministero degli esteri Boliviano aveva espresso preoccupazione circa la violenza in Egitto, criticando "quei paesi che non hanno fatto altro che aggravare la crisi politica, sostenendo un governo de facto, che non hanno rispettato il voto democratico del popolo egiziano, e  hannp optato per il massacro nelle strade".

"Prima degli eventi sfortunati che sono stati sviluppati nella Repubblica araba d'Egitto, il governo boliviano e la gente, sono scesi in difesa della vita, dei diritti umani e della pace, esprimendo la loro profonda preoccupazione per l'aggravarsi della crisi in quel paese fraterno e tornare a votare al più presto per il bene l'Egitto, affinché si continui una convivenza pacifica" ha detto in un comunicato del Ministero degli esteri boliviano.

"Lo Stato plurinazionale della Bolivia rifiuta qualsiasi azione interventista (...) e pubblicamente sostiene  e intensifica tutti gli sforzi volti al ripristino della democrazia e allo stato di diritto, " secondo il comunicato pubblicato  venerdì.


La situazione peggiora sempre più in Egitto; gli scontri tra le forze di sicurezza e i sostenitori del deposto presidente, Mohamad Mursi,  nel giorno della "Rabbia di venerdì", ha lasciato 173 morti e 1330 feriti in tutto il paese, come  ha riportato sabato il ministero egiziano della salute.

MICHELA MURGIA VA ALLA GUERRA....


... nell'articolo , Michela Murgia parla a tutto campo, espone la sua maestria nel dare risposte chiare e consone al dibattito sulle elezioni prossime venture in Sardinya, da risposte da persona che ha le giuste competenze e conoscenze, sia sul territorio che sulla politica che ivi è svolta, ha idee chiare anche sui vari puscher italioti traditori delle istanze del popolo sardo; 

è consapevole della situazione politica dei vari movimenti indipendentisti, e sulla fatica che  hanno nel far collimare idee su un progetto comune, difficoltà spesso dettate da visioni ideologiche o economiche e sociali, diverse espressioni di eredità insite in ogni movimento, gruppo o soggettività, indipendentista sarda; 

questa differenza nei metodi e nelle idee si esprimono come un ribolloio simile ad  una pentola a pressione che sbuffa in continuazione finchè non è pronta all'eruzione, così è l'indipendentismo sardo... 

una moltitudine di soggetti ed un turbinare di idee che si incontrano e scontrano a tal punto che hanno difficoltà nell'associarsi assieme,  proprio perché spesso troppo lontani nelle loro visioni dall'altra da riflettere quasi posizioni  manichee , che dimostrano la nullità di certe affermazioni superficiali che non possono essere è l'idea che ci rappresenta , perciò  l'espressione non consona della supremazia di un unico leader di partito: quello fascista, non può assolutamente rappresentarci... 

Michela per questo, motivo suddetto, deve stare attenta all'uso delle parole poiché esse pesano come macigni, e, proprio per non inciampare sulla via di Damasco, suggeriamo di essere più flessibile,  empatica, e attenta all'uso della "spada" linguistica,  nei confronti dei fratelli indipendentisti.

Sa Defenza






Michela Murgia va alla guerra: «Pd e Pdl sono nemici dei sardi»


