lunedì 21 ottobre 2013

Wi-Fi pericoloso , "verità nascosta a scopo di lucro"!

Wi-Fi pericoloso , 
"verità nascosta a scopo di lucro"!


Fonte: LIBRE

Come affermato da ricercatori universitari, scienziati governativi e consulenti scientifici internazionali, almeno il 57,7% delle studentesse esposte a radiazioni a microonde di basso livello (wi-fi) sono a rischio di avere aborti, malformazioni fetali o bambini con tare genetiche. I danni genetici possono essere trasmessi alle generazioni successive. Il professor John Goldsmith è consulente internazionale per le comunicazioni in Rf (radio-frequenze), consulente per l’Organizzazione Mondiale della Sanità in epidemiologia e scienze della comunicazione, consulente militare e universitario nonché ricercatore; a proposito dei bassi livelli di esposizione (sotto il livello termico) all’irraggiamento da microonde aventi le donne come bersaglio, ha scritto: «Nelle donne esposte a radiazioni di microonde, nel 47.7% dei casi ci sono stati aborti prima della settima settimana di gravidanza». E’ al di sotto di quello che la maggior parte delle studentesse riceve in un’aula dotata di trasmettitori wi-fi, a partire dall’età di circa cinque anni in su.

Le studentesse non sono ancora donne, sono bambine; e i bambini – sia neurologicamente che fisiologicamente – sono diversi dagli adulti. Il tessuto cerebrale e il midollo osseo di un bambino ha proprietà di conducibilità elettrica diverse rispetto agli adulti, a causa del maggior contenuto di acqua. L’assorbimento della radiazione a microonde nei bambini può essere dieci volte superiore rispetto agli adulti, e può indurre “stress” cronico ossidativo e nitrosativo e quindi danneggiare i mitocondri cellulari. Questo “stress” può causare danni irreversibili al Dna mitocondriale, che non è riparabile a causa del suo basso contenuto di proteine istoniche; pertanto, eventuali danni (genetici o altro) si possono trasmettere a tutte le generazioni successive attraverso la linea materna. Quindi, stiamo danneggiando non solo questa ma anche tutte le future generazioni femminili. Ci troviamo di fronte all’equivalente di una vera pandemia (cottura a microonde dei follicoli ovarici delle studentesse).

Immaginate di essere una bambina di cinque anni e di essere a scuola, seduta con un computer portatile wi-fi vicino al vostro addome. Teoricamente, le ovaie possono essere irradiate fino a quando lascerete la scuola all’età di 16-18 anni. Quando poi rimarrete incinta, ognuno dei vostri follicoli (che poi diventeranno uova) sarà stato esposto alle microonde. Quindi, potreste avere un bambino sano oppure no. Se rimaneste incinta da studentessa, il vostro embrione (per i suoi primi 100 giorni, se è femmina) produrrà circa 400.000 follicoli (nelle sue ovaie) per la futura neonata. Il problema è che queste cellule follicolari in sviluppo non hanno la protezione cellulare delle cellule adulte mature. Di conseguenza le vostre “nipotine” potrebbero aver avuto ogni singola cellula follicolare irradiata e danneggiata ancor prima del concepimento. Pertanto, quando la bambina diverrà una donna adulta (con i suoi follicoli irradiati) vi sarà una maggiore probabilità che il suo bambino (vostro nipote) soffra dei disturbi menzionati in precedenza, durante il concepimento o le fasi di sviluppo embrionale e fetale.

Oltre ogni immaginazione: la sconvolgente verità è che non solo tutto questo era noto e documentato molto prima che il wi-fi fosse messo in prossimità dei bambini, ma addirittura gli effetti biologici pericolosi sono stati nascosti al pubblico (com’è tutt’ora), per preservare i profitti delle industrie. Il professor Goldsmith scrive: «Effetti dell’esposizione alla radiazione Rf in certe popolazioni: effetti riprodutivi, aumento degli aborti spontanei, aumento dell’incidenza dei cancri infantili e di altri cancri». A conferma di ciò, con più di 2.000 riferimenti, c’è il Naval Medical Research Institute con un proprio documento: “Bibliografia dei fenomeni biologici segnalati (effetti) e delle manifestazioni cliniche attribuite alla radiazione a microonde e radio-frequenza ‘principali evidenze’, attività mestruale modificata, sviluppo fetale modificato”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sottolineato in un documento di 350 pagine – “International Symposium Research Agreement, Effetti biologici e danni alla salute dalle radiazioni a microonde”. La sezione 28 tratta dei problemi riguardanti la funzione riproduttiva. Questo documento è stato classificato “top secret” e i suoi contenuti celati dall’Oms e dall’Icnirp (“International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection”, commissione internazionale per la protezione dalla radiazione non-ionizzante).

Eldon Byrd, uno scienziato del Centro di Armamento Navale di Superficie della Marina Usa, in una delle sue conferenze del 1986 sugli effetti di microonde a bassi livelli lezioni, si riferisce abbia detto: «Possiamo modificare il comportamento delle cellule e dei tessuti, provocare un aumento di sei volte della mortalità fetale e dei difetti alla nascita». Infine, l’industria delle telecomunicazioni mobili ha condotto propri studi scientifici accurati ed esaustivi sul proprio prodotto. La conclusione è stata: «Si può concludere che i campi elettromagnetici le cui frequenze siano nell’intervallo delle telecomunicazioni mobili rivestano effettivamente un ruolo nello sviluppo del cancro: danneggiamento diretto del Dna a anche influenze sulla sintesi del Dna e sui meccanismi di riparazione del Dna» (la sintesi del Dna è essenziale per una sana crescita dell’embrione, del feto e del bambino).

Questi non sono che alcuni articoli di circa 8.000 ricerche che dettagliano questi fenomeni. Al fine di proteggere il profitto di queste industrie, l’Intelligence Agency della Difesa statunitense ha inviato un “documento” alle “nazioni avanzate” che descrive il problema e suggerisce “come ingannare il pubblico”. Vi si legge: «Se le nazioni più avanzate dell’Occidente sono rigorose nell’applicazione di severe norme all’esposizione, si potrebbero avere effetti negativi sulla produzione industriale». Questo (e altri due documenti) continuano poi ad elencare molti pericoli fisiologici e neurologici dell’irraggiamento a microonde a bassi livelli, non termici: disordini sanguigni, cardiaci, sintomi psichiatrici e “disordini mestruali”. Naturalmente il wi-fi è irraggiamento a microonde a bassi livelli, non termici.

Al fine di placare il governo degli Stati Uniti, alcuni governi hanno adottato le linee guida Icnirp, secondo le quali l’unico limite di sicurezza è di soli sei minuti di riscaldamento. Il che significa: se non ti senti troppo caldo in sei minuti, allora il wi-fi si può considerare sicuro. Non è stata data nessuna considerazione alla pur ben studiata interazione cellulare che avviene prima del verificarsi degli effetti termici. Tale interazione è citata negli studi di diverse nazioni, Stati Uniti compresi, ed è noto che causavano (e tutt’ora causano) cancro, sintomi neuropatologici severi, difetti fetali e, letteralmente, centinaia di malattie connesse a scompensi cellulari. Le nazioni che seguono l’Icnirp continuano ad argomentare che l’effetto termico dopo sei minuti è tutto quello che è richiesto per l’irraggiamento con microonde.

