domenica 26 febbraio 2023

IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis parte terza


IL GRAFOLOGO parte terza

Quando ripartiamo, rifocillati, incontriamo ancora salite, ancora qualche discesa, neve dappertutto, una temperatura che invoglia a stare svegli. Si intravvedono, lungo le vallate, un’infinità di rigagnoli, seminascosti da alberi altissimi, di un’altezza così rilevante che supera di gran lunga gli alberi più grandi che ho visto nella mia terra che, se venissero accostati a loro, sembrerebbero poco più che arbusti. Qualche raro casolare lungo la strada stride tra il verde intenso di quella vegetazione incontaminata e fitta all’inverosimile, qua e là incontriamo qualche grande mucchio di legname pronto per essere trasportato a valle. Un paesaggio praticamente deserto, le poche auto che abbiamo incrociato sembravano uscite dal nulla, e dobbiamo ringraziare la perizia del nostro autista se non si sono verificati incidenti in quella strada troppo irta e troppo stretta.

Ma finalmente le grandi montagne terminano d’incanto, di fronte a noi possiamo intravvedere spazi più liberi alla vista, le grandi colline hanno preso il posto delle montagne, e il verde quello del bianco accecante della neve. Sembra di essere usciti da un ambiente inospitale, e la vista che quegli spazi sempre più aperti ci regalano, ci danno l’impressione che il grande viaggio sia quasi al termine, ma così non è, io sono diretto verso la cittadina di fermo, e fin quando non vedrò il mare in lontananza, non potrò dire di essere vicino alla destinazione finale. Le enormi colline, divengono sempre più piccole, e assumono una curiosa caratteristica mai notata da nessun’altra parte, la loro disposizione, prima disordinata e casuale, ora si indirizza verso una parvenza di disposizione geometrica sempre più lineare che risponde a qualche ordine imposto da chissà chi, col procedere della strada si indirizzano tutte verso la stessa direzione, disegnando fila rettilinee e parallele tra loro, come dei covoni verdi disposti da un contadino in vena di perfezionismo. E tra quelle fila di colline, in ciascuna vallata scorre un fiume, a volte di grandi dimensioni, più spesso simile ad un ruscello, ma con una caratteristica comune: sono tutti indirizzati parallelamente verso la stessa direzione, che non può essere che il mare.

Tra me penso che l’avventura non preventivata che mi ha costretto ad affrontare un viaggio così lungo e faticoso, volga al termine, forse avrei fatto meglio ad utilizzare il treno, ma ancora una volta mi accorgo che la meta è lontana, e la sofferenza di quella posizione scomoda che non mi consente di muovere le gambe per via della disposizione troppo ravvicinata dei sedili, dovrà essere sopportata ancora per molto tempo. Ma almeno gli occhi riescono a godere di paesaggi più rilassanti e vari, in cima alle colline, sempre più spesso, si notano piccoli borghi, poi sempre più numerosi e di dimensioni maggiori, il verde delle colline ora si mischia ad altri colori, determinati dal lavoro dei contadini, pian piano aumentano le aree di colore giallo, in lontananza non riesco a capire di quali coltivazioni si tratti, presumo siano coltivazioni di girasoli; si affacciano alla mia vista aree piantumate, forse da alberi da frutto e qualche raro vigneto. Poi mi si presentano di fronte disastrose visioni di intere colline sventrate da non so cosa, il compagno di viaggio che ho al mio fianco mi informa che quegli scherzi non sono stati causati dall’uomo, ma dalla natura, si chiamano calanche e sono caratteristiche di questa regione. Infine ci immettiamo in una grande vallata scavata da un fiume che sembrerebbe molto più importante degli altri, il tenna, e, a ridosso dello stesso, la percorriamo completamente fino ad arrivare finalmente alla mia destinazione: la caratteristica cittadina dall’aspetto medioevale di fermo. Gli abitanti di questa zona, mi dicono, hanno sempre dato grande rilevanza a questo fiume: se i Romani hanno il tevere, loro hanno addirittura il tenna! Storicamente, qui e in tantissime zone italiane, i fiumi che attraversano le varie zone, hanno avuto grande importanza per il progresso della popolazione, per i trasporti, per il relazionarsi, per quel senso di appartenenza che crea nella vallata, accomunati da economie simili, che così sente una sorta di vicinanza.

