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sabato 21 dicembre 2024

Putin: i sionisti satanici stanno facendo la pulizia etnica dei cristiani in Ucraina

thepeoplesvoice.tv

Secondo il presidente russo Vladimir Putin, i cristiani in Ucraina sono oggetto di pulizia etnica da parte di "malvagi satanisti".


La più grande chiesa cristiana in Ucraina è presa di mira perché il paese è gestito da una setta satanica, ha avvertito Putin. Il leader ucraino Vladimir Zelensky e molti dei suoi associati sono ebrei etnici ma non sono mai stati visti in una sinagoga, ha aggiunto.

Rt.com riporta: La Chiesa ortodossa ucraina (UOC) è stata messa al bando da Zelensky all'inizio di quest'anno per presunti legami con Mosca. Parlando alla sua conferenza stampa di fine anno giovedì, Putin ha descritto la mossa come una "palese violazione dei diritti umani, dei diritti dei credenti".

"La chiesa viene fatta a pezzi davanti al mondo intero. È come un'esecuzione tramite un plotone di esecuzione", ha aggiunto.

mercoledì 27 marzo 2024

Il genero sionista di Trump, Jared Kushner, chiede la pulizia etnica di Gaza per “finire il lavoro”

Jared Kushner
Di Jake Johnson,

Kushner, che è stato uno dei principali consiglieri di Trump per il Medio Oriente, ha affermato che “le proprietà sul lungomare di Gaza potrebbero essere molto preziose” e hanno esortato Israele a “ripulirle”.


Jared Kushner, genero dell’ex presidente e presunto candidato repubblicano al 2024 Donald Trump, ha dichiarato in una recente intervista che se fosse responsabile della politica israeliana, spingerebbe i civili di Gaza in Egitto o nel deserto israeliano del Negev, una proposta che i critici la denunciarono come pulizia etnica .

"Vuoi portare via da Rafah il maggior numero possibile di civili", ha detto Kushner al presidente della facoltà dell'Iniziativa per il Medio Oriente dell'Università di Harvard, Tarek Masoud, in un'intervista dell'8 marzo che è stata ampiamente diffusa martedì. “Penso che tu voglia provare a chiarirlo. So che con la diplomazia forse riuscirai a farli entrare in Egitto."

domenica 15 ottobre 2023

Le Nazioni Unite avvertono di pulizia etnica di massa mentre i rifugi per i rifugiati traboccano


I funzionari pubblici israeliani hanno apertamente chiesto il ripetersi di eventi storici che hanno causato lo sfollamento di un milione di palestinesi

I palestinesi di Gaza si trovano ad affrontare una pulizia etnica di massa mentre Israele ordina a metà della popolazione della striscia densamente popolata di evacuare tra i continui bombardamenti aerei e la diminuzione delle risorse sul terreno, hanno avvertito sabato gli esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite.

In nome dell’autodifesa, Israele sta cercando di giustificare ciò che equivarrebbe a pulizia etnica ”, ha detto la relatrice speciale delle Nazioni Unite Francesca Albanese, sottolineando che “ Israele ha già effettuato una pulizia etnica di massa dei palestinesi sotto la nebbia della guerra. "
C’è il grave pericolo che ciò a cui stiamo assistendo possa essere una ripetizione della Nakba del 1948 e della Naksa del 1967, anche se su scala più ampia”, ha avvertito, riferendosi alle espulsioni di massa da parte di Israele di almeno 1 milione di palestinesi dalle loro case e dalle loro case. terra nel 1947-48 e nel 1967. “ La comunità internazionale deve fare di tutto affinché ciò non accada di nuovo ”.

giovedì 13 luglio 2023

La Polonia vuole che l'Ucraina ammetta la colpa per il massacro della seconda guerra mondiale legato ai nazisti

Commemorazioni in Polonia per le vittime delle uccisioni di massa da parte dei nazionalisti ucraini © Aleksander Zielinski / Cancelleria del Sejm
News
I nazionalisti che hanno condotto atti di pulizia etnica sono stati celebrati da Kiev come eroi indipendentisti. La responsabilità per le uccisioni di massa di polacchi da parte dei nazionalisti ucraini durante la seconda guerra mondiale è essenziale per la riconciliazione tra le due nazioni, ha affermato una risoluzione approvata dalla camera bassa del parlamento di Varsavia.

