mercoledì 12 novembre 2025

La religione del cambiamento climatico



Roberto Pecchioli

L’ambientalismo promosso dalle cupole economiche, finanziarie e politiche occidentali si è ormai trasformato in una sorta di religione. Bisogna crederci per fede e, come ogni religione, possiede dogmi , liturgie , icone simbolo. Il dogma principale è il cambiamento climatico provocato dall’azione umana. Il giubileo periodico, nella forma dell’incontro tra “esperti” e capi politici, è la conferenza COP. 


L’acronimo sta per Conference of the Parties (Conferenza delle Parti), le riunioni annuali dei paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Il concilio climatico di quest’anno, COP 30, tenuto a Belèm, città brasiliana porta dell’Amazzonia, tuttavia, non potrebbe essere meno ecumenico: mancano Cina e India, i giganti demografici del mondo in possente crescita economica e tecnologica; è assente la Russia mentre gli Usa hanno inviato solo funzionari di medio livello.

Segno che i miscredenti della fede climatica pseudo scientifica sono numerosi. Ad essi sembra essersi aggiunto Bill Gates. Dopo aver stanziato somme ingentissime per la lotta al riscaldamento globale del pianeta e avere scritto, nel 2021, “Clima, come evitare il disastro”, ha fatto sapere che non c’è il rischio della fine del mondo , spiazzando decine di lobby e ONG catastrofiste . Le persone saranno in grado di vivere e prosperare nella maggior parte dei luoghi della Terra nel prossimo futuro. Alla buon’ora. Le dichiarazioni di Gates coincidono con i tagli delle sue organizzazioni ai finanziamenti delle politiche relative al cambiamento climatico. Si dedicherà a programmi di salute e sviluppo per migliorare il benessere umano Una promessa che pare una minaccia

La trinità della religione dell’apocalisse climatica ha il Padre, il riscaldamento globale, il Figlio, la lotta all’ anidride carbonica e lo Spirito Santo Paraclito, le “emissioni zero”, ossia la fine delle emissioni “umane” di CO2 . A Belèm governi, organizzazioni internazionali e gruppi di pressione sul clima rilanceranno gli allarmi più frequentemente ripetuti. Il superamento della soglia di 1,5 gradi centigradi di aumento della temperatura media terrestre, i cosiddetti punti di non ritorno e l'attribuzione di eventi meteorologici estremi all'uso di idrocarburi. Soprattutto per mantenere viva la retorica delle emissioni zero. 

Il primo totem è il limite di 1,5 gradi, trasformato in dogma da politici e attivisti che lo presentano come barriera fatale per il pianeta. In realtà si tratta di un numero arbitrario, privo di fondamento, nato negli uffici burocratici e non nei laboratori scientifici. La temperatura globale è aumentata di un grado in due secoli, se si considerano le distorsioni causate dal calore urbano e l’ inaffidabilità di molti metodi di misurazione. Aumenti simili si sono verificati naturalmente in numerosi periodi storici, dal Medioevo all'Olocene (tra dodicimila e novemila anni fa). 

Il secondo allarme riguarda i cosiddetti punti di non ritorno. Il sistema climatico sarebbe sull'orlo di un collasso irreversibile. Le prove paleoclimatiche e le registrazioni geologiche mostrano il contrario: il clima terrestre ha subito forti oscillazioni per milioni di anni, con cicli di riscaldamento e raffreddamento molto più pronunciati di quelli odierni. Variazioni naturali oltre i dieci gradi in pochi decenni, documentate dagli scienziati della Sorbona, sono la norma, non l'eccezione.
Traballa anche la terza narrazione, che attribuisce ogni evento meteorologico estremo all'uso di combustibili fossili. Le più recenti misurazioni satellitari mostrano che la temperatura globale complessiva è in calo nel 2025, mentre fenomeni come El Niño, le eruzioni vulcaniche e le oscillazioni oceaniche svolgono un ruolo infinitamente più importante nella variabilità climatica rispetto a qualsiasi attività umana. Il problema non è la mancanza di dati, ma la manipolazione politica. 

Come riconosce un numero crescente di ricercatori, il processo scientifico è stato sostituito da un consenso imposto, in cui il dibattito viene soffocato e il dissenso etichettato come negazionismo. Scienziati che prima sostenevano cambiamenti climatici improvvisi su scala di decenni, sono diventati portavoce di una narrazione apocalittica utile a giustificare un sistema politico e socioeconomico basato sul controllo energetico, la censura e la ridistribuzione globale delle risorse, osserva il Daily Sceptic, organo di controinformazione scientifica.

