Antonello Boassa
Al discorso accorato di Guterres gli Stati Uniti rispondono con il consueto cinismo. In fondo, la strage è un effetto collaterale non evitabile perché "Hamas continua a rappresentare una minaccia per Israele e mantiene il controllo della Striscia". Gli Stati Uniti lavoreranno perché vi siano le condizioni per una pace duratura tra israeliani e Palestinesi. Così il vice ambasciatore all'ONU Robert Wood. Curioso. Proprio come l'esercito nigeriano che spara sui civili che vivono in aree infestate da Boko Haram. Dato che sono sopravvissuti, il villaggio non è stato bruciato… quindi sono stati tollerati "nessuno è più innocente". Di conseguenza, stermino di massa, villaggi incendiati, bestiame ucciso, cibo dato alle fiamme…
Se il sociopatico Netanyahu si illude di annientare Hamas, gli States non si illudono. Sanno, a causa delle esperienze stragiste di cui sono massimamente esperti che vi sono situazioni in cui la totale disfatta del nemico non è possibile. L'hanno ben bene compreso in Corea, in Vietnam, in Afghanistan. E anche qui, a Gaza, in Palestina, l'annientamento non è possibile. Ed allora perché il sostegno alla strage che politicamente non è utile nelle relazioni con gran parte del pianeta? Perché non si può dire di no alla ferocia dello "Stato ebraico", innanzitutto perché il Congresso è in maggioranza sionista, in secondo luogo perché dopo la disfatta in Ucraina, sarebbe pericoloso un ulteriore flop, l'indebolimento o addirittura la scomparsa di una base politico-militare essenziale per il controllo dell'Asia occidentale, l’unica democrazia del Medioriente.
La strage continua con un sadismo che condanna moralmente non solo l'accoppiata Usa-Israele ma anche l'inerzia dei Paesi che assistono vigliaccamente al massacro. Niente sanzioni. Nessun boicottaggio ufficiale. Anzi, continua la manipolazione sulle "mostruosità" compiute da Hamas e si accetta il conclamato diritto alla difesa di Israele, sia pure con qualche nota negativa. Anche Guterres che comunque lancia un grido disperato. Siamo "al punto di non ritorno".
Mentre il ministro della sanità di Gaza denunciava un numero di assassinati superiore alle 18.000 unità, Khan Yunis perdeva altre 32 persone e la Cisgiordania assieme alla Giordania chiudeva negozi e attività commerciali in uno sciopero a sostegno di Gaza e in favore di un cessate il fuoco immediato.
Gaza, una città spettrale, in macerie, un popolo che gira e si muove, secondo Guterres "come palline da flipper", impossibilitato a trovare un sicuro rifugio, sospinto fuori dalla Striscia, perché si ritiri finalmente verso l'Egitto che non ha nessuna intenzione di accoglierlo.
Ma la Resistenza palestinese (non solo Hamas) non sarà annientata. Già sono iniziati nuovi arruolamenti in Giordania. Vi è un gran fermento tra le popolazioni arabe. L’esempio di coraggio e di combattività dei partigiani palestinesi ha toccato cuore e mente dei guerriglieri iracheni, siriani, yemeniti. Hezbollah può dare fuoco alle polveri da un momento all’altro. L’Iran è giustamente in attesa ma è pronto, qualora la Resistenza si trovasse in difficoltà estrema. Sebbene l’esercito sionista stia millantando enormi successi contro Hamas e soci, il futuro dello stato ebraico è cupo e sarà sempre più cupo. Certo, ciò che appare sembra invincibile, grazie al sostegno militare e diplomatico USA, all’impunità sistematica assicurata dall’Occidente collettivo. Ma lo status di colonizzatore dello “Stato ebraico” si fonde su una cultura da predatore che è stata, nel secolo scorso, messa in discussione e sconfitta. Quanto dolore è costato al Vietnam, all’Algeria, alla stessa India prima di liberarsi dall’oppressore. Ci vorrà tempo e gli States, anch’essi in discesa libera, non potranno sostenere ancora per lungo tempo l’umiliazione che lo “Stato ebraico” infligge a tutto un popolo. Israele è circondato da una marea di popoli arabi che si muoveranno al di là dei compromessi dei loro tiranni locali. Mi auguro che l’assalto arabo alla fortezza sionista sia accompagnato dal riscatto morale della maggior parte dei cittadini di Israele contro la tirannia sionista. Nella lotta comune di arabi e di ebrei contro il sionismo si può fondare finalmente lo stato della Palestina, laico, plurietnico, pluriconfessionale
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