Anche il mio paese è stato costruito a ridosso della confluenza di due fiumi, e questo fatto non può essere dettato dal caso. In questa zona, appartenuta per lunghi tratti della sua storia, allo stato pontificio, sono presenti tante belle chiese, e monasteri, un’economia antica che non ha mai fatto a meno di avere rapporti stretti con la chiesa romana. Al primo impatto con la cittadina, sento una sorta di aria clericale, diffusa e ingombrante, così densa che mi sembra impregni ogni luogo e persino le persone; le strutture ecclesiastiche sono posizionate nei luoghi più caratteristici, o meglio difendibili, dato che in passato guerre e dissidi erano frequentissimi, e anche allora, come oggi, chi detiene il potere sceglieva i luoghi più funzionali allo scopo. Però la cittadina mi attira, con le sue viuzze mai in piano, ambienti che trasudano storia persino nelle zone presumibilmente abitate da povera gente, quegli oscuri viottoli lastricati, che all’improvviso, percorrendoli fino alla fine, mi rivelano improvvisamente paesaggi immersi nel verde della campagna sottostante. L’alta e irta collina su cui è stata edificata la cittadina assomiglia in modo impressionante a quella che accoglie San Marino, vista in tante caratteristiche foto negli anni dalla scuola. E quando, percorrendo a caso quei viottoli, mi imbatto in una piazza, resto entusiasta della semplice bellezza architettonica degli edifici che la circondano, noto un senso di organicità in quelle costruzioni, seppure costruite in tempi diversi e derivate da progetti elaborati da persone diverse, una pulizia formale che la rende bella alla vista, quasi completamente circondata da massicci porticati, d’ora in poi la chiamerò “la bomboniera”. In qualche maniera, però, si distingue il palazzo monumentale del municipio, costruito in epoca rinascimentale. E’ una cittadina scomoda, ma affascinante da percorrere, con quelle salite intervallate da ripide salite, e scivolose discese, una cittadina costruita, mi dicono, sul monte sàbulo, di cui ignoro il significato o la derivazione del nome. E se prima la mia vista si schiudeva su collinette verdi, ora, dall’altra parte della cittadina, improvvisamente mi appare il mare, il cui colore imprecisabile in riva, si dipinge di un azzurro sempre più intenso man mano che ci si allontana dalla costa.

Mare, colline, alte montagne in lontananza, la vallata del tenna, che dà a quella piccola fetta di paesaggio una parvenza di pianura, un paesaggio di una bellezza indescrivibile che non si fa mancare nulla. E chiese, chiese dappertutto, oratori, antichi monasteri, edifici ecclesiastici in successione, sembra che la gente, qui, in passato, avesse occhi e orecchie solo per la religione. E quando mi trovo di fronte alla massiccia cattedrale, penso che probabilmente, all’atto della sua costruzione, l’architetto abbia esagerato nelle dimensioni, in rapporto alla popolazione che al tempo, nel milleduecento, non doveva presumibilmente contare un numero di residenti così elevato da giustificarne la imponenza Una cittadina costellata da splendidi edifici, musei e l’importante palazzo di giustizia. Una cittadina che sembra aver conservato nella sua interezza lo spirito che aleggiava nel medioevo. Quando, chiedendo indicazioni, arrivo al bel palazzo che ospita le scuole elementari, mio futuro luogo di lavoro, mi attivo alla ricerca di un alloggio in zona. Mi imbatto in un’osteria, proprio quel che ci voleva per riposarmi dalla lunga camminata, resa necessaria per smaltire il senso di costrizione che mi ha perseguitato nella corriera per troppe ore, e la valigia che porto, ormai, sembra farsi sentire più del dovuto. Entro e mi accomodo in una panchina a ridosso di un tavolino, e ordino all’oste un quarto di vino, prontamente servito. Mi si avvicina a quel punto uno spilungone dall’aria strana, capelli lunghi e parzialmente canuti, arruffati, vaporosi in maniera disordinata e per nulla curati, come del resto conferma l’aspetto generale, una sciarpa al collo, grossa in maniera eccessiva, barba non troppo lunga, ma incolta, si siede al mio fianco senza dire una parola, mi guarda in faccia con occhiate profonde e aria indagatrice, con uno sguardo così profondo che crea imbarazzo. Appena ho in mano il bicchiere di vino, come per stemperare la tensione, gli chiedo se per caso ne gradirebbe uno anche lui, la risposta non arriva subito ma è affermativa. Il suo unico sorso azzera il contenuto del bicchiere, e solo allora si degna di prendere la parola, e mi dice di essere a disposizione per qualunque consiglio o suggerimento mi sia utile. Lo ringrazio e gli chiedo dove potrei trovare una stanza per alloggiare. “Quassù”, mi risponde, indicandomi una stretta scala che si inerpica verso il piano superiore, il caso mi ha portato nel posto giusto. Prendo accordi con l’oste e il problema è risolto completamente, in quanto avrebbe provveduto lui stesso anche per il vitto e per tenere puliti i miei vestiari, e la stanza. Due giorni dopo avrei preso possesso della mia prima cattedra di insegnante elementare. Mi congedo da quella enigmatica persona di cui non conosco nemmeno il nome, che mi ha tenuto compagnia, non prima però, su sua richiesta, di avergli offerto un altro boccale di vino.

