Germania: 
La fine dell'illusione socialdemocratica
QUAL'E'.. LA VIA? RIVOLUTZIONE!
 
  
Per concessione di Resistenze
Fonte: http://www.nodo50.org/ceprid/spip.php?article1545
La fine dell'illusione socialdemocratica
QUAL'E'.. LA VIA? RIVOLUTZIONE!
| Alberto Cruz | ||
| Tradotto da Centro di Cultura e Documentazione Popolare | ||
I
  socialdemocratici della SPD tedesca hanno già il loro candidato per  
affrontare Angela Merkel alle elezioni di settembre del prossimo anno.  
E' Peer Steinbrück,  ex ministro delle finanze nel 
primo governo della cancelliera, nel  governo di coalizione tra 
cristianodemocratici e socialdemocratici tra  il 2005 e il 2009. Per 
quasi tutta la sua vita politica ha ricoperto  posizioni di 
responsabilità su temi economici e finanziari, non solo nel  governo 
federale, ma anche nei Länder di Schleswig-Holstein e della  Renania 
Settentrionale-Vestfalia. E', dunque, l'uomo perfetto per la SPD  per 
cercare di spodestare la Merkel dalla cancelleria tedesca e che  indica 
al resto d'Europa come andranno le cose in Germania: continuare  con il 
controllo soggiacente all'UE e marcarne il corso economico.
 Steinbrück è uno dei maggiori
 esponenti dell'ala  destra della SPD, sempre che ci sia qualche altra 
ala in questo partito  al di là di alcune critiche puntuali o 
particolari posizioni in qualche  determinato Land. E' stato eletto 
all'unanimità dai 35 membri del  comitato esecutivo per "catturare l'elettorato di centro", come riconoscono nella SPD. Questa scelta della SPD, al di là che venga definita come "un passo avanti",
  rappresenta in realtà, molti passi indietro. Altri passi indietro nel 
 percorso che iniziò alla fine del 1990, dopo il crollo del muro di  
Berlino.
Da allora parlare di socialdemocrazia non è altro  
che un'illusione che è stata mantenuta perché interessa al capitalismo. 
 La socialdemocrazia è semplicemente l'altra faccia della medaglia  
capitalista e, quindi, non vi è alcuna alternanza politica nei governi, 
 ciò che eufemisticamente chiamano "centro-sinistra" e "centro-destra", 
 ma che non tocca l'essenza del sistema capitalista. Chi comanda è il capitalismo, ed ora, quello finanziario.
Peer Steinbrück e Angela Merkel
Steinbrück è, inoltre, il preferito da tutti i mezzi
  di comunicazione tedeschi visto che viene considerato come il massimo 
 rappresentante del "modello tedesco" che viene promosso dal suo partito
  dal 2003 - la SPD è stata il precursore delle politiche neoliberali, 
dei  tagli sociali e nel dare la priorità al "mercato" prima che al  
cittadino - e che con tanto sforzo adesso sostiene la Merkel, cioè la  
riduzione della spesa pubblica con la scusa di combattere la crisi. Dare
  uno sguardo a tutti gli editoriali pubblicati dopo la sua nomina è  
abbastanza illuminante su ciò che ci attende nel caso sia in grado di  
sconfiggere la Merkel: lodi e ricordi di come liberalizzò le banche e  
tagliò l'assistenza sociale per aiutare a superare la crisi provocata  
dalla caduta della Lehman Brothers, che, a sua volta, causò un piccolo  
terremoto nel sistema bancario tedesco che venne risolto con  
l'attivazione di un fondo di salvataggio di 480 milioni di euro... a  
spese del contribuente.
Non deve sorprendere l'amore che gli dimostrano i  
cosiddetti mezzi di comunicazione perché con questo tipo di politiche fu
  il responsabile del più grande disastro subito dalla SPD in Renania  
Settentrionale-Vestfalia in tutta la storia del partito, recuperata solo
  adesso, alle elezioni di maggio di quest'anno per la saturazione della
  politica della Merkel. Il motivo per cui la SPD ha recuperato il 
governo  in questo Land non è dovuto solo a questo fattore, che è il 
fattore  determinante, ma anche al fatto che il nuovo candidato ha fatto
 del suo  meglio per allontanarsi da ciò che fece Steinbrück e che 
adesso sostiene  nuovamente. Ad esempio, parlando di una politica dura 
verso il settore  finanziario e per questo ha vinto. C'era chi, 
all'interno della SPD,  riteneva che il nuovo leader della Renania 
Settentrionale-Vestfalia,  Hannelore Kraft, fosse l'ideale per far si 
che SPD recuperasse la sua  essenza socialdemocratica, ma era solo 
un'illusione. Non gode di  sostegno all'interno del massimo apparato del
 partito. Va bene per un  Land, ma non per l'intero paese, perché il suo
 discorso non sarebbe in  grado di "approcciarsi al voto conservatore". La fine dell'illusione socialdemocratica e tutta una dichiarazione di principi su quello che oggi è la SPD.