Il documento è stato adottato dai legislatori del Sejm martedì, quando la Polonia ha commemorato le vittime delle atrocità in tempo di guerra in Volinia e nella Galizia orientale 80 anni fa. I membri dell'Esercito insorto ucraino (UPA), l'ala militante dell'Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN), sono stati i principali autori dei crimini, che la Polonia considera un atto di genocidio.

domenica 12 febbraio 2023

IL GRAFOLOGO romanzo di Mariano Abis parte prima


IL GRAFOLOGO 

Romanzo di Mariano Abis prima parte

La calda mattinata di inizio autunno volgeva al termine, i miei genitori mi avrebbero chiamato a breve per il pranzo, misi il maglioncino per non ricevere da loro ramanzine, e smisi di giocare con la sabbia, mi fermai ad ammirare l’opera d’arte che avevo realizzato. Stranamente non soffiava un filo di vento, e i segni che avevo lasciato sulla sabbia non avevano subito modifiche durante il corso della loro realizzazione. Ma non avevo costruito castelli o che altro, semplicemente avevo lasciato dei segni ripetitivi che richiamavano la mia data di nascita: … zero uno, zero uno, diciannove, zero uno… Girai intorno a quei segni per ammirarli da ogni posizione, come al solito mi comunicavano qualcosa, sia che li avessi realizzati sulla sabbia, o con un pezzo di carbone sui muri, o su un foglio di carta, ma questi, date le dimensioni di molto superiori, mi coinvolgevano maggiormente. Ricordo che, anche quando ancora non sapevo scrivere, mi dilettavo a lasciare segni dappertutto. Ma allora, dopo aver frequentato la seconda elementare, mi scoprivo a trasformare le varie lettere che avevo imparato a scrivere, e i numeri, in forme diverse a quelle raccomandate dalla maestra, e le abbellivo con segni originali che nascevano dalla mia fantasia. Il sole picchiava forte su quella sabbia bianchissima, e quasi mi impediva di vedere quei segni senza un minimo di fastidio.

Quando arrivò l’ordine di rientrare per consumare il pranzo al sacco, quasi mi dispiaceva abbandonare l’opera, e speravo che non venisse distrutta da qualche persona di passaggio che ancora affollava la spiaggia cagliaritana del poetto. Era la prima volta che vedevo il mare, e quella enorme, lunghissima e larga curva di candida sabbia, era inimmaginabile fino al giorno precedente; rientrai verso la comitiva di una ventina di persone che avevano monopolizzato lo spazio accanto a un gruppo di alberi, a un centinaio di metri dalla battigia. Più in là stavano già consumando la loro biada quattro cavalli, a ridosso dei loro carretti e calessi. Mi sistemarono accanto a un gruppo di bambini più piccoli di me, e cominciammo a mangiare, io facevo attenzione a non saziarmi troppo perché a fine pasto avremmo consumato quattro enormi angurie che i miei genitori avevano portato. Avevo appena scoperto che mio padre svolgeva un lavoro ritenuto antipatico dalla generalità delle persone del mio paese, era cioè “su cummossariu”, l’esattore delle tasse alle dipendenze dello stato, una persona cioè che sottraeva denari alla gente, ma le persone presenti sembravano dimostrare di essere sue amiche, tre famiglie che anche in passato avevano fatto gite in compagnia della mia. Avevo così scoperto che attorno al mio paese esistevano posti bellissimi, una splendida cascata nei pressi di biddaxidru, a venti chilometri dalla contrada di sorres, il mio paese, e un folto bosco in un paese ancora più in là, a gonnos; là erano attive delle miniere, come pure in territorio del mio paese, sulla strada per biddaxidru. Ero attirato dai monti, che disegnavano delle linee che si stagliavano sul cielo, al contrario del paesaggio monotono e piatto delle campagne di sorres.