Il lettore potrebbe chiedersi se io non sia “pazzo da legare” e pensare che “nessun governo farebbe mai del male a dei suoi cittadini per soldi, specialmente alle donne in gravidanza”. In questo caso invito il lettore a considerare alcune decisioni che il governo ha alle spalle: il fumo, l’amianto, la Bse (mucca pazza), il piombo nella benzina, esperimenti su 20.000 inglesi in servizio militare negli anni ’60, il talidomide e, naturalmente, l’agente arancio spruzzato sopra le colture alimentari in Vietnam. A tutt’oggi, molti difetti di nascita globali derivano da queste decisioni governative, scientifiche e militari, assunte avvalendosi di consulenti industriali. Se sono necessarie prove ulteriori, invito il lettore a consultare i documenti rilasciati sotto il Freedom of Information Act, e precisamente le operazioni Pandora, Mk Ultra, Mk Chaos, Cointelpro, Mk Delta, Mk Naomi, Mk Search, Bluebird, Artichoke, Chatter, Sleeping Beauty e Grill Flame. In questi casi ci sono stati esperimenti segreti effettuati dagli scienziati militari/governativi su civili ignari, vale a dire: studenti, militari, pazienti psichiatrici, poveri, bambini di età superiore ai 4 anni, donne in stato di gravidanza, musulmani, cattolici, carcerati, disabili, sordi, ciechi, omosessuali, donne single, anziani, scolari, “gruppi marginali” e dissidenti; serviti per aumentare la loro conoscenza e la comprensione di ciò che è comunemente conosciuto come Stealth Warfare (cioè il tipo di azioni di guerra in cui si colpisce il nemico senza essere visti e senza che il nemico sappia nemmeno di essere attaccato).

I progressi sullo studio delle malattie causate da bassi livelli di irraggiamento a microonde continuano anche oggi. E’ in corso uno studio sul cancro e i danni neurologici: continuerà fino al 2018 e coinvolge donne che potrebbero essere incinte. Relazioni periodiche sono altresì trasmesse all’amministrazione da scienziati governativi: «Gli studenti comprenderanno la natura della ricerca dei bioeffetti della Rf, includendo studi umani e animali; gli studenti familiarizzeranno con lo stato attuale della conoscenza sui potenziali effetti della Rf sulla salute, quali cancro, amnesia e difetti di nascita». “Rf” è divenuto un termine generico (radio-frequenza) per evitare di usare la parola “microonde”. Rf solleva un minor numero di “richieste di sicurezza” in quanto la parola “radio”, chesolitamente si riferiva a “onde radio lunghe”, non ha connotazioni di pericolo per il suo consolidato uso domestico.

L’intransigenza governativa impone una moratoria sui rischi di esposizione alle generazioni future. Sia gli studi governativi che quelli dell’industria hanno dimostrato che la sintesi proteica (l’utilizzo delle strutture chimiche per “costruire” le circa 4.050 strutture note biologiche e neurologiche fetali e 4.500 negli adulti) può essere influenzata dall’irradiazione a microonde a bassi livelli. Questa moratoria sembra diffondersi alle organizzazioni o affidandosi su finanziamenti governativa, o per qualsiasi motivo; acquiescenza. Tuttavia, non tutti i dipartimenti di ricerca sopprimono la verità. Una ricerca brillante pubblicata dall’Università di Dundee conferma che l’irradiazione a microonde a bassi livelli, pur non provocando nessun riscaldamento, può disturbare i processi di segnalazione cellulare; influenza i processi biologici che danneggiano la crescita fetale.

Non solo: gli stessi processi biologici sono coinvolti per barriera ematoencefalica (si forma in 18 mesi e protegge il cervello dalle tossine, si sa che viene alterata); guaina mielinica (ci vogliono 22 anni perché si formino i 122 strati di cui è composta, è responsabile di tutti i processi cerebrali, organici e muscolari); cervello (ci vogliono 20 anni perché si sviluppi); sistema immunitario (ci vogliono 18 anni perché si sviluppi, il midollo osseo e la densità ossea sono notoriamente influenzati dalle microonde a bassi livelli come pure i globuli bianchi del sistema immunitario); ossa (ci vogliono 28 anni per lo sviluppo completo; come menzionato, il grande contenuto di acqua nei bambini rende sia le ‘ossa molli’ che il midollo particolarmente attraenti per l’irradiazione con microonde; il midollo osseo produce le cellule del sangue).

Chiaramente, quelli che decidono per noi stanno sottovalutando una pandemia di malattie infantili finora sconosciuta nelle nostre 40.000 generazioni di civiltà, che può coinvolgere più di una metà delle mamme/bambini irraggiati al mondo. Durante gli anni ho avuto la felice opportunità di parlare con circa 40 altezze reali, governatori, leader di governo, capi di stato e ministri. Le mie considerazioni sui numeri dei bambini malati che ho rivolto ad un Re, sono reperibili su Internet. Ho riferimenti di più di 200 cluster di cancro/leucemia nelle scuole (fino al momento della raccolta dei dati) da trasmettitori a microonde a basso livello nelle scuole. Ci sono molti tipi di tumori, leucemie, aborti e cancro al seno del personale. E continuano ogni giorno, registrati per lo più soltanto a livello locale. Quando questi fatti sono stati discussi nel Parlamento inglese (in quanto uno dei paesi europei coinvolti), un ministro ha respinto tutto e ha mentito davanti alla House of Commons. La mia richiesta di provare questa menzogna è stata rifiutata.

Forse, la più rispettata organizzazione al mondo per la tutela dei bambini, l’Unicef, si è alleata con l’autorità leader a livello mondiale sugli effetti del danno da basso livello di irradiazione a microonde. Il Comitato Nazionale Russo per la Protezione dalle Radiazioni non-ionizzanti, nel proprio documento di ricerca “Effetti sulla salute di bambini e adolescenti” ha trovato: 85% di aumento delle malattie del sistema nervoso centrale; 36% di aumento dell’epilessia; 11% di aumento di ritardo mentale; 82% di aumento di malattie immunitarie e rischio per il feto. Il lettore può pensare che l’irraggiamento del telefono cellulare, avendo maggior potenza, sia diverso da quello del wi-fi. In effetti il wi-fi può essere più dannoso proprio a causa della sua bassa potenza: la bassa potenza può entrare nel corpo inavvertita e causare danni. Tutte le onde elettromagnetiche sono cumulabili. Se sono sotto la soglia corporale che provoca l’attivazione delle proteine preposte a difendere e riparare i tessuti, il danno si accumula molto lentamente e non è rilevabile, come un cancro. Basti pensare a come in una giornata nuvolosa si prenda lo stesso il sole e che ci si può lo stesso bruciare la pelle.