I dati geologici raccontano una storia diversa dal baccano attuale. Negli ultimi seicento milioni di anni i livelli di CO2 hanno subito ampie fluttuazioni senza alcuna correlazione diretta con la temperatura. In molti periodi il pianeta era molto più caldo, con livelli di CO₂ ben più alti di oggi. Questo gas, demonizzato dalla propaganda ambientalista, è essenziale per la vita: il relativo aumento della sua concentrazione negli ultimi decenni ha alimentato una crescita della vegetazione senza precedenti e contribuito a migliorare la produttività agricola globale. Di fronte a questa realtà, le élite politiche e mediatiche occidentali insistono nel mantenere viva l'ideologia Net Zero, incolpando i cittadini di
respirare, riscaldare le proprie case o guidare per andare al lavoro.

La COP non è più un vertice scientifico, ma uno spettacolo sceneggiato per riaffermare un programma che limita la libertà economica, aumenta i costi energetici ed erode le sovranità nazionali in nome del presunto salvataggio del pianeta. Il disimpegno americano ha determinato il ritiro Usa dall’Accordo di Parigi sul clima del 2015, basato sulla decarbonizzazione progressiva. Questo comporta un drastico calo dei finanziamenti al Fondo Verde per il Clima imposto dall’ONU, una struttura inefficace e ideologizzata. La mossa rafforza la posizione di Washington contro la burocrazia “climatica” internazionale. L’ Europa è impantanata in normative verdi e tasse sul carbonio, Trump insiste per riconquistare l'indipendenza energetica e rilanciare settori economici strategici. L'assenza virtuale degli Stati Uniti segnerà un vertice già indebolito. Il Brasile ha annunciato che meno di sessanta leader mondiali hanno confermato la loro presenza; spicca l’assenza di Cina e India, i maggiori emettitori mondiali di gas serra, nonché grandi consumatori di idrocarburi fossili. Il presidente Lula è in imbarazzo per le critiche legate alla costruzione di un'autostrada che attraversa la foresta pluviale amazzonica per facilitare l'accesso a Belém: l'ipocrisia di un vertice che predica di salvare il pianeta mentre distrugge l'ambiente amazzonico. Net zero, l’obiettivo delle conferenze Cop (e dei burattinai di Davos) secondo scienziati indipendenti sarebbe una bufala, giacché il cambiamento climatico antropogenico sussiste solo in minima parte.

Per il geologo australiano Iam Plimer ( e per molti altri, tra cui l’italiano Franco Prodi) solo una piccola frazione dell'anidride carbonica presente nell'atmosfera proviene dall'attività umana. I satelliti permettono di misurare con precisione sia il numero di alberi sul pianeta sia la quantità di CO₂ emessa da varie fonti, combustione di carbone, utilizzo di idrocarburi o produzione industriale. I dati mostrano “che la vegetazione del pianeta assorbe più anidride carbonica di quanta ne rilasci l'uomo. Siamo già, di fatto, in un equilibrio neutro. 
Se le piante assorbono più CO₂ di quanta ne generi l'umanità, da dove proviene l'eccesso rilevato nell'atmosfera? La risposta è inequivocabile: dagli oceani, responsabili di circa il 97% dell'anidride carbonica rilasciata nell'aria. Il resto, aggiunge Plimer, deriva dalla respirazione animale e dall'attività vulcanica naturale. Se questo è vero le attuali politiche climatiche si basano su calcoli errati ( o falsi) e su una retorica allarmistica guidata da interessi economici.
Se si studiano i dati geologici, si vedrà che in epoche passate la concentrazione di CO₂ era molto più alta di oggi, eppure la Terra non ha subito un collasso climatico. È chiaro che l'anidride carbonica non può essere la causa principale del riscaldamento globale. Ignorare le prove del passato implica presumere che nel passato le leggi della fisica e della chimica fossero diverse
”, ironizza Plimer. Di certo lo sfruttamento politico del cambiamento climatico ha generato un'industria multimiliardaria che danneggia i cittadini comuni. 

La religiuone climatica ci sta costando caro. L'inflazione, i prezzi dell'energia e l'aumento del costo della vita stanno colpendo le famiglie, e gran parte ciò deriva dalla crociata contro il carbonio.
Chi scrive non ha competenze per prendere posizione su temi che dividono il mondo scientifico prima che il livello politico e mediatico. L’evidenza è la volontà di divulgare senza contraddittorio dati non sorretti da certezze consolidate, legati a giganteschi interessi delle oligarchie occidentali. 

Diffondere narrazioni catastrofiste crea allarme sociale e mira a produrre nell’opinione pubblica la spinta ad accettare, anzi invocare, le gigantesche ristrutturazioni– economiche, produttive, energetiche, esistenziali- decise dalle oligarchie, ponendo a carico dei popoli i costi relativi, uniti alla perdita di libertà concrete. Per questo COP 30 sembra l’ennesimo spettacolo ad uso della massa disinformata, una costosa psy-op, un’ operazione psicologica volta ad influenzare l’opinione pubblica. In assenza, peraltro, di oltre la metà dei governi del pianeta. “Tutta la vita delle società in cui regnano le moderne condizioni di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli.” (Guy Debord).

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