giovedì 7 dicembre 2023

Le regioni “meno sviluppate” dell'Unione europea: lista da 22, c'è anche la Sardegna

Mensa dei poveri (Archivio L'Unione Sarda)
Alessandra Carta
I numeri sono scritti nel documento "Europa 2030" che raccoglie gli obiettivi di crescita e benessere approvati nel 2015 da 193 Paesi dell'Onu

La Sardegna è nella lista dei 22 territori che Bruxelles ha classificato come “meno sviluppati”. Lo studio è stato reso pubblico a fine mese dall'Ufficio statistiche della Regione. La valutazione ha tenuto conto di 68 indicatori che hanno permesso di assegnare a ogni area geografica la cosiddetta nomenclatura.

Tecnicamente si parla di Nuts e si tratta innanzitutto di un macrodato demografico, a cui è stato assegnato dapprima un valore numerico e poi una sottocategoria. La Sardegna è rientrata nel gruppo Nuts 2 per via della popolazione compresa tra gli 800mila e i tre milioni di abitanti (i residenti sono precisamente 1.575.028). Avendo poi un Pil pro capite inferiore del 75 per cento rispetto alla media europea dei 27 Paesi membri, ecco il bollino di “regione meno sviluppata”.

Nella lista dei 22 territori in ritardo sulla crescita, l'Italia è la nazione messa peggio. Oltre alla nostra Isola, è l'intero Meridione ad avere indicatori preoccupanti. Ovvero Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Molise e Campania, inserite ugualmente nel Nuts 2 benché contino in alcuni casi più di tre milioni di residenti. Spagna e Polonia hanno invece due regioni a testa, mentre una per parte risulta espressa da Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Grecia, Croazia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania, Slovenia e Slovacchia.

Lo studio si intitola “Europa 2030. La Sardegna e gli obiettivi di sviluppo sostenibile”. Praticamente è la versione territoriale dell'Agenda politica-economica votata il 25 settembre del 2015 dall'Onu. Quella risoluzione delle Nazioni Unite venne sostenuta da 193 Paesi, tra cui l'Italia, e oggi come allora prevede 17 obiettivi, denominati "Goal" e ripartiti in 169 "Target", cioè step attraverso i quali raggiungere i macro-risultati operativi.

Il primo Goal dichiarato dall'Onu, al netto dell'ambizioso obiettivo, è «porre fine a ogni forma di povertà nel mondo». Per farlo, l'Unione europea ha deciso di misurare il rischio di indigenza di ogni territorio. Risulta che la Sardegna è una delle regioni con il tasso di rischio povertà più alto: nella nostra Isola è stato rilevato un valore del 30,8, che corrisponde alla quota di popolazione esposta a condizioni di indigenza. Si tratta di cittadini con una disponibilità economica che non raggiunge il 60 per cento del reddito mediano nazionale.

Per capire la gravità della situazione sarda è sufficiente guardare il dato europeo: l'esposizione della popolazione all'indigenza è ferma al 16,5, quasi la metà del dato isolano. Stanno peggio solo tre regioni del Meridione italiano, a cominciare dalla Campania al 37,1. Poi ecco la Sicilia al 36,8 e la Calabria al 34,5. Il Molise, al 30,5, ha un valore simile alla nostra Isola. La Puglia, invece, è al 28,8, mentre la Basilicata registra il rischio più basso col 24,5.

Fuori dall'Italia, ma sempre meglio della Sardegna, ecco il 29,1 dell'Andalusia, in Spagna. Sempre nel Paese iberico la regione della Castilla-La Mancha è al 26,1. Valori simili per Sterea Ellada in Grecia, al 25,4 e per Yugoiztochen, in Bulgaria, la cui esposizione della popolazione è al 25,3.

Nel Nuts 2 delle “regioni meno sviluppate”, il rischio povertà più basso è stato registrato a Közép-Dunántúl, in Ungheria, con appena il 7,5. Non va male nemmeno a Západné Slovensko, in Slovacchia, che registra il 9,5. Segue la Vzhodna Slovenija, nell'ex Jugoslavia, col 13,2. C'è quindi un gruppo di regioni appaiate: 13,6 per Małopolskie in Polonia; 14,2 per Moravskoslezsko nella Repubblica Ceca; 14,4 per Nord-Vest in Romania; 14,9 per Alentejo in Portogallo; 16,4 per Mazowiecki in Polonia; 18,2 per Jadranska Hrvatska in Croazia. Si sale al 23,1 a Vidurio ir vakarų Lietuvos regionas, in Lituana, dove il rischio povertà è comunque nettamente inferiore rispetto a quello del Meridione italiano.

A compensare, almeno in parte, l'esposizione delle famiglie sarde all'indigenza, c'è l'indice di grave deprivazione materiale. Si tratta di un valore che misura la quota di persone costrette a rinunciare a beni, servizi e attività sociale per ragioni finanziarie. In Sardegna l'indicatore è al 5,1, addirittura inferiore al valore medio europea del 5,9.

La nostra Isola è a metà classifica all'interno del Nuts 2. Stanno meglio ancora le regioni dell'ex Jugoslavia e dell'ex Urss o comunque i Paesi ex comunisti. L'indice più basso si registra nei due territori della Polonia: 2,0 a Mazowiecki e 2,1 a Małopolskie. A Západné in Slovacchia e a Moravskoslezsko nella Repubblica Ceca è al 3,6, mentre a Vzhodna in Slovenia è al 4. Meglio della Sardegna anche Alentejo, in Portogallo, dove l'indice di grave deprivazione materiale è al 4,8.

Quanto all'Italia, ottima la situazione in Molise, dove l'indicatore è tra i migliori dell'interno gruppo Nuts 2 con il 2,5. In Basilicata il valore è al 5,2. Numeri preoccupanti in Campania, dove si registra il 14. La Puglia è al 10,4, la Sicilia al 9,5, la Calabria al 9,1. Rientrano nella lista delle 22 regioni "meno sviluppate" anche la Provincia del Lussemburgo in Belgio e Latvija in Lettonia. Ma in entrambi i territori non è stato possibile rilevare né il tasso di rischio povertà né l'indice di grave deprivazione materiale.

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