Ho una lista di nove paesi (con alcuni dei quali sto lavorando) che stanno attivamente rimuovendo il wi-fi dalle scuole o che sono impegnati nella fase giuridica propedeutica a questa rimozione. L’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (documento 12608, pubblicato il 6 maggio 2011, alla sezione 8.3.2. riporta: “Divieto di tutti i telefoni mobili, telefoni Dect o wi-fi o sistemi Wlan nelle classi e nelle scuole”. Per motive legali la dicitura è stata variata in: “Si deve preferire un sistema cablato”; comunque, il significato è chiaro. In un documento tradotto, il professor Yuri Grigoriev del Comitato Russo per la Protezione dale Radiazioni non-ionizzanti ha scritto, il 19 giugno 2012: «Si raccomanda l’uso di reti cablate e non di reti che usino sistemi di accesso a banda larga wireless, come il wi-fi, nelle scuole e nelle strutture educative». Un documento datato 25 marzo 2013 del comitato esecutivo dell’Accademia Americana di Medicina Ambientale ha scritto una lettera al Distretto scolastico unificato di Los Angeles con la seguente raccomandazione: «Non aggravare il carico della salute pubblica installando connessioni Internet wireless nelle scuole di Los Angeles».

Poco prima di ciò, nel dicembre 2012, l’Accademia Americana dei Pediatri (che rappresenta 60.000 pediatri) ha scritto al Congresso richiedendo maggior protezione dall’irraggiamento a microonde a bassi livelli per i bambini e le donne incinte: riferendosi al wi-fi nelle scuole, ha scritto: «Potenziale riproduttivo di una generazione». Nel 2002, 36.000 medici e scienziati hanno firmato l’“Appello di Friburgo”. Dopo dieci anni, l’Appello è stato rilanciato e mette in guardia in particolare contro l’uso del wi-fi e l’irradiazione di bambini, adolescenti e donne incinte. Quello di Friburgo è un appello di medici internazionali. Il lettore dovrebbe considerare che in totale ci sono circa 100.000 dei professionisti più esperti al mondo che condividono questo stesso avvertimento. Per inciso, qualora il lettore si chiedesse perché non ho menzionato gli scolari e se essi possono essere influenzati in modo simile alle ragazze: la risposta è “sì”. Ricerche sulla frammentazione del Dna dello sperma provocata dai livelli wi-fi di irradiazione sono già stati pubblicate. Ci vorrebbero molte più pagine per commentare questo fenomeno ed esiste già una pletora di dati disponibili e pubblicati.

Con profitti giganteschi da realizzare, non sorprende che il sistema parlamentare inglese abbia scelto di seguire l’Icnirp e la relativa ben nota politica del “rifiuto attivo”. Ho conosciuto la nostra “corruzione”, quando alla fine degli anni ‘60 ‘70 fui incaricato di indagare (nell’ambito di un programma avviato da Sir William Melvin), sulla corruzione all’interno della gerarchia della polizia metropolitana di Londra e dei membri non eletti del Parlamento inglese. Se il lettore non fosse al corrente di tali avvenimenti, suggerisco di consultare qualcuno dei nostri giornali della domenica da 45 anni in qua, fino ad oggi. Quando un reverendo scrisse ad un ministro, Nick Gibb, a riguardo del wi-fi nelle scuole, la sua risposta standard (che ho visto molte volte) riportava: «Consiglio dato dall’Agenzia per la Protezione della Salute inglese: “Non ci sono prove consistenti di effetti sulla salute a seguito di esposizione a Rf sotto i livelli di riferimento e non ci sono ragioni per cui le scuole o altri non dovrebbero usare dispositivi wi-fi». Questa risposta è concepita per ingannare e ci riesce molto bene. Altre lettere ministeriali sono solite dire: “la maggior parte della nostra ricerca” o “la maggior parte dei nostri scienziati”; due espressioni ugualmente prive di senso. Quello che non dicono mai è: il wi-fi è sicuro.

Il lettore non sarà sorpreso di sapere che mi è stato rifiutato il permesso di avere un incontro faccia a faccia con il mio rappresentante in parlamento, mr. Mel Stride. Da allora egli ha boicottato con successo qualsiasi mio contatto col governo. Anni fa, quando cominciai a “consigliare cautela” nell’irraggiare col microonde bambini e donne incinte, la Cancelleria Accademica della mia università (Exeter) mi ingiunse di non contattarla mai più. Un messaggio simile venne dal dottor Jamie Harle della Open University (fisica medica), che mi disse: «Il tuo lavoro è troppo politico». Chiaramente, in Inghilterra, alcune università e alcuni rappresentati parlamentari hanno più paura delle rappresaglie governative che voglia di dire la verità. A prescindere dalle conseguenze.

Il prezzo reale dell’ignoranza intenzionale e dell’avidità: ecco le conseguenze. Per me, ricevere dieci telefonate al giorno non è inusuale. Ne ricevo anche a Natale e Pasqua. Due chiamate che riassumono quelle che ricevo da donne sono riportate di seguito. Si tratta di due conversazioni reali. La prima: «Mia figlia è appena morta. Sto ancora tenendo la sua mano. Ha appena compiuto 11 anni ed è stata la numero 11 a morire da quando il trasmettitore per il wi-fi è stato messo vicino alla scrivania sua e degli altri». La seconda: «Mio figlio è uno dei tanti con cancro / problemi genetici dalla nascita. Questi sono iniziati solo dopo che il trasmettitore è stato acceso. Le mie preoccupazioni sono duplici e occupano ogni secondo della mia vita. Il mio bambino potrà mai sposarsi o trovare un partner ed essere felice? Cosa accadrà quando morirò? So che morirò preoccupata. Indipendentemente da chi abbia la colpa, sono io, la madre, a portare la colpa e la responsabilità».

Lettori, vi prego, aiutatemi. Immaginate il 57,7% di tutte le studentesse con wi-fi nelle loro aule: tutto il giorno per tutto l’anno per tutta la loro carriera scolastica, usandolo in tutti i paesi del mondo! In sole due generazioni potremmo avere più bambini morti / malati di quelli risultanti da entrambe le guerre mondiali. E questi non sono dati miei, ma provengono da consulenti e ricercatori governativi. Sono state ricevute richieste per questo studio da rappresentanti di Reali, funzionari governativi (al di fuori del Regno Unito) e da persone che mi limiterò a descrivere come “interessanti”. Mentre le saracinesche politiche si stanno chiudendo in ogni direzione verso cui mi dirigo, mi chiedo: potrebbe il lettore avere successo e prevenire questa “pandemia” laddove io fallissi?

Ho due richieste. La prima: se sei uno personaggio di corte o un rappresentate governativo ufficiale, per favore chiedi al primo ministro britannico, faccia a faccia, perché abbia detto al mio rappresentante parlamentare, mr. Stride, che è “troppo impegnato” per vedermi anche per una sola ora e discutere di questo tema. La seconda richiesta: se ogni lettore inviasse anche solo due copie di questo studio a persone che potessero essere in grado di prendere una decisione (preferibilmente donne influenti), con progressione matematica, le originali 100 richieste avanzate arriveranno presto sulla scrivania di qualcuno che può fare la differenza.

