venerdì 2 dicembre 2022

Pensierino di Natale

 







Ma credete davvero che le fetenzìe sono al nostro stesso livello?


Ci trattano come bestiame da ingrasso&macello, e non ce ne accorgiamo, eppure sarebbe così semplice rimediare:  rivolta civile e fiscale,
buttare a mare tv e schede elettorali,
disertare i centri commerciali,
rifiutare i loro stati e le loro religioni,
toglierci dalla testa tutta la melma ideologica che ci hanno imposto con la scuola e l'informazione fasulla,
acquisire cultura e bruciare i loro insegnamenti,
tornare alla società contadina, l'unica civiltà che non possono controllare e che ha dimostrato che il pianeta può sopportare l'impatto dell'umanità, che con altri sistemi si è dimostrato devastante
non riconoscere giurisdizione alcuna
non riconoscere più i loro stati
non riconoscere più la loro cultura e la loro storia, la loro archeologia
non riconoscere accademici foraggiati da loro
non accettare vaccini imposti, imposte, tasse e imposture,
non riconoscere i loro governi, le loro elezioni, i loro parlamenti,

giovedì 1 dicembre 2022

Israele e Stati Uniti hanno esercitazioni aeree congiunte

le forze di difesa israeliane.
Fonte
Israele e Stati Uniti hanno esercitazioni aeree congiunte che simulavano attacchi contro l'Iran e suoi alleati. Il 30 novembre, le forze di difesa israeliane (IDF) hanno condiviso i dettagli su una serie di esercitazioni aeree congiunte tenute con l'esercito degli Stati Uniti nelle ultime 48 ore, simulando attacchi contro l'Iran e i suoi alleati in Medio Oriente.

Central Bank of Sardinya

 






Central Bank of Sardinya

A partire dalla metà degli anni 800, dove dappertutto dominavano bizantini, arabi, feudalesimo, e zanzare, quando dappertutto era miseria e devastazione, si mettevano le basi per costruire un Regno prospero e felice.
In quegli anni la potenza bizantina che aveva dominato in lungo e in largo, andava scemando, sotto la pressione musulmana. 
La Sardegna dovette contrastare da sola lo strapotere delle armate islamiche, e dopo alterne vicende riuscì a preservare con successo i suoi confini. Ormai era nata una nuova entità capace di agire autonomamente, nacquero così i judicati, uno a Kalaris, uno a Tharros-Arbaree, uno in Logudoro e uno in Gallura.

mercoledì 30 novembre 2022

Per non dimenticare: Epilogo del Diritto negato

Tribunale di Cagliari
di Mariella Camedda
Era il 5 settembre 2021 (Università di Pavia), quando il Presidente della Repubblica, ultimo e supremo garante della nostra Costituzione, pronunciava queste parole: “Ecco questo richiama nel nostra Paese, come in tutti, al senso di responsabilità comune che ciascuno deve avvertire: non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione! Perché quella invocazione equivale alla richiesta di licenza di mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso di mettere in pericolo la vita altrui…” 

Quanto tali affermazioni pesino nella recente storia del nostro Paese è epilogo ormai noto. Così come appare chiaro che la Corte Costituzionale, chiamata in causa da un sostanzioso numero di ordinanze, non possa prescindere dall’evidenza che tutte le azioni giuridiche su cui è chiamata ad esprimersi, siano nate già zoppe, cieche di evidenze reali che, in uno Stato di Diritto o che tale voglia definirsi, di per sé stesse avrebbero dovuto, senza dubbio alcuno, provocare un sostanziale cambiamento di rotta.

Klaus Schwab: "Dio è morto" e il WEF sta "acquisendo poteri divini"

Klaus Schwab
Dio è morto, secondo il World Economic Forum, che ha anche dichiarato che "Gesù è una notizia falsa" e che i leader del WEF hanno "acquisito poteri divini" per governare l'umanità.