Ciò lo sa fare Steinbrück, che non parla contro il settore finanziario, ma che si limita a parlare di una "migliore regolamentazione".
  Non c'è da stupirsi. Steinbrück è un uomo molto ben relazionato con  
aziende come Porsche, Telekom o ThyssenKrupp, del quale è stato un alto 
 dirigente. E non c'è da meravigliarsi che la SPD votasse in blocco a  
favore del "patto fiscale e di stabilità" promosso dalla Merkel perché, come hanno ripetuto all'infinito i cosiddetti mezzi di comunicazione, "votando contro, l'SPD si sarebbe posto nella marginalità politica."
Steinbrück rappresenta un ritorno alle stesse e  
terribili politiche promosse dall'SPD dal 1995 fino al 2005 - in  
coalizione con i Verdi, non va dimenticato - in ogni governo, sia nei  
Länder che nel governo federale e poi nel governo di coalizione con la  
CDU (cristiano-democratici, il partito di Angela Merkel) e SPD dal 2005 
 al 2009, quando la CDU ebbe la maggioranza necessaria per sbarazzarsi  
della SPD e formare un governo con i liberali del FDP. Successivamente, 
 Steinbrück non ha avuto remore a parlare di "regolamentazione dei mercati finanziari"
  (2008), quand'era ministro delle Finanze, ma non mosse un dito per  
rendere ciò possibile. Adesso torna a parlare della stessa cosa. 
Otto milioni di lavoratori poveri
In tutto questo processo, secondo i dati della  
principale centrale sindacale tedesca, la Deutscher Gewerkschaftsbund  
(DGB, Confederazione dei Sindacati Tedeschi), la situazione  
occupazionale è diventata grave come negli altri paesi europei. La  
precarietà colpisce 7,7 milioni di lavoratori, con un incremento del 45%
 negli  ultimi dieci anni, e sono le agenzie di lavoro interinale che 
sono  passate quasi a monopolizzare i contratti al posto del 
collocamento  pubblico. In questo decennio, 2002-2012, questo tipo di 
contratti è  cresciuto del 150%. I lavoratori poveri sono già 8 milioni 
nella Mecca  del capitalismo europeo, 2,3 milioni dei quali sono giunti a
 questa  tragica situazione a partire dal 2010 fino ad oggi. Questa 
cifra  rappresenta il 23,1% della popolazione attiva della Germania. E 
del  totale di 8 milioni di lavoratori poveri il 63%, poco più di 5 
milioni,  sono donne. Per loro, il governo della Merkel ha promosso il 
cosiddetto "mini-job",  un lavoro part-time, che non è 
soggetto a contributi previdenziali da  parte dei datori di lavoro. I 
"mini-job" non sono malvisti dalla SPD.
Ma, anche riconoscendo che SPD ha una grande parte  
di responsabilità in questa situazione, i sindacati tedeschi sono restii
  a tagliare i rapporti con la socialdemocrazia e promuovono chiaramente
  il "male minore". Perché da sempre è stata la socialdemocrazia che li 
ha  alimentati in epoche d'abbondanza e quella che gli ha permesso di  
moderare il malcontento nei momenti di debolezza o quando al governo ci 
 sta l'altra faccia della medaglia capitalista, la CDU. Come adesso.  
Tuttavia, vi è un sindacato integrato nella DGB che considera che un  
male è un male. E' il caso della IG Metall, che ha fatto un passo per  
andare oltre, guadagnando forza che ha mantenuto sia con il governo  
federale che con il padronato ottenendo un aumento salariale per  
quest'anno del 4,3%, due volte l'inflazione, divenendo così un punto di 
 riferimento per gli altri sindacati e lavoratori dal momento che è il  
maggior incremento dei salari in Germania dal 1992. Ciò non è stato  
gradito nella SPD.