Quando sono invitato a parlare in altri paesi, invariabilmente finisco in radio, Tv, news, canali di documentari. Da lì, lancio ogni volta una sfida: chiedo che qualsiasi scienziato dell’industria o del governo mi “umili” in diretta con le proprie conoscenze, rispondendo a una domanda: «Qual è il limite di sicurezza per l’irraggiamento con radiazione a microonde per i follicoli ovarici durante i primi 100 giorni di sviluppo dell’embrione?». Ad oggi, nessuno scienziato si è fatto vedere. Cito questo perché si tratta di una domanda che il lettore può rivolgere ad ogni direttore scolastico, governatore, uomo politico. Se qualcuno poi dovesse fornire una risposta, la frase successiva sarebbe: «Bene, lo manderemo a una delle principali riviste scientifiche per essere sottoposta a “Peer Review”» (con la vostra ricerca). La soluzione? La didattica non soffrirà se il wi-fi dovesse essere abolito in tutto il mondo: disponiamo di ottime linee telefoniche in fibra ottica. L’argomento contro quest’opzione è il costo. Ma confrontato con i costi medici futuri e pur trascurando l’alto costo umano, il cablaggio sembra un’opzione molto a buon mercato.

(Barrie Trower, sintesi dell’appello “L’umanità sull’orlo del baratro”, pubblicato sul blog “Rense.com” e ripreso da “Come Don Chisciotte” il 26 agosto 2013. Ex agente dell’MI5, il servizio segreto britannico, il professor Trower è un fisico di fama internazionale, protagonista di clamorose denunce pubbliche, nelle quali ha rivelato segreti circa l’enorme pericolo di inquinamento elettromagnetico, onde scalari e radiazioni a microonde, sia del nostro telefono cellulare che nella tecnologia wi-fi per la connessione Internet di computer e attrezzature digitali).

Perchè No al termodinamico

Riceviamo dagli amici, del comitato No al termodinamico di Cossoine,  
il volantino che spiega le motivazioni per dire No al termodinamico in questa bellissima pianura.

Condividiamo le loro critiche e solidarizziamo , con tutta la popolazione di Cossoine , Bonorva e Giave.

ci uniamo alla voce popolare e sosteniamo le loro giuste istanze contro un impianto che a dire poco è sproporzionatamente invasivo delle terre e nella vita dei cittadini , perciò tutti assieme gridiamo: 

NO AL TERMODINAMICO A COSSOINE!

libertade de su logu de Cossoine, nou a sa megacentrali in domu noshta!

Sa Defenza



La bellissima pianura che si vuole trasformare in un mega centrale di termodinamico

Perchè No al termodinamico

Perché NO!

Perché il consumo dei suoli ha raggiunto livelli ormai non più tollerabili;

Perché i terreni agricoli sono l’unica vera grande risorsa della Sardegna, che non può essere barattata per nessun motivo al mondo;

Perché non può essere compromessa per sempre qualunque altra ipotesi di sviluppo compatibile con la vocazione dei luoghi;

Perché su quei terreni c’è la possibilità che, presto o tardi, dovremo tornare a produrre per procuraci da mangiare. E se li ritroveremo coperti di acciaio e specchi, pannelli fotovoltaici, torri eoliche, cardi per chimiche verdi, pozzi per il gas, c’è la possibilità che moriremo di fame;

Perché bisogna difendere i posti di lavoro che su quei terreni già esistono;
Perché non si possono stravolgere, per intenti meramente speculativi, il profilo dei luoghi, i valori ambientali, le tradizioni colturali, che sono “beni comuni”, e rappresentano parte essenziale e fondamentale della storia, della cultura, dell’identità delle popolazioni;

Perché la Sardegna produce già molto più del proprio fabbisogno energetico, e l’eccedenza prodotta non va a sostituire le fonti tradizionali, né può essere esportata nel resto d’Italia, perché il cavo sottomarino è da tempo saturo;
Perché non c’è nessun vantaggio energetico per le popolazioni del territorio, in quanto l’energia prodotta viene immessa in rete, senza alcun utilizzo diretto in loco;

Perché non siamo contro le energie rinnovabili, siamo contro i megaimpianti che vengono installati sui terreni produttivi, fanno terra bruciata, e non portano beneficio alcuno al territorio;

Perché siamo convinti - come gli esperti più attenti e più sensibili delle energie rinnovabili - che la soluzione vera sta nei piccoli impianti domestici o condominiali, sui tetti o nel cortile di casa, con zero impatto ambientale;

Perché è inconcepibile che la Regione Sarda non abbia un piano energetico regionale, e non dia indicazioni e indirizzi precisi sull’ubicazione degli impianti;

Perché non è tollerabile che le decisioni che riguardano i cittadini e i territori siano sottratte al controllo democratico e siano imposte sulla testa delle amministrazioni locali e della gente.

Comitato No termodinamico di Cossoine
Esempio di centrale da costruire nella pianura di Cossoine;
Spagna, Fuentes de Andalucía, centrale solare termodinamica a concentrazione


No alla speculazione energetica nella piana di Cossoine e Giave!

Cossoine, Campu Giavesu, indicazione area progettuale
Cossoine, Campu Giavesu, indicazione area progettuale

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, grazie al prezioso operato dell’avv. Claudia Basciu del Foro di Cagliari, ha inoltrato (18 luglio 2013) specifico intervento ad opponendum avverso il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica esperito dallaEnergogreen Renewables s.r.l. (Gruppo Fintel Energia Group s.p.a.) che intende realizzare unacentrale solare termodinamica (potenza 30 MW) su oltre 160 ettari di Campu Giavesu, nel paesaggio agricolo fra Cossoine e Giave (SS).
La Società promotrice di energie rinnovabili ha impugnato la deliberazione Giunta regionale n. 48/37 dell’11 dicembre 2012provvedimento conclusivo della procedura di verifica di assoggettabilità (screening, decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.) che ha deciso – anche grazie all’atto di “osservazioni” (20 agosto 2012) delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra – di destinare il progetto alla più stringente procedura di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.).
Il progetto – avviato nel bel mezzo dell’estate 2012, fra dubbi e contrarietà della popolazione interessata – potrebbe, infatti, portare allo snaturamento di un’ampia area a vocazione agricola nella Sardegna settentrionale.
Cossoine, Campu Giavesu, impianti fotovoltaici
Cossoine, Campu Giavesu, impianti fotovoltaici
In seguito, il Comitato popolare per il no al termodinamico a Cossoine e Giave ha predisposto una petizione on line indirizzata al Ministero dell’ambiente, alla Regione autonoma della Sardegna, alla Provincia di Sassari, ai Comuni di Cossoine e diGiave, raccogliendo centinaia e centinaia di adesioni.
Cossoine - Bonorva, impatto cumulativo centrale eolica (esistente) + centrale solare termodinamica (in progetto)
Cossoine – Bonorva, impatto cumulativo centrale eolica (esistente) + centrale solare termodinamica (in progetto)
Lo scorso 17 marzo 2013, nel corso delreferendum comunale, il popolo di Cossoineha detto il suo forte e chiaro “no” al progetto che snaturerebbe il territorio e il contesto storico-sociale del piccolo centro del Mejlogu: su 544 votanti ben 484 (l’88,97%) elettori si sono espresso negativamente.
In seguito il ricorso della Energogreen Renewables s.r.l., che non accetta di sottoporre l’invasivo progetto energetico al procedimento di V.I.A.
Sono seguite le difese regionali e l’intervento del Comune di Cossoine.
L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus è al fianco dei cittadini e dell’amministrazione comunale di Cossoine per la difesa della propria Terra, della propria storia, della propria identità.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus 
Cossoine - Bonorva, impatto cumulativo centrale eolica (esistente) + centrale solare termodinamica (in progetto)
Cossoine – Bonorva, impatto cumulativo centrale eolica (esistente) + centrale solare termodinamica (in progetto)
(elaborazioni fotografiche Comitato popolare per il No al termodinamico a Cossoine e Giave)



