Coronavirus, il virologo Burioni: «In Sardegna si può riaprire per gradi»
Gli esperti appoggiano l’idea lanciata da Crisanti di fare dell’isola un laboratorio. «Sì ad aree pilota dove monitorare l’evoluzione del contagio». Cautela sui tempi
MAURO LISSIA08 APRILE 2020
CAGLIARI. «Sì, quella della Sardegna rispetto al quadro nazionale sembra una situazione fortunata, quindi l’idea di creare delle aree pilota circoscritte dove in prospettiva ridurre gradualmente le misure di contenimento e tracciare il contagio è realizzabile»: a parlare è Roberto Burioni, virologo, docente all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e star della divulgazione scientifica via web e televisione, che ha accettato di commentare l’idea lanciata dal collega Pietro Crisanti dell’Università di Padova, fare dell’isola un laboratorio in vista della fase 2, primo step verso il riavvicinamento del Paese alla normalità. Burioni non vede controindicazioni e neppure rischi in una scelta che farebbe della Sardegna il battistrada scientifico nella lotta alla pandemia da Covid-19, un’isola dove il monitoraggio del contagio potrebbe essere eseguito con rigore e precisione grazie agli strumenti offerti dalla tecnologia. Verrebbero create zone protette, dove chiunque entri deve avere a disposizione uno smartphone e un’applicazione che lo mantiene all’interno di una rete in cui movimenti e contatti siano immediatamente visibili e registrabili. Questo sistema pregiudicherebbe la privacy ma garantirebbe la possibilità di muoversi, perché l’eventuale contagio risulterebbe mappabile. È un’idea che piace alla scienza ma che potrebbe suscitare reazioni diverse fra i cittadini, forse non tutti disponibili a partecipare a un Grande fratello in chiave di prevenzione sanitaria.
L’utilità però non è discutibile: «Conosco i dati sardi sul contagio, sui ricoveri e sui decessi - conferma Burioni - e se sono esatti, come non ho alcuna ragione di dubitare, non vedo rischi ad avviare al momento opportuno la nuova fase. Cagliari e Oristano potrebbero essere le aree più indicate per cominciare, ma tutta la Sardegna gode di una situazione favorevole, se non altro perché si tratta di un’isola». Sui tempi per un’eventuale partenza Burioni non si sbilancia, allineandosi alla posizione ormai diffusa nella comunità scientifica nazionale, mai più previsioni di fronte a un virus che ancor’oggi offre più misteri che certezze: «Non si può parlare di tempi, bisognerà valutare in base ai dati disponibili – sono le parole del virologo – la certezza per il prossimo futuro è che dovrà essere imposto l’uso delle mascherine a tutti e in tutte le situazioni, mentre l’ipotesi di distanziare anche i conviventi dipende dalla presenza in casa di una persona positiva. In quel caso è inevitabile».
L’ipotesi Sardegna-laboratorio contro la pandemia da coronavirus sembra incontrare pareri favorevoli fra gli scienziati impegnati nella lotta al Covid-19, dalla trincea sanitaria di Milano manifesta interesse anche
Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università meneghina e direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi: «La vedo come una via da seguire, sempre che ci sia la piena collaborazione della popolazione che deve partecipare con grande senso di responsabilità. Non solo, serve anche una grande capacità organizzativa e ampia condivisione». Pregliasco spiega subito perché: «Si tratta di allestire un sistema di tracciamento e individuazione dei focolai da realizzare in modo molto sistematico con l’informatica – spiega il virologo – che consenta di avere sempre sotto controllo la situazione su aree da circoscrivere a cerchi concentrici. Direi che alcune zone della Sardegna si prestano bene e si potrebbe cominciare da quelle indicate, come Cagliari e Oristano». In queste aree, ha sostenuto il virologo di Padova, le misure potrebbero essere gradualmente allentate fino a riportare la situazione alla condizione di normalità: «Se i cittadini collaborano, segnalano prontamente ogni eventuale nuovo caso non vedo pericoli, sempre che i dati sul contagio siano precisi». Per Pregliasco infatti è indispensabile che la situazione non sia stata sopravvalutata o sottovalutata, quindi che i dati disponibili fotografino la realtà: «Sulla riduzione delle misure di contenimento andrei cauto – avverte – perché non siamo ancora alla fase 2 e siamo lontani dalla fase 3, qualsiasi scelta non ci porterà al contagio zero ma potremmo andarci vicino. In una situazione come quella sarda, dove il focolaio del contagio è piccolo, si possono ottenere i risultati migliori».
Indecifrabile perché non esposta l’opinione di Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’istituto Spallanzani di Roma. Non appena il cronista ha fatto riferimento nella prima domanda al collega Crisanti il celebre virologo ha chiuso bruscamente la conversazione: «No, non rispondo a queste provocazioni – ha detto con tono alterato – il collega... no, non si mischia la lana con la seta, buonasera».