di GIORGIO PISANO
www.unionesarda.it/

Un merito bisogna riconoscerglielo: ha dato del vecchio bavoso a Bruno Vespa in diretta televisiva. Non bastasse, ha depenalizzato l'età anagrafica dividendo gli uomini in smaterassabili e non, indipendentemente dall'età. Si è presa, insomma, molte soddisfazioni utilizzando al meglio il suo ruolo pubblico: scrittrice di successo. Grande successo, visto che figura tra le prime dieci firme italiane. Adesso punta a diventare presidente della Regione. Quarantun anni, cabrarese, figlia di un bigliettaio dell'Arst, Michela Murgia riesce a pronunciare giudizi al vetriolo senza salire mai di tono e incorniciandoli sempre da un bellissimo sorriso. Qualche cattiveria sul suo conto circola ma ha la capacità di neutralizzarla con la forza di chi non ha scheletri da nascondere. Matricola della politica, è la novità delle elezioni regionali 2014.
L'ha capita la differenza tra sovranisti e indipendentisti?«Non ho capito cosa voglia dire sovranismo: è un oggetto politico non identificato, è la sigaretta elettronica del sardismo, un paravento di parole».
Perché l'ha fatto?«Perché appartengo ad una generazione cresciuta nel mito della sistemazione, del raggiungimento di piccoli obiettivi e quando credi d'esserti sistemato ti accorgi che in realtà non c'è nulla a posto».
Controindicazioni?«Sono abituata ad essere esposta all'esame dell'opinione pubblica. Ho messo in conto di poter risultare anche antipatica».
Che lista è la sua: destra, sinistra o cosa?«È una lista di sardi radunati intorno a un progetto: abbiamo intenzione di dare vita a cose che non ha fatto la destra e nemmeno la sinistra. Pd e Pdl sono stati avversari degli interessi dei sardi. Sul caso-Quirra hanno addirittura presentato ordini del giorno che parevano in fotocopia».
Quindi voi giocate nel ruolo di libero.«Sì, ma un libero aperto. Sono loro che hanno problemi di vincoli. Pd e Pdl hanno fatto emergere un elettorato che è stanco dei loro sistemi. Un elettorato di stanchezza e di rabbia».
I Cinque Stelle.«Di questo parlavo. L'importante è che stanchezza e rabbia diano poi vita ad un progetto concreto. Nei confronti dei 5 Stelle siamo aperti a ipotesi comuni».
Correrete da soli?«Avremo una coalizione di più liste. Le stiamo costruendo».
Nel centrosinistra gravitano già Psd'Az e Partito dei sardi.«Il Psd'Az non mi stupisce: abbiamo fatto l'abitudine al salto della quaglia dei sardisti. Tant'è che non sono del tutto sicura che resteranno nel centrosinistra. Per quanto riguarda il Partito dei sardi, resto invece interdetta: l'autodeterminazione non può passare attraverso le decisioni delle segreterie romane».
Ha scelto di candidarsi perché, qui e subito, bisogna sporcarsi le mani?«Ci si sporca di più a stare a guardare. C'è maggiore responsabilità in chi si limita a lamentarsi, a dire che fanno tutti schifo, eccetera eccetera».
Franciscu Sedda, padre fondatore di Progres, vi ha mollato.«Ha fatto altre scelte. Franciscu è un uomo che ho stimato...»
...passato prossimo.«Difatti ho detto che ho stimato. Non riesco a capire il calcolo che ci sia dietro questa scelta. Cioè non capisco perché il Partito dei sardi. Eppoi, anche la compagnia mi sembra scelta male. Paolo Maninchedda è un indeciso a tempo pieno: ieri democristiano, poi con Soru, poi sardista e ora con Sedda».
Veleni: Murgia è entrata in politica per assicurarsi un futuro che i romanzi non danno.«Se c'è qualcuno che in Sardegna ha questo dubbio, nella mia casa editrice pensano, al contrario, che io sia scema perché ho deciso di fare politica anziché sfornare un libro l'anno».