venerdì 18 ottobre 2013

LA CSS: ECCO PERCHE’ I LAVORATORI DELL’ALCOA NON DEVONO ANDARE PIU’ A ROMA

VI DICO PERCHE’ I LAVORATORI DELL’ALCOA NON DEVONO ANDARE PIU’ A ROMA

di Giacomo Meloni

E’ l’ora della verità e del coraggio. Quello espresso in questo documento dal segretario generale della Confederazione Sindacale Sarda.

Ho un grande rispetto delle RSU e dei lavoratori dell’Alcoa, meno dei loro rappresentanti Sindacali Territoriali e per nulla del Presidente Cappellacci e degli Assessori Regionali di questa Giunta colpevoli di nascondere la verità ai lavoratori ed alle loro famiglie.
Che senso ha andare ancora una volta a Roma a manifestare davanti al Ministero dello Sviluppo col rischio di essere manganellati com’è già avvenuto senza neppure le scuse formali.
L’Alcoa che abbiamo conosciuto non esiste più da anni ed è veramente triste che i 474 dipendenti siano ingannati dalla politica che ha l’unico scopo di tenerseli buoni fino almeno alle prossime elezioni regionali.
Quando le Organizzazioni Sindacali e la Giunta Reg.le invocarono da Bruxelles la cancellazione della pesante multa di 400 milioni di euro, comminata all’Alcoa per infrazione per gli aiuti di stato goduti nel tempo, si ottenne soltanto che la stessa fosse diminuita; ma recentemente la UE ha confermato la multa e sicuramente l’Alcoa anche per questo fatto non ritornerà sulla decisione di disinvestire in Sardegna, avendo tra l’altro già spostato la produzione di alluminio in altre località più convenienti soprattutto sui costi energetici.
Mi fa indignare come ci siano ancora ministri, assessori regionali, amministratori locali e purtroppo anche sindacalisti che promettono, sapendo di mentire, di strappare all’Europa aiuti per dimezzare i costi energetici di produzione.
Fino a quando questi signori avranno la spudoratezza di mentire ai lavoratori e di prenderli in giro?
E fino a quando i lavoratori dell’Alcoa sopporteranno che questi signori giochino sulla loro
buonafede e soprattutto sulla loro disperazione alla vigilia del loro licenziamento ormai sicuro?
Mi rivolgo ai politici ed in particolare all’on. Ugo Cappellacci, a cui avevo indirizzato la lettera che qui allego, dove proponevo come Confederazione Sindacale Sarda una soluzione per l’Alcoa, rifacendomi all’esperienza dei Giapponesi che nel Mar Mediterraneo hanno delle navi che raccolgono le lattine di alluminio per riciclarle, producendo un alluminio più puro e senza inquinare e a bassi costi energetici.
Non mi sono accontentato di inviare la lettera, ma ne ho investito direttamente – andandola a trovare – la Presidente del Consiglio Reg.le on. Claudia Lombardo e gli onorevoli Capi-Gruppo a cui ho spiegato che la più grande Ditta in europa che raccoglieva lattine da riciclo era una Ditta Italiana che poi le vendeva ai giapponesi. Ma il dato più importante era questo :
L’alluminio è un materiale totalmente riciclabile. Il suo recupero e riciclo, oltre a evitare l’estrazione di bauxite (più produzione annua di 1.500 0000 ton/anno di rifiuti speciali, quali i fanghi rossi), consente di risparmiare il 95% dell’energia richiesta per produrlo, partendo dalla materia prima. Infatti per ricavare dalla bauxite 1 kg. di alluminio sono necessari 14 kWh, mentre per ricavare 1 kg. di alluminio nuovo da quello riciclato servono solo 0,7 kWh di energia. Il riciclo dell’alluminio costituisce un’importante attività economica, che dà lavoro a molti addetti: l’Italia è il primo produttore europeo di alluminio riciclato ed il terzo nel Mondo.

Tutti ci facevano i complimenti, ma declinavano di prendere in considerazione la proposta che, secondo i più, era irrealizzabile in Sardegna dove è primario salvaguardare l’intera filiera dell’alluminio derivante dalla lavorazione della bauxite che viene importata in gran misura dall’estero perché la bauxite sarda è insufficiente. Tutto ciò per salvare l’Euroallumina dove si lavora la bauxite e si produce l’allumina, ma dove anche si produce il disastro dei fanghi rossi che minacciano di sfaldarsi dalle colline alte 30 metri e-cosa inaudita- inquinano un tratto di mare  davanti a Carloforte, rovinando le attività della pesca e mettendo in difficoltà le stesse attività turistiche.
Ma per questo provvedono i carlofortini che hanno denunciato apertamente le attività inquinanti dell’Euroallumina, che, quando era in attività, copriva con i suoi fumi velenosi il cielo dell’isola di S.Pietro, i cui abitanti ignoravano i tumori alle vie respiratorie mentre ora ne sono colpiti.
Mi vergogno del fatto che gli stessi lavoratori ed i sindacati territoriali abbiano fatto istanza di disequestro al Magistrato che aveva messo doverosamente sottosequestro il lago velenoso dei fanghi rossi definiti in un dibattito pubblico dal “mitico capo incursore” delle manifestazioni operaie “perfettamente inerti e sani come la salsa del pomodoro”.
Peccato che l’Euroallumina- ora ferma per manutenzione- sia di proprietà della Ditta russa Rusal indebitata in patria – che chiede alla Regione Sardegna 30 milioni ed altri 60 milioni al Governo italiano per riavviare la fabbrica. Ma mi chiedo se la Regione Sardegna sappia calcolare costi e ricavi? Oppure, come mi è stato detto a chiare lettere conviene tacere perché: “Non ci si può mettere contro i sindacati e soprattutto gli elettori, a maggior ragione di quei territori molto sensibili e drammaticamente colpiti dalla crisi industriale e occupazionale”.
Allora è meglio la cassa integrazione e l’assistenzialismo, pur avendo costi altissimi.
Questo è il fallimento dell’attuale classe politica sarda e di quei sindacati che la sostengono, che mandano in piazza i lavoratori a gridare “Lavoro, Lavoro…”, che- come ci ha insegnato Papa Francesco nella recente visita a Cagliari, è un grido di dolore che diventa preghiera. Ma la classe Politica ed i Sindacati non possono far finta di non avere responsabilità e di non sapere che i posti di lavoro si potrebbero immediatamente attivare come i 500 posti del Progetto Geoparco e migliaia di posti di lavoro nei cantieri delle bonifiche dei territori delle fabbriche dismesse e nei Poligoni di guerra o nel coraggio di investire nell’Agroalimentare con una moderna agricoltura e pastorizia
legati all’agroindustria di conservazione e trasformazione dei prodotti, settori che in tutto il mondo danno posti di lavoro, richezza e benessere.
Cagliari, 17 ottobre 2013 Il Segretario Generale della CSS
Dr Giacomo Meloni


