domenica 11 giugno 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Diciottesima e ultima parte
domenica 4 giugno 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Diciasettesima parte
domenica 28 maggio 2023
IL GRAFOLOGO di Mariano Abis Sedicesima parte
Ed eccolo arrivare, due giorni dopo, il mio grande amico, appena mi vede il suo viso si illumina improvvisamente, saluta Romano e ci abbraccia forte. La sera, durante la cena, espone le decisioni prese dai dirigenti della resistenza, c’è bisogno di lui in una zona molto problematica, e di sicuro molto più pericolosa: dovrà andare a dirigere le azioni dei partigiani all’estremo nord est della nazione, in friuli. Spiega i motivi della decisione, e di come l’esercito Germanico abbia estrema necessità di avere uno sbocco al mare, e se i territori più a sud non potessero essere difesi, non rinunceranno certo volentieri al porto di trieste. E così il comando sui monti sibillini verrà preso dallo scrittore Sardo. Lupo invita me e Romano a valutare se restare qui o seguirlo, insieme ad una dozzina di uomini. La nostra decisione è naturalmente quella di stare al suo fianco, e due giorni dopo ci vede salutare il nostro amico scrittore, due motociclette ed un camion si mettono in viaggio verso i confini orientali della nostra nazione. Una delle moto precede il camion di due chilometri, per avere il tempo di avvisare i suoi occupanti, nel caso più avanti ci fossero problemi, l’altra lo segue. Il manipolo di uomini è armato di tutto punto, sono state scelte le persone più motivate, molte di loro hanno ben poco da perdere se non la propria vita, e sono addestratissime. Durante il viaggio, Lupo scherza mettendo in risalto il fatto che io sono il solo a non avere una preparazione militare adeguata, controbatto che ho avuto un insegnante di tutto rispetto, Romano, che però mi lancia uno sguardo quasi di commiserazione, molto più eloquente di qualsiasi parola. Il lungo viaggio continua, non mancano i pericoli e le lunghe attese nella speranza che vengano tolti i molti posti di blocco dei militari Tedeschi che abbiamo incontrato, e viaggiamo di giorno quando si tratta di attraversare zone collinose e poco abitate, ma costretti ad avanzare di notte nei tratti delle zone pianeggianti. Un tragitto interminabile, che se avessimo percorso in tempi di pace, scegliendo le strade più agevoli, si sarebbe concluso in un giorno, ma dovendo scegliere itinerari alternativi, si prolunga di molto.
Ma alla fine, una sera, arriviamo nella regione di destinazione, una decina di partigiani ci aspettano in una località stabilita in precedenza, sulle riva del fiume tagliamento, e insieme lo attraversiamo.
domenica 21 maggio 2023
IL GRAFOLOGO di Mariano Abis quindicesima parte
IL GRAFOLOGO di Mariano Abis quindicesima parte
Dicendo quelle parole guardava soprattutto in faccia il mio amico, in modo intenso, mentre al sottoscritto lanciava solo qualche raro sguardo di sfuggita. Romano risponde che avremmo dovuto consultarci, e gli chiede il tempo sufficiente a decidere in tutta tranquillità, da soli. Il capo non ha nessun problema ad assecondare la richiesta, e ci lascia liberi di scegliere un posto tranquillo. Decidiamo di fare una passeggiata lontano da orecchie e occhi indiscreti, e quando siamo sicuri di non essere controllati discutiamo sul da farsi.
Lui non ha nessuna remora ad assecondare la richiesta del capo, dicendo che è restato troppo tempo senza entrare in azione, e quasi gli fa piacere un po’ di movimento e adrenalina, del resto è un militare e quello che gli si chiede non fa parte che del suo mestiere, nel quale si sente preparatissimo. Altro discorso è la mia posizione, seppure convinto di dare anch’io una risposta positiva, non saprei quali mansioni potrei svolgere, dato che non ho mai preso in mano un’arma. In un quarto d’ora abbiamo preso la nostra decisione, e la comunichiamo al capo, che resta favorevolmente colpito dalla rapidità che abbiamo dimostrato. Inizia così il mio addestramento alle armi, un’eventualità che mai avrei pensato potesse accadere, data la mia repulsione per simili aggeggi, ma me ne faccio una ragione e quasi provo un senso di forza quando mi mettono in mano un fucile e una pistola. Ma quando si tratta di centrare qualche improvvisato bersaglio, i miei limiti sono orrendamente evidenti.Viene delegato il mio amico a rendere la mia persona un combattente, ma dopo qualche giorno si accorge che la missione è quasi impossibile.