L’impegno che mi attende il giorno successivo è quello di prendere accordi con i dirigenti scolastici, poi riprendo il cammino interrotto il giorno prima per stanchezza, e vado alla ricerca di nuovi edifici che attirino la mia attenzione, o per scoprire scorci interessanti. Quando arrivo nella parte più alta della cittadina, la visito accuratamente, fino a scorgere ancora una volta paesaggi che dall’alto sembrano irreali, avvolti parzialmente dalla nebbia, ma non vedo costruzioni sottostanti, incuriosito, mi sporgo appoggiandomi su un robusto muro basso che delimita quello spazio, a quel punto mi appare un precipizio verticale molto rilevante, e quando chiedo a un signore che sembra non abbia nulla da fare in che zona mi trovi, vengo informato che siamo all’interno della inespugnabile rocca medioevale. Anche quella zona abbonda di chiese, come gli altri quartieri, mi dicono che sono presenti in città ben sei o sette chiese risalenti al milleduecento, più un’altra decina di chiese edificate in epoche successive, ma in rapida successione, oratori e conventi, altri edifici ecclesiastici, penso tra me che un popolo così devoto deve per forza di cose avere già in serbo un posto in prima fila in paradiso. Il signore senza impegni pressanti, mi consiglia di visitare, dopo la cattedrale, la chiesa di San Domenico, anch’essa edificata nel milleduecento, e contenente al suo interno molti affreschi realizzati uno o due secoli dopo, e di non dimenticarmi di ammirare la reliquia più importante di fermo, quella che la tradizione vuole sia una spina della corona che il Cristo portò fino al calvario. Mi informa anche che in città esiste un bel teatro, chiamato dell’aquila. Mi rendo conto che il destino mi ha condotto in un posto particolarissimo, un ambiente che trasuda storia dappertutto, e se il sito mi affascina, ora devo per forza di cose fare la conoscenza con la sua popolazione, che immagino sia pia e devota fino all’eccesso. Non tanto per dissetarmi o rifocillarmi, ma per avere altri, estemporanei contatti con la popolazione, mi accomodo su una sedia a ridosso di un piccolo tavolino in legno, posizionato all’esterno di un’osteria, a fianco di altri tavolini occupati da gruppi di persone intenti a discutere a voce alta, avrei così appreso il loro modo di ragionare e i loro argomenti preferiti. Con disappunto entrambi i gruppetti parlano di … politica … ancora …

Mi chiedo cosa stia succedendo in italia di così coinvolgente, so per certo che un nuovo partito politico sta destando curiosità e interesse, fondato da una personalità proveniente dalle fila del partito socialista, un giornalista che si è fatto conoscere con articoli pubblicati sul suo organo di stampa, l’avanti. E le rivendicazioni degli operai assumono pian piano carattere di globalità nazionale, al nord si lotta contro le scelte discutibili degli industriali, mentre al sud cresce il malcontento nelle campagne. Due anni prima fecero parlare di sé avvenimenti scaturiti dalla serrata generalizzata delle fabbriche da parte dei padroni, a cui seguì lo sciopero generale degli operai, spalleggiati soprattutto da un giornalista e attivista politico, anche lui facente parte dello stesso giornale, una persona di cui avevo sentito parlare in sardegna, particolarmente apprezzato perché nostro conterraneo, ma residente nella culla delle grandi industrie italiane, torino. Se voglio sentire notizie politiche o impressioni sulla stessa materia, non ho problemi e basta tendere l’orecchio e il gioco è fatto, ma a me interessano altri argomenti riguardanti la cittadina, e i suoi abitanti, che mi vengono forniti solo se richiesti. E poi io sono Sardo, il che vuol dire che presto attenzione ai fatti della mia gente piuttosto che alle beghe italiane.