In calce la LETTERA APERTA ALL’ON. UGO CAPPELLACCI DEL 27/02/2009
Confederazione Sindacale Sarda
Via Roma, 72 – 09123 Cagliari
Tel. 070.650379 – Fax 070.2337182
www.confederazionesindacalesarda.it
css.sindacatosardo@tiscali.it

On.Dott.Ugo Cappellacci
Presidente della Regione
Autonoma della Sardegna
c/o Presidenza RAS
Presidente@regione.sardegna.it
Oggetto: Lettera aperta al Sig.Presidente
Caro Sig.Presidente,
oggi verrà ufficializzata la sua elezione a nuovo Presidente della nostra
Regione e ciò è motivo di soddisfazione e speranza, ma anche di enormi responsabilità legate all’assunzione del governo regionale in un momento di crisi globale i cui riflessi sono ancor più pesanti per la nostra già fragile economia.
So che alla drammatica emergenza occupazionale nel Programma con cui la sua Coalizione ha vinto le elezioni regionali ci sono già interessanti e concrete risposte, ma vorrei, se mi è permesso, avvertirla del pericolo che l’emergenza possa condizionare le scelte di governo, allontanando le risposte strutturali di medio e lungo termine di cui il nostro sistema produttivo industriale ha urgentemente bisogno.
Penso in particolare alle industrie dell’area del Sulcis-Iglesiente ed alle risposte che si debbono dare ai circa 900 lavoratori, le cui sorti dipendono dalla soluzione che si darà alla crisi della Eurallumina.
Le enormi e comprensibili pressioni sul Governo Nazionale e sulla Regione perché si trovi una soluzione-ponte che apra una immediata linea di credito alla Rusal ci appare molto rischiosa, se si accertasse che questa Azienda avrebbe contratto debiti verso le banche e il Governo russo, i fornitori e gli stessi azionisti per un totale di 16.3 miliardi di dollari.
Forse agendo così si allungherebbe di alcuni mesi l’agonia della fabbrica, ma quei finanziamenti finirebbero davvero dentro un pozzo senza fondo.
Più opportune ci sembrano le riflessioni che il prof. Vincenzo Migaleddu, Coordinatore Area Ricerrca ISDE-Italia Medici per l’Ambiente, ha recentemente svolto sul sito dell’Associazione Nino Carrus in data 16/01/2009 all’interno della sua pubblicazione “Procedura VAS. Osservazioni per la modifica del Piano Energetico Ambientale Regionale Sardegna (PEAR) ai sensi dell’art.10 comma 4 parte II del Decr. Leg.152/2006 e s.m.i”.
Ci permettiamo, condividendoli pienamente come Confederazione Sindacale Sarda, di riportarne i passi più significativi relativamente all’area del Sulcis-Iglesiente.
**********
L’obiettivo del Piano relativo al “sostegno del Sistema produttivo industriale e carbonifero dell’area Sulcis-Iglesiente”, appare di sapore autarchico, datato e lontano dalle più moderne concezioni di risparmio energetico. La necessità di supportare una produzione energivora come quella dell’alluminio è nel PEARS il presupposto per la produzione di ulteriore EE da fonti fossili,
solo in parte locali. La riduzione dei consumi energetici del 20% al 2020 non può essere raggiunta puntando solo sulla riduzione dei consumi energetici di tipo domestico (vedi certificazione energetica delle nuove costruzioni), ma deve partire dalla riconversione di un sistema produttivo a bassa efficienza come la produzione di alluminio dalla bauxite.
L’alluminio è un materiale totalmente riciclabile. Il suo recupero e riciclo, oltre a evitare l’estrazione di bauxite (più produzione annua di 1 500 0000 ton/anno di rifiuti speciali, quali i fanghi rossi), consente di risparmiare il 95% dell’energia richiesta per produrlo, partendo dalla materia prima. Infatti per ricavare dalla bauxite 1 kg. di alluminio sono necessari 14 kWh, mentre per ricavare 1 kg. di alluminio nuovo da quello riciclato servono solo 0,7 kWh di energia. Il riciclo dell’alluminio costituisce un’importante attività economica, che dà lavoro a molti addetti: l’Italia è il primo produttore europeo di alluminio riciclato ed il terzo nel Mondo. Una nuova quota di tale produzione e occupazione dovrebbe essere assegnata alla Sardegna: ciò garantirebbe con maggiore efficacia il raggiungimento dell’ obiettivo della
stabilità “socio-economica”della comunità dell’isola.
La mancanza di competenze multidisciplinari nella stesura del PEARS emergere chiaramente nell’assenza di una seria analisi sui costi sanitari delle attuali strategie industriali ed energetiche. Fra tutte le normative considerate nella stesura del piano mancano quelle che saldano le attività produttive ed energetiche alle ricadute sulla salute dei cittadini, attraverso il cambiamento della qualità dell’aria. Non viene dunque preso in considerazione il D.Lgs 351/99 “attuazione della direttiva 96/66 CE in materia di valutazione e gestione dell’ambiente aria”.Tale norma, seppur non recente, si ritrova ancora inapplicata nell’isola per quanto riguarda l’art 1-finalità, comma d, che
impone di mantenere “la qualità dell’ aria ambiente, laddove è buona e migliorala negli altri casi”.
E’ noto come un sistema regionale di centraline di rilevazione efficiente ed efficace sia ancora progettualità sulla carta, mentre nei fatti si ritrovino “controllati” che si controllano con centraline proprie.
I dati del registro Tumori della provincia di Sassari sull’elevata incidenza di tumori tra i lavoratori dell’area industriale di Porto Torres, nono sono confortanti; quelli più recenti che riguardano l’incremento annuo dei tumori nella prima infanzia e nell’adolescenza nell’intera provincia di Sassari, caratterizzati da incidenze superiori al 2% dell’incremento annuo della penisola (1% negli altri paesi europei; 0,7 negli Stati Uniti), sono anch’ essi significativi per le ricadute di un certo sistema industriale sulla salute delle fasce biologicamente più vulnerabili della società; l’esistenza di dati solo per la provincia di Sassari dimostra l’arretratezza del sistema sanitario regionale che anche l’ultima gestione non è riuscita a sanare. Invero, i dati biostatistici sulle 18 aree a forte impatto ambientale sono frutto dell’ impegno dell’ultimo assessorato alla sanità, anche se a tale impegno non ha fatto seguito una adeguata progettualità di prevenzione primaria inserita nel piano sanitario regionale. Tra i dati raccolti in queste aree della Sardegna (circa 900 000 persone) il sesso
maschile mostra un tasso di mortalità indicizzato per età per mille abitati per anno, più elevato rispetto all’intera penisola italiana, val padana compresa (84.4 v/s 80.8). Il rapporto Censis del dicembre 2007 riporta altri dati su cui riflettere ; tra questi, un rilievo particolare merita l’indicatore sintetico della salute che come si osserva, ci vede all’ultimo posto nel paese.
**********
Caro Sig.Presidente,
chiediamo scusa se proprio nel giorno della festa per il suo insediamento al Governo della Regione, le poniamo questi problemi,ma siamo convinti che la sua grande sensibilità ed apertura al sociale saprà accogliere anche questo nostro contributo che come CSS vogliamo dare perché le scelte che il Governo e la Regione si accingono a fare per il sostegno del sistema produttivo industriale della Sardegna, legato in gran parte al Piano Energetico Ambientale, siano scelte coraggiose e giuste che aiutino i Sardi e la Sardegna ad intraprendere decisamente la strada del nuovo sviluppo e proprio la soluzione della crisi dell’Eurallumina potrebbe segnare la svolta nella direzione di uno sviluppo ecocompatibile all’interno del quale salvaguardare insieme ai posti di lavoro l’ambiente e la salute delle popolazioni dell’intero territorio.
Con cordialità
Cagliari, 27/02/2009 Il Segretario Generale CSS
Dott. Giacomo Meloni

