Tribunale di Cagliari |
Era il 5 settembre 2021 (Università di Pavia), quando il Presidente della Repubblica, ultimo e supremo garante della nostra Costituzione, pronunciava queste parole: “Ecco questo richiama nel nostra Paese, come in tutti, al senso di responsabilità comune che ciascuno deve avvertire: non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione! Perché quella invocazione equivale alla richiesta di licenza di mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso di mettere in pericolo la vita altrui…”
Quanto tali affermazioni pesino nella recente storia del nostro Paese è epilogo ormai noto. Così come appare chiaro che la Corte Costituzionale, chiamata in causa da un sostanzioso numero di ordinanze, non possa prescindere dall’evidenza che tutte le azioni giuridiche su cui è chiamata ad esprimersi, siano nate già zoppe, cieche di evidenze reali che, in uno Stato di Diritto o che tale voglia definirsi, di per sé stesse avrebbero dovuto, senza dubbio alcuno, provocare un sostanziale cambiamento di rotta.
Torniamo al maggio 2021, quando sotto il cielo della sua Sestri Levante, in quell’hub vaccinale allestito in tutta fretta denominato “openday”, mentre la grancassa dei falsi profeti da mesi tesse l’elogio del nuovo messia, unico e solo dispensatore di una possibile esistenza, Camilla Canepa, 18 anni, consegna sé stessa; fiduciosa baratta il diritto inalienabile di ogni essere su questa terra: il diritto alla “vita”, alla migliore delle “vite” possibili.
Cosa poi sia successo è cronaca o, per lo meno, tale sarebbe dovuta essere. Invece, quel corpo che giace tra la vita e la morte in quel letto d’ospedale, quella giovane vita spezzata sull’altare della “collettività” è diventata scomoda; pone domande, induce riflessioni. Ora Camilla e la sua storia non sono più funzionali al racconto e la macchina del fango non si fa scrupoli.
Per giorni vende alla pubblica opinione falsità a piene mani: millanta malattie pregresse, teorizza terapie inesistenti, demolisce l’accorata difesa dei genitori che, sfiancati dal dolore, continuano a urlare la loro verità e a chiedere chiarezza.
Camilla muore due volte: da un lato per mano di quelle Istituzioni che, nel palese inganno, hanno tradito il loro mandato: e dall’altro per quell’indifferenza, quella silente totale accettazione di un popolo che di fronte a quella morte, e dico fosse anche quella un’unica morte, avrebbe e a ragione dovuto indignarsi, levarsi in un unico coro.
Così non è stato.
Come per lei, che subisce anche la beffa di un decesso non compreso nell’arco dei fatidici giorni gestiti da un algoritmo, così per i molti altri a seguire.
Di questo epilogo annunciato, nessuno può lavarsene le mani, nessun Ponzio Pilato, nessuna Corte potrà cancellarne, al vaglio della Storia, la vergognosa conferma.
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