domenica 30 novembre 2014

IL DEPUTATO SARDO DI "UNIDOS" MAURO PILI A RENZI: SUL NUCLEARE IN SARDEGNA STATE GIOCANDO CON IL FUOCO

PILI A RENZI: SUL NUCLEARE IN SARDEGNA STATE GIOCANDO CON IL FUOCO
Mauro Pili 


ESCLUDETE SUBITO LA SARDEGNA DAL PIANO,
A RISCHIO ORDINE PUBBLICO

PRONTO IL PIANO CHE VERRA’ PRESENTATO IL 15 DICEMBRE PROSSIMO, COMPRENDE LA SARDEGNA E ALTRE 5 REGIONI

“Il Piano per il deposito unico nazionale di Sogin sarà consegnato il 15 dicembre prossimo al governo e tra le sei ipotesi viene inclusa anche la Sardegna. Si tratta di un progetto demenziale che rischia di mettere a rischio l’ordine pubblico in una regione che ha già abbondantemente espresso la netta e più totale contrarietà a tale nefasta ipotesi. Sogin, braccio nucleare del governo, avrebbe messo a punto una proposta che indicherebbe sei località in altrettante regioni. Tra queste la Sardegna. Si tratta di un’ipotesi sulla quale Sogin cercherebbe di dare una spiegazione tecnica del tutto fuorviante e che appare invece funzionale solo a scaricare nella regione più lontana e più debole questo tipo di progetto. E’ fin troppo evidente che tale progetto non potrà mai essere realizzato in Sardegna per la totale e netta contrarietà del Popolo Sardo ma evitate anche di indicare la Sardegna tra le sei ipotesi. Tale proposizione scatenerebbe reazioni tali da mettere a rischio lo stesso ordine pubblico di un’isola stremata da uno Stato strabico che guarda alla Sardegna come colonia dove scaricare ogni genere di rifiuto. Per questa ragione questa mia interrogazione è un monito preciso e deciso a Renzi e compagni perché non si azzardino a proporre la Sardegna tra le regioni previste nel piano perché avrebbe solo l’effetto di provocare reazioni durissime da parte della Sardegna e dei Sardi”.

Lo ha appena dichiarato il deputato sardo di Unidos Mauro Pili in seguito alla ormai imminente presentazione da parte della Sogin del piano per il deposito unico nazionale delle scorie nucleari. Pili che ha depositato poco fa in aula a Montecitorio una dettagliata e circostanziata interrogazione ha annunciato anche l’avvio di una mobilitazione regionale e nazionale contro il deposito unico e contro l’ipotesi della Sardegna come sito.

“Il prossimo 31 dicembre, secondo le norme vigenti, è previsto che venga definito e proposto il sito unico nazionale per lo stoccaggio delle scorie nucleari. Secondo fonti autorevoli – sostiene Pili - tale piano sarebbe stato già definito e il 15 dicembre prossimo verrebbe trasmesso formalmente da Sogin al governo. In questi giorni i tecnici del governo sono in stretissimo contatto con la Sogin perché vi sarebbe un pressing internazionale verso l’Italia per definire entro l’anno tale ipotesi. Dai colloqui dei tecnici di Palazzo Chigi sarebbe emersa l’esistenza di un quadro d’insieme che individuerebbe 6 regioni tra le quali scegliere l’ubicazione del sito, tra queste in modo del tutto arbitrario sarebbe stata compresa anche la regione Sardegna. Un’ipotesi nefasta – scrive Pili nell’interrogazione - che verrebbe contrastata dal Popolo Sardo con ogni strumento di contrapposizione utile ad escludere senza alcun tipo di margine un progetto del tutto surreale e destituito di ogni valutazione tecnica e giuridica. Oltre alle pregresse posizioni già espresse, sin dal 2003, nell’ambito della conferenza stato Regioni dal sottoscritto interrogante in qualità di Presidente della regione Sardegna si registra un pronunciamento deciso e senza appello di un apposito referendum popolare che ha bocciato qualsiasi ipotesi in tal senso”.

“Il fatto che la Sardegna, che già sopporta un carico statale senza eguali, dalle basi militari alla petrolchimica, dall’essere la Regione più gravata da aree inquinate da attività industriali alla nefasta distrazione dello Stato in tema di energia e trasporti, venga solo inserita in un’ipotesi così demenziale mobiliterebbe il Popolo Sardo in modo deciso e determinato. Già nei mesi scorsi – ricorda Pili - all’atto della pubblicazione della guida tecnica avvisai gli esponenti del governo di non commettere tale grave errore che violerebbe le stesse norme statutarie di rango costituzionale della regione Sardegna. Ora che tale grave errore secondo fonti dirette sarebbe imminente mi sento di reiterare l’appello: fermate questa scellerata proposta, state giocando con il fuoco”.

“La Sardegna – conclude Pili - non può e non deve essere minimamente contenuta nemmeno come ipotesi nel piano per la realizzazione del deposito unico nazionale delle scorie nucleari. Realizzare un deposito unico nazionale è un’operazione solo per spendere risorse senza controllo così come è stato sino ad oggi. Il deposito nucleare unico sarà l'ennesimo pozzo senza fondo. Questo piano è solo uno strumento delle lobby del nucleare e degli appalti che puntano a progettare, spendere con troppi omissis che non possono in alcun modo essere accettati. Il Governo deve immediatamente escludere la Sardegna da questa scellerata ipotesi se non vuole rischiare di alterare senza precedenti l’ordine pubblico nell’isola”

SOVRANITA' POLITICA E MONETARIA ,STATO DATORE DI LAVORO , NAZIONALIZZAZIONE DEI SETTORI ECONOMICI CHIAVE , FUORUSCITA DAI TRATTATI UE E DALL' EURO

SOVRANITA' POLITICA E MONETARIA ,STATO DATORE DI LAVORO , NAZIONALIZZAZIONE DEI SETTORI ECONOMICI CHIAVE , FUORUSCITA DAI TRATTATI UE E DALL' EURO

Una parola contro le guerre
A. Boassa

Si dice da parte dei media mainstream , e non solo , che l'Italia cede parte della sovranità all'Ue ma in verità la cede alla galassia finanziaria planetaria dato che la stessa Ue è solo uno strumento utilizzato dalle oligarchie postdemocratiche che governano tramite valvassori e valvassini . TTIP e RDIE non sono certo il frutto di confronti democratici e come le liberalizzazioni finanziarie senza regole sono state decise da oscuri decisori .

Il progetto delle classi egemoni è del tutto trasparente . Si governa con maggiore efficienza quando scompaiono i corpi intermedi (partiti , sindacati , associazioni...) e quando vengono disertate le urne elettorali . Vedi Monti:"E' il parlamento che inceppa le riforme strutturali ...bisognerebbe aggirarlo...il vero problema dell'Italia è che si vota troppo spesso e sono ancora troppi ad andare a votare".

Il degrado dell'Italia e dell'Europa mediterranea è fortemente voluto e procede velocemente nella colpevole irresponsabilità dei parlamentari che si dicono di sinistra e dei sindacati confederali (a che serve un sciopero il 12 quando tutto è stato deciso ?)

