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venerdì 24 giugno 2022

Necessario convegno internazionale sulla scrittura nuragica


calchi dei documenti dei sigilli di Tzricotu fatti da Ninni Blumenthal

Di Gigi Sanna

PERCHE' E' NECESSARIO UN CONVEGNO INTERNAZIONALE SULLA SCRITTURA NURAGICA.

L'incontro conviviale del 24 di Luglio all'Hotel Villa Belfiori nella località turistica Torre dei Corsari (Arbus) lo avevamo preso in considerazione soprattutto sotto l'aspetto, diciamo così, 'umano'. 

Migliaia di persone che si conoscono da anni e anni e che hanno vissuto la medesima esperienza culturale fondata sulla esistenza e la conoscenza dell'antica scrittura di Sardegna era giusto che non si 'conoscessero' solo perchè frequentatori e collaboratori. 

Era giusto invece che si incontrassero di persona per uno scambio di opinioni magari dietro lo stimolo argomentativo di alcuni amici 'studiosi' ed esperti in varie discipline. 

L'intento di qualche mese fa però oggi è stato corroborato da un dato che, come si suol dire, 'ha tagliato la testa al toro'. 

Mi riferisco allo straordinario ritrovamento del documento palestinese del Monte Ebal (il piombetto delle maledizioni di Yhw) che ha sancito, in modo definitivo, la bontà dei nostri studi circa la presenza in Sardegna dell'alfabeto sacro in mix con segni (in particolare) di origine protosinaitico - protocananaica. 

Detti amici e studiosi il 24 di Luglio hanno pensato di trattare praticamente di un solo argomento ovvero quello della scrittura nuragica alla luce della scoperta palestinese. 

Con le relazioni di Corrias, di Angei, di Masia e di Caterini ci sarà materia per riflettere circa lo 'stato delle cose' e per pensare di organizzare un grande Convegno per annunciare al mondo quello su cui l'accademia sarda (e non), per una serie infinita di motivi (anche politici) è orientata a non rendere pubblico. 

Già gli interventi del duo Corrias - Biglino stanno scuotendo l'opinione pubblica e facendo riflettere gli appassionati e gli studiosi sullo 'strano' contegno dell'ufficialità scientifica assurdamente silenziosa su di un tema che per importanza fa il paio con il rinvenimento delle statue di Monte 'e Prama di Cabras. 

Tanto più che alcuni dei documenti si sono rivelati essere i sigilli di 'identità' infissi e saldati con il piombo una volta in alcune delle statue regali degli inumati nella collina del Sinis.

(in all. alcuni dei calchi (foto in alto)  del laboratorio da odontotecnico dell'oristanese Ninni Blumenthal nel tentativo di riprodurre, in modo del tutto fedele, gli originali. Si tenga presente che ben tre dei calchi effettuati contengono il nome del dio Yhw scritto nella stessa identica maniera del piombetto delle maledizioni rinvenuto nel Monte Ebal. Cosa questa che dimostra che i Giganti erano i figli prediletti di YHW).


segue articolo tratto dal blog Maymoni 

Da monte Ebal La maledizione di yhw difende Tzricotu, perché, si sa, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.


Fig. 1

di Sandro Angei col contributo ispiratore di Gigi Sanna

Sommario

Tempo fa ebbi un colloquio col Prof. Gigi Sanna circa le caratteristiche e le potenziali implicazioni di carattere epigrafico e storico che il piombetto di monte Ebal in Palestina possono innescare circa la genuinità dei sigilli di Tzricotu. Tanto da spingermi a riflettere lungamente e scrivere di conseguenza questo articolo.

Nell'articolo esamineremo i due reperti puntando l'attenzione su caratteristiche comuni che li vedrebbero discendere da una stessa cultura di origine.

Il piombetto di monte Ebal è stato descritto in maniera parziale durante una conferenza stampa tenutasi a Houston alla Lanier Theological library. Per tanto non conosciamo tutte le caratteristiche che contraddistinguono l'amuleto, ma alla luce delle affermazioni dei ricercatori che lo hanno descritto possiamo tentare di delineare quelle caratteristiche che, secondo noi, si possono estrapolare da quel reperto a prescindere dalle lacune di carattere epigrafico rimarcate nella conferenza.

Lo faremo usando un metodo empirico che sembrerà del tutto fuorviante nell'ambiente scientifico ma, secondo noi, è l'unico al momento che possiamo adottare a meno di non voler aspettare la pubblicazione dello studio paritario promesso nella conferenza. Ma noi non vogliamo aspettare la pubblicazione di quello studio per un motivo fondamentale: saggiare la fondatezza della scrittura di età nuragica. Vogliamo eseguire, per verificare una delle caratteristiche, il metodo scientifico definito "esperimento in cieco o in doppio cieco" che per definizione e un esperimento durante il quale viene impedito ad alcune delle persone coinvolte di conoscere informazioni che potrebbero portare a effetti di aspettativa consci o inconsci, così da invalidarne i risultati.

Per tanto cercheremo di attuare una strategia che ci consenta di valutare la grandezza dei grafemi incisi nel piombo utilizzando solo i pochi dati a nostra disposizione.

Una avvertenza

Nello svolgimento dell'articolo non faremo riferimento immediatamente alle affermazioni rilasciate nella conferenza stampa, ma inizialmente baseremo le nostre considerazioni solo su quello che le testate giornalistiche hanno riportato della conferenza.

Abbiamo adottato questo metodo per far comprendere ai nostri lettori quanto aleatoria sia la notizia di seconda o di terza mano. Per quanto possibile è necessario studiare sulle fonti dirette. Nello specifico useremo appunto le fonti dirette (misure e grafemi espliciti mostrati) e fonti di seconda mano (ciò che affermano i ricercatori); quelle di terza mano è meglio evitarle.