domenica 14 maggio 2023
IL GRAFOLOGO di Mariano Abis quattordicesima parte
domenica 7 maggio 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Tredicesima parte
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Tredicesima parte
Sono presenti elementi grafologici che richiamano alla mente ramponi, aguzzi arpioni, e segni esageratamente appuntiti, e una tendenza ad una scrittura anomala, e talvolta discendente in maniera eccessiva; e non voglio andare oltre nell’analisi particolareggiata, dato che qua e là compaiono segnali di una intima sofferenza persino troppo accentuata, una relazione che deve essere per forza particolareggiata, una scrittura così inusuale, che raramente ho visto nel corso della mia esperienza; caratteri così interlocutori sarebbero poco rilevanti se in presenza di un personaggio dall’intelligenza nella norma, ma qui mi trovo di fronte agli scritti di una persona che dimostra grandissima intelligenza, e a quanto ne so grande acume oratorio, ma con una possibile aridità, accentuata all’inverosimile nei sentimenti, mentre pretende dagli altri grande considerazione per la sua persona, e predisposizione a stati di esaltazione estrema in prospettiva di azioni future, ma grande tendenza alla depressione se i risultati non fossero quelli sperati, con conseguente caduta verticale del suo auto referenziarsi, che porterebbero a stati di prostrazione assoluta. Non vorrei che fossero in atto contatti tra il nostro dittatore e quello preso in esame, penso che i risultati sarebbero deleteri. Nella parte finale della mia relazione affermo chiaramente che siamo di fronte a un personaggio dalla psicologia enigmatica, e dalla volontà incrollabile, quando supportata da ottimismo.
domenica 30 aprile 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Dodicesima parte
domenica 23 aprile 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Undicesima parte
“Appartengo ad un’organizzazione anarchica che ha deciso di eliminare il dittatore, e se in genere agiamo singolarmente, stavolta abbiamo deciso di non rischiare e organizzare per bene un attentato. Eravamo in sette, ma ancora prima di agire, due miei compagni sono stati picchiati e sequestrati dagli squadristi, che però erano sicuramente ignari della decisione presa, e noi abbiamo continuato ad organizzare l’azione, non è la prima volta che abbiamo avuto grosse noie senza andare a cercarcele. Per un motivo o per un altro, la decisione è stata rimandata più volte, a roma abbiamo deciso che là saremmo entrati in azione, aspettando un’occasione favorevole, ma ancor prima di agire, un mio compagno è stato arrestato, mentre un altro è stato ferito e bastonato, perché trovato in possesso di un’arma, un terzo, riconosciuto e inseguito, ma salvo, ha detto di voler espatriare in svizzera, un altro verso nord, ed io sono rientrato in questa zona, ma penso che sappiano esattamente chi siamo, infatti mi stanno cercando, anche se non ho avuto modo di compiere alcuna azione, evidentemente hanno deciso di arrestare tutti gli anarchici, a prescindere da eventuali colpe. Essere venuto qui proprio ora che ci sei tu penso sia un grosso rischio per entrambi, e infatti tra un po’ vado via, se ci dovremo vedere sarà in un altro posto”.
domenica 16 aprile 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Decima parte
domenica 9 aprile 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Nona parte
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Nona parte
Il mio pensiero va a Lupo.
domenica 2 aprile 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Ottava parte
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Ottava parte
La sera vengo convocato dal tizio di nome Duilio, che reputo sia il mio diretto superiore, finalmente ne posso osservare il volto, dato che non c’è più quella fastidiosa luce di fronte, un viso minuto e scavato all’inverosimile, si possono intuire facilmente le forme sottostanti la sottilissima pelle che ricopre il viso, gli occhialini circolari dall’impercettibile montatura argentata, un aspetto generale e movenze che ricordano il fare di un burocrate orgoglioso della sua funzione, gentilmente mi chiede come abbia valutato gli ultimi avvenimenti, ma meno gentilmente mi chiede se abbia finalmente capito che qui la mia vita sarà ben migliore della insignificante esistenza trascorsa finora. Mi dà fastidio la sua supponenza riguardo a valutazioni che spettano solo a me, come se vorrebbe indirizzare la mia vita dove vuole lui, ma a pensarci bene, devo ammettere di non aver alcuna capacità decisionale, tra me però penso che svolgerò il mio lavoro nella maniera che riterrò più adeguata, senza intrusioni da parte di nessuno, tantomeno sue, dal momento che reputo chi ho di fronte la persona che, a pelle, mi ispira meno fiducia di tutte quelle che ho incontrato finora, con quella gestualità che a me risulta chiarissima, gesti che denotano ricerca di superiorità verso di me, che sono presumibilmente un suo sottoposto, gestualità che immagino nettamente dissimili quando si trova di fronte a un suo superiore.