Endgame Ucraina: Il piano di battaglia di Putin

Vladimir Putin
di Mike Whitney 
GlobalResearch
Fino a poco tempo fa, la Russia aveva preso di mira in gran parte le infrastrutture militari e strategiche dell'Ucraina (aeronautica, marina, forze di terra). Il cambiamento nella strategia di Mosca consiste ora nel prendere di mira le infrastrutture civili dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni dell'Ucraina, il che ha avuto conseguenze sociali devastanti per il popolo ucraino.
“Le diffuse interruzioni di corrente sono accompagnate da temperature gelide che porteranno inevitabilmente a una crisi umanitaria senza precedenti. Milioni di ucraini saranno costretti a fuggire oltre confine cercando rifugio in Europa”
Pur attribuendo la colpa alle ambizioni geopolitiche USA-NATO e al rifiuto di Washington di impegnarsi nel dialogo e nei negoziati di pace, il Cremlino ha tuttavia una profonda responsabilità in questa svolta degli eventi. Secondo Mike Whitney:
“L'obiettivo dell'operazione russa è minare la capacità dell'Ucraina di fare la guerra. Gli attacchi alla rete elettrica, agli snodi ferroviari, ai depositi di carburante, ai ponti e ai centri di comando e controllo dell'Ucraina sono solo la prima fase di un'operazione a due fasi progettata per sconfiggere il nemico e portare la guerra a una rapida fine".

La seconda guerra mondiale è stata un'operazione psicologica per uccidere i goyim


henrymakow
Martin Bormann, che firmò lo stipendio di Hitler e sapeva tutto sullo sforzo bellico nazista, era una spia alleata.

Il libro "Op JB" (1996) di John Ainsworth-Davis descrive come lui e Ian Fleming salvarono Bormann dalle rovine di Berlino nel 1945.

James Bond è stato modellato su Ainsworth-Davis che era uno schiavo del sesso degli Illuminati e un assassino di massa. Potrebbe aver servito il gay Winston Churchill e il suo maestro di spionaggio Desmond Morton.


Questo libro è la pistola fumante che dimostra che la seconda guerra mondiale è stata una farsa. Sebbene la maggior parte dei nazisti fosse sincera, il movimento era sponsorizzato e controllato al vertice dal cartello massonico della banca centrale ebraica per uccidere i "goyim" da entrambe le parti, aumentare la ricchezza e il potere dei banchieri, distruggere la Germania e far avanzare il governo mondiale. Anche gli ebrei assimilati furono sacrificati per mascherare l'olocausto dei Gentili e per creare lo stato ebraico come quartier generale del NWO.

lunedì 28 novembre 2022

In cammino per la pace

Iglesias manifestazione per la pace
di Mariella Camedda
Domenica mattina del 27 novembre c.a., Iglesias ci accoglie sorridente, alla luce di un tiepido sole mattutino, mostra il meglio di sé in mirabili squarci di verde e di roccia.

È lei, l’ex città mineraria, che la Tavola Sarda della Pace ha scelto quest’anno per dar vita alla tradizionale Marcia, la diciannovesima per esattezza. Lei, cittadina proiettata all’autosviluppo e alla promozione dell’economia locale, suo malgrado coinvolta nell’infernale logica del businesses degli armamenti.
 
Le controverse vicende legate allo stabilimento di Rwm (gruppo tedesco Rheinmetall), che progetta, produce e vende sistemi d’arma subacquei, mine marine, sistemi di sicurezza e armamento, bombe e testate di guerra, e lo spauracchio del suo ampliamento con annesso poligono per test esplosivi nelle località comprese fra Matt’e Conti a Domusnovas e San Marco a Iglesias, è storia nota.

Tra i tanti, comunque mai abbastanza, anche Sa Defenza naturalmente è qui: voce tra le voci, volti tra i volti, passi fra i passi in cammino verso auspicati nuovi orizzonti.