A fine pasto consumai la mia porzione di anguria, ma non completamente, dato che uno degli amici di mio padre mi aveva favorito e aveva riservato per me la fetta più grossa. Mi veniva spontaneo osservare i gesti che ciascuno compiva, siano stati adulti o bambini, notavo che ciascuno aveva un suo modo particolare di eseguire lo stesso gesto, per esempio, notavo che il taglio dell’anguria che mio padre compiva, era dissimile dalla tecnica adottata da mia madre. E quando parlavano, il modo di gesticolare di ciascuno di loro differiva da quello degli altri, e attirava la mia attenzione. Mi obbligarono a giocare con gli altri bambini, ciò mi dispiaceva perché avrei lasciato la mia opera d’arte incustodita, in balia delle persone che avrebbero affollato la spiaggia per il riposino pomeridiano.

Trascorrevo la mia infanzia in modo sereno, mio padre dimostrava di non avere problemi economici, e le mie tre sorelline, venute al mondo in anni alterni, vedevano in me una persona amica che le avrebbe difese in qualunque occasione, seppure un po' dispettoso nei loro riguardi. Notavo che i miei genitori erano sempre ben vestiti, al contrario degli agricoltori e allevatori del mio paese, inoltre sentivo già dalle prime ore del mattino, quando era ancora buio, dei rumori di gente al lavoro, per accudire gli animali che ciascuna famiglia possedeva, siano stati essi buoi o maiali, o animali da cortile, mentre i miei genitori si alzavano ogni giorno col sole già spuntato da un pezzo. Il compito di mia madre, per quanto ne sapevo, era invece quello accudire la casa e le sorelline, e di prepararmi per andare a scuola. Un’infanzia felice, senza problemi di sorta, il mio unico compito era quello di ottenere buoni risultati a scuola, e non fare capricci o disubbidire, né ai miei genitori, né alla maestra, e nemmeno alla catechista che vedevo ogni domenica, dopo aver assistito alla messa delle nove. Mi pesavano però i compiti giornalieri, che mi sottraevano tempo per il gioco. Ma quando finalmente avevo svolto l’ultimo compito della giornata, potevo andare ad incontrare i miei amici, avevamo una fantasia nel scegliere i giochi, che probabilmente i ragazzi di oggi nemmeno immaginano. Potevamo scegliere tra una miriade di giochi diversi, la classica partita con pallone mezzo sgonfio e consumato irrimediabilmente, e a volte costruito da noi stessi, con pezzi di stoffa, oppure un gioco, anch’esso a squadre, che mi attirava molto, chiamato “bara”, nel quale bisognava mettere in campo velocità, decisioni immediate in sinergia coi compagni e un pizzico di strategia concordata, oppure uno che mi piaceva meno, quello de “is cuaddus fortis”, un gioco che obbligava a sopportare il peso dei compagni, che con un balzo, atterravano sulla schiena di quattro compagni, il gioco terminava quando uno di essi non riusciva più a sopportarne il peso. Ma il gioco che più attirava la mia attenzione era quello denominato “sa strumpa”, cioè una sorta di lotta tra due contendenti, soggetto a regole precise, adottate solo nella mia terra, e non esattamente condivise nelle varie zone. Era un gioco essenzialmente di forza, ma non mancavano elementi che richiamavano a tecniche personali, specie all’inizio della contesa, o quando uno dei due contendenti riusciva a liberarsi dalla morsa dell’avversario. Noi ragazzini osservavamo le lotte tra ragazzi più grandi di noi, o tra adulti, e scimmiottavamo i loro movimenti, dal canto mio mi piaceva osservare la gestualità messa in campo, ma se obbligato a cimentarmi personalmente, non mi ispirava troppe simpatie.

Ricordo i giochi con le trottole, che un artigiano costruiva, in cambio di commissioni o pezzi di ulivo, materiale usato per lo più per la loro costruzione, ma non disdegnava realizzare con essi “panastaggius”, semplicissimi mobiletti da appendere sui muri, per custodire i piatti più belli, a vista, grosse stoviglie o mortai, tutti attrezzi che trovavano collocazione in cucina. Preferivo i giochi che comportavano grande manualità, o dinamicità, mi attiravano meno i giochi di forza. Ciascuno di noi possedeva più di una trottola, di dimensioni diverse, io avevo, tra le altre, la mia preferita, “su pisuncheddu”, dalle dimensioni ridotte. Anche durante questo gioco osservavo con attenzione la gestualità che ciascun compagno metteva in campo, e, conoscendo alla perfezione il carattere di ciascuno, traevo conclusioni tra la sua personalità e i gesti che eseguiva. Facevamo un altro gioco che consisteva nel riuscire ad addossare ad un muro, il più vicino possibile ad esso, dei cerchi metallici, chi si avvicinava maggiormente, aveva diritto a impossessarsi dei cerchi dei compagni di gioco, se non ricordo male il nome di quel gioco era “sponda”. Poi esisteva un gioco chiamato “a muncadoreddu”, che consisteva nell’impossessarsi di un fazzoletto di tela senza venire toccato dall’avversario di turno, una volta venuto in possesso dello stesso; questo gioco si eseguiva con due squadre contrapposte, mentre la generalità degli altri giochi era per lo più individuale.