Quel suo agitare debolmente le mani, con movimenti verso se stesso, non mi ispira fiducia, penso di avere di fronte una persona estremamente negativa ed egoista, pronta però a sottostare in maniera troppo visibile, quando si dovesse trovare al cospetto di persone che possono decidere per lui. Dalla gestualità che esprime posso immaginare a grandi linee quale possa essere la sua scrittura, devo assolutamente impadronirmi di un suo manoscritto per avere conferme delle mie impressioni. Mentre parla, immaginando già cosa mi dovrà dire, cerco di escogitare qualche stratagemma per impossessarmi di un suo scritto, e dopo un minuto ho già la mia strategia pronta allo scopo. Mi dice che la mia unica occupazione sarà quella di analizzare volta per volta le varie scritture che mi verranno sottoposte, e, come per minacciarmi, o per invogliarmi ad eseguire coscientemente il mio lavoro, mi comunica che quelle scritture saranno sottoposte anche ad un altro grafologo presente nel palazzo, mi dice esplicitamente di non fare il furbo.
domenica 26 marzo 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Settima parte
All’alba arriviamo a roma, con la falsa gentilezza che dimostrano, mi invitano a salire le scale di un sontuoso palazzo, uno di loro mi afferra con forza un braccio, e mi spinge su per le scale, verso un grande e robusto portone presidiato da due brutti ceffi, anche loro quasi irriconoscibili, due personaggi molto simili nella corporatura e nell’abbigliamento ai miei due “amici” compagni di viaggio, cerco di scoprire se all’entrata ci sia una qualche indicazione o cartello che espliciti la funzione di quel palazzo e quella dei suoi occupanti, ma, seppure da fuori sembra che abbia l’aspetto di una serie di uffici, che sembrerebbero di rappresentanza, non trovo alcuna indicazione utile; essendo molto presto penso che la mia curiosità resterà tale ancora per un po’ di tempo. Vengo accompagnato al piano di sopra, noto che la costruzione è massiccia in modo eccessivo, grossi marmi pregiati dappertutto, la scala è di una larghezza spropositata, per niente ripida, grosse colonne la affiancano, qua e là altri uomini dall’abbigliamento simile a quello dei miei accompagnatori, sono intenti a presidiare le varie porte, massicce e altissime, chi ha costruito quel palazzo aveva sicuramente l’ordine di abbondare nei materiali, e dare l’impressione a chi sarebbe entrato, di aver a che fare con personaggi di grande rilevanza. Tutto qui mette soggezione, a cominciare dai guardiani dei vari ambienti, robusti, molto alti e con posture poco rassicuranti. Ho l’impressione di trovarmi in una fortezza discreta, ma presidiatissima, tra me penso che sia una struttura collegata con il ministero degli interni, occupata da personaggi di grande rilevanza, non si spiegherebbe altrimenti la presenza ingombrante di così tanti guardiani.
domenica 19 marzo 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Sesta parte
IL GRAFOLOGO romanzo di Mariano Abis, sesta parte
Un giorno mi trovo a casa sua, lui mi mette in mano gli scritti delle due persone di cui desideravo analizzarne la grafia. La scrittura del mio conterraneo non contiene, secondo me, particolari segni negativi, e la giudico positivamente sotto tutti gli aspetti. Non è né disarmonica, e nemmeno contorta, con qualche variazione di calibro, abbastanza orizzontaleggiante, e dimostra di dare molta importanza alla passione quando si imbarca su argomenti e azioni prossimi a venire. Denota una certa dose di ottimismo e progressività verso il futuro. Noto dalla scrittura, che caratterialmente possiede un forte decisionismo, e che le sue scelte sono estremamente ponderate, ma che una volta decise, non andrà mai contro il suo pensiero, e sarà suo intendimento portarle avanti con forza, incurante di ogni pericolo, una persona tosta, insomma, che rispecchia il carattere diffuso delle sue origini. Non esistono, però, elementi troppo accentuati che mi facciano pensare ad una tendenza ad essere particolarmente sovversivo, piuttosto denota senso di equilibrio, intelligenza e assertività.