Ed ecco materializzarsi una figura conosciuta, lo spilungone del giorno prima, evidentemente in giro alla ricerca di qualcuno che gli offra da bere, appena mi vede seduto al tavolo mi si avvicina, e senza proferire parola, si siede accanto a me. Chiamo l’oste per accontentare il suo probabile desiderio, lui ordina un’enorme tazza di latte, con aggiunta di qualche goccia di caffè e acquavite.

“Come ti chiami?” gli chiedo.

“ Chiamami Lupo solitario, o qualunque nome ti faccia piacere, per me è indifferente”, è la sua enigmatica risposta. Per una volta non mi ha risposto con monosillabi.

“Bene, il nome mi piace” rispondo, “Io mi chiamo Gavino”.

Mi chiede se io sia originario della sardegna, dove questo nome è molto diffuso. Mi chiedo dove abbia carpito quella notizia, dato che reputo che i suoi contatti con miei conterranei siano improbabili, come immagino che siano frammentari anche i contatti con i suoi concittadini, e non dà certo l’aria di essere particolarmente colto. Ma passo alle domande che mi stanno a cuore porgli, e con la grande tazza del latte in mano diventa improvvisamente loquace, le sue dissertazioni partono da molto lontano, mi spiega che la cittadina è antichissima, cosa di cui non dubitavo, ed era una colonia molto rilevante già in epoca romana, il suo nome era firmum picenum, da cui il nome attuale, mi informa che se voglio vedere vestigia di quel tempo, potrei visitare le cisterne romane, a dimostrazione del fatto che i Romani erano maestri nel settore idraulico. Mi elenca uno per uno i nomi delle chiese e degli oratori, tra me penso che il calendario dei santi è quasi al completo, le opere d’arte presenti, una dettagliata storia della cittadina, dilungandosi soprattutto nel periodo medioevale; dove abbia preso tutte quelle notizie è un mistero per me, mi dovrò ricredere in seguito di aver giudicato in maniera approssimativa una persona dalla grande cultura, che dimostra anche quando si tratta di affrontare altri temi o commentare avvenimenti. Mentre parla a ruota libera, mi risulta simpatico il suo modo di esporre le cose, chiaro, esaustivo, e dalla dialettica coinvolgente. Lo ascolto con interesse anche quando mi racconta la sua vita, e i suoi orientamenti politici, un argomento che lo appassiona in modo particolare, anche lui…

Possibile che da quando sono partito dalla mia terra, non debba sentire parlare d’altro che di questo argomento, che non mi ha mai interessato? Penso tra me che sarà la mia condanna da espiare in cambio del lavoro trovato in modo così rapido. Ma le sue dissertazioni in materia mettono in evidenza una preparazione superiore alla media, è in possesso di idee particolari e poco diffuse, mi confida di essere un anarchico convinto, e di aver scelto una vita così dissimile dai suoi concittadini, perché li reputa non in grado di contrastare le sue teorie, e il suo scopo è conoscere gente nuova nella speranza di trovare interlocutori validi. Mi risulta un po’ presuntuoso, ma per me questa non è una caratteristica completamente negativa, se supportata da cultura e idee personali non scopiazzate e infarcite da luoghi comuni, mi viene in mente che il nome che mi ha proposto per la sua persona sia stato analizzato attentamente, e mi risulta azzeccato. Però anche lui, come gli altri, ama parlare troppo di politica, un argomento che mi annoia, anche se ritengo che il momento che sta vivendo la nazione sia particolare e foriero di sviluppi imprevedibili. Mi illustra gli scioperi generalizzati in tutta la nazione, il difficile cammino che gli operai e i braccianti agricoli stanno intraprendendo, alla sua ammirazione per il mio conterraneo, di cui ha letto tantissimi articoli, sia sull’avanti, che su altri giornali; mi dice che si trova bene con me perché sono il primo conterraneo del giornalista, con cui viene a contatto, e che ammira in modo particolare; spero di non deludere le sue aspettative.


 

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