Le bambine, invece, avevano i loro giochi, uno in particolare suscitava la mia attenzione, quello de “sa butteghedda”, che generava un gran chiasso che attirava la nostra attenzione; una di loro era delegata a disporre su un piano della mercanzia, pezzi di legno, pietre, stoffe, carta e cartone, e quant’altro, contrattare e vendere la merce, un gioco semplice, ma che generava grandi discussioni e continue gestualità. Poi amavano giocare ad un gioco chiamato “a casella”, che consisteva nel saltare tra degli spazi preventivamente tracciati in terra col gesso, senza toccarne i bordi. Potrei descrivere ancora una ventina di giochi diversi, sia maschili che femminili, mi viene in mente che allora la fantasia poteva spaziare in mille direzioni, avendo purtroppo a disposizione pochi tipi di oggetti utilizzabili, mentre ora la fantasia dei ragazzi si limita a scegliere gli oggetti utili e acquistarli, mentre noi dovevamo costruirli.

Oggi, se un ragazzo vuole possedere un fucile finto, basta mettersi in tasca qualche lira, ed ecco che l’arma è a disposizione, ma noi dovevamo scegliere un pezzo di legno, sagomarlo nella forma voluta, procurarci degli elastici e delle mollette che le nostre madri usavano per appendere i panni, e assemblare il tutto, ciò richiedeva fantasia e manualità, quella manualità che mi è sempre piaciuto osservare, mentre ora i ragazzi la esprimono solo quando hanno in mano oggetti non costruiti da loro e più sofisticati, con modalità per lo più ripetitive. Il gioco che più mi metteva apprensione, ma che preferivo, perché coinvolgente e pericoloso, era il gioco della “mira”, un gioco che si concludeva solo quando uno dei contendenti restava ferito. La mia contrada, convenzionalmente, è divisa in tre parti, chiamiamoli borghi, uno era quello in cui abitavo io, denominato “de prazz’e cresia”, la piazza di chiesa, poi c’era quello de “sa stazioni”, la stazione ferroviaria, infine quello che giudicavamo più agguerrito e determinato, de “su guventu”, il convento, loro mettevano in campo un senso di appartenenza molto superiore a quello degli altri due borghi, ciascuno di essi aveva la sua squadra di ragazzini, che ricorda le bande così ben descritte dal Molnar, nel capolavoro dei ragazzi della via pal. Se si trattava di fare una partita a pallone, i componenti di una delle squadre dovevano necessariamente appartenere allo stesso borgo, e nel gioco della mira questa regola era ancora più ferrea. Poteva scegliere l’appartenenza solo chi abitava sui confini, che erano però abbastanza ben definiti.

Il gioco consisteva nell’armarsi, ciascun componente, di una determinata quantità di pietre, dalle dimensioni codificate, che non potevano superare una certa grandezza, e lanciarle all’indirizzo della squadra avversaria, a volte si verificavano alleanze, altre volte qualcuno barava sulle dimensioni delle pietre, ed il gioco terminava solo quando qualcuno veniva colpito duramente, in genere quando appariva una ferita che sanguinava. Quando qualche squadra non osservava le regole, o metteva in campo azioni sleali, o sotterfugi non concessi, veniva giudicata da una sorta di tribunale estemporaneo, istituito lì per lì, e la pena era la denigrazione generale. Quel gioco, seppure collettivo, metteva in evidenza il coraggio di ciascuno, contavano anche astuzia e rapidità di movimenti, capacità di stringere alleanze, avevano rilevanza implicazioni logistiche, e una buona dose di informazioni, carpite in tutti i modi possibili e immaginabili.