Con il Fiscal compact abbiamo firmato una cambiale in bianco . Qualora non "fossimo" in grado di ridurre il debito ventennale con una sventagliata di "risparmi" attorno ai 40 miliardi l'anno ( cosa ne può essere del welfare ,della scuola , della sanità...è facile immaginarlo) , scatterà una procedura automatica che porrà le sue fauci su quelle poche ricchezze che ancora non ci sono state depredate ( riserve auree , partecipazioni in Poste , Finmeccanica , Enel , Eni ,beni immobiliari ..) , mentre il collasso dei debiti pubblici dell'area mediterranea da il destro alla Germania di ripagare i suoi debiti attraverso tassi molto bassi inferiori al tasso di inflazione .

Da questa UE bisognerà uscirne , preferibilmente anche con i Paesi del sud Europa , quanto prima con modalità che vanno discusse e affrontate in termini pragmatici . Ma per uscirne non bastano certo brillanti opuscoli e convegni . Si rende necessaria una rete di "alleanze" tra le forze alternative di sinistra che la smettano di giocare alla bella addormentata nel bosco e che si confrontino con un programma da offrire innanzitutto al popolo italiano ,un programma che sia uno spartiacque rispetto alla modestia delle politiche delle sinistre così dette radicali e che abbia il vantaggio di essere credibile e fattibile .

Obiettivi come quelli indicati nel titolo che vogliano indicare il recupero della dignità nazionale , della democrazia reale ,della partecipazione popolare.E' su tali basi che si può ripensare alla costruzione di una Unione europea solidale , antimilitarista e aperta verso il Mediterraneo e il Medioriente


mercoledì 26 novembre 2014

La pioniera del Movimento della "New Economy" Helena Norberg-Hodge: Abbiamo permesso alla finanza di imporre la visione dominante di sviluppo...

La pioniera del Movimento della "New Economy" Helena Norberg-Hodge:  Abbiamo permesso alla finanza di imporre la visione dominante di sviluppo... 
26/11/2014

L'Antidiplomatico 
di Alessandro Bianchi
La pioniera del Movimento della "new economy" a Roma domani per presentare il documentario "Economics of happiness"

Helena Norberg-Hodge. Fondatrice e direttrice dell'International Society for Ecology and Culture (ISEC). Autrice di Ancient Futures, produttrice e co-autrice del film documentario "The Economics of Happiness".

- In Italia abbiamo vissuto un autunno drammatico per quel che riguarda il clima. Intere regioni hanno vissuto una situazione di emergenza continua in quello che i media definiscono “un'ondata anomala”. Il problema è che questa ondata anomala è oggi la normalità in tutto il mondo. In questo contesto, nessuno, tra governi e media, cerca di andare in fondo per trovare una risposta alla vera questione: il nostro modello di sviluppo è, o non è, sostenibile per il nostro ecosistema? Siamo, secondo Lei, vicini ad un punto di rottura drammatico per il clima? E cosa può accadere nei prossimi mesi senza un radicale cambio di approccio delle nostre economie?

Possiamo pregare che il clima non si deteriori così rapidamente e drammaticamente come temono alcuni scienziati. Il fatto è che non possiamo fare previsioni con certezza quando si affrontano le complessità insite negli ecosistemi viventi. Da questo punto di vista, quindi, “il punto di rottura” è probabilmente il termine sbagliato. Il mondo naturale è complesso e flessibile. Tuttavia, le nostre sovrastrutture umane continueranno a soffrire ed è chiaro cheabbiamo urgente bisogno di ridurre rapidamente le emissioni di C02.


- Nonostante il modello di sviluppo dominante basato sulla globalizazione di merci e di capitali ha recentemente creato un esercito di disoccupati di lungo periodo, ha prodotto povertà indiscriminata e sta uccidendo il pianeta, l'alternativa possibile proposta nel suo ''Economics of Happiness", in grado di offrire una via sostenibile, non è ancora molto conosciuta al grande pubblico. Come lo spiega?

L'idea di assoluto buon senso che dovremo smettere di spedirci avanti e indietro in giro per il mondo merci identiche non è ancora molto nota, perché abbiamo permesso alla finanza di sponsorizzare la visione dominante. La nostra comprensione del sistema è quindi plasmata – in politica, nei media e nelle università - da una percezione ristretta. Un pensiero tecnico che non è capace di mettere il grande quadro insieme. L'idea che la crescita economica – attraverso i trattati di “libero” commercio e ad alta tecnologia – è il solo modo di creare lavoro e portare stabilità e prosperità è stata imposta come una religione cieca. Diversi think tank usano miliardi di dollari per promuovere questa idea, usando la ricerca scientifica, la pubblicità e i media. Da parte sua, la popolazione ha solo il volontariato e pochi spiccioli per contrastare l'ideologia dominante.


- Vari movimenti e associazioni che cercano di costruire un nuovo modello di sviluppo si sono incontrati lo scorso anno a Bangalore, in India, ed hanno stilato una Carta di principi della delocalizzazione - Localization: a Draft declaration.L'obiettivo è un nuovo inizio, basato su due principi fondamentali: sovranità territoriale e localizzazione. Al contrario, tutti i governi e i media occidentali affermano che la globalizzazione è un “processo irreversibile” che è solo riformabile. Come risponde a queste critiche?

Dobbiamo sforzarci di più nel mettere insieme al centro della questione la ricerca e la verità di quello che sta realmente accadendo in conseguenza della globalizzazione. Sfortunatamente, molti attivisti che hanno cercato di proteggere l'ambiente e le classi più povere non hanno spesso accesso ad informazioni accurate dall'altra parte del mondo. E, per questo, supportano a volte alcuni dei miti associati con il “libero” scambio, il commercio e la globalizzazione e non si focalizzano a sufficienza nel promuovere informazioni che mostrano chiaramente quello che sta accadendo. Non cresce, così, la consapevolezza nell'opinione pubblica sul fatto che gli stessi trattati e le politiche aumentano l'inquinamento, la disoccupazione ed impoveriscono i governi di risorse. La mia esperienza mi porta a dire che sia nei governi, nelle aziende, così come nei movimenti sociali ed ambientali si abbia una visione frammentata della realtà.


- In Europa, purtroppo ci stiamo muovendo da tutt'altra direzione della dichiarazione dei principi di Bangalore. Lo scorso settembre, l'Ue ha firmato un trattato di area di libero scambio con il Canada (Ceta) e ora sta negoziando con gli Usa il TTIP, il sogno di tutte le multinazionali americane. In un sistema in cui le elites sono in grado di imporre i loro messaggi favorevoli al trattato con gli Usa – specialmente in un paese come l'Italia – quali sono i mezzi più efficaci di persuasione nelle popolazioni per evitare questo ultimo trionfo della globalizzazione?

Abbiamo bisogno di accumulare molti più soldi per organizzare campagne che diano consapevolezza tra le persone. Internet non è sufficiente per competere con la macchina propagandistica pro-globalizzazione nelle università e nei media.


- Pensa che ci siano modelli a cui l'Occidente di oggi potrebbe ispirarsi, paesi o comunità locali che hanno iniziato a cambiare le loro politiche per rendere le loro economie sostenibili nel lungo periodo per l'essere umano e l'intero eco-sistema?

Ci si sono migliaia di iniziativa dal basso che mostrano come la ricostruzione delle economie locali possano risolvere i nostri problemi. Sono invisibile all'Accademia, all'università, ed ai media. Di nuovo, è necessario richiedere finanziamenti per presentarli come parte della disussione.


