Peter Kolosimo (pseudonimo di Pier Domenico Colosimo; Modena, 1922 – Milano, 1984) è stato uno scrittore e giornalista divulgatore italiano. |
Nel 1969 vinse il Premio Bancarella con il libro Non è Terrestre. Le sue opere sono state tradotte in 60 paesi, tra i quali Russia, Giappone, Cina, e risulta essere uno degli scrittori italiani più conosciuti al mondo.
Tutti quelli che si ritrovano qualche annetto sul groppone, ricorderanno che prima del web reperire materiale che trattasse argomenti non convenzionali con un minimo di lucidità e competenza, era piuttosto complicato. Per molti, all'epoca, i libri di Kolosimo insieme a quelli di Ian Stevenson e pochi altri autori, erano come la classica oasi nel deserto. Oopart, Atlantide, piramidi egizie, società segrete, spiritismo, poteri mentali, sono solo alcune delle tematiche trattate dal ricercatore modenese. Molti ragazzini di provincia delle generazioni pre-internet furono indotti ad l'inseguire il 'coniglio bianco' proprio dalle affascinanti opere di Kolosimo.
Oggi la figura di Kolosimo e la sua eredità scientifica non sono tenute in altissima considerazione, al punto che c'è chi lo ha definito un 'patafisico' ("la scienza delle soluzioni immaginarie"). Alcune sue posizioni, dettate da uno spirito spiccatamente materialistico e forse da esigenze di politica editoriale, potevano anche risultare non del tutto condivisibili, ma il suo contributo alla riapertura di casi e di menti umane solo apparentemente 'chiusi', alla ridiscussione di una serie di 'dogmi' scientifici, fu assai prezioso; siamo certi che la sua immagine sarà rivalutata, oltre che dai continuatori della sua opera, anche dalla scienza ufficiale.
Quella che segue è la sintesi di una intervista - fiction pubblicata sulla rivista Tracce d'Eternità, la quale si propone di ricomporre alcuni tratti del pensiero del ricercatore modenese dal dialogo con i lettori che intratteneva regolarmente sulle pagine della rivista Pi Kappa.
INTERVISTA A PETER KOLOSIMO
Un sogno che si avvera, almeno per me, da sempre estimatore di Peter Kolosimo, compianto divulgatore di tematiche misteriose che ancor oggi affrontiamo su Tracce d’eternità.
Realizzare un’intervista, fuori dal tempo e dallo spazio, cercando le risposte tra le pagine di Pi Kappa, la rivista mensile che Kolosimo portò in edicola all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso.
Parole tratte direttamente dallo spazio che Peter riservava in apertura al colloquio con i lettori. Per immaginarci a tu per tu e farci una bella chiacchierata con l’autore di tanti libri di successo, i cui scritti hanno così influenzato quest’insana passione che nutriamo verso il mistero.
(...)
Nella speranza che questa mia fatica “taglia e cuci” possa trasmettere, almeno a qualcuno di voi, un brivido, un’emozione, quel qualcosa di indefinibile che dovrebbe stare sempre a monte della ricerca; come fosse uno stato di torpore capace di accendere la scintilla della fantasia e veicolare i nostri sogni nella realtà.
In fondo, quel che avrebbe voluto quel gran sognatore di Kolosimo.
Peter, all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso compariva in edicola la tua rivista Pi Kappa, cronache del tempo e dello spazio. Conservo gelosamente ogni numero. Vuoi spiegare ai lettori di Tracce il senso di questa iniziativa editoriale?
Il mondo pullulava di dilettanti, pazzoidi e cialtroni che pretendevano di dichiarare guerra ad oltranza alla scienza 'ufficiale.' Con PK non avevamo la minima intenzione di farlo. Uscivamo perché eravamo convinti che la scienza non è tale se non è progresso. In tutti i campi. Nella corsa allo spazio il tempo non si ferma. E non si è fermato neppure sui reperti da museo etichettati più di un secolo fa, anche se qualcuno non se ne e accorto. Uscivamo per dire basta da un lato ai maghi, dall'altro ai pontefici e ai loro dogmi. Uscivamo non per prospettare assurde teorie, ma per tratteggiare nuove ipotesi di lavoro, per aprire qualche spiraglio su mondi affascinanti e troppo poco esplorati. Qualche spiraglio, non qualche fetta d’assurdità. Con PK abbiamo cercato di far pensare, non d’imporre. E se per far pensare c’è bisogno di un sogno, ben venga il sogno. Un pizzico di fantascienza invita a riflettere, pero non si deve spacciare per scienza.
