Istruzione, formazione, educazione, risentono palesemente di una definizione ingannevole, il termine giusto è omologazione.
Se avete delle vecchie foto, provate a guardare l'espressione felice dei vostri figli prima del loro primo giorno di scuola, e poi osservate le espressioni cupe e preoccupate dopo appena sei mesi di "istruzione".
Un primo, lieve lavoro di omologazione sulle nuove generazioni, viene fatto già dalle scuole materne, ma l'impatto devastante avviene durante l'istruzione elementare.
Neanche tanto elementare, visto che un bimbo ha bisogno di giocare, di relazionarsi, anche di "imparare", ma non da libri scolastici, sussidiari e compagnia cantante.
Un bimbo, a quell'età, dovrebbe essere libero di scoprire la vita direttamente, senza insegnamenti o imposizioni.
Naturalmente è necessario che impari a scrivere e far di conto, ma nient'altro.
Giocare e scoprire, ci sarà tempo, dai dieci anni in poi, per soffrire sui libri, almeno fino ad allora lasciamo sereni i nostri figli, quello che avranno imparato sarà più forte e duraturo perchè scoperto direttamente, e non imposto dall'esterno.
Tutto questo cozza irrimediabilmente con le impostazioni che gli stati così come intesi attualmente, riservano alle scuole, e allora l'unica strada è disertare le scuole, e trovare il tempo e le soluzioni per un corretto sviluppo della personalità di ciascuna giovane vita, magari istituendo delle piccole classi in maniera autonoma.
Cercherò di esprimere concetti, piuttosto che affermazioni più o meno condivise (della qual cosa esprimo il mio parere personalissimo, suscettibile di modifiche anche corpose).
Bene, premesso che l'altra parola, "istruzione" non suscita in me particolari segni di benevolenza, perchè mi sembra una imposizione di idee, vado ad esprimere il mio parere.
Penso che allo stato attuale delle cose, la scuola, fin dai primi anni, sia indirizzata a plasmare il carattere degli alunni, e convogliare concetti verso obiettivi funzionali a una società che non sopporta particolarismi, e ciò non incontra i miei favori.
Immagino una scuola diversa da quella attuale, pur tenendo valide le classiche materie di insegnamento, i ragazzi dovrebbero si, avere presenti, che so, i processi storici che hanno generato avvenimenti, o trasformazioni geografiche generate da tali avvenimenti, ma le conclusioni a cui l'alunno deve arrivare, devono essere valutate da se stesso e non imposte dall'insegnante.
Ci può arrivare in due maniere, o secondo la sua sensibilità, o seguendo ragionamenti collettivi dei suoi compagni e insegnante, che però non deve assolutamente indirizzare in alcun modo verso conclusioni di comodo, o convenzionali.
Stiamo parlando di un ambito che è sempre stato usato dal potere per inculcare concetti, per indirizzare.
Come possiamo evitare questa stortura?
Semplice, basta non fornire loro alcun supporto da seguire, ma costringerli ad informarsi autonomamente in un ambito dove acquisire informazioni è la cosa più semplice che esiste, diverse fonti di informazione consentiranno loro più di un confronto, sperando che le conclusioni siano abbastanza condivise.
Se invece si parla di matematica, allora il discorso si fa più complesso, perchè soggetto a regole fisse, ma in quella materia l'insegnante dovrebbe favorire processi logici, e arrivare a conclusioni partecipate con gli alunni.
Mai imporre niente, nessuna forzatura, nemmeno in questa materia che sembrerebbe "ingessata", gli alunni dovrebbero arrivare alle soluzioni ragionando sia autonomamente che possibilmente in maniera collettiva.
Per arrivare a conclusioni logiche, non è indispensabile conoscere regole fisse a memoria, quelle si potrebbero trovare in appositi prontuari, mentre invece è indispensabile innescare tali processi, con attività di assemblamento di numeri e formule, per esempio, con attività o giochi che abbiano bisogno di elaborazioni mentali per essere risolti.
Mi viene spontaneo pensare, dato che sono istruttore federale, che un gioco funzionale a sviluppare questi processi, possa essere il gioco degli scacchi, ma ne esistono tanti altri.
Particolare importanza darei alla conoscenza delle scienze, anche in questo caso, le conclusioni dovrebbero scaturire da ragionamenti, dopo che sono state illustrate le regole generali di processi naturali, fatto questo processo nozionistico, l'insegnamento non dovrebbe essere distribuire certezze, ma invogliare l'alunno a confrontarsi con i compagni e l'insegnante per trovare insieme le giuste conclusioni.
Nelle materie scientifiche dovrebbe essere prediletta la logica, piuttosto che l'acquisizione di regole predeterminate, certo, questo inizialmente porterà sicuramente ad allungare i tempi, ma è fondamentale che tutto quello che può essere raggiunto con la logica, non venga raggiunto in altre maniere.
