Gli racconto ciò che mi è capitato, ed il lavoro che sto compiendo, ma sintetizzo al massimo l’esposizione, ho una dannata fretta di conoscere l’evoluzione degli avvenimenti che lo riguardano, e informarlo che per lungo tempo ero convinto che fosse morto o imprigionato, certo che tra gli organizzatori dell’attentato ci fosse anche lui.
“Appartengo ad un’organizzazione anarchica che ha deciso di eliminare il dittatore, e se in genere agiamo singolarmente, stavolta abbiamo deciso di non rischiare e organizzare per bene un attentato. Eravamo in sette, ma ancora prima di agire, due miei compagni sono stati picchiati e sequestrati dagli squadristi, che però erano sicuramente ignari della decisione presa, e noi abbiamo continuato ad organizzare l’azione, non è la prima volta che abbiamo avuto grosse noie senza andare a cercarcele. Per un motivo o per un altro, la decisione è stata rimandata più volte, a roma abbiamo deciso che là saremmo entrati in azione, aspettando un’occasione favorevole, ma ancor prima di agire, un mio compagno è stato arrestato, mentre un altro è stato ferito e bastonato, perché trovato in possesso di un’arma, un terzo, riconosciuto e inseguito, ma salvo, ha detto di voler espatriare in svizzera, un altro verso nord, ed io sono rientrato in questa zona, ma penso che sappiano esattamente chi siamo, infatti mi stanno cercando, anche se non ho avuto modo di compiere alcuna azione, evidentemente hanno deciso di arrestare tutti gli anarchici, a prescindere da eventuali colpe. Essere venuto qui proprio ora che ci sei tu penso sia un grosso rischio per entrambi, e infatti tra un po’ vado via, se ci dovremo vedere sarà in un altro posto”.
Prendiamo accordi per una prossima volta, naturalmente sarà lui a trovarmi, gli dico che ho necessità di prendere i suoi giornali e libri, e lui acconsente. La mattina successiva vado a casa di Dalida, lei come al solito è scostante con me, pretende dettagliate spiegazioni sulla mia attuale vita, le spiego il minimo indispensabile, forse anche più del dovuto, ma per lei non è sufficiente, e mi dice di evitare di cercarla in seguito, ha deciso di lasciarmi. Tra me penso che abbia perfettamente ragione a comportarsi così, io non mi fido a svelarle alcunché, non perché non la ritengo affidabile, ma perché potrebbe svelare particolari inavvertitamente, e so benissimo che in quel caso sarebbe a rischio la mia incolumità, mentre lei non mi stima abbastanza per potersi fidare ciecamente delle mie affermazioni. Le dico che quando tutta questa situazione terminerà, il tempo decreterà se il nostro rapporto potrà riprendere, per il momento ciascuno vivrà la sua vita autonomamente. Quando vado via dalla sua casa, stranamente non sento alcun peso, e seppure la mia stima per lei resta immutata, penso che l’evolversi della situazione non mi consente di comportarmi diversamente. Ho perso la mia donna, ma il dolore è abbondantemente compensato dal fatto che il mio amico è ancora vivo e libero.
Il giorno dopo ci incontriamo in una località giù a valle, e così possiamo parlare con maggiore tranquillità, Romano gli spiega che è proprio per colpa di un attentato, che si è instaurata la dittatura, Lupo controbatte che l’attentato è stato semplicemente un pretesto, e che l’attuale sistema era stato deciso da tempo, le gerarchie che hanno preso il potere aspettavano semplicemente un appiglio su cui aggrapparsi, di qualsiasi natura esso fosse. Seppure tutti e tre siamo arrivati alle stesse conclusioni, e ormai siamo tutti schierati contro il regime, le nostre posizioni al riguardo differiscono tra loro. Il meno critico verso di esso è Romano, che afferma che nonostante le restrizioni delle libertà personali, il regime mira al progresso economico della nazione, che si sta conquistando pian piano il rispetto del mondo. Ricorda che il regime è impegnato in grandi lavori per recuperare terreni per i contadini, in una grande battaglia che mira a realizzare autosufficienza economica, specie in agricoltura, nella lotta contro la delinquenza organizzata, e nella costruzione di grandi opere architettoniche, un regime che crea lavoro, e che sembrerebbe dalla parte degli operai. Lupo ricorda invece che il regime si è macchiato di delitti infami, ha giovato di un clima oppressivo verso i dissidenti, incarcerato personalità di grande rilevanza, ora sta mettendo in atto strategie comunicative che mirano ad annichilire pensieri contrari e uniformare il sentire popolare alle sue direttive, ha soppresso partiti e libertà di stampa, indirizzato elezioni a suo piacimento, e pian piano sta isolando la nazione dal contesto mondiale, istituito di nuovo la pena di morte e tribunali