Perché mai, una infame economia di guerra spacciata per filantropica tutela delle democrazie, potrà offrire terreno fertile per lo sviluppo del benessere dei popoli: mentre questi aprono ai legami familiari e amicali, quelli, gli Stati, stabiliscono confini; mentre questi definiscono scambi e collaborazioni, quelli, i Governi, firmano sanzioni; mentre questi auspicano la libera circolazione, quelli, i Ministeri, impongono tessere e marchi infami.

Il corteo si muove dalla zona industriale Sa Stoia, attraversa le strade della cittadina con tappe di significativo rilevo. Tra gli sguardi degli abitanti incuriositi e dei passanti e l’eco di qualche canto in limba, camminano uomini, donne, bambini, fanno capolino striscioni e bandiere, i risolini e le corse dei piccoli.

È a loro che guardo e, inevitabilmente, mi pervade un forte un senso di colpa misto all’infrenabile bisogno di agire, di non stare a guardare.
 
Inevitabilmente torno alla mia giovinezza e prendo concretamente atto del momento in cui, nella leggerezza di quei giorni, la guerra smise di essere un brano sul testo scolastico per mostrarmi drammaticamente tutta la sua realtà; di quando, in una mattina di scuola come tante, l’insegnante mi mise in mano un libretto, uno di quelli troppo spesso relegati nel dimenticatoio delle biblioteche scolastiche, e mi disse “leggi”, “leggi a voce alta e chiara”.

Ora lo propongo a voi, come se ve lo leggessi appunto a voce alta e chiara, nella speranza di toccare in ognuno di voi, in ogni adulto che avrà la bontà di leggere, quel senso di responsabilità a cui il momento storico inevitabilmente ci chiama.
Iglesias manifestazione per la pace
‹Mi guardo gli scarponi, grandi e goffi, in cui entrano con grosse pieghe i pantaloni; in quei tubi si ha l’aspetto forte e robusto: ma quando al bagno ci spogliamo, riveliamo ad un tratto la gracilità delle gambe e delle spalle. Allora non siamo più soldati, ma quasi ancora fanciulli; nessuno ci crederebbe capaci di portare lo zaino. È un curioso momento, quando siamo nudi; ritorniamo borghesi e per un istante ci par quasi di esserlo.

Francesco Kemmerich al bagno pareva piccolo e sottile, come un fanciullo. Ora e lì, disteso; perché poi? Vorrei far sfilare tutto il mondo davanti a questo letto, e dire: “Questi è Franz Kemmerich, diciannove anni e mezzo; non vuol morire. Non lasciatelo morire!”.

Le idee mi si confondono. Quest’aria che puzza di creolina e di bruciato ingorga i polmoni, è un’aria pigra e densa, che soffoca.

Si fa buoi. Il volto di Kemmerich si sbianca, spicca sui cuscini con tale pallore che pare risplendere. La bocca si muove adagio. Mi avvicino e lo sento mormorare: “Se trovate il mio orologio, mandatelo a casa”.

Non contraddico più: non c’è scopo. Persuaderlo ormai è impossibile. La mia impotenza mi affligge; quella fronte dalle tempie incavate, quella bocca tutta denti, quel naso sottile! E la povera grassona che piange a casa, a cui bisognerà pure scrivere: almeno avessi già spedito la lettera! Infermieri vanno e vengono intorno, con boccette e con secchie. Uno si avvicina, getta uno sguardo a Kemmerich e si allontana; probabilmente aspetta, avrebbe bisogno di utilizzare quel letto.

Io mi stringo al mio povero Cecco e parlo, come se con ciò lo potessi salvare: “Forse andrai al convalescenziario sul Klosterberg. Franz, sai, in mezzo ai villini. Dalla finestra allora puoi vedere tutta la campagna, fino ai due alberi all’orizzonte. È la stagione più bella ora, quando il grano matura; verso sera, sotto il sole, i campi sembrano di madreperla. E il viale dei pioppi lungo il fiume, dove andavamo a pescare, ricordi? Potrai di nuovo farti un acquario, e allevare pesci, potrai uscire senza domandare permesso a nessuno e perfino suonare il pianoforte, se vuoi”.

