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Sul Guardian, Nick Dearden ci fa notare che, anche se il TTIP è certamente il più importante e più devastante dei nuovi trattati per il “libero commercio” che stanno investendo i paesi occidentali, non è l’unico. Altri, come il CETA o il NAFTA, sono già in fase avanzata o in vigore (per lo meno conosciamo i loro contenuti). È evidente che questi trattati esprimono tutti una stessa volontà: quella di ridurre gli Stati al livello delle aziende, per cancellare la sovranità democratica dei popoli e sostituirla con la sovranità del grande capitale (e in questo non c’è nulla di particolarmente nuovo).
di Nick Dearden, 30 maggio 2016
Mentre i potenti si riunivano in Giappone per il vertice del G7 la scorsa settimana, una serie di importanti trattati commerciali era sotto attacco da tutti i lati. Da Donald Trump a Jeremy Corbyn, inizia a esserci un’ammissione che il “commercio” è diventato poco più di un sinonimo per indicare la crescente presa del potere delle grandi aziende sulla società.
Il trattato USA-UE chiamato TTIP (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti) è il più famoso di una serie di trattati commerciali cosiddetti “di nuova generazione”, e ha suscitato movimenti [di protesta]. Oltre 3 milioni di europei hanno firmato la più grande petizione in Europa per opporsi al TTIP, e 250.000 tedeschi sono scesi per le strade di Berlino, lo scorso autunno, per cercare di far annullare il trattato. I recenti sondaggi dicono che solo il 18 percento degli americani e il 17 percento dei tedeschi è a favore del TTIP, in discesa rispetto a due anni fa, quando a favore erano il 53 percento degli americani e il 55 percento dei tedeschi.
Ma il TTIP non è l’unico trattato. Esiste un suo “fratello minore”, un trattato tra Unione Europea e Canada, chiamato CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement). Il CETA è tanto pericoloso quanto il TTIP. Si tratta in realtà di un’avanguardia tra i trattati “stile TTIP”, ed è già stato firmato dalla Commissione Europea e dal governo canadese. Aspetta solo di essere ratificato entro i prossimi 12 mesi.
L’unica cosa positiva del CETA è che, essendo già stato firmato, lo possiamo vedere e leggere. Le sue 1500 pagine ci dimostrano che non è una minaccia solamente per i nostri standard alimentari, ma anche per la battaglia contro il cambiamento climatico, per la nostra possibilità di regolamentare le grandi banche e dunque di impedire future crisi finanziari, e per la possibilità di rinazionalizzare le industrie.
Come per il TTIP, anche il CETA prevede un nuovo sistema legale aperto solo alle aziende e agli investitori esteri. Se il governo britannico dovesse decidere, per esempio, di bandire certe sostanze chimiche, di migliorare gli standard sulla sicurezza alimentare o di imporre pacchetti senza pubblicità e marchi per le sigarette, un’azienda canadese può fare causa al governo britannico. E la ragione del contendere sarebbe semplicemente che a questa azienda viene impedito di fare profitti come avrebbe voluto. Il “processo” si terrebbe di fronte a un tribunale speciale, con la supervisione di avvocati di quell’azienda.
La Commissione Europea ha già apportato dei cambiamenti a questo sistema del “tribunale aziendale”, in un modo che dovrebbe renderlo più equo. I ricercatori però ritengono che queste modifiche non avrebbero comportato alcun cambiamento per le decine di casi giudiziari di questo tipo già portati avanti, di recente, contro gli Stati. Lo stesso Canada ha già combattuto e perso una serie di casi contro grandi aziende statunitensi all’interno del North American Free Trade Agreement (NAFTA) – casi che includevano la proibizione di certe sostanze chimiche cancerogene nella benzina, il reinvestimento nelle comunità locali o l’interruzione della devastazione ambientale nelle cave minerarie. Con il CETA, casi come questi sono in arrivo anche in Europa.