speciali. Se tutto questo non bastasse a catalogare il regime in modo estremamente negativo, non saprebbe quali altre azioni politiche dovrebbe mettere in campo per poter essere definito scandalosamente scellerato. Informa Romano che anche lui, dopo la fine dell’ultima guerra, ha fatto parte di squadre paramilitari della prima ora, istituite in suo appoggio, e che ha conosciuto personalmente l’attuale dittatore, ma ha ripudiato in fretta quella decisione, perché ha notato evidenti anomalie nel pensiero politico e soprattutto nelle azioni vili messe in campo; ora il suo unico pensiero è di cercare l’occasione di compiere un attentato, anche se da solo, e a costo della sua vita. Lo metto al corrente della mia nuova attività, dell’ambiente in cui opero, delle mie relazioni grafologiche infedeli, e dei contrasti con il mio superiore. Tra me penso che durante questi giorni ho perso la mia donna, ma ho scoperto piacevolmente che il mio grande amico è vivo e vegeto, e determinato più che mai a portare a termine azioni eclatanti. Ho tanto tempo ancora per stare a contatto di Lupo, mi tratterrò ancora per qualche giorno nella cittadina, e gli consegno un mazzo di banconote, dicendogli che sono offerte dal regime… Quando lo vedo, il giorno dopo, al solito posto, mi mostra furtivamente una rivoltella, parte dei soldi è stata utilizzata per l’unico scopo che gli è rimasto nella vita.
Qualche giorno dopo Romano ed io siamo di nuovo a roma, mi aspettano due montagne di cartelle separate tra loro, a destra portano tutte diciture del tipo: politico, oppure podestà, generale, gerarca e simili, tutta gente vicina al regime, dato che i politici, per essere candidabili durante le ultime elezioni, dovevano appartenere ad esso. Il gruppo di cartelle alla mia sinistra è composta da personaggi contrari al regime: comunisti, anarchici, intellettuali, qualche sacerdote e molte personalità che hanno scelto di espatriare. Metto molta cura per il primo gruppo a scovare segni patologici, che pian piano sto imparando a riconoscere, e non do troppa importanza all’analisi caratteriale, piuttosto, dato che riesco, con uno sguardo fugace, a valutare la bontà d’animo, o meno, mi concentro soprattutto su questo aspetto, e stilo in poco tempo un gran numero di relazioni. Alcuni nomi di gerarchi di una certa notorietà, invece, subiscono un’analisi un po’ più approfondita. Mi sono liberato in due giorni di quei personaggi che mi risultano sempre più odiosi, in genere la loro grafia denota spudorata ricerca di apparire, ambiguità diffuse, ma non manca qualche personaggio dall’intelligenza al di sopra della media, e quando trovo segni che denotano quelle caratteristiche, presto un po’ più cura alla analisi dei testi, ma il quadro generale di quella serie di cartelle è abbastanza grigio e triste. E passo ad analizzare le cartelle che mi ispirano maggiormente, e tra queste noto caratteristiche di determinazione, coraggio e intelligenza. Tra queste mi salta agli occhi, immediatamente, una cartella in particolare, con la dicitura: anarchico. Noto evidentissimi segni positivi, rotondità di segni, ma non eccessiva, variazioni di calibro continui, segni indirizzati verso l’alto e a destra, distanza tra parole e lettere regolari, una grafia indirizzata verso sentimenti nobili, ma non mancano segnali che esplicitano risolutezza.
“Appartengo ad un’organizzazione anarchica che ha deciso di eliminare il dittatore, e se in genere agiamo singolarmente, stavolta abbiamo deciso di non rischiare e organizzare per bene un attentato. Eravamo in sette, ma ancora prima di agire, due miei compagni sono stati picchiati e sequestrati dagli squadristi, che però erano sicuramente ignari della decisione presa, e noi abbiamo continuato ad organizzare l’azione, non è la prima volta che abbiamo avuto grosse noie senza andare a cercarcele. Per un motivo o per un altro, la decisione è stata rimandata più volte, a roma abbiamo deciso che là saremmo entrati in azione, aspettando un’occasione favorevole, ma ancor prima di agire, un mio compagno è stato arrestato, mentre un altro è stato ferito e bastonato, perché trovato in possesso di un’arma, un terzo, riconosciuto e inseguito, ma salvo, ha detto di voler espatriare in svizzera, un altro verso nord, ed io sono rientrato in questa zona, ma penso che sappiano esattamente chi siamo, infatti mi stanno cercando, anche se non ho avuto modo di compiere alcuna azione, evidentemente hanno deciso di arrestare tutti gli anarchici, a prescindere da eventuali colpe. Essere venuto qui proprio ora che ci sei tu penso sia un grosso rischio per entrambi, e infatti tra un po’ vado via, se ci dovremo vedere sarà in un altro posto”.