domenica 12 marzo 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis quinta parte
Ma l’intelligenza dimostrata non è stata una casualità, e derivava da azioni messe in atto anni prima, con la costituzione di un movimento che aveva caratteristiche che si ispiravano a concetti militari, e che due anni dopo si trasformarono in un vero e proprio partito politico, quello che gli avrebbe consentito di prendere il potere. Lupo mi dice che tra i primissimi appartenenti a quel movimento, seppure lui stesso fosse già indirizzato verso concezioni anarchiche, c’era anche lui, ma pan piano il suo pensiero si è indirizzato verso le tematiche espresse dal mio conterraneo. Differenze sostanziali riguardo alla gestione della cosa pubblica, il mio conterraneo coi pensieri rivolti alla povera gente, con azioni che prevedevano solo decisioni democratiche, il secondo, grande trascinatore di folle e politico di razza, attento all’economia e a non pestare i piedi a categorie di persone che sarebbero state utili in seguito, con risoluzioni personali. Però la sua formazione socialista fa parte integrante della sua personalità, e almeno per i primi tempi è stata tenuta ben presente, influenzando la sua personalità politica, e quando, ancora due anni dopo ha vinto le elezioni in un clima di pesante violenza creata dai suoi sostenitori, decide in cuor suo che approfitterà degli eventi per prendere decisamente il potere, attuando altre prove di forza per trasformare la nazione a suo piacimento, strategie decise per tempo e che evidenziano lungimiranza.
domenica 5 marzo 2023
IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis quarta parte
Mi dice che, nonostante fermo sia trapuntata da innumerevoli luoghi di culto, non reputa i suoi concittadini particolarmente bigotti, semmai ha altri appunti da contestare loro, specie in ambito politico e sociale. Mi invita a pranzo a casa sua, non prevedevo certo una simile eventualità, ma accetto di buon grado. Mette sul fuoco uno spezzatino che in fase di cottura emana un simpatico aroma di aceto, e sul tavolo un bottiglione di vino nero e un po’ di insalata, poi apre gli sportelli di un armadio dalle dimensioni importanti, mi aspetto di vedere stoviglie o non so che altro, ma resto stupito alla vista di una colossale montagna di giornali, e qualche libro. Mi spiega che per lo più sono stati racimolati qua e là, e ogni articolo di carattere politico e sociale spulciato attentamente. Mi sono sempre piaciute le persone particolari, ma la sua personalità è così spiccata che mi risulta persino ingombrante, se continuerà il mio relazionarmi con lui, non sarà certo in tranquillità, o per parlare di luoghi comuni, e dovrò adeguarmi alle sue dissertazioni poco convenzionali. Parla continuamente del mio conterraneo, i suoi articoli lo appassionano, e seppure le due visioni politiche e sociali differiscono sensibilmente, mi dice che il suo anarchismo è stemperato da concezioni socialiste che ha sempre avute. L’ingombrante armadio pieno come un uovo, mi ricorda un mio mobile dove stipavo quantità industriali di manoscritti, a convalida delle mie teorie sullo studio dei segni lasciati sui fogli. Gliene parlo, e mi dico curioso di analizzare la sua grafia, al che lui non ha problemi di sorta, anzi va in direzione dell’armadio ed estrae un fascicolo che sottopone alla mia attenzione: si tratta di articoli pubblicati da un francescano suo conterraneo, che sta cercando di rendere scientificamente plausibili le sue originali conclusioni riguardo a una materia completamente nuova, che chiamano grafologia. Mi rendo conto di essere di fronte a una persona dagli innumerevoli interessi, portati avanti con competenza, d’ora in poi, quando parlerà di qualsiasi argomento, dovrò pensare che le sue parole non saranno buttate giù a caso, ma correlate da informazioni dettagliate. Non avrei mai immaginato che la mia predisposizione all’analisi dei segni fosse in qualche modo condivisa da altri, per di più dalla esperienza nettamente superiore alla mia, e i suoi articoli, e i libri pubblicati, sono già conosciuti in zona da qualche appassionato; stanno uscendo in questo periodo le sue pubblicazioni scientifiche su un giornale bolognese, di cui il mio amico ha la raccolta completa; il Lupo solitario è tale solo in relazione alle persone, non certo quando si tratta di assimilare concetti emergenti, una persona che volge il suo sguardo al futuro, appassionato di argomenti poco conosciuti e dibattuti, con una cultura impensabile se paragonata al suo aspetto dimesso, ma che, con quei capelli arruffati e i modi di fare sembra piuttosto un intellettuale con cui è problematico ogni confronto.