mercoledì 16 ottobre 2013

Shale gas, l’Europa vara regolamentazione ambientale, PREPERIAMOCI A LOTTARE CONTRO IL RILANCIO DEL PROGETTO ELEONORA E DELLE TRIVELLE IN CAMPIDANO

ALLERTIAMOCI  E PREPERIAMOCI A LOTTARE CONTRO IL RILANCIO DEL PROGETTO ELEONORA E LE TRIVELLE IN CAMPIDANO

NO FRAKING IN SARDINYA
La legge europea , ci mette nelle condizioni di agire per sapere e poter dire la nostra prima che qualsiasi  progetto entri in fase operativa
sta a NOI popolo, comitati di lotta, decidere come attuare l'opposizione per impedire che distruggano il nostro territorio.

Nel contempo  è stato apportato un emendamento che stabilisce la possibilità fare ricerca di giacimenti di shale gas ed estrarlo con il "fracking"  la fratturazione idraulica che nel tempo fa sorgere problemi di terremoti dove non vi erano problemi.

La mappa sotto  evidenzia la denuncia delle popolazioni locali che hanno chiamato questi eventi dannosi per l'ambiente con il nome di "Fraccidents" per quanti incidenti  accadono in continuazione , nelle falde acquifere si ritrovano oligo-elementi usati per la fratturazione delle rocce sotterranee che avvelenamento le acque prima potabili; aria inquinata, misteriose morti di animali, disastri industriali ed esplosioni senza motivo.
Ci sembra che le situazioni dannose elencate dai cittadini che vivono ove il "fracking" viene attuato sono  motivi di preoccupazione , che non vogliamo  aggiungere alla nostra, già dura, vita quotidiana.


Sa Defenza 



Andrea Zanoni, europarlamentare trevigiano dell'Alliance of Liberals and Democrats for Europe (ALDE), promosso sul campo relatore della nuova direttiva sulla Valutazione d'impatto ambientale (VIA), votata questa mattina (09.10.13) dal Parlamento europeo.
 "L'Italia si è distinta in Europa per l'applicazione distorta della direttiva in vigore, tema su cui sono stato molto attivo in questi anni in Parlamento europeo. 
Quest'esperienza, dei limiti d'applicazione della VIA, mi ha portato a poter intervenire sul testo all'interno della Commissione ambiente (ENVI) presentando ben 62 emendamenti, e questo ha portato gli altri membri a nominarmi relatore" spiega Zanoni.  

"Il Parlamento ha approvato stamani sia il testo del provvedimento come emendato dalla Commissione sia la mia richiesta di poter rinviare la discussione in Commissione per aprire in seguito il negoziato con il 'trilogo', ovvero una riunione tra Parlamento europeo, Consiglio Ue e Commissione europea. Ciò permettere di accorciare i tempi di approvazione della Direttiva. 

Questo spiega Zanoni, .. consentirà di arrivare all'approvazione definitiva della nuova direttiva entro questa legislatura: sia il Consiglio che la Commissione sono favorevoli a questo iter".

Con la nuova Direttiva, la disciplina di VIA si allarga a nuovi settori. Tra i più importanti c'è senz'altro lo shale gas (gas di scisto), anche se i comitati "No fracking" evidenziano i limiti di una riforma che, nei fatti, apre al fracking e ai gas non convenzionali: "Sia l'esplorazione che l'estrazione verranno obbligatoriamente sottoposte a Valutazione d'impatto ambientale -spiega Zanoni-. Anche l'esplorazione spesso viene realizzata con la tecnica del fracking, che è molto invasiva". (...)

("Eni lavora con lo shale gas anche in Europa, ma solo in Polonia e Ucraina. L'estrazione al momento ha aspetti piuttosto invasivi che la rendono problematica in zone densamente popolate: rumore, grandi assorbimenti d'acqua, molti residui da smaltire" ha ricordato ieri Paolo Scaroni, ad del gigante petrolifero, in un'intervista al Corriere della Sera.)

Tra le novità, anche l'applicazione della Direttiva ai parchi a tema, come ai parchi acquatici, ai campi di golf fatti su terreni aridi e siccitosi e alle miniere per estrazione dell'oro a cielo aperto. E poi c'è il tema delle demolizioni: "Anche demolire un ponte, o una diga, ha un impatto ambientale. Prima venivano considerati solo i nuovi progetti".

Un altro limite all'applicazione in Italia della Direttiva VIA, anche quella in vigore, sono le "dimensioni dei progetti, che però restano a discrezione degli Stati membri. Per il principio di sussidarietà, l'Ue non può dettagliare, come non può stabilire le sanzioni. Che però, con la nuova Direttiva, ogni Stato membro è chiamato ad approvare". Se ci saranno errori o violazioni della Direttiva, non saranno (solo) tecnici.