Prendiamo accordi per una prossima volta, naturalmente sarà lui a trovarmi, gli dico che ho necessità di prendere i suoi giornali e libri, e lui acconsente. La mattina successiva vado a casa di Dalida, lei come al solito è scostante con me, pretende dettagliate spiegazioni sulla mia attuale vita, le spiego il minimo indispensabile, forse anche più del dovuto, ma per lei non è sufficiente, e mi dice di evitare di cercarla in seguito, ha deciso di lasciarmi. Tra me penso che abbia perfettamente ragione a comportarsi così, io non mi fido a svelarle alcunché, non perché non la ritengo affidabile, ma perché potrebbe svelare particolari inavvertitamente, e so benissimo che in quel caso sarebbe a rischio la mia incolumità, mentre lei non mi stima abbastanza per potersi fidare ciecamente delle mie affermazioni. Le dico che quando tutta questa situazione terminerà, il tempo decreterà se il nostro rapporto potrà riprendere, per il momento ciascuno vivrà la sua vita autonomamente. Quando vado via dalla sua casa, stranamente non sento alcun peso, e seppure la mia stima per lei resta immutata, penso che l’evolversi della situazione non mi consente di comportarmi diversamente. Ho perso la mia donna, ma il dolore è abbondantemente compensato dal fatto che il mio amico è ancora vivo e libero.
Il giorno dopo ci incontriamo in una località giù a valle, e così possiamo parlare con maggiore tranquillità, Romano gli spiega che è proprio per colpa di un attentato, che si è instaurata la dittatura, Lupo controbatte che l’attentato è stato semplicemente un pretesto, e che l’attuale sistema era stato deciso da tempo, le gerarchie che hanno preso il potere aspettavano semplicemente un appiglio su cui aggrapparsi, di qualsiasi natura esso fosse. Seppure tutti e tre siamo arrivati alle stesse conclusioni, e ormai siamo tutti schierati contro il regime, le nostre posizioni al riguardo differiscono tra loro. Il meno critico verso di esso è Romano, che afferma che nonostante le restrizioni delle libertà personali, il regime mira al progresso economico della nazione, che si sta conquistando pian piano il rispetto del mondo. Ricorda che il regime è impegnato in grandi lavori per recuperare terreni per i contadini, in una grande battaglia che mira a realizzare autosufficienza economica, specie in agricoltura, nella lotta contro la delinquenza organizzata, e nella costruzione di grandi opere architettoniche, un regime che crea lavoro, e che sembrerebbe dalla parte degli operai. Lupo ricorda invece che il regime si è macchiato di delitti infami, ha giovato di un clima oppressivo verso i dissidenti, incarcerato personalità di grande rilevanza, ora sta mettendo in atto strategie comunicative che mirano ad annichilire pensieri contrari e uniformare il sentire popolare alle sue direttive, ha soppresso partiti e libertà di stampa, indirizzato elezioni a suo piacimento, e pian piano sta isolando la nazione dal contesto mondiale, istituito di nuovo la pena di morte e tribunali speciali. Se tutto questo non bastasse a catalogare il regime in modo estremamente negativo, non saprebbe quali altre azioni politiche dovrebbe mettere in campo per poter essere definito scandalosamente scellerato. Informa Romano che anche lui, dopo la fine dell’ultima guerra, ha fatto parte di squadre paramilitari della prima ora, istituite in suo appoggio, e che ha conosciuto personalmente l’attuale dittatore, ma ha ripudiato in fretta quella decisione, perché ha notato evidenti anomalie nel pensiero politico e soprattutto nelle azioni vili messe in campo; ora il suo unico pensiero è di cercare l’occasione di compiere un attentato, anche se da solo, e a costo della sua vita. Lo metto al corrente della mia nuova attività, dell’ambiente in cui opero, delle mie relazioni grafologiche infedeli, e dei contrasti con il mio superiore. Tra me penso che durante questi giorni ho perso la mia donna, ma ho scoperto piacevolmente che il mio grande amico è vivo e vegeto, e determinato più che mai a portare a termine azioni eclatanti. Ho tanto tempo ancora per stare a contatto di Lupo, mi tratterrò ancora per qualche giorno nella cittadina, e gli consegno un mazzo di banconote, dicendogli che sono offerte dal regime… Quando lo vedo, il giorno dopo, al solito posto, mi mostra furtivamente una rivoltella, parte dei soldi è stata utilizzata per l’unico scopo che gli è rimasto nella vita.