Associazione Studi Preistorici che dirigevi aveva per simbolo il serpente galattico. Fra l’altro la sigla ASP, in inglese, significa proprio 'aspide'. Una scelta voluta?
San Michele |
Le creature di Lucifero, i 'Veglianti', avrebbero insegnato all'uomo l’astronomia, l’astrologia, la lavorazione dei metalli e delle fibre tessili, l’agricoltura e parecchie altre cose (la conoscenza). Ammettiamo, per assurdo, che la faccenda abbia una base di verità. Pensiamo ad un naufrago che, proveniente da un paese civile, approdi in un’isola popolata da primitivi. Cercherà di rendersi la vita più facile e tenderà a tornare da dove e venuto: in entrambi i casi, avrà tutto l’interesse ad insegnare agli indigeni quanto conosce. E sarà per loro il 'dragone gettato sulla Terra.' Prima del racconto biblico il serpente non fu mai in alcun luogo ed in alcun tempo segno d’insidia e perfidia. E' stato, anzi, simbolo della creazione, dell’infinito, forse del volo.
Già negli anni 70 del secolo scorso sapevamo che la gran parte delle galassie aveva la forma del serpente avvolto a spirale. Ma troviamo la stessa figura presso tutti i popoli di un remoto passato, incisa sulla roccia, disegnata, fatta statua. Esistono indubbiamente legami tra figli di tempi immemorabili e l’universo. Con Pi Kappa cercavamo effettivamente di scoprire le gesta di questi naufraghi nostalgici o avventurieri dello oceano spaziale.
Puoi spiegarci come ti poni di fronte alla scienza e come questa può convivere con la fantascienza?
La scienza può e deve attendersi moltissimo dalla fantascienza.
Tesori di fantasia da cui non e raro veder scaturire lo stimolo a nuove conquiste, geniali intuizioni che possono fornire la chiave – cercata a lungo, invano, in altre direzioni – alla soluzione d’un difficile problema tecnico, elaborazioni in chiave letteraria di temi scientifici, tali da indurre menti necessariamente concentrate in campi piuttosto aridi a non trascurare l’elemento più importante, quello umano, con il suo bagaglio di speranze e timori, d’audacia e riflessione, di reazioni imprevedibili. Ma la fantascienza non deve pretendere di diventare cronaca, e tanto meno scienza. E noto che a porre in una luce assurda ed assai poco lusinghiera gli studiosi di alcuni appassionanti problemi apparentemente confinanti con l’incredibile, sono stati proprio scrittori di science fiction, usi a prendere un po' troppo sul serio i loro parti letterari. Il compito più nobile e più bello della fantascienza è di preparare l’umanità ai nuovi orizzonti schiusi dalla scienza (ma anche no - n.d.A). L’esplorazione cosmica, ad esempio, va considerata come una nuova, inevitabile fase della evoluzione scientifica e tecnica, alla quale non potremmo rinunciare senza compromettere per sempre le sorti del nostro genere. La fantascienza può e deve costituire il grande punto d’incontro fra scienza e umanità, nella poesia.
Su Pi Kappa c’era una bella rubrica intitolata Così inventammo il Futuro, in cui si cercava di far luce su scoperte ritenute inspiegabili. Rimane comunque oscura l’origine di altre stupefacenti nozioni possedute dai nostri antenati, riguardanti soprattutto il cosmo. Che ne pensi?
Per quanto si cerchi d’indagare a fondo nella storia della scienza, le conoscenze astronomiche di molti 'avventurieri del progresso' (il filosofo Anassimene, Pitagora, Democrito di Abdera, Archimede e Talete di Mileto, questo per fare degli esempi), restano avvolte nel mistero. C’e chi vede in queste straordinarie conoscenze le briciole del retaggio lasciato da favolose, antichissime civiltà, chi pensa ad 'influssi esterni', chi collega le due ipotesi. In verità non ne sappiamo nulla. Un moderato scetticismo è quindi comprensibile. Proprio com'è inaccettabile, dal canto opposto, una negazione aprioristica.
