mercoledì 14 dicembre 2022

Stanotte ho incontrato per caso Antonio ed Enrico


E' notte fonda e magari faccio finta di incontrare Antonio ed Enrico, mi faccio dire le loro impressioni sulla fine che ha fatto il loro partito, sono curioso di ascoltare le loro impressioni.

I pressi delle botteghe oscure sono da molto tempo colorate da sempre meno colori vivi.

Mi verrebbe da scrivere il partito dei fu.
Li incontro lì, in un bar, nemmeno di categoria eccelsa, sono seduti ad un tavolino, bevono un vino frizzantino dei colli romani, anche esso nemmeno troppo di categoria eccelsa.
Come direbbero quelli dei centri sociali di destra :"vino alle masse, e ai loro capi". 

Vengo smentito dal loro visionarismo, Antonio annuisce quando Enrico afferma che le ideologie sono morte e sepolte.

Entrambi fanno fatica a dire che forse, ai loro tempi, avevano dato credito a ideologismi che proprio di sinistra non sono, fanno fatica ad ammettere che il loro justo internazionalismo nascondeva future globalizzazioni, ma entrambi rivendicano con forza che hanno agito in maniera onorevole e sincera.
Non faccio fatica a creder loro.
Hanno un'aria dimessa, oddio, grattacapi ne hanno avuto anche loro, ai loro tempi, Antonio era in lite con Benito, Enrico con Giuseppe.
Sentendomi parlare, Enrico mi chiede: Ma sardo sei"?
"Sardo sono" gli rispondo.
Chiedo loro cosa ne pensano del fatto che nella nostra terra, se uno non è di sinistra, significa che non è indipendentista.
"Lasciamo perdere" mi fa Antonio, "i cosiddetti patrioti sardi hanno fatto la stessa fine indegna dei sindacalisti italiani!".
Noto nelle loro facce un non so che di aria rassegnata, penso si stiano chiedendo che fine abbia fatto tutto il movimento della sinistra, adesso sembra un agglomerato amorfo che ricopre tutto il pianeta, intriso di ridicoli girotondi, di scarpette rosse, di matite copiative cancellabili, di teorie prese in prestito, ma non in maniera gratuita, come la gender o la dulles, il piano kalergi o il consumismo.
Bei tempi quando si ipotizzavano spese proletarie, adesso nemmeno la proprietà è un furto, e non può essere altrimenti, adesso la proprietà è appannaggio di chi detta le agende alla sinistra e al popolo globalizzato ed eggregorizzato, la proprietà resta un furto solo per la povera gente.
Antonio ammette che questa €uropa non è quella sognata, che l'internazionalismo si è trasformato in globalizzazione, e la globalizzazione in mondialismo, il tutto condito con una abbondante aggiunta di consumismo.
E se Antonio non ha perso la predisposizione ad avallare atteggiamenti massoneggianti a lui cari ("quanto meno la sinistra non ha smesso di utilizzare espressioni tipo becero fascista, o lurido razzista"), Enrico conferma la sua visione cristallina della continua evoluzione della società ("da soggetti attivi di lotte sindacali, si sono trasformati in oggetti in vendita a cura di più o meno nascoste e fetenti offerte pubbliche di acquisto").
Che fine indegna ha fatto il popolo della sinistra, telecomando nella mano sinistra e telefonino nella mano destra, il cervello a spasso, ma con la matita copiativa pronta all'uso.
Per chi ha orecchia per sentire, coraggio per operare, occhi per vedere, e cervello per ragionare.
"Che fine indegna!" ammette Enrico, "Noi che nel nome dell'internazionalismo abbiamo screditato quel bene prezioso della rivalutazione delle specificità, delle manifestazioni di usi e costumi particolari, sostituiti da odori di vino dozzinale, odori di cipolle e wurstel, patatine fritte e miscela di caffè dell'anno prima, ubriacati dalla musica gracchiante dei concerti, e dei proclami ai quali non crede nessuno delle feste dell'Unità".
Si è fatto tardi, dicono che devono andare, sarei restato con loro a discorrere tutta la notte, restiamo intesi che ci saremmo rivisti, e allora avremmo parlato dei nuovi esponenti della sinistra italiana, re giorgio, matteo, massimo, romano, debora, e tutti gli altri.
"Che brutta fine abbiamo fatto!".
A mio modo di vedere, tutta quella gente appena nominata, non valgono la scarpa sinistra di uno dei miei due nuovi amici.

Poi mi sveglio di soprassalto, e seppure fossi stato pressochè d'accordo con i loro ragionamenti, mi viene da pensare che Enrico (da me considerato per altri aspetti una vera e propria icona da ammirare), a suo tempo usò tutta la forza di cui disponeva come segretario del partito, per frenare con rabbia e cieca determinazione processi di promozione della nostra lingua sarda.

E questo non riuscirò mai a perdonarglielo. 


 

 


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