Qualche giorno dopo Romano ed io siamo di nuovo a roma, mi aspettano due montagne di cartelle separate tra loro, a destra portano tutte diciture del tipo: politico, oppure podestà, generale, gerarca e simili, tutta gente vicina al regime, dato che i politici, per essere candidabili durante le ultime elezioni, dovevano appartenere ad esso. Il gruppo di cartelle alla mia sinistra è composta da personaggi contrari al regime: comunisti, anarchici, intellettuali, qualche sacerdote e molte personalità che hanno scelto di espatriare. Metto molta cura per il primo gruppo a scovare segni patologici, che pian piano sto imparando a riconoscere, e non do troppa importanza all’analisi caratteriale, piuttosto, dato che riesco, con uno sguardo fugace, a valutare la bontà d’animo, o meno, mi concentro soprattutto su questo aspetto, e stilo in poco tempo un gran numero di relazioni. Alcuni nomi di gerarchi di una certa notorietà, invece, subiscono un’analisi un po’ più approfondita. Mi sono liberato in due giorni di quei personaggi che mi risultano sempre più odiosi, in genere la loro grafia denota spudorata ricerca di apparire, ambiguità diffuse, ma non manca qualche personaggio dall’intelligenza al di sopra della media, e quando trovo segni che denotano quelle caratteristiche, presto un po’ più cura alla analisi dei testi, ma il quadro generale di quella serie di cartelle è abbastanza grigio e triste. E passo ad analizzare le cartelle che mi ispirano maggiormente, e tra queste noto caratteristiche di determinazione, coraggio e intelligenza. Tra queste mi salta agli occhi, immediatamente, una cartella in particolare, con la dicitura: anarchico. Noto evidentissimi segni positivi, rotondità di segni, ma non eccessiva, variazioni di calibro continui, segni indirizzati verso l’alto e a destra, distanza tra parole e lettere regolari, una grafia indirizzata verso sentimenti nobili, ma non mancano segnali che esplicitano risolutezza.
I gesti spontanei hanno la prevalenza sugli altri, nessun accenno a ricci negativi, o a caratteristiche ritmiche esasperate, una scrittura armonica e chiarezza di grafia nella norma, caratteristiche che mi fanno pensare ad una persona equilibrata e determinata allo stesso tempo. A grandi linee potrei tracciare un profilo anatomico abbastanza convinto, ma non mi azzardo ancora a cimentarmi in quel difficile campo. Immagino anche la gestualità che esprime, e sotto questo aspetto penso di non sbagliare. Il personaggio mi incuriosisce, ma le sue generalità non mi comunicano alcunché, mi piacerebbe conoscerlo di persona, anche per motivi professionali, e scoprire chi è in possesso di una grafia che giudico in maniera estremamente positiva. Chiamo Romano e lo prego di cercare ulteriori elementi su quella persona, naturalmente avrebbe dovuto svolgere un lavoro “sotterraneo”, senza dare troppo nell’occhio. Analizzo le cartelle rimanenti, lo faccio abbastanza svogliatamente, e penso che da una passione presente già da bambino, ho creato un’attività soddisfacente, ma che si sta trasformando in routine, in una situazione che non mi dà più troppe soddisfazioni, salvo quando analizzo qualche rara grafia interessante, o quando vengo a contatto con personaggi di grande rilievo, allora il mio impegno è ai massimi livelli, e mi scopro a spulciare puntigliosamente ogni minimo dettaglio. Dopo cena, con Romano, rientriamo sempre più tardi al palazzo, la vita notturna di roma, è estremamente interessante, anche se subisce le negatività di un regime. Frequentiamo ambienti raffinati, gruppi di intellettuali per lo più politicamente vicini al regime, a volte andiamo a teatro, o visitiamo qualche mostra artistica. Quest’ultimo campo mi attira particolarmente perché dà l’idea di guardare al futuro, più di ogni altra manifestazione culturale, e in genere le persone che frequentano gli ambienti artistici sono aperte ad esperienze innovative. In poco tempo conosciamo pittori, scultori e architetti, ma altre forme artistiche sono in evoluzione, prima tra tutte per importanza la cinematografia. Pur non condividendo l’evoluzione che il regime ha imposto al paese, in campo artistico e architettonico il prestigio della nostra nazione aumenta sempre più in ambito internazionale, ma penso che siamo in presenza di ottimi interpreti del bisogno di cambiamento culturale, che le nuove opportunità consentono, penso che in un’altra forma di sistema, più democratica, più libera, i risultati sarebbero potuti essere anche superiori.