Stiamo ancora cercando l’esatta collocazione della mitica Atlantide. Te la senti di darci dei suggerimenti?
Gli errori di Platone sono certo molti, alcuni suoi concetti espressi in maniera per noi discutibile, ma la sua descrizione della terra scomparsa e inequivocabile: “Oltre quelle che ancor oggi si chiamano Colonne d’Ercole si trovava un grande continente, detto Poseidonis o Atlantis”. Platone aggiunge che era “più grande dell’Asia e della Libia prese assieme”.
ipotesi di antica mappa |
In realtà, circa la posizione di Atlantide, Teopompo di Chio, vissuto nel IV secolo prima della nostra era, concorda appieno con Platone, ponendola “molto al di la delle Colonne d’Ercole, ai margini dell’Oceano.”
Le 'Purana' indiane parlano di una “grande terra, molto potente” estesa su quello che è ora l’Atlantico; il 'Mahabharata' fa la storia di “sette grandi isole del Mare d’Occidente” e non dobbiamo dimenticare le tradizioni americane: riferendosi alla 'patria degli antenati' narrano di Aztland, Atlan o Nahoatlan (che significa 'terra fra le acque'), descrivendole sempre come una estesa zona “posta un tempo la dove sorge il Sole e dove ora non c’e che acqua."
Seguendo le indicazioni fornite da Platone, il geologo russo Zirov descrive Atlantide come un paese montagnoso ed in effetti c’è un gigantesco sistema montagnoso che si stende da un circolo polare allo altro, passando quasi al centro dell’Atlantico. Tale sistema ha una soluzione di continuità nelle vicinanze dello Equatore. Secondo Zirov si può parlare di due catene, quella Nordatlantica nello emisfero settentrionale e la Sud atlantica in quello meridionale: secondo lui l’Atlantide di Platone ha a che fare con la prima catena. Potrei aggiungere numerosi altri elementi attendibili che depongono a favore dell’esistenza di un vasto arcipelago nello Atlantico, ma non voglio ripetere quanto ho già riferito nei miei libri.
Kurt Marek |
Hai conosciuto personalmente Kurt Marek, meglio noto con lo pseudonimo C.W. Ceram, scomparso nel 1972. Parlaci di lui.
Ceram aveva capito che non era allineando un reperto accanto all'altro, etichettandoli, disponendoli in bella vista nelle vetrine dei musei o nelle pagine di pretenziosi volumi che si poteva ricostruire, sia pure a grandi tratti, la storia dell’umanità.
Ceram è stato il padre della storia dell’archeologia, ha aperto ai suoi lettori le porte dei musei, gli ingressi alle zone di scavo, di ricerca, ha spronato gli studiosi ad abbandonare sistemi d’esposizione sterili, se non controproducenti, ne ha indotto molti a trasformarsi, come lui, in 'cronisti del passato.'
Prima di Ceram, non sapevamo niente della civiltà cretese, di quella troiana, di quella egizia, tanto per ricorrere a qualche esempio tra i più noti. Sui testi scolastici, fino ad allora, avevamo appreso elementi fiabeschi. E' stato Ceram a spingerci a guardare oltre il mito, a ricordarci come ogni leggenda sia nata e si sia sviluppata da un nucleo reale. Lo scrittore tedesco ci ha insegnato a 'sognare la scienza' e l’unico appunto che gli si potrebbe muovere e quello di essere stato forse troppo prudente nelle sue affermazioni.
(...)
Chiudiamo questa chiacchierata, fuori dal tempo e dallo spazio, con qualche consiglio che daresti ai ricercatori di oggi.
La scienza è progresso. Ricordiamo che senza verifica, senza rettifiche, senza il coraggio di rinnegare quanto ieri ci sembrava inconfutabile, senza la caparbietà ragionata d’insistere su nuove ipotesi di lavoro, non vi può essere progresso.
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