domenica 19 febbraio 2023
IL GRAFOLOGO romanzo di Mariano Abis parte seconda
domenica 12 febbraio 2023
IL GRAFOLOGO romanzo di Mariano Abis parte prima
Quando arrivò l’ordine di rientrare per consumare il pranzo al sacco, quasi mi dispiaceva abbandonare l’opera, e speravo che non venisse distrutta da qualche persona di passaggio che ancora affollava la spiaggia cagliaritana del poetto. Era la prima volta che vedevo il mare, e quella enorme, lunghissima e larga curva di candida sabbia, era inimmaginabile fino al giorno precedente; rientrai verso la comitiva di una ventina di persone che avevano monopolizzato lo spazio accanto a un gruppo di alberi, a un centinaio di metri dalla battigia. Più in là stavano già consumando la loro biada quattro cavalli, a ridosso dei loro carretti e calessi. Mi sistemarono accanto a un gruppo di bambini più piccoli di me, e cominciammo a mangiare, io facevo attenzione a non saziarmi troppo perché a fine pasto avremmo consumato quattro enormi angurie che i miei genitori avevano portato. Avevo appena scoperto che mio padre svolgeva un lavoro ritenuto antipatico dalla generalità delle persone del mio paese, era cioè “su cummossariu”, l’esattore delle tasse alle dipendenze dello stato, una persona cioè che sottraeva denari alla gente, ma le persone presenti sembravano dimostrare di essere sue amiche, tre famiglie che anche in passato avevano fatto gite in compagnia della mia. Avevo così scoperto che attorno al mio paese esistevano posti bellissimi, una splendida cascata nei pressi di biddaxidru, a venti chilometri dalla contrada di sorres, il mio paese, e un folto bosco in un paese ancora più in là, a gonnos; là erano attive delle miniere, come pure in territorio del mio paese, sulla strada per biddaxidru. Ero attirato dai monti, che disegnavano delle linee che si stagliavano sul cielo, al contrario del paesaggio monotono e piatto delle campagne di sorres.
A fine pasto consumai la mia porzione di anguria, ma non completamente, dato che uno degli amici di mio padre mi aveva favorito e aveva riservato per me la fetta più grossa. Mi veniva spontaneo osservare i gesti che ciascuno compiva, siano stati adulti o bambini, notavo che ciascuno aveva un suo modo particolare di eseguire lo stesso gesto, per esempio, notavo che il taglio dell’anguria che mio padre compiva, era dissimile dalla tecnica adottata da mia madre. E quando parlavano, il modo di gesticolare di ciascuno di loro differiva da quello degli altri, e attirava la mia attenzione. Mi obbligarono a giocare con gli altri bambini, ciò mi dispiaceva perché avrei lasciato la mia opera d’arte incustodita, in balia delle persone che avrebbero affollato la spiaggia per il riposino pomeridiano.