C'è poco da essere sorpresi dal fatto che il  
comitato esecutivo della SPD abbia votato all'unanimità per Steinbrück  
come candidato cancelliere, nonostante abbia espressamente rifiutato di 
 specificare quale sarebbe il programma giusto per sconfiggere la 
Merkel.  Non si menziona nessuna autocritica per il comportamento 
neoliberale  del partito negli anni precedenti, né se la SPD continuerà a
 mantenere  l'età di pensionamento a 67 anni o vorrà abbassarla - una 
delle  richieste principali della società tedesca - niente di niente.  
Steinbrück dice di aver bisogno di "spazio per muovere le sue gambe", vale a dire, di "catturare l'elettorato centro".
Le prime iniziative del candidato socialdemocratico si limitano a conferenze e interviste nelle quali si parla di "difendere le conquiste della democrazia", con qualche timido riferimento allo "Stato Sociale".
  Naturalmente, non specifica come. Ciò lo dice apertamente anche la  
Merkel. Tuttavia i sondaggi danno la SPD al 29% dei voti che insieme al 
 12% dei Verdi, li collocano al 41%, mentre la CDU avrebbe il 35% e i  
liberali il 4%. Quindi, quasi in parità. A meno che si rifaccia la  
grande coalizione CDU-SPD del 2005-2009, le uniche alternative possibili
  per far si che l'SPD vada al governo sono o la "coalizione semaforo"  
(SPD-Verdi-liberali) o una coalizione con i Verdi (nessun dubbio che si 
 verificherà di nuovo) e raggiungendo inoltre accordi con altre forze  
politiche. Ma ce ne sono solo due: il Partito Pirata (7%) e Die Linke  
(8%). E Steinbrück ha già espresso che o da alleato attivo o passivo non
  si alleerà "mai e poi mai con i rossi, gli stalinisti e gli amanti della Repubblica Democratica Tedesca", tutti aggettivi che ha usato per descrivere Die Linke.
Il Partito della Sinistra (Die Linke) è uscito da un
  processo difficile, dopo aver perso la rappresentanza che aveva nella 
 maggior parte dei Länder, soprattutto nella parte occidentale del 
paese,  dal momento che mantiene la sua forza ad Est, nell'ex RDT. Le 
loro  percentuali qui sono oltre il 15% e ci sono località in cui 
ottiene  anche il 30% del sostegno. Devono essere questi coloro a cui 
Steinbrück  si riferisce con disprezzo. L'8% che le danno i sondaggi non
 è male se  si considera la sconfitta sofferta nelle elezioni di inizio 
maggio in  Renania Settentrionale-Vestfalia, dove ottenne solo il 6% a 
livello  federale (nelle elezioni del 2009 aveva raggiunto il 12%). E' 
cresciuta  di due punti in tre mesi come conseguenza del suo rinnovato 
impegno nel  suo recente congresso di giugno per rafforzare l'approccio 
di sinistra,  senza indebolirlo come voleva un settore del partito, i 
"realisti", che  sostenevano l'impostazione socialdemocratica. Questa 
discussione per la  posizione nei confronti della SPD, ha immerso Die 
Linke in un profondo  dibattito interno che ha paralizzato 
l'organizzazione in aspetti chiave  quali le riconversioni industriali o
 le chiusure delle imprese di  carbone e acciaio. Tuttavia, adesso è 
riemersa con forza ponendo  l'accento sulle questioni sociali e 
economiche, segnando una linea netta  tra sinistra e destra, dal momento
 che questa è insensibile a temi  quali l'istruzione, la sanità, gli 
alloggi e alimentazione decenti. Il  discorso della Die Linke è 
chiaramente contro le grandi banche, le  gigantesche corporation 
industriali e il coinvolgimento militare della  Germania in paesi come 
l'Afghanistan. Vedremo se le aspettative saranno  soddisfatte nelle 
elezioni del prossimo gennaio nel Land della Bassa  Sassonia.