Shale gas, l’Europa vara regolamentazione ambientale

altreconomia
I programmi delle compagnie petrolifere alla ricerca di gas e petrolio non convenzionali non risparmiano nessun Paese del vecchio continente. Dai gruppi anti frack irlandesi ci informano che paesi come l’Olanda, il Belgio, Inghilterra, Scozia, Irlanda, Austria, Germania, Danimarca, Francia, Spagna, Portogallo, Polonia, Bulgaria, Lituania, Ucraina, Romania, Croazia, Bosnia, Serbia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Svizzera e Italia, sono tutti interessati da potenziali giacimenti di shale gas (gas da scisto) con una buona fetta di territori di paesi dell’Est Europa, Mare del Nord, Benelux, Germania, Inghilterra e Scozia da potenziali giacimenti di tight gas (gas da sabbie compatte).
È quanto emerge da una prima lettura di una mappa del magazine americano “Drilling Contractor” che indica le aree potenzialmente sfruttabili che si aggiungono ai giacimenti attivi di shale gas di Polonia, Germania, Austria, Olanda, Inghilterra e Danimarca. L’Italia è interessata da tali programmi per lo sfruttamento di shale gas con una vasta area di giacimenti ricadenti nella pianura padana nelle regioni come l’Emilia Romagna, il Veneto, la Lombardia, il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia. Seppur allo stato attuale non risultano ricerche attive di shale gas sul territorio italiano, restano comunque le intenzioni dell’Ad di Eni, Paolo Scaroni e del Premier Enrico Letta che recentemente hanno dichiarato di voler puntare sui programmi di shale gas anche in Italia.

La gravità degli emendamenti alla nuova direttiva sulla Valutazione d'impatto ambientale (VIA) si comprende  delle modifiche apportate alla direttiva sull'impatto ambientale vedi articolo sotto:


L’approvazione degli emendamenti 31 e 79 sull’estrazione di shale gas e sullo sviluppo dei programmi esplorativi di idrocarburi non convenzionali in Europa -nell’ambito della modifica della Direttiva 2011/92/UE sulla Valutazione d’impatto ambientale (Via)- ci restituisce un Parlamento europeo possibilista sull’esplorazione e sullo sfruttamento di gas non convenzionale nel Vecchio Continente. 



Perché, se da un lato le modifiche apportate alla Direttiva 2011/92/UE rappresentano un’importante introduzione normativa di monitoraggio, controllo e verifica degli impatti ambientali per questa tipologia di sviluppo minerario, dall’altro si sottolinea l’orientamento alla valutazione e non al divieto. 
Si è verificato così uno scollamento tra le politiche energetiche dell’Europa e le richieste avanzate, negli ultimi anni, dai principali gruppi “No Fracking” europei, che spingono per una definitiva messa al bando della fratturazione idraulica (tecnica utilizzata per l’estrazione di idrocarburi non convenzionali). 



Ricordiamo che a settembre -in occasione del primo slittamento dell’approvazione degli emendamenti 31 e 79- numerose associazioni e comitati hanno fatto sentire la loro voce. 
Compresi i promotori italiani della Campagna nazionale “No Fracking” (http://www.nofracking.itche, con una missiva indirizzata a tutti gli eurodeputati, hanno richiesto che l’obbligo di assoggettare a valutazione d’impatto ambientale i progetti di idrocarburi non convenzionali dovesse essere sancito già dalla fase di presentazione dell’istanza da parte delle compagnie petrolifere e non solo a metà dell’iter procedurale, ovvero dalla perforazione del pozzo esplorativo -che nella modifica della Direttiva 2011/92/UE viene definita “esplorazione”- all’estrazione. 
Lo stesso vale per l’obbligatorietà -sempre in sede di presentazione dell’istanza- di allegare lo studio preliminare dello stato dell’acqua, dell’aria e del suolo ante operam. Sullo sfondo l’obiettivo principale resta quello di arrivare a una legge nazionale contro il fracking, alla richiesta di trasparenza e pubblicazione dei piani ingegneristici delle compagnie petrolifere, oggi secretati, ed alla definizione, con legge, delle aree marine e terrestri da tutelare.

Il rischio europeo. In Europa le riserve di gas non convenzionale sarebbero pari a 15mila miliardi di metri cubi di cui 2 mila miliardi stimati solo in Polonia. Oltre 760 miliardi da estrarre nell'immediato. Un potenziale di shale gas e tight gas che interesserebbe quasi tutti  i Paesi dell’Unione. È quanto emerge da una prima lettura di una mappa diffusa dal magazine americano “Drilling Contractor”. 
Per l’Italia è evidenziata una vasta area di giacimenti ricadenti nella Pianura Padana, in regioni come l’Emilia-Romagna, il Veneto, la Lombardia, il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia.
Un quadro, questo, che giustifica l’accesa discussione in atto proprio tra gli Stati membri dell'Ue, che dovrebbero applicare la Direttiva così modificata quando questa diverrà legge. 
Bulgaria e Lussemburgo sono contrari al fracking. La Francia ha deciso di vietare il fracking con una legge del 13 luglio 2011, sulla quale però il Consiglio costituzionale dovrebbe pronunciarsi domani  (11 ottobre, ndr) su una sua presunta incostituzionalità. E proprio questa decisione -molto attesa non solo Oltralpe- potrebbe cambiare le carte in tavola. L’intervento del Consiglio costituzionale è stato richiesto dalla società Schuepbach Energy, secondo la quale “l’annullamento dei permessi di esplorazione è frutto di un’applicazione troppo rigorosa del principio di precauzione”

Principio di Precauzione, più che legittimo, sulla quale si fondano proprio le ultime modifiche della Direttiva 2011/92/UE. In Svizzera, Gran Bretagna, Olanda, Austria e Svezia, invece, i progetti sono stati sospesi. In Germania, Romania, Irlanda, Repubblica Ceca e Danimarca si parla di moratoria. 

In Italia, infine, in un clima di quasi totale disinteresse, il 18 settembre -su proposta del deputato di Sel, Filiberto Zaratti- la Commissione ambiente della Camera ha approvato una risoluzione “che esclude da subito ogni attività legata al fracking, cioè l’estrazione d’idrocarburi attraverso la fratturazione idraulica del sottosuolo”. 
Un impegno per il Governo, al quale dovrebbero seguire i fatti. Anche se in merito al fracking le grandi associazioni ambientaliste come le reti di movimenti italiani continuano a sostenere che nel nostro Paese non c’è il rischio di trivellazioni con fratturazione idraulica, per lo sfruttamento di shale gas. E perciò non serve una legge nazionale, non impugnabile, che ne sancisca concretamente il divieto.





Videomessaggio ZONA FRANCA Presidente della RAS Ugo Cappellacci

Ogni commento è superfluo ora come ora,  perché dobbiamo aspettare il risultato della risposta che darà il Parlamento italiota...

La nostra speranza è che la ZF non sia luogo di scorribande di aziende poco serie che la usino per fini poco edificanti come lo sfruttamento dei lavoratori sardi a solo esclusivo scopo del profitto, senza dare diritti o stipendi adeguati, ma il nostro auspicio è il contrario di quanto suddetto,  che serva a rilanciare un'economia locale de su "connotu" che dia speranza ai giovani di non dover più migrare , e restare per dare alla nostra terra nuove opportunità per edificare la socialità allargare la cultura , l'ospitalità, formare  famiglie e libertà de chistionai in limba...

Chi vivrà vedrà.

Sa Defenza



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