Trascorrevo la mia infanzia in modo sereno, mio padre dimostrava di non avere problemi economici, e le mie tre sorelline, venute al mondo in anni alterni, vedevano in me una persona amica che le avrebbe difese in qualunque occasione, seppure un po' dispettoso nei loro riguardi. Notavo che i miei genitori erano sempre ben vestiti, al contrario degli agricoltori e allevatori del mio paese, inoltre sentivo già dalle prime ore del mattino, quando era ancora buio, dei rumori di gente al lavoro, per accudire gli animali che ciascuna famiglia possedeva, siano stati essi buoi o maiali, o animali da cortile, mentre i miei genitori si alzavano ogni giorno col sole già spuntato da un pezzo. Il compito di mia madre, per quanto ne sapevo, era invece quello accudire la casa e le sorelline, e di prepararmi per andare a scuola. Un’infanzia felice, senza problemi di sorta, il mio unico compito era quello di ottenere buoni risultati a scuola, e non fare capricci o disubbidire, né ai miei genitori, né alla maestra, e nemmeno alla catechista che vedevo ogni domenica, dopo aver assistito alla messa delle nove. Mi pesavano però i compiti giornalieri, che mi sottraevano tempo per il gioco. Ma quando finalmente avevo svolto l’ultimo compito della giornata, potevo andare ad incontrare i miei amici, avevamo una fantasia nel scegliere i giochi, che probabilmente i ragazzi di oggi nemmeno immaginano. Potevamo scegliere tra una miriade di giochi diversi, la classica partita con pallone mezzo sgonfio e consumato irrimediabilmente, e a volte costruito da noi stessi, con pezzi di stoffa, oppure un gioco, anch’esso a squadre, che mi attirava molto, chiamato “bara”, nel quale bisognava mettere in campo velocità, decisioni immediate in sinergia coi compagni e un pizzico di strategia concordata, oppure uno che mi piaceva meno, quello de “is cuaddus fortis”, un gioco che obbligava a sopportare il peso dei compagni, che con un balzo, atterravano sulla schiena di quattro compagni, il gioco terminava quando uno di essi non riusciva più a sopportarne il peso. Ma il gioco che più attirava la mia attenzione era quello denominato “sa strumpa”, cioè una sorta di lotta tra due contendenti, soggetto a regole precise, adottate solo nella mia terra, e non esattamente condivise nelle varie zone. Era un gioco essenzialmente di forza, ma non mancavano elementi che richiamavano a tecniche personali, specie all’inizio della contesa, o quando uno dei due contendenti riusciva a liberarsi dalla morsa dell’avversario. Noi ragazzini osservavamo le lotte tra ragazzi più grandi di noi, o tra adulti, e scimmiottavamo i loro movimenti, dal canto mio mi piaceva osservare la gestualità messa in campo, ma se obbligato a cimentarmi personalmente, non mi ispirava troppe simpatie.
Ricordo i giochi con le trottole, che un artigiano costruiva, in cambio di commissioni o pezzi di ulivo, materiale usato per lo più per la loro costruzione, ma non disdegnava realizzare con essi “panastaggius”, semplicissimi mobiletti da appendere sui muri, per custodire i piatti più belli, a vista, grosse stoviglie o mortai, tutti attrezzi che trovavano collocazione in cucina. Preferivo i giochi che comportavano grande manualità, o dinamicità, mi attiravano meno i giochi di forza. Ciascuno di noi possedeva più di una trottola, di dimensioni diverse, io avevo, tra le altre, la mia preferita, “su pisuncheddu”, dalle dimensioni ridotte. Anche durante questo gioco osservavo con attenzione la gestualità che ciascun compagno metteva in campo, e, conoscendo alla perfezione il carattere di ciascuno, traevo conclusioni tra la sua personalità e i gesti che eseguiva. Facevamo un altro gioco che consisteva nel riuscire ad addossare ad un muro, il più vicino possibile ad esso, dei cerchi metallici, chi si avvicinava maggiormente, aveva diritto a impossessarsi dei cerchi dei compagni di gioco, se non ricordo male il nome di quel gioco era “sponda”. Poi esisteva un gioco chiamato “a muncadoreddu”, che consisteva nell’impossessarsi di un fazzoletto di tela senza venire toccato dall’avversario di turno, una volta venuto in possesso dello stesso; questo gioco si eseguiva con due squadre contrapposte, mentre la generalità degli altri giochi era per lo più individuale.