Tra i nostri passatempi preferiti figuravano altri giochi relativamente pericolosi, tra i quali i furti di frutta in campagna, avevamo la necessità di arrampicarci sugli alberi, e svolgere il lavoro in brevissimo tempo, per non dar modo ai molti contadini che affollavano allora le campagne, di identificarci. Ma ciò, però, avveniva molto spesso, e al rientro a casa, all’imbrunire, qualcuno di noi doveva subire i rimproveri dei genitori, e qualche volta anche le loro punizioni che prevedevano qualche salutare ceffone. Non ricordo, però, una sola volta in cui sono stato punito in modo violento, o brutale, piuttosto dovevo subire restrizioni sulle cose che mi piacevano, prima fra tutte, il divieto di uscire per la sera successiva, mentre qualche mio compagno di marachella a volte si presentava a scuola con evidenti segni sulla guancia. Altre attività a noi gradite erano la ricerca dei nidi di uccelli sugli alberi, o la pesca con attrezzi inadeguati di trote o anguille nei due fiumi che costeggiano il mio paese, e la ricerca di asparagi, fichi d’india o funghi. Ciascun borgo aveva al suo interno una dozzina di gruppi omogenei, ciascuno accomunato da realtà tra le più disparate, il mio gruppo, per esempio, composto da meno di dieci elementi, forse il meno numeroso di tutti, aveva la caratteristica di essere composto da compagni di classe, ed era quasi impossibile accedervi se non dopo una prova, a dimostrazione del fatto che il nuovo arrivato dovesse essere dotato di grande coraggio. Ricordo ancora oggi la prova a cui io stesso fui sottoposto, nonostante facessi parte del piccolo gruppo originario. I miei amici, a mia insaputa, trascorsero tutta la serata in preparazione dell’evento, mettendo in atto strategie volte a mettermi paura, esplicitando i rischi che correvo per la mia abilitazione. Uno di loro, per esempio, raccontò che fu sottoposto alla stessa prova che attendeva me, cioè attraversare il camposanto in una notte senza luna, da solo; fu così che, una volta all’interno, inciampò in un tombino che era parzialmente crollato, e si trovò lungo disteso a far compagnia alle ossa del suo inquilino, un altro uscì terrorizzato a causa di improvvisi bagliori. Inoltre avrei dovuto scappare da casa nel pieno della notte, incorrendo in punizioni da parte dei miei genitori, nel caso fossi stato scoperto. Oltre il coraggio, bisognava avere quindi anche atteggiamenti volti ad eseguire in modo intelligente il compito.

martedì 11 maggio 2021

I pogrom israeliani a Gerusalemme potrebbero innescare la distruzione di al-Aqsa



di Miko Peled 

GERUSALEMME - Mentre il mese sacro del Ramadan volge al termine, diventa chiaro che la violenza contro i palestinesi a Gerusalemme è stata intensificata in uno sforzo coordinato da parte del governo israeliano, del comune di Gerusalemme, della polizia israeliana e delle violente bande sioniste.

Questi ultimi eventi devono essere visti nel più ampio contesto della pulizia etnica della Palestina in generale, e di Gerusalemme in particolare. Dovrebbero anche essere visti nel contesto della politica interna israeliana. Gerusalemme sta bruciando evi politici israeliani continuano la loro attività di lanciare fango come se questo non fosse il loro problema e nessuno pensa che ci sia qualcosa di sbagliato nel modo in cui le autorità israeliane stanno gestendo la situazione.

Sheikh Jarrah

Che l'assalto ai residenti del quartiere di Gerusalemme di Sheikh Jerrah - che detiene un significato storico, culturale e politico particolarmente importante per la città - stia avvenendo in questo particolare momento non è una coincidenza.

Il quartiere ospita l' Orient House , che, oltre ad essere un simbolo dell'indipendenza palestinese nella città, è forse la casa più imponente costruita nel quartiere e una delle più belle di Gerusalemme.

Lo sceicco Jerrah ospita anche Dar Al-Tifl Al-Arabi , fondato dall'incredibile 
Hind Al-Husseini,   originariamente come scuola e pensione per orfani sopravvissuti al massacro sionista nel villaggio di Deir Yassin. Oggi funziona ancora come una scuola e rappresenta un costante promemoria delle atrocità sioniste e della resilienza palestinese.