- Il 27 e il 28 ottobre sarà a Roma per presentare il documentario "Economics of happiness", che rappresenta la possibilità di prendere una via differente, basato su un nuovo paradigma della localizzazione e del benessere umano. Qual è il messaggio che vuole lanciare al governo italiano e alle autorità europee che hanno gettato il continente nella disoccupazione di massa, nella depressione economica e nella deflazione?


Svegliatevi prima che sia troppo tardi.

martedì 25 novembre 2014

Continua Crescita o Società liquida?


Continua Crescita o  Società liquida?

Comparazione tra TESI DIVERSE.

de Paolo Leone Biancu
editau de Sa Defenza


Crescita continua.

P. Aghion, economista francese dell'Università di Harvard (USA), sostiene che per volere una ulteriore crescita bisogna promuoverla e questa si otterrà solo con uno Stato di dimensioni adeguate.

Cos'é uno stato di dimensioni adeguate ?
E' uno Stato, il cui ruolo nelle economie nazionali, agisca da leva per l'Innovazione tecnologica in modo che divenga essenziale allo sviluppo socio-economico di un Paese e sia posta al suo servizio.

Aghion rafforza il concetto stimolando le società odierne a ripensare la crescita in uno Stato con un ruolo forte. La cronaca ci mostra, invece, come molti paesi europei (specificamente il Regno Unito, governato da Cameron) tendono a mettere in secondo piano il ruolo statale.

Si deve considerare il ruolo forte dello Stato in termini positivi o negativi?
Dalla fine della 2°Guerra, per 30 anni, le economie europee sono state contrassegnate dall'imitazione. 
ATTUALMENTE, queste economie dovendo concorrere con paesi molto popolati con un basso costo della manodopera, devono riposizionarsi verso un modello"nuovo" d'innovazione e di sviluppo tecnologico.

Per questo bisogna procedere a realizzare nuovi prodotti e investimenti.

Ma chi deve fare questi nuovi investimenti per un'altra economia ?

Aghion, in questo scenario, descrive due ruoli per lo Stato:

il primo da investitore, con prestiti agevolati a interi settori ma senza finanziare le aziende;
secondo Aghion lo Stato non deve finanziare a fondo perduto individui ed imprese ma deve orientare questi soggetti e/o organizzazioni verso percorsi di ripresa, di reinserimento nel mercato del lavoro.
Il secondo da garante: investendo in settori di interesse generale, i Privati non possono essere certi del risultato positivo. 

Di fronte a tale rischio lo Stato dev'essere in grado di controllare e intervenire a garanzia delle imprese che, orientate, han deciso di investire in ricerca, innovazione e sviluppo.

Questo é un modello, in cui la qualità deve essere di estremo interesse per le Politiche di chi governa.

Più anni di scuola non servono alla crescita se Scuole o Università non sono di qualità elevata.

Laddove si controlla meglio la corruzione c'è più fiducia in chi governa e un livello maggiore di crescita.

Le misure fiscali devono stimolare una politica più anticiclica, con bassi tassi nel breve termine (durante le recessioni) e più alti nei periodi floridi.

L'idea é aumentare il deficit pubblico nelle recessioni e ridurlo nelle fasi positive.La via di Aghion è quella di non ridurre per motivi di bilancio i finanziamenti a PMI, Sanità e Istruzione.


L'altro modello: la società liquida di Bauman.

Il sociologo Bauman, teorico della "società liquida", descrive la crescita del mercato e del consumismo mostrando come essi siano ELEMENTI della mercificazione della moralità.

I nostri sensi di colpa nei confronti degli altri (di chi amiamo e trascuriamo per soddisfare gli imperativi di produzione) sono stati tacitati tramite la corsa al consumo (shopping).

Bauman ci mostra un fardello che vogliamo dimenticare, fatto di:
(1) obblighi morali,
(2) di impulsi naturali ad occuparci degli altri, barattati con i tranquillanti morali dello shopping

Si può dare una risposta diversa, quale?

Bauman ci ricorda di essere consapevoli del fatto che le risorse sono limitate, che il VIVERE non può essere solo funzione dell'accrescimento della produzione e del consumo.

Forse siamo al momento della verità: "Capire che l'umanità deve basarsi sulla reciproca comprensione."


Occupandosi delle "vite di scarto", lavoratori esodati dal sistema economico perché ritenuti superflui, Bauman sottolinea che il tema dei "confini della libertà economica" é fondamentale".

Non capiamo ancora che opzioni e scelte a nostra disposizione si son ristrette in maniera netta.

Il picco della produzione mondiale di petrolio, fonte di energia, é del 2006 e da allora c'è solo il declino.

I mercati dei Paesi BRICS consumano più energia per il traffico privato che "IERI" non era così diffuso.

Nel 2020, l'uso distorto dei suoli forse farà raddoppiare i prezzi degli alimenti.
Le rivolte in alcuni Paesi Arabi, basate sulla scarsità di cibo, hanno fatto suonare un altro allarme.
Altro elemento è l'aumento della disuguaglianza a livello globale:
Oggi, il paese più ricco, il Qatar ha uno standard 428 volte più alto del paese più povero, lo Zimbabwe.
Il 20% più ricco dell'umanità controlla il 75% della ricchezza, il 20% più povero il 2%.

Come è accaduto ciò?

Due sono i fattori fondamentali, più socio-culturalii che economici.
Il primo fattore è direttamente connesso al fare una vita ricca, abbiente, orientandoci all'acquisto - lo shopping. I sistemi economici del pianeta, costretti a tali pressioni, sfavoriscono le future generazioni.
Il secondo fattore é dovuto all'incapacità di risolvere i conflitti sociali aumentando il così detto PIL.

Ci sono alternative, alla crescita di produzione e consumi, ed essere felici ?
Se il Senso Morale rimarrà mercificato, l'economia crescerà la spinta ai desideri da soddisfare.


In passato, gli economisti sostenevano che i bisogni importanti erano naturali e, una volta soddisfatti, noi tutti potevamo godere di quanto fatto. Si era convinti che alla fine l'economia si sarebbe stabilizzata.

POI gli Americani, con il Marketing, ci convinsero che il Cliente prendeva il posto del prodotto.
I BENI, in quest'ottica, non han solo un valore d'uso ma anche un valore simbolico, sono degli status symbol. Si sposta tutto il discorso, riguardante il Mercato, dal bisogno al desiderio.

La comunicazione crea i desideri e i produttori li soddisfano, provocando l'aumento nell'uso di risorse.
L'Economia dei bisogni) oggi risponde ai "nuovi desideri" che vengono suscitati per drogare il mercato e vendere "la nuova felicità", incentrata sull'accumulo e la proprietà di "BENI E PRODOTTI", spesso non necessari ma Status Symbols del Potere da mostrare.
Ma anche i nuovi desideri hanno dei limiti, che vengono superati mercificando la moralità.
I limiti all'amore o all'affetto per gli altri, si esprimono sempre più con determinati beni/regalo.

Responsabilità incondizionata, più ansie e incertezze, sono il motore del consumismo odierno, l'impulso a fare sempre di più, a produrre sempre di più.
Ma ciò ha un punto di non ritorno perché le risorse sono limitate.

I livelli attuali di consumo sono insostenibili sia ambientalmente che economicamente.
Abbiamo migliaia di amici in internet ma nel momento del bisogno come possono aiutarci ?
Forse il momento della verità è vicino.
Possiamo fare qualcosa per rallentarlo ?
Sì, intraprendendo un cammino autenticamente umano, un cammino basato sulla reciproca comprensione.

lunedì 24 novembre 2014

Relazione al Convegno di Riscossa Italiana alla London School of Economics del 22.11.14

Relazione al Convegno di Riscossa Italiana alla London School of Economics del 22.11.14
Prof. Antonio Maria Rinaldi




ERF & TTIP: facce di una stessa medaglia, ovvero l’atto finale per rendere irreversibili le cessioni delle Sovranità europee.