Luoghi comuni: lei crede sul serio che i sardi non siano imprenditori per colpa di un infame destino?«Credo, più semplicemente, che non siamo peggiori di altri. Basta metterci alla prova. Bisogna apparire sull'Economist per essere considerati buoni imprenditori?»
Un imprenditore sardo di qualità?«Daniela Ducato. Straordinaria: ha messo insieme 250 aziende che producono materiali particolari per l'edilizia. Ha immaginato un'economia che partisse da qui, utilizzato risorse che sempre qui erano considerate di scarto».
Arcipelago indipendentista: dodici sigle.«Considero un po' fascista questa ossessione dell'unità degli indipendentisti, del partito unico. L'autodeterminazione della Sardegna merita una molteplicità di sguardi e di approcci. Le differenze sono una ricchezza. Non capisco dunque perché agli indipendentisti si chieda fronte comune, magari come quello che a livello nazionale hanno fatto Pd e Pdl».
Veleni bis: dietro i vari movimenti indipendentisti ci sono vanità private di aspiranti leader.«Non sono d'accordo. In Progres abbiamo avuto una scissione durissima tre anni fa proprio per democratizzare il partito, per liberarci dai verticismi personali».
All'indipendenza come volete arrivare, con una delibera regionale?«L'indipendenza è un percorso lungo. Tanto per cominciare, iniziamo a porre le pietre miliari. È importante che uno di noi diventi presidente perché chi crede nell'indipendenza si muoverebbe su questa rotta anche nelle scelte quotidiane, quelle di ordinaria amministrazione».
Dev'esserci una rivoluzione culturale insomma?«Certo. All'indipendenza i sardi arriveranno quando crederanno sia il momento giusto. Nel frattempo però è giusto che assaggino un po' di libertà, quella che non gli hanno dato Pd e Pdl».
Dicono abbia già una giunta in tasca.«L'avrò a breve. A metà autunno faremo i nomi degli assessori e allora si scoprirà che non puntiamo ad un uomo solo al comando per attraversare il mar Rosso. Sarà una squadra a guidare questo cammino».
La Sardegna vive di Stato e voi volete staccarla dall'Italia.«Vive di Stato è un'espressione opinabile, mi pare che le pensioni siano pagate con i contributi versati dai lavoratori sardi. Quest'idea che la Sardegna prenda la paghetta dallo Stato è falsa: non ci vengono restituite neppure le entrate che ci spettano per Statuto. La Sardegna non è povera ma impoverita».
Il complottismo è una malattia infantile della politica sarda?«In realtà appartiene alla manìa da retroscenismo che ha solo la stampa italiana».
Invidia il dono dell'ubiquità dell'onorevole Mauro Pili?«Politicamente non ho stima di Pili. Ma se l'accusa è quella di esserci dove c'è un bisogno, avercene di Mauro Pili».
Cosa salva, cosa boccia della Sardegna d'oggi?«Possiamo riscrivere la nostra storia puntando su istruzione, agri-cultura e nuove tecnologie. Questa non è una terra dove non si può fare industria pesante: andare e tornare dalla penisola ci costa troppo. Ammiro la tenacia di tanti, detesto il senso di resa di altri».
La giunta regionale: valutazione.«Dobbiamo andarne fieri, sarà un esempio di come non si deve amministrare. È una sintesi di interessi privati all'ennesima potenza, incapacità e cedimenti a decisioni eterodirette. Burattinismo».
Opposizione?«Sarà studiata anche l'opposizione. Quando Cappellacci dice che non s'è accorto d'averla in Aula, ha ragione. Fatta esclusione di alcune voci libere, come quella di Claudia Zuncheddu, tutti allineati e coperti».
A proposito di Cappellacci: dice che la Regione ha bisogno di competenza, non di scrittori.«Mi sento più utile a fare in modo che lui, o altri come lui, non governino più la nostra terra. In questo momento è più importante occuparsi del futuro della Sardegna che scrivere l'ennesimo romanzo. C'è tanta gente che scrive, serve altro adesso».
pisano@unionesarda.it

