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Sant'Efisio non
NUOVO LIBRO Già si annuncia come una bomba, con effetti deflagranti per il
Una vicenda complessa, questa delle stele, che potrebbe aprire nuove strade sullo studio della lingua dei cosiddetti nuragici. «Ormai non ho più alcun dubbio che avessero anche una loro lingua scritta» dice Sanna: «Le prove? Sinora ho classificato come nuragici 52 documenti con iscrizioni riportate prevalentemente su pietre, su cocci, su bronzo, come quelle stupende di Tzricotu di Cabras. Tutti documenti scritti con caratteri di alfabeti consonantici semitici. Tra questi documenti nuragici ora può essere inserito il monumento di Nora che, anche sulla base di una rilettura dell'alfabeto fenicio arcaico o protocananeo, contiene una straordinaria scritta con significati solo ieri del tutto inimmaginabili».
LA TRADIZIONE Per l'archeologia ufficiale la stele è scritta in lingua fenicia ed è ritenuta l'iscrizione più antica rinvenuta nell'isola e nel Mediterraneo occidentale. Ricavata da un blocco di pietra fu trovata in un muretto a secco vicino a una chiesa di Pula, il paese che trae origine dall'antica città di Nora fondata dai fenici. Secondo l'interpretazione più nota, l'epigrafe - che si fa risalire al nono/ottavo secolo - riporterebbe la parola b-srdn , cioè «in Sardegna», la prima citazione dell'isola che si conosca. Per alcuni studiosi, invece, la sequenza alfabetica srdn della terza linea farebbe riferimento agli Shardana, che probabilmente vivevano in Sardegna nel'età del bronzo e che facevano parte della coalizione dei "popoli del mare". Guerrieri e navigatori che combatterono anche come mercenari nell'Egitto dei faraoni. Nell'epigrafe si legge all'inizio un'altra parola: b-trss , «
LE NOVITÀ Ebbene Gigi Sanna spazza via tutto questo: «Intanto non è il più antico documento perché una quarantina di quelli da me studiati e pubblicati sono, per tipologia alfabetica, antecedenti al fenicio arcaico della stele. Inoltre la stessa stele, a mio parere, ha una datazione più alta di quella seguita dai più, riconducibile al 1100 -1000 avanti Cristo». Ma la vera scoperta di Sanna sarebbe un' altra: «L'epigrafe - spiega - non è fenicia, ma nuragica, caratterizzata dalla presenza di una lingua prevalentemente semitica riportata con caratteri di tipologia semitica. Il documento attesta in tutta chiarezza che i costruttori dei nuraghi parlavano anche una lingua semitica e la scrivevano utilizzando, nell'occasione, l'alfabeto fenicio arcaico».
Per lo studioso oristanese b-srd non vuol dire affatto «in Sardegna»: mettendo al giusto posto della sequenza la consonante della linea precedente si ottiene «aba shardan», che vuol dire «padre signore giudice». Le altre parole che precedono «aba shardan», cioè b-trss e w grs sono invece due toponomi sardi uniti dalla congiunzione "e": il primo è il nome di Tharros e l'altro quello di Corras/Cornus.
I DUE ESPERTI Ma non è tutto. La studiosa Aba Losi , con un'osservazione tipica del matematico, ha individuato la ripetitività di tre precise lettere in simmetria, con andamento alto-basso e basso-alto nelle parti laterali dell'epigrafe. «Da lì - afferma Sanna - a concludere che esistesse una seconda lettura "a cornice" della stele il passo è stato breve. Come breve è stato scoprire anche una terza lettura, stavolta centrale, con l'andamento delle lettere in forma di un serpente, uno dei simboli più forti e ricorrenti, insieme al numero tre, nelle iscrizioni di natura religiosa nuragica», sottolinea lo studioso: «Bisogna considerare che gli scribi nuragici si esprimevano con scrittura "a rebus", traducibile evidentemente solo da chi possedeva la complessa chiave di lettura del codice espressivo». Sino a pochi decenni fa gli storici sostenevano che i sardi non avevano una loro scrittura, ma si servivano volta per volta di quella altrui. La stele - chiaramente un monumento religioso a forma fallica (simbolo della potenza creatrice della divinità) - è dedicata al «dio padre giudice signore» ed è un'offerta dei Norani ( mlkt nrns).
LUNGA VITA Questa stele ebbe vita lunghissima a Nora in quanto fu leggibile sino al momento in cui i caratteri fenici furono usati in Sardegna e la lingua semitica compresa se non da tutta, da una parte delle popolazioni residenti. «Non si dimentichi - scrive Sanna nel libro - che la Sardegna mantenne caratteri alfabetici fenici cosiddetti neopunici e ovviamente la parlata semitica sino al terzo secolo dopo Cristo. È presumibile che con l'avvento del Cristianesimo e con l'affermarsi dei caratteri alfabetici romani, che soppiantarono quelli semitici, l'oggetto di culto degli abitanti di Nora cominciò a perdere d' importanza e significato, anche perché sostituito da qualche altro simbolo monumentale per il santo Lefe/is-y. Questo è infatti il nome "incredibile" che si legge alla fine della stele: "Lefe/isy bn ngr" . Nome che, nella lingua parlata locale, da Santu Lefe/isy, per indebolimento della consonante liquida (la elle), diventò Sant' Efisy (poi Efisio). Efisy figlio di ngr, ma anche "figlio del dio padre" aba -shardan, da celebre santo pagano, col tempo, passò pari pari alla venerazione cristiana».