Nuvole sempre più dense si addensano sulle nostre teste. Le istituzioni europee, ma sarebbe più corretto chiamarle per quelle che sono nella realtà, cioè una oligarchia autoreferenziale non eletta dal suffragio universale e pertanto in contrasto con i più elementari principi di democrazia, stanno sempre più attivando piloti automatici al fine di puntellare l’insostenibilità dell’euro. Ciò determina sempre più l’espropriazione delle rispettive Sovranità non solo in termini di politica economica, ma anche delle stesse identità dei rispettivi Paesi. Spieghiamoci meglio.

La costruzione monetaria europea ha dimostrato, sia dal punto di vista teorico che pratico, l’impossibilità di assecondare e supportare le differenze fra le economie dei paesi membri caratterizzate da profonde asimmetrie. L’adeguamento a un modello economico, i cui dogmi sono sintetizzati nella stabilità dei prezzi, cioè nell’ossessivo contenimento dell’inflazione e nel rigore dei conti fino a pretendere il pareggio di bilancio come presupposto per la crescita, hanno fatto letteralmente sprofondare le economie continentali in una crisi economica paragonabile solo a quella del ’29. L’euro di fatto non è una moneta, come la letteratura economica insegna, ma un accordo di cambi fissi regolata da vincoli macroeconomici sanciti dai Trattati senza uno Stato sottostante che ne determini i normali e logici aggiustamenti congiunturali. In questo modo ne consegue che l’euro è l’unica moneta mondiale a la cui rigidità deve adeguarsi l’economia reale che l’adotta e non invece, come dovrebbe logicamente essere, adeguarsi lei stessa alle esigenze dell’economia reale!

Questa palese forzatura, non sostenibile nel tempo, è per l’appunto “corretta” con l’introduzione di meccanismi bio-giuridici-finanziari per tentare disperatamente il rispetto automatico delle regole e in totale sfregio al potere d’intervento dei rispettivi governi nazionali dei paesi membri che, in ogni caso, sono espressione della volontà dei propri cittadini. In quest’ottica sono stati realizzati il FESF, il MES, l’Unione Bancaria e il Fiscal Compact per “blindare”, nel vero senso della parola, il rispetto delle regole a supporto della moneta unica e pertanto la sua stessa sopravvivenza. In questo modo non si vuole dare né nessuno spazio interpretativo né la possibilità di flessibilità gli Stati e questi sono costretti, loro malgrado, a dare esecuzione alle regole previste dai vincoli europei in modo supino.

Il Trattato sulla Stabilità, conosciuto ormai comunemente come Fiscal Compact, prevede il pareggio di bilancio strutturale e la diminuzione pianificata in vent’anni dell’eccedenza del surplus del rapporto debito pubblico PIL rispetto al parametro del 60%. Pertanto, per soddisfare i fabbisogni finanziari in regime di “pareggio di bilancio” strutturale come previsto dal Fiscal Compact nell’art.3, (per strutturale s’intende tollerato allo 0,5% per chi come noi italiani è meno virtuoso, mentre per i più “bravi” all’1%), dovremo far ricorso esclusivamente a tagli della spesa pubblica e/o per mezzo della leva fiscale a carico delle famiglie e del sistema delle imprese. Agendo in questo modo questi ultimi soggetti assumono sempre più la funzione di unici “prestatori di ultima istanza”, visto che l’impianto della moneta unica non contempla una Banca Centrale che possa ottemperare a questa funzione. Ma ormai su questo fronte la misura è colma ed è utile rendere noto per l’ennesima volta che la spesa primaria italiana, cioè al netto degli interessi corrisposti sul debito, è già comunque inferiore alla spesa sostenuta dalla media dei Paesi dell’eurozona e minore a quella di paesi come la Francia, Finlandia, Austria, Belgio, Germania e Olanda (dati ufficiali AMECO) e che pertanto il futuro reperimento di fabbisogni finanziari sarà soddisfatto con sempre maggiore ricorso alla leva fiscale.



Spero che sia chiaro, dopo la visione del grafico, che i problemi italiani non risiedono nell’eccesso della spesa pubblica e chi persegue questa convinzione lo fa o per ignoranza o per distogliere l’opinione pubblica. Che ci siano sprechi in molti capitoli della spesa pubblica è fuori dubbio, ma non devono essere corretti se non con riallocazione in altrettanti capitoli di spesa sotto finanziati senza modificare i saldi finali. Lo stesso concetto espresso dalla spending review riguarda la revisione e non il taglio della spesa pubblica.

Per ottemperare invece il dettame della riduzione del debito, a Bruxelles si sta escogitando un’altra micidiale trappola alle nostre spalle. L’art.4 del Fiscal Compact, come già detto, impone la riduzione del debito secondo regole ben precise che allo stato attuale ben difficilmente possono essere rispettate dai Paesi firmatari il Trattato e la Commissione, perfettamente cosciente di tale impossibilità, sta correndo ai ripari.

Se volessimo simulare, alla data attuale, le risorse necessarie per soddisfare solamente la riduzione dell’eccedenza del debito nel solo 2015, così come previsto dal F.C. e prendendo a riferimento i dati previsionali del FMI sulla dinamica del debito e del PIL nel 2014 e 2015 nel nostro Paese, dovremmo reperire risorse aggiuntive, oltre quelli previsti, fra i 38 e i 40Mld di euro, ma a consuntivo potrebbe essere una cifra per difetto perché siamo ormai abituati all’inattendibilità cronica del FMI.

La Commissione Europea ancora a guida Barroso, ha pertanto incaricato un comitato di 11 esperti (per la cronaca nessun italiano!), presieduto dall’ex governatrice della banca centrale austriaca Gertrude Trumpel-Gugerell, per individuare un meccanismo che vincoli i paesi al rispetto automatico della riduzione del debito così come previsto dal FC. Questo Comitato ha consegnato la proposta a fine marzo scorso, facendo propria quella già ideata dal German Council of Economics Expert (Consiglio dei Saggi tedesco) avanzata alla fine del 2012, che prevedeva la costituzione di un Fondo Europeo di Redenzione, ovvero l’ERF, acronimo di European Redemption Fund. Gli esperti incaricati da Bruxelles per ridurre le eccedenze dei debiti senza possibilità di moratorie discrezionali e con modalità automatiche, hanno concepito un Fondo ad hoc che vincola tutti gli Stati aderenti a conferirne le eccedenze delle porzioni di debito superiori al 60% del PIL. A sua volta il Fondo, per finanziarsi e tramutare i titoli nazionali con garanzia comune, potrà emettere sul mercato dei capitali degli eurobill, ovvero eurobond, che si avvarranno della tripla A, concessa dalle Agenzie di rating alle emissioni della UE, e pertanto godranno di tassi più bassi rispetto a quelli di molti paesi eurodotati. A questa conversione di titoli viene pretesa la garanzia dell’asservimento dei rispettivi asset patrimoniali nazionali, riserve valutarie e auree e parte del gettito fiscale (es. IVA) a titolo di collaterale. Naturalmente tale asservimento, rappresentato dalle garanzie in asset, potrà essere automaticamente liquidato dal Fondo di Redenzione ogni volta che un paese risulterà inadempiente alla riduzione programmata della quota  parte di eccesso di debito. Come firmare cambiali in bianco pronte all’incasso seguendo la logica del curatore fallimentare più orientata a soddisfare i diritti del creditore che del debitore! Se un paese membro non sarà in grado di reperire le risorse necessarie ogni anno e per vent’anni, scatterà la procedura automatica. Praticamente per quel che ci riguarda i nostri gioielli di famiglia, rappresentati dalle partecipazioni in ENI, Finmeccanica, Poste, ENEL ecc., i beni immobiliari pubblici, le riserve auree e valutarie, saranno liquidate automaticamente se non provvederemo in modo autonomo a diminuire di un ventesimo l’anno l’eccedenza del surplus di debito con il pericolo che saranno letteralmente svendute pur di rispettare le assurde e anacronistiche regole.