Mi chino sul suo volto, ora tutto in ombra. Respira ancora, piano. Ha la faccia bagnata, piange. Bel lavoro che ho combinato, con le mie stupide ciarle!

“Ma Cecco!” Gli abbraccio le spalle e metto la mia testa accanto alla sua. “Vuoi dormire ora?” 

Non risponde: le lacrime gli colano sulle guance. Vorrei asciugarle, ma il mio fazzoletto è troppo sporco.  

Passa un’ora; sospeso al suo volto ne spio ogni espressione, se per caso volesse dire ancora qualcosa. Oh se aprisse quella bocca, a gridare! 

Ma no, non fa che piangere, con la testa piegata da un lato. Non parla della sua mamma, dei fratelli, non dice nulla; ha lasciato già dietro di sé tutto ciò: oramai è solo, solo con la sua piccola vita di diciannove anni; e piange perché essa lo abbandona.

Questo è il più disperato e più grave congedo, a cui abbia assistito: quantunque sia stato terribile anche per Tiedjen; un colosso, forte come un orso, che urlava invocando la madre e terrorizzato, gli occhi stravolti, con una baionetta teneva lontano il medico, finché si accasciò all’improvviso.

Ed ecco che Kemmerich comincia a rantalore.

Salto in piedi, brancolo fuori dalla sala, chiamando: “Dov’è il medico? Dov’è il medico?”. Quando vedo la tunica bianca lo afferro: “Venga presto, Franz Kemmerich muore”. Lui si libera con uno strattone e domanda all’infermiere che gli sta accanto: “Che cosa dice?”. Quello risponde: “Letto 26; amputazione del femore”.

“Che diamine volete che ci faccia” m’investe: “ho amputato cinque gambe oggi”; mi spinge da parte, dice all’infermiere: “Guardate un po’ voi” e corre alla sala operatoria.

Io fremo di rabbia, mentre cammino accanto all’infermiere. Egli mi guarda in faccia e dice: “Una operazione dietro l’altra; da stamane alle cinque; roba da pazzi, ti dico; oggi ancora sedici morti; il tuo è il diciassettesimo. Arriveremo certamente a venti….”.

Mi sento venir meno, non ne posso più. Non ho più la forza di bestemmiare, a che scopo? Vorrei lasciarmi cadere a terra e non rialzarmi più.

Eccoci al letto: Kemmerich è morto. Ha la faccia ancora umida di pianto. Gli occhi sono semiaperti, gialli come vecchi bottoni di corno.

L’infermiere mi dà una gomitata: “Vuoi prendere la sua roba?”. 

Faccio cenno di sì. Lui prosegue: “Bisogna portarlo via subito, il letto ci occorre d’urgenza. Guarda fuori, sono distesi per terra”.

Prendo la roba, distacco a Kemmerich la piastrina di riconoscimento. L’infermiere domanda il libretto personale: non si trova. Dev’essere rimasto in fureria, dico io, e me ne vado. Dietro di me stanno già tirando Kemmerich su un telo da tenda.

Fuori, l’oscurità ed il vento sono come una liberazione. Respiro a pieni polmoni. L’aria mi alita in volto calda e dolce come non mai. Immagini di ragazze, di praterie in fiore, di nuvole bianche mi attraversano il cervello. I miei piedi si muovono sempre più presto, sempre più presto, di corsa. Passano dei soldati, i loro discorsi mi eccitano senza ch’io capisca. La terra è percorsa da fluidi che per le piante dei piedi si trasfondo in me. La notte è carica di elettricità, il brontolio del fronte sembra una lontana musica di tamburi. Le mie membra si muovono snodate, sento i tendini agili nel moto, respiro, soffio, mi scuoto.

La notte vive, io vivo……››

Tratto da: Niente di nuovo sul fronte occidentale – di Erich M. Remarque (1927).

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