Espellere i palestinesi e permettere ai coloni di prendere le loro case è sempre un bene per la politica, soprattutto se scatena la "violenza". Ora le autorità possono mostrare al popolo israeliano che sanno come trattare con gli "arabi".




Palestinesi aiutano una donna ferita dalla polizia israeliana durante gli sgomberi di famiglie palestinesi a Sheikh Jarrah, 8 maggio 2021. Oded Balilty | AP




La polizia israeliana sorveglia una casa palestinese rilevata da coloni ebrei a Sheikh Jarrah, il 5 maggio 2021. Maya Alleruzzo | AP


La polizia israeliana cattura una ragazza che protesta contro il furto di case palestinesi a Sheikh Jarrah, l'8 maggio 2021. Oded Balilty | AP

Silwan

La città di Silwan , conosciuta anche come Wadi Hilweh , si trova appena fuori dalla città vecchia. È stata vittima di una campagna violenta e particolarmente brutale di pulizia etnica, violenza e distruzione. Per anni gli abitanti di Silwan sono stati sottoposti alla distruzione delle loro case e agli sfratti in modo che i coloni potessero prendere il sopravvento e gli scavi potrebbero aver luogo. Inutile dire che le persone che erano state sfrattate e le cui case sono state distrutte o prese non hanno ricevuto alcun risarcimento.

Tutto questo viene fatto presumibilmente per "ragioni scientifiche", in modo che i ritrovamenti "archeologici" possano essere scoperti. Finora non è stato trovato un brandello di prova che  re David sia mai esistito, eppure è già stato costruito un parco archeologico chiamato The City of David . Ciò ha creato una grande tensione a Silwan, con i coloni che si trasferiscono nelle case palestinesi e nelle forze di sicurezza israeliane e una milizia privata che lavora per i coloni terrorizzando costantemente i residenti palestinesi della città

Il Ramadan e le imminenti celebrazioni del "Jerusalem Day" significano sempre violenza contro i residenti di Silwan.

La Città Vecchia di Gerusalemme

I sionisti non riconoscono il fatto che la città di Gerusalemme, e in particolare la Città Vecchia, è stata per la maggior parte dei 2000 anni una città a maggioranza musulmana e araba. La cultura, l'architettura, i monumenti e gli abitanti della città sono per lo più musulmani e arabi, con diverse comunità minoritarie che coesistono al loro fianco, inclusa una piccola e povera comunità ebraica che viveva nel quartiere ebraico.

All'indomani dell'assalto israeliano del 1967, Gerusalemme Est insieme alla Città Vecchia caddero nelle mani dei sionisti. Da allora, lo Stato di Israele è stato impegnato in una massiccia campagna per rafforzare la mitologia sionista, che rivendica una connessione tra i sionisti e il biblico re Davide.

Il quartiere ebraico della città è stato ampliato e costruito al punto da diventare un pugno nell'occhio in quella che altrimenti sarebbe una città antica di straordinaria bellezza. Come hanno fatto i sionisti in tutta la Palestina, anche a Gerusalemme hanno espulso i palestinesi dalle loro case in modo che i coloni ebrei potessero prenderne il loro posto.

A peggiorare le cose, c'è una massiccia presenza militare e di polizia israeliana nella città. Il loro ruolo è intimidire i palestinesi e incoraggiare i coloni, creando un ambiente teso in cui è pericoloso essere palestinesi. Inoltre, nel tentativo di scacciare i commercianti palestinesi che hanno negozi nella Città Vecchia da generazioni, guide turistiche internazionali e israeliane che hanno licenze israeliane per condurre tour in città, istruiscono i turisti a non fare acquisti nei negozi di proprietà palestinese, ma, solo nei negozi di proprietà ebraica.

Laylat al-Qadr

Laylat-al-Qadr è considerata tra le notti più sacre del calendario islamico. Rientra negli ultimi dieci giorni del Ramadan. Si ritiene che fosse la notte in cui i primi versetti del Sacro Corano furono rivelati al Profeta Muhammad. Mentre queste parole vengono scritte, questa notte viene osservata in tutto il mondo musulmano, con fedeli che riempiono le moschee locali per lunghe sessioni di adorazione e riflessione che spesso si protraggono fino a tarda notte.