Questo significa LA TOTALE E IRREVERSIBILE ABDICAZIONE DELLA SOVRANITA’, pretesa e richiesta sull’altare della sostenibilità di una moneta che si è rivelata essere un OGM concepita per fungere perfettamente da volano e supporto alle operazioni finanziarie e all’economia virtuale e non certo alle esigenze dell’economia reale e alle sacrosante esigenze e diritti dei cittadini! Un altro aspetto importantissimo a nostro discapito è che l’emissione di eurobond, in sostituzione dei titoli nazionali, tramuterebbe quella porzione di debito definitivamente sotto la giurisdizione estera internazionale in quanto ora, per quanto già espressa in valuta estera euro, almeno ricade ancora sotto l’applicabilità nel nostro Paese degli art.1277 e 1278 del cc. che prevedono la lex monetae, cioè la possibilità di conversione in qualsiasi momento nella valuta legale in uso. Si tratterebbe dell’abdicazione più totale di qualsiasi residuo di Sovranità e saremo depredati di tutto il nostro patrimonio pubblico a prezzi di liquidazione fallimentare. Inoltre il residuale debito rientrante nel rapporto del 60% sul PIL, che rimarrebbe nella nostra gestione, subirebbe un forte deprezzamento a causa dei tassi, perché si dovrebbe confrontare sui mercati con lo spread generato dalla presenza degli eurobond, sempre espressi in euro ma con tripla A e con garanzia di collaterale sottratta alla garanzia generale di tutto il debito emesso.

La nostra classe politica, che ha ratificato il Fiscal Compact e inserito prontamente nel dettame costituzionale il principio del pareggio di bilancio modificandone l’art.81 (caso unico fra i 25 firmatari) e che continua a ragliare sempre più forte sulla cessione della Sovranità del nostro Paese a vantaggio di Bruxelles in totale fregio della nostra Carta Costituzionale, è in grado di capire cosa ci attende con l’ERF? Per questi personaggi, che occupano anche ruoli istituzionali, l’appellativo di collaborazionisti, e svenditori del Paese è sin troppo leggero! Il Divino Dante già ha previsto la loro collocazione definitiva: nel trentaduesimo canto dell’Inferno e precisamente nella seconda zona del nono cerchio, dove il Padre della nostra lingua ha posto i traditori della patria! I prossimi mesi saranno cruciali sulle evoluzioni che avverranno in Europa e vedremo se proveranno ad adottare questo ulteriore meccanismo automatico come ultima carta per la sostenibilità dell’euro.

Altro pericolo incombente per la nostra economia e per la nostra qualità di vita è dietro l’angolo: mi riferisco al TTIP (Transatlantic Trade & Investment Partnership) o meglio TAFTA (Transatlantic Free Trade Agreement) cioè il Trattato fra gli Stati Uniti e l’Unione Europea per poter far nascere la più grande area di libero scambio del mondo con l’abbattimento dei confini commerciali e soprattutto dei vincoli normativi fra Europa e USA. Da diversi mesi lo stanno negoziando, nella totale e massima segretezza, il Governo americano e la Commissione Europea, nonostante gli effetti potrebbero letteralmente sconvolgere il nostro modo di vivere.

Dell’accordo analizziamo solo alcuni aspetti: da quello che si può per ora intuire, oltre alle cosiddette barriere tariffarie, cioè i dazi, saranno interessate anche le barriere non tariffarie, in particolare quelle che riguardano i controlli e gli standard qualitativi richiesti per i generi alimentari, per i controlli sanitari delle merci, sulle politiche dei prezzi dei farmaci, sui brevetti e i copyright, sulla libertà nell’uso di internet e sulla privacy dei consumatori, norme sui prodotti chimici in agricoltura e naturalmente sull’immenso infinito dei servizi, cioè assicurazioni sulla vita e sanitarie, servizi finanziari, ecc. Tuttavia, dalle indiscrezioni trapelate, l’accordo prevedrebbe uno spazio finanziario comune, ma non una regolamentazione concertata della finanza. Sappiamo altresì che esistono livelli estremamente diversi di standard e di comportamenti normativi fra USA e UE e l’accordo provocherebbe forti discapiti a Paesi come il nostro che, specialmente nel settore agro-alimentare, ha issato controlli e standard qualitativi molto alti. Basti pensare alla possibilità di libero commercio nella grande nuova macroarea di carni di animali trattati con gli ormoni e antibiotici e generi alimentari con l’utilizzo di sementi OGM e la non più tutela dei prodotti a denominazione d’origine controllata e garantita, capisaldi delle nostre eccellenze alimentari.

Ma l’aspetto più sconcertante di questo accordo è l’adozione di Tribunali arbitrali privati per la risoluzione di controversie in caso di contenziosi per il non rispetto delle norme del Trattato TTIP a cui gli stessi Stati dovranno sottostare subordinando la propria legislazione. Pertanto se una azienda reputa di essere stata danneggiata da una decisione politica di un Governo, potrà appellarsi ad un Tribunale privato che ha la giurisdizione per poterlo fare citando in giudizio lo Stato stesso. Inoltre il Trattato prevede, in caso di risoluzione di uno o più Paesi, il vincolo di rispettarlo comunque e in ogni caso per un periodo di vent’anni, il giusto tempo per rendere irreversibile qualsiasi economia ormai assoggettata profondamente e definitivamente al nuovo sistema introdotto.

Inutile precisare che il coltello dalla parte del manico l’avrebbero sempre in ogni caso gli americani, in quanto potendo contare sul governo del tasso di cambio della loro moneta per mezzo della FED rispetto ai paesi europei che invece non hanno la stessa possibilità in quanto non previsto dal mandato della BCE, agirebbero costantemente sui mercati valutari per favorire in modo ottimale i flussi fra import ed export.
I nostri cugini francesi hanno già fatto sapere di non essere disponibili ad accettare di sottostare ai Tribunali privati arbitrali, dimostrando di tutelare il loro sistema paese e i loro cittadini; noi invece preferiamo tacere e firmare in bianco qualsiasi cosa ci venga proposta.
Anche in questo caso i nostri politici preferiscono cedere la Sovranità del Paese evidentemente non essendo in grado di gestirla, ma la nostra Storia, la nostra identità, la nostra Costituzione non lo consentono assolutamente, sono in ballo criteri e diritti propri di una democrazia e pertanto non negoziabili, non disponibili e imprescindibili. E’ in atto una vera e propria dittatura economica e il modello di democrazia imposto dall’Europa è la più subdola delle tirranie. L’Italia è la nostra Patria e guai a chi la vuole distruggere: abbiamo dimostrato nei millenni di saper camminare con le nostre gambe e non vogliamo rinunciarvi per un piatto di lenticchie, anzi di crauti e patatine fritte! Cerchiamo di fare finalmente i nostri interessi esattamente come non hanno mai smesso di farli tutti gli altri, magari con il contributo di una nuova classe politica dirigente che sappia non solamente fare inchini per tornaconti personali, ma che sappia proporre iniziative concrete per il bene del Paese.
PREPARIAMOCI A RIPRENDERE LE CHIAVI DI CASA PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI, NEL RISPETTO DI QUELLO CHE HANNO COSTRUITO I NOSTRI PADRI E PER GARANTIRE UN FUTURO AI NOSTRI FIGLI!

