lunedì 17 febbraio 2025

In Ucraina l’Europa ha perso e ora arriva il conto

Volodymyr Zelensky (Getty images)
Maurizio Belpietro

Il quarto anno di guerra si apre con un’unica possibilità per gli ucraini: i negoziati con Vladimir Putin. Con l’ex attore però va in pezzi anche l’Europa, dopo essersi svenata in aiuti vani e aver prolungato l’agonia degli invasi.


L’Ucraina è persa. O meglio: è persa la guerra in Ucraina. Ciò che resta del conflitto è il conto da pagare e prima ce ne accorgeremo meglio sarà per tutti. So che alcuni ancora s’illudono che le sanzioni contro la Russia possano fare effetto, facendo collassare il sistema su cui si regge Vladimir Putin. Ma le parole dei vari Fubini al momento non trovano riscontro nella realtà. Nonostante decine, forse centinaia di migliaia di caduti, le truppe di Mosca guadagnano terreno. 

Poco, a volte un chilometro e forse neppure. E però giorno dopo giorno conquistano un pezzo di Ucraina e di una controffensiva di Kiev ormai nessuno parla più. Silenzio anche su quel pugno di soldati, che a prezzi enormi, è stato mandato avanti nel Kursk, per avere un lembo di terra da poter scambiare in una eventuale trattativa. Volodymyr Zelensky e i suoi strateghi speravano che, attaccandolo a sorpresa nella regione più a Nord, Putin distogliesse qualche brigata dal Donbass, dove da quasi tre anni cerca di sfondare. Ma lo zar non ha mosso un uomo, semmai ha spedito un po’ di soldati nordcoreani e un certo numero di reclute a combattere e morire nel Kursk. Risultato, il quarto anno di guerra si apre con una sola possibilità: fermare il conflitto congelando la linea del fronte. 

Non si tratterebbe di una vittoria piena dello zar, ma di certo neppure di una sconfitta. Al contrario, sarebbe una resa totale o quasi per Zelensky, che con un cessate il fuoco che non sancisse una ritirata delle truppe di Mosca non porterebbe a casa nulla. Decine di migliaia di morti, centinaia di migliaia di feriti e mutilati, un Paese ridotto in macerie e un’economia devastata, senza essere riuscito nemmeno a difendere i confini e a preservare l’unità territoriale. Per di più, la sua carriera politica giungerebbe al capolinea, non solo perché, al momento, se gli ucraini tornassero a votare probabilmente Zelensky verrebbe sconfitto, ma è quasi certo che con una tregua la ricostruzione non toccherebbe a lui.

Da eroe applaudito come una star dai parlamenti di ogni Paese occidentale a figura ingombrante da nascondere o ridimensionare il passo è più breve di quel che ci si era immaginato. Sarà per questo, perché sente che il suo tempo si sta esaurendo, che Zelensky apre alla trattativa e cerca sponda in Europa, dopo che l’America di Trump inizia a voltargli le spalle? Ovvio.

Il presidente ucraino sa di non avere molto tempo né molte armi e molti uomini a disposizione per poter proseguire la guerra e, dunque, cerca uno spiraglio, se non una soluzione, nella speranza di trovarla prima che qualcuno la trovi per lui. Comunque la si voglia vedere e comunque non si voglia guardare in faccia la realtà, Zelensky è sconfitto.

Ma l’ex attore non sarà il solo a uscire con le ossa rotte da questa guerra. Insieme a lui va in pezzi anche l’Europa e l’idea che il Vecchio continente potesse emanciparsi dall’America, sia politicamente che militarmente. L’aiuto della Ue, così parziale e contrastato da interessi economici, non è servito a nulla se non a prolungare un conflitto che era perso in partenza. L’Unione ha investito molti soldi, cedendo vagonate di armi e sobbarcandosi i costi di una guerra: ma non è servito. Anzi, forse ha prolungato l’agonia, facendo diventare l’invasione dell’Ucraina uno dei conflitti più sanguinosi dopo la Seconda guerra mondiale.

E adesso? Ora si prospetta anche la beffa. Non soltanto l’America di Trump, oltre a imporre il cessate il fuoco, si appresta a presentare il conto, sotto forma di concessioni per la ricostruzione ma soprattutto di cessioni del vero oro ucraino, vale a dire le terre rare, che secondo quanto ha dichiarato dovrebbero in qualche modo ricompensare l’aiuto prestato dagli Stati Uniti (lo stesso commander in chief ha parlato di 500 miliardi in minerali, tra cui titanio, litio, berillio, manganese, nichel, rame, gallio e grafite). Ma a questo si aggiungerebbe un onere anche per l’Europa, che verrebbe chiamata a sostenere il peso della difesa dell’Ucraina (anche se ieri Trump ha detto che Kiev pare destinata a finire nelle mani di Putin, ma spesso, come sappiamo, le dichiarazioni del nuovo presidente servono a convincere gli avversari e anche gli alleati a trattare) e pure - e questa sarebbe un’ulteriore beffa - anche a comprare armi dall’industria bellica statunitense, in modo da compensare i deficit dell’interscambio commerciale.

Detta in altre parole, oltre allo stesso Zelensky e al suo popolo, tra gli sconfitti figura in prima fila la stessa Unione, che se intendeva dimostrare di avere un peso politico e militare, ha perso su tutta la linea.

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