Abbiamo il privilegio di venire accolti in molti studi di pittori e scultori, i contesti dove più si sentono le spinte moderniste, molto più che in una mostra, in quanto possiamo venire a contatto con sperimentazioni che non sempre vengono messe a diretto contatto con la gente, una miriade di lavori e schizzi ritenuti spesso troppo innovativi per essere esposti. Mi piace stare a contatto con queste personalità, che dimostrano di essere quanto di più lontane da concezioni generalizzate, gente che con le sue opere esprime voglia di cambiamento e svecchiamento delle forme artistiche del passato, in sinergia al pensiero innovativo presente in tantissime forme di manifestazioni umane, nascono persino scienze completamente nuove, di pari passo con l’avanzare di nuove tecnologie, e tutto si evolve e si trasforma. Ormai vivo per la notte, il mio compito nel palazzo non mi attira più come prima, forse ho esaurito la spinta che mi invogliava a dedicare energie finalizzate al mio miglioramento professionale. Se prima guardavo con avidità un foglio da analizzare, ora sono entrato nell’ordine di idee che sto eseguendo semplicemente un lavoro, e mi dà fastidio la mia spontanea supponenza di essere arrivato a conoscere ogni segreto della grafologia, naturalmente così non è, solo che mi basta una rapida occhiata per avere la prima approssimativa impressione della personalità di chi ha redatto quel foglio. La maggior parte delle valutazioni successive sono spesso una conseguenza dell'esperienza conquistata. Eppure sono costantemente a contatto con una scienza sperimentale, che per definizione ha bisogno di ulteriori riscontri, ma in questo periodo non ho voglia di essere proprio io quello che darà impulsi decisivi al suo sviluppo, e mi accontento di svolgere il mio lavoro alla meno peggio, risparmiando energie per vivere la mia vita notturna. Durante la festa di inaugurazione di una mostra di un certo risalto, frequentata da personaggi importanti della capitale, vengo attirato dalle forme sinuose e slanciate di una donna intenta a gustare un calice di vino, ma non posso vederla in faccia in quanto mi volta le spalle, avvolta da un abito dal colore unico, di un rossastro abbastanza evidente, ma non sfacciato, capelli lunghi, ma raccolti per mezzo di una spilla. Abbandono Romano e cerco di vederla in viso, mi appare una pelle che sembra porcellana, due occhi profondi che prendono risalto da un trucco palesemente eseguito a regola d’arte, ma non pesante, il rossetto, quello si, è molto evidente, ma di una tonalità non troppo comune, l’abito rosso mette in evidenza una profonda, sottilissima scollatura, che lascia intravvedere una splendente collana argentata. I capelli castani, raccolti all’indietro con una semplice acconciatura, lasciano completamente libera sia la fronte, che una coppia di piccoli orecchini, della stessa fattura della collana.
L’impressione generale è che mi sembra di poter affermare che mi trovo alla presenza del mio ideale fisico di donna. Quando mi lancia, un inconsapevole, fugace sguardo, decido che devo assolutamente conoscerla, mi avvicino, le chiedo se il vino sia buono, e al suo gesto affermativo prendo un calice anch’io, dopo aver riempito il suo.
“Mi presento, sono Gavino”.
In quel momento mi sono sentito inadeguato, come può, uno che si chiama col mio nome, far colpo su una donna raffinata come lei, per giunta in un contesto altrettanto elegante?
“Eleonora, sarete sicuramente Sardo”.
Mi guarda con quei profondi occhi indagatori.
“Si, vengo da cagliari, sono un insegnante elementare”.
Se avessi voluto dare un’aria di mistero sulla mia persona, cosa che le donne che ho finora conosciuto hanno dimostrato di apprezzare, avevo sbagliato nettamente strada, in quattro parole le ho comunicato provenienza e professione, mi viene voglia di mordermi la lingua…
“Abitate a roma?”
“Si, sono qui per un lungo periodo, ma la mia sede è nelle marche, abitate a roma anche voi?”
Altre informazioni gratuite…
“Si, sono Romanissima.”
La convinco a visitare assieme a me la mostra, il contatto è stabilito alla meno peggio. Dimostra di essere una vera esperta di arte, al corrente delle ultimissime tendenze, e non solo pittoriche. Sguazza su disquisizioni artistiche come se fosse il suo ambito preferito, quello che sembra darle soddisfazione affrontare, anche stavolta mi sento inadeguato e cerco di non intervenire a sproposito visto che sono digiuno in materia.
“Ma imparo in fretta”, penso tra me.