domenica 23 novembre 2014

Renzi annuncia che verrà eliminato il contante ma nessuno se ne accorge


Renzi annuncia che verrà eliminato il contante ma nessuno se ne accorge

BY ENZO PENNETTA ON 21 NOVEMBRE 2014



Il video [a fine articolo] in cui il Presidente del Consiglio Matteo Renzi annuncia l’eliminazione degli “scontrini”.

In un pezzo da manuale della comunicazione il Premier annuncia che verrà tolto il contante senza mai nominarlo direttamente.
Un’operazione che cambierà (in peggio) le nostre vite.

Renzi: «Verso addio agli scontrini. Serve tracciabilità totale»“, questo il titolo col quale sul Corriere della Sera è stato riportato il discorso tenuto da Matteo Renzi alla presentazione dei 100 “digital champion”. Personalmente mi sono fatto l’idea che quando qualcosa in politica viene presentato con un termine inglese nasconda una fregatura, e questa dei “digital champion” non sembra proprio fare eccezione. I campioni digitali sono stati istituito dalla UE nel 2012 e nominati per modernizzare la pubblica amministrazione e in generale l’alfabetizzazione digitale, come viene spiegato sul sito digitalchampions.it. In Italia la scelta del “Digital champion” è stata operata dallo stesso Presidente del Consiglio ed è ricaduta su Riccardo Luna giornalista di Repubblica e primo direttore di Wired Italia, questi ha poi indicato altri 100 nomi in base alle candidature giunte sul sito digitalchampions.it.

Bene, iniziativa interessante che potrebbe aiutare a informatizzare e a rendere più efficiente la pubblica amministrazione senza gravare sulle casse della Stato in quanto i “champions” non vengono retribuiti per la loro opera. Chi potrebbe commentare negativamente un’iniziativa così?

Ecco in sintesi, dal Corriere della Sera, cosa ha detto Matteo Renzi alla presentazione:


Il premier Renzi ha approfittato dell’evento odierno per dare il suo sostegno all’intera squadra ‘digitale’ del Paese – da Luna a Poggiani passando per il consulente Paolo Barberis -, “non possiamo fallire, abbiamo i migliori in campo”, e per ribadire come l’agenda digitale non sia solo “un tema da addetti ai lavori”.

“La vera spending review è mettere online tutte le spese delle pubbliche amministrazioni”, ha dichiaratoincalzando con la proposta di “eliminazione degli scontrini” e “tracciabilità totale così che l’Agenzia delle entrate non venga più avvertita come un avvoltoio sulle spalle ma come una sorta di consulente per le aziende”

Alla fine di un lungo articolo sulla modernizzazione del Paese ecco che Renzi dedica un breve passaggio alla “eliminazione degli scontrini”, un’innovazione che viene presentata come un modo per migliorare il rapporto con l’Agenzia delle Entrate che non verrà più vista come un “avvoltoio” o forse come un “gufo”, ma come una realtà amica del contribuente che verrà aiutato nell’adempimento dei propri doveri fiscali.

Analizziamo l’operazione compiuta:

1- viene costituito un gruppo di esperti per migliorare l’informatizzazione del Paese. (notizia positiva)

2- viene annunciato il superamento di un rapporto di sfiducia/controllo da parte dello Stato (notizia positiva)

3- viene detto che per ottenere il punto 2 si procederà all’eliminazione dello scontrino per ottenere la “tracciabilità totale”. (notizia criptica ma vagamente liberatoria).

Quello che non viene detto è che questo significa procedere all’eliminazione del contante, la tracciabilità assoluta e il superamento della necessità dello scontrino non si possono conseguire che eliminando la possibilità di pagare in contanti, cosa che avrebbe dovuto essere detta con chiarezza. E così senza neanche nominare il contante è stato dato l’annuncio della sua prossima eliminazione, nessuno dei lettori del Corriere che hanno commentato l’articolo (al momento sono 58 ndr) ha capito che di questo si tratta.

Quella dell’eliminazione del contante è un’idea che viene proposta in modo ricorrente, un’idea di cui ci eravamo già occupati nell’Aprile 2012 su CS in seguito alla campagna che in tal senso era stata lanciata dalla trasmisssione Report del 15 dello stesso mese.

Oggi come allora va ripetuto che il contante non è un problema perché la grande evasione non avviene con pagamenti “cash”, perché la grande evasione utilizza mezzi legali e complicemente accettati dagli Stati come ad esempio i paradisi fiscali.

Quando si usa il contante non si devono pagare commissioni alle banche, cosa che invece avviene con il POS e altri mezzi analoghi. Se usiamo il contante una banconota da 100 € varrà ancora cento Euro anche dopo essere passata di mano 100 volte, se invece ad ogni operazione con il POS fosse applicata una commissione sul transito pari ad una media del 2,5% (dati riportati da Wired), dopo 25 passaggi di mano un pagamento iniziale di 100€ sarebbe ridotto a 53 Euro circa con 47 Euro passati nelle casse delle banche. In pratica le banche disporrebbero di una vera e propria tassazione su ogni transazione, raddoppiando le tasse per i cittadini e drenando denaro che verrebbe in questo modo sottratto alle attività commerciali e soprattutto ai cittadini stessi.

L’uso di denaro elettronico sarebbe inoltre totalmente legato alla disponibilità di energia elettrica e di moderne reti di telecomunicazioni, un ipotetico black out renderebbe impossibile affrontare una situazione d’emergenza acquistando generi di prima necessità.

L’uso del denaro elettronico non eliminerebbe la possibilità di furti, comporterebbe solo che i futuri ladri saranno degli hacker.

L’uso del denaro elettronico tutelerebbe le banche dalla possibilità che i clienti possano optare per tenere una parte dei loro risparmi fuori del circuito bancario (cassaforte dentro casa o simili).

L’uso del denaro elettronico determinerebbe di fatto il controllo assoluto sulle attività dei singoli cittadini registrando ogni loro acquisto anche quando questo fosse collegato a comportamenti eventualmente ricattabili e riguardanti ad esempio la vita sessuale.

L’eliminazione del contante favorirebbe la possibile nascita di monete non ufficiali alternative e fuori controllo, qualcosa del genere dei mini assegni che cominciarono a circolare nel 1975.

L’eliminazione del contante porterebbe alla possibile nascita di fenomeni come la Borsa nera del tipo di quella nata nella II Guerra Mondiale e che ebbe l’effetto di far fiorire forme di baratto che spinsero alla miseria le famiglie che non avevano beni da barattare (vedi Wikipedia).

Di tutto questo, giusto o sbagliato che sia, oggi non si parla, si accenna solo un po’ alla futura scomparsa dello scontrino, cosa che non importa poi molto a nessuno.