segue dibattito:


A PROPOSITO DELL'INTERVISTA DI MICHELA MURGIA SULL'UNIONE SARDA

Anghelu Marras

Alla domanda del giornalista sulle 12 sigle dell'arcipelago indipendentista, la Murgia risponde:

"Considero un po fascista questa ossessione dell'unità degli indipendentisti, del partito unico. L'autodeterminazione della Sardegna merita una molteplicità di sguardi e di approcci. Le differenze sono una ricchezza. Non capisco perché dunque agli indipendentisti si chieda fronte comune, magari come quello che a livello nazionale hanno fatto Pd e Pdl": (Intervista a Michela Murgia, Unione Sarda, 17 Agosto 2013).

Michè, l'essere considerata una "buona penna" non ti autorizza a strafare con la tua nota padronanza del linguaggio, ne a giocare con le parole. Non siamo mica dentro un romanzo. No? Infatti, nell'intervista, finisci con l'essere ambigua e a non riesci a dire concretamente quello che probabilmente, pensi nel tuo intimo e nella tua strategia politica. Questo pensiero (aldilà e aldisopra dell' intervista) appare come "un colpo al cerchio e un colpo alla botte" verso gli indipendentisti e verso i tuoi "avversari" naturali. Da un lato verso il Pd e Pdl, che auspicano il confronto per grandi coalizioni e dall'altro verso coloro (mi annovero anch'io in questa seconda schiera) che auspica l'unità del Movimento indipendentista. INSOMMA QUANDO PARLI DI INDIPENDENTISTI NON SEI AUTORIZZATA AD ABUSARE DI UN TERMINE COSI' PESANTE COME "FASCISTA"-

Poi, "fascista" che cosa significa nel tuo immaginario e che cosa "ci azzecca" con gli indipendentisti? Intendevi dire, forse, che il processo di aggregazione dei partiti nella "riforma" del bipolarismo lo consideri un processo autoritario, anzi fascista? Cioè che gli ignobili figuri che hanno dato vita alla seconda repubblica sono dei fascisti? IN QUESTO CASO SAREI D'ACCORDO CON TE. Ma che cosa c'entrano gli indipendentisti che pure vanno strenuamente cercando una convergenza su tot punti di un programma di trasformazione delle relazioni politiche ed economiche nella e della Sardegna?

Credo che questo aspetto tu lo debba chiarire ulteriormente e pubblicamente.

sabato 17 agosto 2013

PRONTO UN DRONE PER QUALSIASI OPPOSIZIONE IN ATTESA DELLA "LIBERAZIONE"

PRONTO UN DRONE PER QUALSIASI OPPOSIZIONE IN ATTESA DELLA "LIBERAZIONE"


Per i prossimi due anni pare che ci sia un copione già scritto. Nel 2015, alle settantenarie della liberazione dell'Europa dal nazismo, gli USA arriveranno nuovamente a "liberare" l'Europa dall'attuale oppressione tedesca, grazie all'instaurazione del TTIP, il mercato transatlantico o "NATO economica", che comporterà probabilmente un aggancio delle valute europee al dollaro. 

In un certo senso è vero che la Storia si ripete, poiché, dopo la caduta del Muro di Berlino, la Germania del cancelliere Helmut Kohl effettivamente riprese il sogno hitleriano - illustrato nel "Mein Kampf" - di un sub-imperialismo tedesco in Europa dell'Est all'ombra del super-imperialismo anglosassone. Ma è destino dei sub-imperialismi subire cicliche umiliazioni da parte della razza superiore. 
In attesa della nuova "Liberazione" di marca USA, la politica interna ai Paesi europei può incaricarsi di gestire l'agonia dell'euro. 


Ciò, ovviamente con il concorso delle cosiddette "opposizioni". Il totalitarismo occidentale si basa da sempre sul controllo delle "opposizioni", opportunamente addomesticate ed etero-dirette per diventare altrettante riconferme del sistema e della propaganda vigente. Del resto sarebbe strano che uno Stato che ti organizza Guantanamo, Abu Ghraib, le "rendition", la "Kill List", i droni assassini e lo spionaggio a tappeto sui propri cittadini, poi permettesse ai suoi Paesi sudditi di regolarsi diversamente. Non c'è da stupirsi allora che nella sua recente intervista rilasciata a "Bloomberg Businessweek" il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, ci informi che il problema principale non è l'euro, ma "il problema è il debito". 