Trascorro tutta la serata in sua compagnia, e dato che non ho mai perso il vecchio vizio di osservare i comportamenti della gente, osservo la sua gestualità: con grande disappunto devo rilevare che è praticamente assente. Penso tra me che mai ho incontrato persone che non accompagnassero le parole con seppur minimi movimenti delle mani, o espressioni facciali involontarie, ma lei fa eccezione. Eppure non dà l’impressione di essere una persona fredda, anzi, è abbastanza espansiva e non sembra trovarsi male con me. Ci scopriamo a ridere più di una volta e contemporaneamente per qualche battuta di spirito, venuta fuori così, improvvisa. Quando parla, dato che non posso osservarne la gestualità, mi scopro a guardarla inavvertitamente negli occhi un po’ troppo spesso, penso tra me che non devo esagerare, ma quegli occhi sono per me una specie di calamita. Vorrei che lei facesse altrettanto, ma avviene raramente, e quando incrocio il suo sguardo mi sento bene. Alla fine della serata, mi offro di accompagnarla a casa, ma lei dice di essere venuta con amici. Le dico che vorrei rincontrarla il prima possibile, mi dice che sarà il destino a decretare se e quando questo avverrà, e la vedo fare per la prima volta un gesto con le mani, che per quanto ne so non promette nulla di buono, un gesto dall'interno verso l'esterno, come per tenermi a distanza. Una bella serata rovinata da una manifestazione inconsapevole, da un gesto inconscio e inaspettato, che per chiunque non ha significati, ma a me risulta chiarissimo. La voglio incontrare di nuovo e al più presto, ma non ho nessun appiglio a cui sorreggermi, abbiamo parlato tutta la sera, ma non dei suoi interessi, e non mi ha fornito alcuna indicazione degli ambienti che frequenta, a parte naturalmente le mostre di pittura, lei, invece, conosce la mia vita alla perfezione, l’unico particolare che non le ho rivelato è il vero motivo che mi trattiene a roma. mi viene da pensare che se il nostro primo incontro fosse stata una lotta, lei avrebbe trionfato su di me, lasciandomi annichilito, sguarnito, spogliato e orrendamente perdente, senza alcuna attenuante. La notte ho sognato come se fosse un incubo, e ripetutamente, quell’impercettibile gesto che mi allontanava da lei.
Quando mi sveglio penso ancora a lei, ho memorizzato alla perfezione il suo viso, quegli occhi che raramente incontravano i miei, eppure quando questo succedeva mi davano vibrazioni positive, per la prima volta sento un coinvolgimento che non potrei scacciare neppure se volessi. Va da sé che le sere successive vengono trascorse in giro per roma, alla ricerca di qualche mostra, e lo sfogliare il giornale per scovare un’inaugurazione di avvenimenti artistici diventa obbligatorio. Trascorre ben più di un mese quando finalmente la rivedo di sfuggita, è a bordo di una macchina, lei non mi ha visto, ma io riesco a prendere il numero della targa, incarico Romano di prendere informazioni. E le informazioni arrivano in pochissimo tempo, la macchina appartiene ad una persona che abita nei pressi di via veneto, infatti, le molte volte che ci siamo recati in quella zona, l’abbiamo vista spesso parcheggiata a fianco di un bel palazzo dallo stile settecentesco. Romano, con la solita discrezione, si informa abbinando il cognome così scoperto al nome di Eleonora, ma arriva alla conclusione che in zona non abita nessuna persona utile alla sua ricerca, evidentemente il proprietario della macchina non è né suo padre, né un ipotetico fratello.
E continuano le nostre uscite notturne per rincontrare la mia ossessione. Il lavoro che sono costretto a svolgere mi pesa sempre più, e, dato che il regime è ormai stabilizzato, senza eccessivi disordini tra la popolazione, che ha trovato modo di campare senza troppe preoccupazioni, e i rivali del sistema annichiliti, il mio lavoro mi consente di operare senza assilli di nessun genere. Ma un giorno Duilio mi inonda la scrivania di una montagna incredibilmente grande di cartelle, mi domando quali siano i programmi del regime, dato che ogni volta che ricevo una quantità di materiale simile è in atto qualche strategia particolare, o qualche rilevante trasformazione. La totalità delle cartelle è composta da scritti del pontefice, di alti prelati, vescovi e qualche sacerdote. Eseguo il lavoro con lo stesso andazzo svogliato, e dedico molto più tempo a redigere i rapporti piuttosto che analizzare gli scritti. In una settimana termino il lavoro. Sono contento solo quando, ogni sera, sul tardi, mi lascio alle spalle l’entrata del palazzo, in compagnia di Romano, alla ricerca di Eleonora.