Oggi, se un ragazzo vuole possedere un fucile finto, basta mettersi in tasca qualche lira, ed ecco che l’arma è a disposizione, ma noi dovevamo scegliere un pezzo di legno, sagomarlo nella forma voluta, procurarci degli elastici e delle mollette che le nostre madri usavano per appendere i panni, e assemblare il tutto, ciò richiedeva fantasia e manualità, quella manualità che mi è sempre piaciuto osservare, mentre ora i ragazzi la esprimono solo quando hanno in mano oggetti non costruiti da loro e più sofisticati, con modalità per lo più ripetitive. Il gioco che più mi metteva apprensione, ma che preferivo, perché coinvolgente e pericoloso, era il gioco della “mira”, un gioco che si concludeva solo quando uno dei contendenti restava ferito. La mia contrada, convenzionalmente, è divisa in tre parti, chiamiamoli borghi, uno era quello in cui abitavo io, denominato “de prazz’e cresia”, la piazza di chiesa, poi c’era quello de “sa stazioni”, la stazione ferroviaria, infine quello che giudicavamo più agguerrito e determinato, de “su guventu”, il convento, loro mettevano in campo un senso di appartenenza molto superiore a quello degli altri due borghi, ciascuno di essi aveva la sua squadra di ragazzini, che ricorda le bande così ben descritte dal Molnar, nel capolavoro dei ragazzi della via pal. Se si trattava di fare una partita a pallone, i componenti di una delle squadre dovevano necessariamente appartenere allo stesso borgo, e nel gioco della mira questa regola era ancora più ferrea. Poteva scegliere l’appartenenza solo chi abitava sui confini, che erano però abbastanza ben definiti.
Il gioco consisteva nell’armarsi, ciascun componente, di una determinata quantità di pietre, dalle dimensioni codificate, che non potevano superare una certa grandezza, e lanciarle all’indirizzo della squadra avversaria, a volte si verificavano alleanze, altre volte qualcuno barava sulle dimensioni delle pietre, ed il gioco terminava solo quando qualcuno veniva colpito duramente, in genere quando appariva una ferita che sanguinava. Quando qualche squadra non osservava le regole, o metteva in campo azioni sleali, o sotterfugi non concessi, veniva giudicata da una sorta di tribunale estemporaneo, istituito lì per lì, e la pena era la denigrazione generale. Quel gioco, seppure collettivo, metteva in evidenza il coraggio di ciascuno, contavano anche astuzia e rapidità di movimenti, capacità di stringere alleanze, avevano rilevanza implicazioni logistiche, e una buona dose di informazioni, carpite in tutti i modi possibili e immaginabili.
Tra i nostri passatempi preferiti figuravano altri giochi relativamente pericolosi, tra i quali i furti di frutta in campagna, avevamo la necessità di arrampicarci sugli alberi, e svolgere il lavoro in brevissimo tempo, per non dar modo ai molti contadini che affollavano allora le campagne, di identificarci. Ma ciò, però, avveniva molto spesso, e al rientro a casa, all’imbrunire, qualcuno di noi doveva subire i rimproveri dei genitori, e qualche volta anche le loro punizioni che prevedevano qualche salutare ceffone. Non ricordo, però, una sola volta in cui sono stato punito in modo violento, o brutale, piuttosto dovevo subire restrizioni sulle cose che mi piacevano, prima fra tutte, il divieto di uscire per la sera successiva, mentre qualche mio compagno di marachella a volte si presentava a scuola con evidenti segni sulla guancia. Altre attività a noi gradite erano la ricerca dei nidi di uccelli sugli alberi, o la pesca con attrezzi inadeguati di trote o anguille nei due fiumi che costeggiano il mio paese, e la ricerca di asparagi, fichi d’india o funghi. Ciascun borgo aveva al suo interno una dozzina di gruppi omogenei, ciascuno accomunato da realtà tra le più disparate, il mio gruppo, per esempio, composto da meno di dieci elementi, forse il meno numeroso di tutti, aveva la caratteristica di essere composto da compagni di classe, ed era quasi impossibile accedervi se non dopo una prova, a dimostrazione del fatto che il nuovo arrivato dovesse essere dotato di grande coraggio. Ricordo ancora oggi la prova a cui io stesso fui sottoposto, nonostante facessi parte del piccolo gruppo originario. I miei amici, a mia insaputa, trascorsero tutta la serata in preparazione dell’evento, mettendo in atto strategie volte a mettermi paura, esplicitando i rischi che correvo per la mia abilitazione. Uno di loro, per esempio, raccontò che fu sottoposto alla stessa prova che attendeva me, cioè attraversare il camposanto in una notte senza luna, da solo; fu così che, una volta all’interno, inciampò in un tombino che era parzialmente crollato, e si trovò lungo disteso a far compagnia alle ossa del suo inquilino, un altro uscì terrorizzato a causa di improvvisi bagliori. Inoltre avrei dovuto scappare da casa nel pieno della notte, incorrendo in punizioni da parte dei miei genitori, nel caso fossi stato scoperto. Oltre il coraggio, bisognava avere quindi anche atteggiamenti volti ad eseguire in modo intelligente il compito.
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