Si tratta dell'identico slogan che ci venne propinato dai media alla fine del 2011 per giustificare l'emergenza finanziaria da far gestire al governo Monti. La stessa frase fu ripetuta con molto sussiego da Vittorio Feltri in una trasmissione televisiva del novembre 2011, per tacitare le tesi dei soliti "complottisti". 
Il feeling di Grillo con la stampa estera è già di per sé sospetto, poiché difficilmente gli si darebbe spazio per dire cose imbarazzanti per il dominio coloniale. 


A riconferma del ruolo dell'oppositore che non si oppone, Grillo infatti non ha avuto niente da obiettare neppure ad una considerazione del suo intervistatore, secondo il quale il debito pubblico italiano sarebbe stato contratto per pagare le pensioni. Anzi, Grillo ribadisce il concetto, rilanciando la fiaba dell'emergenza pensionistica causata da una popolazione che invecchia a fronte di giovani generazioni che non trovano lavoro. 

La costante di tutte le "fintopposizioni" sta in questo declinare all'infinito lo slogan del Fondo Monetario Internazionale del "Paese che ha vissuto al di sopra dei propri mezzi" per l'avidità dei poveri, talmente insaziabili da farsi la guerra anche fra loro. Meno male che ci sono i ricchi per rimettere i poveri in riga, ovviamente per il loro bene. Già negli insospettabili anni '70, alcune riviste "teoriche" della estrema sinistra ci raccontavano che la crisi del capitalismo era dovuta agli aumenti salariali ed all'espansione dello Stato sociale. 


Mentre la fiaba ufficiale narra che lo Stato si è svenato per accontentare i pensionati, la cronaca dice invece che lo Stato ha sempre considerato la previdenza come una riserva fiscale. Tra l'altro come datore di lavoro lo Stato è ilmaggiore evasore contributivo; e se questo non è reato, è perchè il reato è stato depenalizzato da un'apposita legge. 



Da quando ha assorbito l'INPDAP, l'INPS è diventato uno dei maggiori proprietari immobiliari in Italia, e la dismissione di questo patrimonio costituisce un business per agenzie private come la Romeo Gestioni. Ma nulla garantisce che il margine di guadagno che dovrebbe rimanere all'INPS non venga assorbito dal bilancio dello Stato. 



Sebbene ci abbiano sempre detto che il problema era il debito e che non bisognava fare più debiti, pochi giorni fa il debito pubblico ha toccato un nuovo record. In questa crescita del debito c'è da valutare non il presunto costo delle pensioni, ma il sempre maggiore costo-Europa. L'Italia ha versato sinora quasi sessanta miliardi alle varie istituzioni europee, tra le quali il Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM), una cupola finanziaria che ha preteso di garantirsi anche una completa immunità giudiziaria, segno che di reati ne vuole commettere parecchi. L'Italia contribuisce all'ESM per una quota di quasi il 18%, che corrisponde ad un capitale di oltre centoventicinque miliardi di euro. L'ultima tranche di pagamento della tangente all'ESM è stata di quasi tre miliardi. 



Insomma, i pensionati non c'entrano. C'entra forse l'assistenzialismo per banchieri? Sì, eccome. Nel giugno scorso si è deciso che l'ESM contribuirà alla ricapitalizzazione delle banche europee con sessanta miliardi di euro. Si pagano sempre più tasse per versare sempre più elemosina ai ricchi. 
La banca europea che presenta le maggiori perdite non è il Monte dei Paschi di Siena, ma Deutsche Bank, con un buco quantificato (per ora!) a dodici miliardi. Si è detto che Deutsche Bank avesse nascosto la perdita per evitare un salvataggio da parte del governo (la "virtù" tedesca!), ma ora il salvataggio appare inevitabile, e l'ESM esiste per questo. 