Lo scopo fondamentale del CETA è quello di ridurre la regolamentazione sulle aziende, con l’idea che questo renderebbe più facile le esportazioni. Ma farà più di questo. Attraverso la “cooperazione normativa” (che suona una cosa così bella), gli standard verranno ridotti in tutti gli ambiti sulla base del fatto che rappresentano “ostacoli al commercio”. Ciò potrebbe coinvolgere gli standard sulla sicurezza alimentare, sui diritti dei lavoratori e sulle regolamentazioni ambientali.
Considerate la regolamentazione finanziaria. La possibilità dei governi di controllare le banche e i mercati finanziari verrà ulteriormente ridotta. Il tentativo di limitare la crescita delle banche che sono “troppo grandi per fallire” potrebbe portare un governo davanti a un tribunale segreto.
L’assalto è appena iniziato. L’estrazione di petrolio dalle sabbie bituminose è uno dei procedimenti che causa la maggiore distruzione ambientale al mondo, e molto di questo petrolio viene estratto nell’Alberta, in Canada. Attualmente si fa poco uso di petrolio da sabbie bituminose in UE, ma questa situazione è destinata a cambiare. Quando la UE propose dei nuovi regolamenti per fermare l’importazione di questo petrolio da sabbie bituminose, il Canada usò il CETA come merce di scambio per bloccare la proposta. Se il CETA viene ratificato, quei regolamenti saranno cancellati – e sarà un disastro per i cambiamenti climatici.
Infine, attraverso una cosa chiamata “clausola del lucchetto”, gli attuali livelli di privatizzazioni saranno bloccati [nel senso di garantiti] su tutti i servizi che non saranno esplicitamente esenti. Se il governo canadese o un governo dell’Unione Europea volesse riportare certi servizi sotto il controllo pubblico, dovrebbe dunque infrangere i termini dell’accordo.
Ma perché così poche persone hanno sentito parlare del CETA? In larga parte perché canadesi ed europei pensano di essere molto simili. Non temono che venga preso il controllo della propria economia nello stesso modo in cui lo temono quando firmano un accordo con gli Stati Uniti. Ma questo è un grosso errore, perché questi trattati commerciali non sono dei trattati che mettono i cittadini europei contro i cittadini americani o quelli canadesi. Questi trattati mettono invece le grandi aziende contro i cittandini.
Se volete una prova che questi attuali trattati commerciali non sono altro che una scusa delle grandi aziende per prendere il potere a nostro scapito, vi basti guardare il CETA. Non sorprende che siano in crescita le proteste pubbliche e che l’opposizione al TTIP stia diventando anche opposizione contro il trattato con il Canada.
Quando alla fine di giugno il CETA passerà al Consiglio Europeo (il Consiglio di tutti i governi dell’UE) per la ratifica,la Romania – che attualmente sta avendo una controversia col Canada per delle questioni legate ai visti – potrà minacciare il veto. Il parlamento vallone ha votato una mozione critica su questo accordo che potrebbe legare le mani al governo belga e costringerlo all’astensione. Il parlamento olandese ha anch’esso approvato una mozione che impedisce l’applicazione temporanea del trattato, in modo da impedire che venga implementato prima che il parlamento possa esprimere un voto su di esso.
David Cameron ha la posizione più aggressiva rispetto al CETA, ed è completamente a favore. Sta anche spingendo affinché entri in vigore da subito a titolo provvisorio nel Regno Unito. Di conseguenza, il CETA potrebbe già essere in vigore in Gran Bretagna all’inizio del prossimo anno, senza nemmeno la necessità di un voto del parlamento di Westminster. In realtà, anche se il parlamento britannico votasse contro il CETA, il sistema del tribunale aziendale sarebbe comunque in vigore per tre anni. I ribelli della Brexit non lo apprezzano molto.
I problemi del G7 mostrano che molti di noi hanno capito che i trattati commerciali hanno trasformato il mondo in un parco giochi per i super-ricchi, che sono parte delle enormi disuguaglianze economiche. Ma il G7 non può pensare ad altro che agli interessi delle élite dominanti del mondo. Dobbiamo essere noi come cittadini a rivendicare la democrazia, e i movimenti contro il TTIP e il CETA sono le attuali linee del fronte.
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