Abbiamo il privilegio di venire accolti in molti studi di pittori e scultori, i contesti dove più si sentono le spinte moderniste, molto più che in una mostra, in quanto possiamo venire a contatto con sperimentazioni che non sempre vengono messe a diretto contatto con la gente, una miriade di lavori e schizzi ritenuti spesso troppo innovativi per essere esposti. Mi piace stare a contatto con queste personalità, che dimostrano di essere quanto di più lontane da concezioni generalizzate, gente che con le sue opere esprime voglia di cambiamento e svecchiamento delle forme artistiche del passato, in sinergia al pensiero innovativo presente in tantissime forme di manifestazioni umane, nascono persino scienze completamente nuove, di pari passo con l’avanzare di nuove tecnologie, e tutto si evolve e si trasforma. Ormai vivo per la notte, il mio compito nel palazzo non mi attira più come prima, forse ho esaurito la spinta che mi invogliava a dedicare energie finalizzate al mio miglioramento professionale. Se prima guardavo con avidità un foglio da analizzare, ora sono entrato nell’ordine di idee che sto eseguendo semplicemente un lavoro, e mi dà fastidio la mia spontanea supponenza di essere arrivato a conoscere ogni segreto della grafologia, naturalmente così non è, solo che mi basta una rapida occhiata per avere la prima approssimativa impressione della personalità di chi ha redatto quel foglio. La maggior parte delle valutazioni successive sono spesso una conseguenza dell'esperienza conquistata. Eppure sono costantemente a contatto con una scienza sperimentale, che per definizione ha bisogno di ulteriori riscontri, ma in questo periodo non ho voglia di essere proprio io quello che darà impulsi decisivi al suo sviluppo, e mi accontento di svolgere il mio lavoro alla meno peggio, risparmiando energie per vivere la mia vita notturna. Durante la festa di inaugurazione di una mostra di un certo risalto, frequentata da personaggi importanti della capitale, vengo attirato dalle forme sinuose e slanciate di una donna intenta a gustare un calice di vino, ma non posso vederla in faccia in quanto mi volta le spalle, avvolta da un abito dal colore unico, di un rossastro abbastanza evidente, ma non sfacciato, capelli lunghi, ma raccolti per mezzo di una spilla. Abbandono Romano e cerco di vederla in viso, mi appare una pelle che sembra porcellana, due occhi profondi che prendono risalto da un trucco palesemente eseguito a regola d’arte, ma non pesante, il rossetto, quello si, è molto evidente, ma di una tonalità non troppo comune, l’abito rosso mette in evidenza una profonda, sottilissima scollatura, che lascia intravvedere una splendente collana argentata. I capelli castani, raccolti all’indietro con una semplice acconciatura, lasciano completamente libera sia la fronte, che una coppia di piccoli orecchini, della stessa fattura della collana.
L’impressione generale è che mi sembra di poter affermare che mi trovo alla presenza del mio ideale fisico di donna. Quando mi lancia, un inconsapevole, fugace sguardo, decido che devo assolutamente conoscerla, mi avvicino, le chiedo se il vino sia buono, e al suo gesto affermativo prendo un calice anch’io, dopo aver riempito il suo.
“Mi presento, sono Gavino”.
In quel momento mi sono sentito inadeguato, come può, uno che si chiama col mio nome, far colpo su una donna raffinata come lei, per giunta in un contesto altrettanto elegante?
“Eleonora, sarete sicuramente Sardo”.
Mi guarda con quei profondi occhi indagatori.
“Si, vengo da cagliari, sono un insegnante elementare”.
Se avessi voluto dare un’aria di mistero sulla mia persona, cosa che le donne che ho finora conosciuto hanno dimostrato di apprezzare, avevo sbagliato nettamente strada, in quattro parole le ho comunicato provenienza e professione, mi viene voglia di mordermi la lingua…
“Abitate a roma?”
“Si, sono qui per un lungo periodo, ma la mia sede è nelle marche, abitate a roma anche voi?”
Altre informazioni gratuite…
“Si, sono Romanissima.”
La convinco a visitare assieme a me la mostra, il contatto è stabilito alla meno peggio. Dimostra di essere una vera esperta di arte, al corrente delle ultimissime tendenze, e non solo pittoriche. Sguazza su disquisizioni artistiche come se fosse il suo ambito preferito, quello che sembra darle soddisfazione affrontare, anche stavolta mi sento inadeguato e cerco di non intervenire a sproposito visto che sono digiuno in materia.
“Ma imparo in fretta”, penso tra me.