Non mancherà il tempo, dato che questi metodi dovrebbero essere fortemente rilassanti in quanto partecipativi, e l'attenzione dei ragazzi potrà non subire cali in quanto i dati che dovranno immagazzinare saranno enormemente ridotti se raffrontati alle prassi scolastiche attuali.
Mi sembra intuitivo che, secondo questa visione, la scuola si debba intendere a tempo pieno, fisicamente come una comunità, e mentalmente come un laboratorio di idee e confronti.
Confronti intellettuali tra i partecipanti come se si stesse assistendo ad un convegno dove chiunque abbia libertà di parola.
L'acquisizione di concetti non deve avvenire tramite i discorsi degli insegnanti, insegnamenti spesso noiosi, ma attraverso confronti tra i partecipati.
Materie di insegnamento che sviluppano capacità spesso nascoste, devono essere, se non predilette, almeno presenti, mi riferisco a tematiche tipo umanesimo, filosofia adeguata certo all'età, acquisizione di concetti e comportamenti psicologici, e conoscenza di tecniche che migliorano potenzialità mentali e fisiche.
Sappiamo benissimo che l'umanità ha subito per millenni imposizioni tendenti ad innescare processi riduttivi soprattutto in materia mentale, ecco, la scuola del futuro, dovrebbe favorire l'ampliamento delle innegabili potenzialità soprattutto del cervello infantile, che notoriamente è nelle migliori condizioni di apprendere.
L'insegnamento della lingua sarda.
Essa deve essere messa in relazione alla storia della nostra isola, agli usi, abitudini e costumi della Sardegna, alle grandi potenzialità della nostra archeologia, che non sarebbe male fosse materia di insegnamento diffusa e presente in più di un contesto.
Bene, qui dovremo trattare un argomento abbastanza scabroso, in quanto la codificazione delle nostre lingue ufficiali è ancora in fase di acquisizione, e la loro eventuale omologazione (sperando che tale omologazione sia scevra da impostazioni mondialiste) e il tentativo di dare regole comuni, è tuttora in fase di analisi.
Sarebbe bene comunque che certi vocaboli fossero comprensibili dalla totalità dei sardi, ma questo non è compito della scuola, ma di linguisti e glottologi.
Dato che aspiriamo ad una nostra lingua ufficiale, per ora dovremmo insegnare tutte le due varianti principali, non scordando il fatto che in antichità la lingua sarda era "esportata" dai viaggiatori shardana, della qual cosa si potrebbero trovare intersecazioni con altre lingue occidentali, con l'obiettivo dichiarato di dimostrare che dalla lingua sarda e dai viaggi degli shardana è nata la civiltà occidentale.
Parlerò di altre materie in seguito, ben sapendo anche che quelle finora trattate sono suscettibili di integrazioni e modifiche, ampliamenti e puntualizzazioni, mi preme ora cercare di rendere evidente il mio pensiero, nel caso non ci sia riuscito finora.
Allora, inizio dicendo che l'alunno non deve sentire alcun peso nel frequentare la scuola, anzi dovrebbe essere invogliato a parteciparvi come, direi, un istruttivo gioco, in cui abbia piacere di esprimere tutti i suoi particolarismi, le sue caratteristiche, evidenziare le sue peculiarità, le sue predisposizioni, informarsi autonomamente dai compagni, e confrontarsi con essi, in uno sforzo che consenta a ciascuno di essi di essere parte della società (o classe che dir si voglia), non essere inglobato in quel meschino giuoco tanto osannato dall'insegnamento attuale che vorrebbe classi livellate al ribasso.
Se un ragazzo avesse delle particolari predisposizioni, in qualsivoglia materia, dovrebbe essere messo nelle condizioni di sviluppare le sue eccellenze, la democrazia livellata senza picchi di genialità, non dovrebbe essere favorita perchè è un obbrobbrio.
La conformazione massiva degli alunni, riteniamo che sia deleteria in generale per tutti.
Non vorrei dare l'impressione di vedere la scuola come una istituzione elitaria, tutti indistintamente devono progredire, ma non siamo tutti uguali, e chi eccelle in una materia, probabilmente ha carenze in un'altra, ma tutti, insegnanti e alunni devono imparare che se il tuo compagno migliora, ciò è un bene anche per te.
Incentivare uno sforzo comune che invogli chi predilige una materia, ad essere utile agli altri, formando così una società futura che metta in risalto le capacità dell'essere umano di appartenere alla società, a capire che la condivisione è un valore.
Abbandonare egoismi e mettersi a disposizione degli altri, imparerà col tempo che quello che ha dato gli verrà reso in seguito.
E i buoni esempi che così poterebbero svilupparsi, diventare come una regola di vivere civile, in fondo l'umanità ha progredito perchè capace di comunicare, assorbire, donare e ricevere.
Non vorrei scrivere di modelli pre esistenti, noi sardi abbiamo nei nostri geni il dono della pre veggenza, dell'intuito, del raziocinio che deriva dalla società matriarcale esemplare, e non vedo perchè dalla terra di Sardegna, non possa sorgere un modello nuovo di scuola applicabile in tutto il mondo.
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