Cifre del genere rendono marginali questioni come i rimborsi elettorali e fanno risultare futili i "Restitution Day". Ma ad una "opposizione di Sua Maestà" di un Paese colonizzato non è concesso di andare oltre l'evocazione di quel fantasma reazionario ed autorazzistico che è la "onestocrazia". Nel 1976 anche Enrico Berlinguer abbandonò il socialismo in nome dello slogan del "governo degli onesti". E, per quanto oggi possa sembrare assurdo, persino il Buffone di Arcore nel 1994 cavalcò un'ondata "moralizzatrice" che auspicava l'avvento al potere di un uomo ricco, che quindi non avesse bisogno di rubare. Ciò a riconferma del pregiudizio secondo cui la minaccia proviene sempre dai poveri, che quelle poche volte che non sono avidi poi si dimostrano pericolosi fanatici. 



In un altro punto dell'intervista Grillo si spinge sino ad ammettere che se l'Italia avesse una sovranità monetaria potrebbe gestire meglio la questione del debito, ma poi rimanda ogni decisione sull'euro ad un referendum, rispetto al quale non darebbe indicazioni di voto, poiché, secondo lui non è compito di un politico dare indicazioni. E di chi allora? 
Grillo è fatto spesso oggetto di attacchi pretestuosi per la mancanza di "democrazia" interna al suo movimento. Le critiche provengono magari dagli stessi commentatori che non avevano nulla da eccepire sulle autocrazie della Lega e del PdL; però, nonostante la sua inconsistenza, questo tipo di critiche costituisce per Grillo una sorta di ombrello protettivo contro le obiezioni più pertinenti al suo comportamento, che vengono oscurate dalla confusione mediatica. Quindi ci vorrà ancora parecchio tempo prima che si cominci ad ammettere che Beppe Grillo non è più quello che conoscevamo dieci anni fa, ma un uomo intimidito, ricattato e minacciato.



Che queste minacce esistano vi è qualche indizio. In un'intervista del marzo scorso al quotidiano "Live Sicilia", il governatore Rosario Crocetta dichiarava che attorno all'impianto MUOS di Sigonella si muovevano gli stessi interessi che avevano portato all'eliminazione di Enrico Mattei. In pratica Crocetta faceva sapere di temere per la propria vita. 



Forse Crocetta si illudeva di riscuotere un moto di solidarietà attorno alla sua persona minacciata per la difesa del suolo siciliano dall'invasione USA. Invece niente. Crocetta riscosse soltanto le irrisioni della stampa di destra, mentre dalla "opposizione" nessuno rilanciò la notizia dei timori del governatore per la propria vita. Come sorprendersi allora che Crocetta sia diventato un sostenitore entusiasta del MUOS, e che in un'intervista ai media statunitensi ci abbia ricordato che sono stati gli Americani a "liberarci"?



Nel suo nuovo entusiasmo filoamericano, Crocetta non si è ricordato della strage di prigionieri italiani avvenuta nel 1943 in Sicilia, a Biscari, da parte delle truppe statunitensi del generale Patton. Oppure se n'è ricordato sin troppo, visto il suo comportamento attuale? 


Ora Crocetta dice che il MUOS serve alla pace, e accusa persino il movimento No-MUOS di essere infiltrato dalla mafia. Insomma, il MUOS non inquina (anzi, fa bene alla salute), non è affatto un'arma ambientale ad onde elettromagnetiche (lo HAARP italiano), ma serve solo per difenderci dalla "invasione islamica". Il fisico Antonino Zichichi ha dichiarato che il MUOS servirà persino a difenderci da impatti di asteroidi, e magari pure dalle astronavi aliene. Però non è servito a difendere Crocetta dalla prospettiva di ricevere la visita di un drone di Obama. 

Certo, oggi è facile dare del traditore e del buffone a Crocetta, però a marzo si sarebbe anche potuto dare più risonanza ai suoi timori di essere eliminato dagli USA. Allora ci si sarebbe presi l'epiteto di "complottista", ma sarebbe stato comunque meglio che prendersi l'etichetta di mafioso adesso.

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