Il tutto veicolato da un Presidente del Consiglio che propone la cosa in modo divertente e un po’ volutamente impacciato, negando di essere il grande comunicatore che si dice in giro.

Non resta che ammirare un apparato di comunicazione davvero efficace. Complimenti agli spin doctors del Presidente.

GESU' E L'ALGORITMO DI FACEBOOK...

GESU' E L'ALGORITMO DI FACEBOOK





La Croce - Quotidiano
di Marco Scicchitano 

Forse non tutti hanno sentito palare di EdgeRank eppure, molto probabilmente, ne hanno avuto a che fare in modo diretto o indiretto. EdgeRank è il nome dell’algoritmo con cui Facebook attribuisce un punteggio di affinità tra il profilo di una persona e un contenuto (o “edge” in Inglese) pubblicato da qualcun altro, tenendo conto di quante interazioni ci sono state in precedenza tra i due, che tipo di interazione ci sia stata e da quanto tempo. In base a questo valore, o punteggio, si viene a creare la timeline di ciascun utente, che sarà fondamentalmente organizzata in modo tale da rispecchiare gli interessi dell’utente. Il ragionamento di Facebook potrebbe essere questo: 
“1) Da quello che fai e da come interagisci, capisco cosa ti interessa, 2) partendo da cosa ti interessa seleziono le informazioni che ti presento che presumibilmente ti interesseranno 3) la tua timeline sarà principalmente composta da argomenti e informazioni che rientrano nei tuoi interessi e che apprezzerai, mettendo il like, commentando o condividendo e questo ci garantirà una tua maggiore presenza sul nostro sito in termini di tempo e di interazione e questo è un beneficio economico per noi. 4) si torna al punto 1)”.

Ponendola in questo modo sembra che sia un circuito a retroazione che si rafforza progressivamente, una specie di circolo vizioso dove veniamo esposti ad informazioni già filtrate e selezionate in modo che corrispondano alle nostre aspettative ed interessi. Il resto rimane fuori. 
Come quando nel ricevere una mailing list, selezioniamo quali sono gli argomenti che preferiamo e sui quali vogliamo continuare ad essere aggiornati: sport, letteratura, musica; da queste scelte che noi facciamo consegue che ci verranno inviate mail sugli argomenti da noi selezionati e saremo aggiornati sui risultati della Roma o del torneo regionale di palla a mano delle Marche, mentre se avviene un cambio ai vertici della politica monetaria europea, non ne sapremo nulla, perché non abbiamo selezionato fra le varie opzioni “politica economica” e così tutto quello che concerne le decisioni politiche riguardo l’economia non verrà a mia conoscenza, resterà fuori. 
Più o meno Facebook fa la stessa cosa, solo che alla nostra attività decisionale che ci fa selezionare “musica” “sport” piuttosto che “politica economica”, sostituisce un algoritmo matematico, EdgeRank, che lo fa al posto nostro.

In molti si sono sdegnati e risentiti che Facebook potesse operare una selezione in entrata delle informazioni alle quali era possibile accedere vivendo questo dato come fortemente limitante rispetto alla libertà di percepire ed entrare in contatto con la molteplicità estremamente variabile delle informazioni pubblicate sulla piattaforma sociale. 
EdgeRank, con questo nome da robot censore, in realtà non fa che replicare quanto succede in ogni essere umano grazie a quelle che Vittorio Guidano ha chiamato organizzazioni di significato personale. 
Con organizzazione di significato personale si intende il modo con cui ogni individuo organizza tutte le possibili tonalità del proprio dominio emotivo e cognitivo in una configurazione unitaria in grado di fornirgli una percezione stabile e definita di sé e del mondo. Una configurazione unitaria di schemi interpersonali, che comprende tutti gli aspetti sensoriali, affettivi, motori e neurofisiologici sui quali si basa il senso di continuità, di permanenza e unità di sé e della realtà. 
Esiste una profonda necessità di coerenza e stabilità in ciascuno, che serve a far fronte alla paura più profonda e destabilizzante, quella della frantumazione del sé. La potenza delle motivazioni che stanno alla base della formazione del sistema di significato personale è tale che influenza anche le stesse percezioni, le informazioni in entrata. 
Se sono in disaccordo con le regole che strutturano il sistema di significato personale, non vengono “percepite” coscientemente. Esistono studi che mostrano come questo abbia influenza sulla capacità di evocare ricordi, di percepire i dati ambientale, di giudicare ed interpretare le intenzioni degli altri. 

Questo è il meccanismo che spiega come mai un narcisista megalomane non colga le critiche che gli vengono fatte, o un depresso con bassa autostima faccia fatica ad accettare la spontaneità e verdicidità di un complimento: (“bravo, mi hai aiutato” “….mmm me lo dice perché gli faccio pena”).
Quello che mi conferma e non mi scuote troppo è accettato ed accolto, ciò che mi destabilizza, resta fuori. La necessita di coerenza diventa tanto più rigida tanto più è fragile la persona, e spesso la sofferenza non deriva da un organizzazione di significato personale che abbia in sé elementi di depressione, di ansia o di megalomania, ma dal fatto che la persona, pur di mantenere integra la visione profonda di sé e del mondo, non riesca a tollerare informazioni o stimoli perturbanti, che contraddicono, che mettono in discussione e destabilizzano.
L’algoritmo non permette che vengano assimiliati, che salgano a coscienza, e li respinge. Restano fuori.

Anche a livello sociologico e mediatico avviene qualcosa di simile e questo paradigma dell’algoritmo è possibile applicarlo alla tendenza a non considerare aspetti del vivere che risultano perturbanti e in qualche modo fastidiosi. Credo che l’algoritmo sia applicato scientemente ed in modo particolarmente rigido in alcuni ambiti delle proposte di progresso che la nostra società civile si trova a dover considerare, dato l’interesse economico. 
Il dato che molti non considerino le conseguenze pratiche ed effettive, e spesso tragiche e dolorose, che conseguono a certe pratiche come l’utero in affitto, la fecondazione eterologa o l’eutanasia, più che da imputare alle singole persone, sia da considerare come una scelta partigiana di ambienti di potere permeati da interessi economici che arriva a forzare lessico e concetti pur di far risultare meno perturbanti e difficili da accettare questi falsi miti di progresso. In questo modo le sofferenze di molte persone, soprattutto le più deboli e indifese, e le nefaste conseguenze sulla società che tutto questo potrà portare non è dibattito nei salotti, non viene accolto negli studi televisivi e rimane fuori. Resta fuori.

Gesù Cristo ha con la sua vita, morte e resurrezione, rotto definitivamente questo circolo vizioso autoreferenziale e con la sua Croce, ha resto manifesto e insopprimibile per sempre il volto davanti al quale ci si copre, che a fatica si guarda e si preferisce ignorare. Ora e da allora, alla logica stringente e ragionevolmente economica dell’algoritmo che tiene fuori ciò che non è possibile sostenere ed assimilare c’è un alternativa che tiene tutti dentro, che non volge lo sguardo. La sofferenza innocente, la più odiosa e incomprensibile vicenda umana, è diventata con Gesù Cristo veicolo di comprensione, perdono, accoglienza, dono e nuova vita.