Il candidato della SPD è l'ideale per il capitalismo
  tedesco in questo momento. La crisi europea inoltre sta coinvolgendo 
la  Germania, le sue esportazioni ne risentono. L'Institut für und  
Makroökonomie Konjunkturforschung (IMK, Istituto di Politica  
Macroeconomia) riconosce che la tendenza della Germania è verso il basso
  (sono scese del 3,1% le esportazioni nei paesi dell'area dell'euro  
quest'anno) senza prospettive di ripresa a breve e medio termine. Di  
conseguenza, si accentuano le politiche di austerità che sono il segno  
distintivo della Merkel e della SPD, dato che fu questo partito a  
lanciarle durante il governo di Gerhard Schroeder, e ciò implica che gli
  operai tedeschi si vedono sempre di più minacciati dalla precarietà  
lavorativa, i tagli e i licenziamenti. Qui vale la pena ricordare che  
durante il governo SPD (1998-2001) l'allora ministro delle Finanze,  
Oscar Lafontaine, si scontrò con il cancelliere Schroeder perché  
intendeva dare una svolta alla politica economica e, invece di  
potenziare il settore delle esportazioni spingeva per potenziare la  
domanda interna alzando i salari e la spesa pubblica. Lafontaine perse  
la partita e finì per lasciare non solo il governo nel 1999, ma anche  
l'SPD nel 2005 e oggi è uno dei pilastri della Die Linke.
Non si è, dunque, molto lontani da una situazione di
  combattività - facendo le debite proporzioni - come nei paesi del sud 
 dell'Europa. Ma mentre la è controllabile, in particolare per la  
debolezza sindacale, in Germania, significherebbe la morte dell'Unione  
europea se i sindacati la portassero avanti. E questo lo può evitare  
solo la socialdemocrazia. Questa è la carta che gioca il capitalismo.  
Dopo tutto, sia SPD che CDU concordano che l'unica soluzione alla crisi 
 passa dalla Germania e questo significa in primo luogo la rettitudine  
fiscale, anche se con qualche piccolo differenza, su austerità e  
crescita.
Verso "l'ordoliberalismo" 
La SPD ha chiaramente rinunciato ai parametri  
classici della socialdemocrazia, poiché non vi è più il minimo  
riferimento a Keynes e si è addentrata in quello che gli economisti  
chiamano "ordoliberalismo", una scuola di pensiero tipicamente tedesca  
emersa negli anni 1930-40 e che, essendo conservatrice e di destra, si  
differenzia dai neoliberali classici perché considera la possibilità di 
 una certa regolamentazione dei mercati, soprattutto quelli finanziari. 
 La Tobin tax va in questa direzione. Secondo le dichiarazioni e 
proclami  di Steinbrück, questa posizione è destinata a diventare uno 
dei tratti  distintivi della SPD. La socialdemocrazia europea sta 
svoltando verso  "l'ordoliberalismo". Difende sempre con maggiore 
impegno i suoi approcci  (politica fiscale e alcuni aspetti 
macroeconomici nelle mani del  governo, mentre si da seguito alla 
privatizzazione del settore pubblico,  anche altre questioni starebbero 
solo in mano padronale e, nel caso dei  salari, anche dei sindacati) e 
questo discorso si sente adesso con  maggiore intensità anche in alcune 
organizzazioni fino ad ora  socialdemocratiche di Francia, Spagna, 
Italia e Grecia.
Si può dire, quindi, che le proposte della SPD, che non sono altro che quelle già presentate nel 2009, ma più edulcorate per "catturare i voti del centro",
  sono diventate il punto di riferimento per tutti i socialdemocratici  
europei, soprattutto del Sud. Significa rilanciare le esportazioni sulla
  base della riduzione della domanda interna e del consumo, vale a dire,
  salari più bassi e meno protezione sociale. In sintesi, sono le stesse
  cose che avanzano coloro che difendono il neoliberalismo. L'unica cosa
  che differenzia gli "ordoliberali" dai neoliberali è il grado di  
austerità che sarebbe necessario per promuovere e valorizzare  
l'esportazione in quanto entrambi concordano sulla necessità di ridurre 
 il deficit pubblico dello Stato per "recuperare la fiducia dei mercati",
  ossia del capitalismo. Per i primi, è indispensabile mantenere una  
certa stabilità sociale, per quest'ultimi, non importa il costo, perché 
 la priorità è il deficit. Ma entrambi coincidono nella difesa estrema  
del sistema capitalista. Nonostante la retorica, assistiamo alla fine  
della socialdemocrazia e cercano di nascondere la sua morte facendo  
sembrare un passo in avanti, quelli che in realtà sono due o più passi  
indietro.
Per concessione di Resistenze
Fonte: http://www.nodo50.org/ceprid/spip.php?article1545
 
 
 
 
 
 
 
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