In Palestina, fedeli provenienti da tutte le parti del paese si recano a Gerusalemme per pregare nella moschea di Al-Aqsa. Quest'anno, tuttavia, la polizia israeliana ha bloccato le strade, negato l'ingresso e ha attaccato con la forza i fedeli all'interno della stessa moschea di Al-Aqsa. I medici palestinesi riferiscono che almeno 180 palestinesi sono stati feriti nelle violenze nel complesso della moschea di Al-Aqsa, di cui 80 ricoverati in ospedale.

Le forze armate israeliane che si scontrano con i fedeli a Gerusalemme portano inevitabilmente alla resistenza palestinese e, il più delle volte, a vittime palestinesi. Durante il mese sacro del Ramadan, e in particolare in questa notte, può portare al disastro.



I fedeli si mettono al riparo mentre le forze israeliane lanciano gas lacrimogeni nella moschea di al-Aqsa, 10 maggio 2021. Mahmoud Illean | AP



I medici curano un ferito dalla polizia israeliana nel complesso della moschea di Al Aqsa a Gerusalemme, 10 maggio 2021. Mahmoud Illean | AP



I palestinesi evacuano un uomo ferito dalla polizia israeliana nel complesso della moschea di Al Aqsa a Gerusalemme, il 10 maggio 2021. Mahmoud Illean | AP

Pogrom del giorno di Gerusalemme

Jerusalem Day, il giorno in cui i sionisti celebrano la conquista della città nel 1967, è alle porte. Quest'anno segue (o meglio è una continuazione) del terrorismo dei palestinesi da parte delle autorità israeliane e delle bande sioniste armate.

Rafi Perets - ministro israeliano per gli affari di Gerusalemme, neofascista e membro del movimento religioso-sionista - non ha fatto alcun commento sugli eventi violenti che accadono nella città. Dice che è entusiasta di prepararsi per le "celebrazioni" del Jerusalem Day. Questo è un giorno in cui le bande sioniste fanno irruzione nella Città Vecchia e terrorizzano residenti e commercianti palestinesi in quella che può essere descritta solo come una celebrazione psicotica di conquista e distruzione.

Dopo aver sperimentato le cosiddette "celebrazioni" all'interno della Città Vecchia di Gerusalemme, sono inorridito al pensiero di cosa potrebbero portare nel 2021, mentre i giovani israeliani marciano attraverso gli stretti vicoli della città cantano "morte agli arabi" ed "espelliamo gli arabi".

Tutto ciò che serve è una scintilla

Per quasi cento anni, i sionisti hanno rubato la terra palestinese, sostenendo che un tempo gli ebrei avevano vissuto dove ora risiedono i palestinesi ed è, quindi, consentito sfrattarli e prendere le loro case e la loro terra. Questo è il caso di Sheikh Jerrah, a Silwan, ed è il caso di tutta Gerusalemme, e in effetti di tutta la Palestina.

Lo Stato di Israele, con i suoi politici in lotta per la popolarità e le sue bande sioniste armate, non si fermerà finché ogni palestinese non lascerà Gerusalemme e il complesso di Al-Aqsa sarà in rovina. Questo sarà il momento della loro "missione compiuta".

Le immagini delle forze armate israeliane che sparano granate a gas e proiettili rivestiti di gomma all'interno del complesso di Al-Aqsa e all'interno delle mura della moschea stessa non lasciano dubbi sul fatto che sia stato un incendio "accidentale" che potrebbe far abbattere l'antica moschea, e non sarebbe un incidente. Mentre stendiamo questo report, ci sono tutte le ragioni per credere al tragico (e apparentemente incredibile) scenario secondo cui uno dei siti più sacri di Gerusalemme, e uno dei monumenti più venerati del mondo, potrebbe presto finire in cenere mentre le forze sioniste ridono soddisfatte.

In alto foto caratteristica | Un uomo palestinese corre mentre le forze armate israeliane sparano gas lacrimogeni nel complesso della moschea di Al Aqsa nella Città Vecchia di Gerusalemme, il 10 maggio 2021. Mahmoud Illean | AP



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