La Croce Quotidiano, fonda la sua ragion d’essere anche in questa capacità che ha la Croce di penetrare come una spada qualsiasi filtro, barriera e algoritmo e portare alla luce contraddizioni e argomenti che risultano altrimenti inconcepibili e a considerare come belle, vivificanti e portatrici di speranza situazioni altrimenti ignorate e reiette. Grazie a questo strumento informativo, vogliamo usare la doppia lama della Croce: da una parte smascherare le insidie disumane che si nascondono dietro ai falsi miti di progresso che si accaniscono sui più deboli e sugli innocenti, e dall’altra portare alla luce esperienze concrete di vita che mostrano la bellezza dello stare al mondo rimanendo umani con le gioie e i limiti che comporta. Una semplice ma fondamentale aspirazione.
A fronte di ideologiche derive moderne che stanno minando la possibilità di vivere il mondo maschi e femmine, madri e padri e per difenderci dalla tecnobiologia che alcune logiche di mercato e di produttività vorrebbero imporre alla società civile, disumanizzandola abbiamo una incrollabile speranza e una sentita responsabilità per noi e per i nostri figli: restare umani.

martedì 18 novembre 2014

SCIOPERO SOCIALE E ROVESCIAMENTO DEL MODELLO NEOLIBERISTA

SCIOPERO SOCIALE E ROVESCIAMENTO DEL MODELLO NEOLIBERISTA



Marco della Luna

SCIOPERO SOCIALE E ROVESCIAMENTO DEL MODELLO NEOLIBERISTA

I dati economici per l’Italia e le proiezioni degli organi specializzati non lasciano dubbi: la recessione continuerà, le riforme di Renzi faranno cilecca, la situazione a breve si farà pericolosa. Gli interessi costituiti, la casta europeista e austerofila, si attrezzano per fronteggiare una possibile situazione prerivoluzionaria mediante una riforma del parlamento e della legge elettorale che metta tutto nelle mani dei segretari di pochi grandi partiti politici, e in particolare si consolida l’asse neoliberista Renzi-Berlusconi.

Andiamo infatti verso uno scenario di fallimento delle promesse renziane, di forte peggioramento economico, di dirompenti tensioni sociali, con un parlamento ultra-maggioritario neoliberista che assicurerà, sì, la maggioranza a un governo fedele al modello economico in via di costruzione, ma che non rappresenterà la popolazione, anzi sarà in palese contrapposizione agli interessi di questa, e dovrà ricorrere alla repressione, legittimandola con i numeri in aula e con l’appoggio dell’”Europa”, e alla bisogna perfezionandola con l’arrivo della Trojka e dell’Eurogendfor.

L’etica finanziaria del rigore e della virtuosità, incarnata dall’UE, è un’etica per i creditori renditieri, per gli usurai, per i produttori monopolisti di moneta e credito. Storicamente, l’inflazione del primo del secondo dopoguerra assieme alle politiche di spesa pubblica a sostegno della crescita economica, alla forte crescita dei redditi nazionali e all’effetto redistributivo di questa combinazione, è ciò che aveva sostanzialmente ridotto i loro privilegi economici.

Essi ora si prendono la rivincita imponendo un modello che antepone a tutto la salvaguardia delle rendite anzi la loro rivincita, attraverso l’imposizione di condizioni opposte a quelle del secondo dopoguerra, cioè stagnazione, spostamento di ampie quote dei redditi dal lavoro alle rendite, concentrazione dei redditi e dei capitali nelle mani di cerchi sempre più ristrette, crescita della quota della spesa pubblica che i paesi subalterni, come l’Italia, devono destinare al pagamento degli interessi sul loro debito pubblico.

La popolazione generale viene posta dai mass media e dalle istituzioni in condizione di conoscere solo la vulgata economica sottesa a questo modello economico e di dimenticare, in quanto ai meno giovani, e di non apprendere, in quanto ai meno vecchi, che è possibile, è esistito ed ha funzionato modello economico diverso, in cui il denaro veniva prodotto e speso per assicurare occupazione e sviluppo, in cui le banche centrali assicuravano l’acquisto dei titoli pubblici a un tasso sostenibile escludendo la possibilità di default, e che in questo modello i disavanzi interni ed esteri nonché i debiti pubblici erano molto più sostenibili di quanto lo sono ora nel sistema della virtuosità per usurai, sicché i governi e i parlamenti avevano la capacità di elaborare e decidere politiche economiche e sociali anziché farsele dettare dai mercati. E le persone avevano la possibilità di fare programmi di vita – cosa che in fondo è lo scopo non solo dell’economia ma della stessa esistenza dello Stato.

La popolazione generale italiana, se tiene la testa dentro alla “realtà” che le è permesso conoscere, cioè dentro il predetto modello di economia virtuosa per usurari e renditieri marca Maastricht, può davvero pensare che il rimedio alle sofferenze che sta vivendo consista nel rinegoziare i parametri per spuntare qualche punto percentuale di flessibilità, di spesa a deficit in più, come promettono vari statisti-contaballe, oppure l’immissione di qualche centinaia di miliardi da parte della BCE, che, come in passato, finirebbero alle banche per chiudere i loro buchi sommersi o per gonfiare nuove bolle speculativa, come sempre avvenuto durante questa “crisi”. L’unico rimedio effettivo sarebbe la sostituzione di quel modello con altri, che ho descritto anche in questo blog.

Un’opposizione sociale vera e realistica dovrebbe puntare apertamente a questo rovesciamento di modello, non a negoziati per ottenere qualche concessione che, per forza di cose, sarebbe presto revocata. E dovrebbe lottare con la coscienza che i tagli di salari, occupazione, garanzie, servizi sono stati intenzionalmente introdotti dalle istituzioni nazionali e sovranazionali come strumento per garantire e rafforzare le posizioni di una classe di renditieri finanziari, di monopolisti del credito; e che quindi si tratta di fare, con i mezzi necessari, se disponibili, una lotta di classe diretta a rovesciare un ordinamento economico-giuridico e a riprendersi i poteri pubblici, governativi, istituzionali, togliendoli a un preciso avversario di classe, per darli alla generalità dei cittadini.

È probabile che la rottura dell’equilibrio, dell’omeostasi di questo attuale sistema, sia alle porte, determinata dalla continua contrazione del reddito nazionale, che rende insostenibile il servizio dei debiti pubblici e privati, quindi tende a far saltare il sistema bancario. Se a questo punto i poteri forti decidono di mettere le mani nei conti correnti della gente e confiscare il risparmio
per puntellare le banche e i conti pubblici, questa può essere la scintilla che coalizza le forze euro-scettiche e trasforma gli “scioperi sociali” della Fiom (novembre 2014), e in cui già si nota il ritorno di una coscienza e di una rabbia di classe, in un’attuazione di reale sovranità popolare di contro alla irreale rappresentanza di un parlamento di nominati e ultramaggioritario. Anche perché tale opzione di bail-in a carico dei risparmiatori farebbe capire a molti che il sistema di governance globale creato intorno al FMI, alla FED, alla BCE, al MES, alla Banca dei Regolamenti internazionali, alla Commissione, ha proprio la funzione di scaricare su lavoratori, pensionati, risparmiatori, cittadini, i danni
causati dalle attività di azzardo e dalle truffe finanziarie di quella
stessa classe internazionale che dirige le predette istituzioni sovranazionali.

Un simile rovesciamento dal basso del modello socioeconomico non è possibile su scala nazionale, bensì solo su scala almeno continentale. Ed è improbabile che parta dagli italiani, che sono storicamente incapaci di simili imprese.

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