Trascorro tutta la serata in sua compagnia, e dato che non ho mai perso il vecchio vizio di osservare i comportamenti della gente, osservo la sua gestualità: con grande disappunto devo rilevare che è praticamente assente. Penso tra me che mai ho incontrato persone che non accompagnassero le parole con seppur minimi movimenti delle mani, o espressioni facciali involontarie, ma lei fa eccezione. Eppure non dà l’impressione di essere una persona fredda, anzi, è abbastanza espansiva e non sembra trovarsi male con me. Ci scopriamo a ridere più di una volta e contemporaneamente per qualche battuta di spirito, venuta fuori così, improvvisa. Quando parla, dato che non posso osservarne la gestualità, mi scopro a guardarla inavvertitamente negli occhi un po’ troppo spesso, penso tra me che non devo esagerare, ma quegli occhi sono per me una specie di calamita. Vorrei che lei facesse altrettanto, ma avviene raramente, e quando incrocio il suo sguardo mi sento bene. Alla fine della serata, mi offro di accompagnarla a casa, ma lei dice di essere venuta con amici. Le dico che vorrei rincontrarla il prima possibile, mi dice che sarà il destino a decretare se e quando questo avverrà, e la vedo fare per la prima volta un gesto con le mani, che per quanto ne so non promette nulla di buono, un gesto dall'interno verso l'esterno, come per tenermi a distanza. Una bella serata rovinata da una manifestazione inconsapevole, da un gesto inconscio e inaspettato, che per chiunque non ha significati, ma a me risulta chiarissimo. La voglio incontrare di nuovo e al più presto, ma non ho nessun appiglio a cui sorreggermi, abbiamo parlato tutta la sera, ma non dei suoi interessi, e non mi ha fornito alcuna indicazione degli ambienti che frequenta, a parte naturalmente le mostre di pittura, lei, invece, conosce la mia vita alla perfezione, l’unico particolare che non le ho rivelato è il vero motivo che mi trattiene a roma. mi viene da pensare che se il nostro primo incontro fosse stata una lotta, lei avrebbe trionfato su di me, lasciandomi annichilito, sguarnito, spogliato e orrendamente perdente, senza alcuna attenuante. La notte ho sognato come se fosse un incubo, e ripetutamente, quell’impercettibile gesto che mi allontanava da lei.
Quando mi sveglio penso ancora a lei, ho memorizzato alla perfezione il suo viso, quegli occhi che raramente incontravano i miei, eppure quando questo succedeva mi davano vibrazioni positive, per la prima volta sento un coinvolgimento che non potrei scacciare neppure se volessi. Va da sé che le sere successive vengono trascorse in giro per roma, alla ricerca di qualche mostra, e lo sfogliare il giornale per scovare un’inaugurazione di avvenimenti artistici diventa obbligatorio. Trascorre ben più di un mese quando finalmente la rivedo di sfuggita, è a bordo di una macchina, lei non mi ha visto, ma io riesco a prendere il numero della targa, incarico Romano di prendere informazioni. E le informazioni arrivano in pochissimo tempo, la macchina appartiene ad una persona che abita nei pressi di via veneto, infatti, le molte volte che ci siamo recati in quella zona, l’abbiamo vista spesso parcheggiata a fianco di un bel palazzo dallo stile settecentesco. Romano, con la solita discrezione, si informa abbinando il cognome così scoperto al nome di Eleonora, ma arriva alla conclusione che in zona non abita nessuna persona utile alla sua ricerca, evidentemente il proprietario della macchina non è né suo padre, né un ipotetico fratello.
E continuano le nostre uscite notturne per rincontrare la mia ossessione. Il lavoro che sono costretto a svolgere mi pesa sempre più, e, dato che il regime è ormai stabilizzato, senza eccessivi disordini tra la popolazione, che ha trovato modo di campare senza troppe preoccupazioni, e i rivali del sistema annichiliti, il mio lavoro mi consente di operare senza assilli di nessun genere. Ma un giorno Duilio mi inonda la scrivania di una montagna incredibilmente grande di cartelle, mi domando quali siano i programmi del regime, dato che ogni volta che ricevo una quantità di materiale simile è in atto qualche strategia particolare, o qualche rilevante trasformazione. La totalità delle cartelle è composta da scritti del pontefice, di alti prelati, vescovi e qualche sacerdote. Eseguo il lavoro con lo stesso andazzo svogliato, e dedico molto più tempo a redigere i rapporti piuttosto che analizzare gli scritti. In una settimana termino il lavoro. Sono contento solo quando, ogni sera, sul tardi, mi lascio alle spalle l’entrata del palazzo, in compagnia di Romano, alla ricerca di Eleonora.
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