Un pensiero a Tzricotu

Il mio saggio sul confezionamento dei sigilli di Tzricotu mediante uno “specimen” (la tavoletta A1), ha delineato un metodo di confezionamento dei sigilli A3, A4 A5 mediante l’uso dell’osso di seppia. L'osso di seppia consentiva di ottenere un calco in positivo che di fatto diveniva una valva per accogliere una colata di piombo.

L'oggetto in piombo rendeva una copia esatta dello “specimen”. Copia in piombo che, abbiamo capito, serviva per aggiungere quei caratteri descrittivi del sovrano defunto: in sostanza un sigillo “ad personam”, ossia i sigilli A3, A4, A5 e chissà quanti altri.

Quella copia in piombo di fatto era il supporto scrittorio del sigillo. Impensabile incidere il bronzo, tanto meno ricavare segni in rilievo nell’osso di seppia.

Il piombo invece era, ed è, il materiale più adatto alla scrittura che debba rimanere inalterata nel tempo, se si hanno a disposizione solo mezzi primitivi. Inoltre è possibile incidere la superficie del piombo ma anche rimediare a possibili errori riducendo l'incisione e rilivellando la superficie sfruttando la sua malleabilità (caratteristica non di poco conto che evitava lo spreco).

Quella scrittura estremamente piccola… microscopica direi, era possibile solo sul piombo, un metallo piuttosto diffuso e probabilmente “a buon mercato”, fusibile a basse temperature, tenero, denso, duttile e malleabile.

Il piombo per tanto era importantissimo nel ciclo produttivo del sigillo perché, appunto consentiva la “scrittura” perfetta e microscopica con l'uso di una punta acuminata, magari uno stilo di duro bronzo.

Lo stesso tipo di stilo che forse fu adoperato per incidere i segni microscopici della placchetta di piombo recante una maledizione ritrovato in Palestina nel sito archeologico di Monte Ebal (Fig.2) [1].

Fig. 2

E proprio su questo piccolo oggetto vogliamo concentrare la nostra attenzione.

Certo non possiamo fare un accostamento né formale né funzionale del reperto di Monte Ebal con i sigilli di Tzricotu, però possiamo dire con tutta sicurezza che quel reperto, composto da una lastrina di piombo piegata in due, quasi due valve chiuse come un’ostrica, ha una caratteristica in comune con i nostri sigilli: è scritto nel piombo, come furono scritti nel piombo i sigilli di Tzricotu.

Ma non è questa l'unica caratteristica comune ai due manufatti.

Quanto sono grandi i caratteri della maledizione?

All’interno del reperto di Monte Ebal vi è scritta una “maledizione” in caratteri miniaturistici.

E che quei caratteri siano molto piccoli lo rivela la quantità di parole che sembra vi siano scritte nell'oggetto.

A tal proposito però vi sono delle incongruenze che di certo possono infondere confusione nel lettore circa il numero di grafemi di cui è composta la scritta.

Infatti la testata giornalistica The Jerusalem Post del 25/03/2022 scrive: "The scans revealed an ancient proto-alphabetic Hebrew inscription consisting of 40 letters that is centuries older than any known Hebrew inscription from ancient Israel." facendo intendere che la scritta sia composta da 40 caratteri. E scrive ancora: "The word “cursed” (aroor) appeared 10 times. And, the tetragrammaton, the four-letter ineffable name of God usually written in English as YHWH, appeared twice: Cursed, cursed, cursed - cursed by the God YHWH.You will die cursed.Cursed you will surely die.Cursed by YHWH – cursed, cursed, cursed."

Per tanto i conti non tornano visto che la parola "maledetto" in ebraico si traduce e si traslittera אָרוּר (arur), composta da 4 lettere e che ripetuta per 10 volte conta da sola 40 caratteri.

Lo stesso The Jerusalem Post il 26/03/2022 scrive "In the 23-word English translation of the inscription, the word “curse” appears 10 times and the word “YHWH...” e segue proponendo nuovamente la traduzione del testo della maledizione. “Cursed, cursed, cursed – cursed by the God YHW. You will die cursed. Cursed you will surely die. Cursed by YHW – cursed, cursed, cursed.” tradotta in italiano. "Maledetto, maledetto, maledetto. Maledetto da yhw. Morirai maledetto, maledetto morirai sicuramente. Maledetto da yhw. Maledetto, maledetto, maledetto."

Per tanto si potrebbe pensare che la scritta autentica sia di 23 parole, invece "23" sono le parole della traduzione inglese del testo (in italiano sono solo 17). Più avanti, nello stesso articolo, si ribadisce che l'iscrizione, "secondo i ricercatori", è composta da 40 caratteri.

A questo punto è necessario fare un po' di conti.

La parola "maledetto" compare per ben dieci volte nella tavoletta e la parola "yhw" per due volte, e dato che "maledetto" in ebraico si traduce אָרוּר (arur). I conti non tornano, perché la somma delle sole due voci ripetute è di 46 caratteri.

Volendo esser precisi ai 46 caratteri che compongono il ripetersi di arur e yhw, dovremmo aggiungere probabilmente la particella "da", quale complemento di causa che in ebraico, nella locuzione ... da yhw, si scrive מיהו e per tanto, senza ancora considerare le altre tre parole, contiamo già 48 lettere.

La maledizione però include altre due parole:" morirai" per due volte e "sicuramente" per una volta.

Senza dover entrare nel dettaglio della lingua ebraica, perché evidentemente non siamo all'altezza per inadeguata conoscenza di questa lingua da parte nostra e perché, in fin dei conti, in questo contesto non è necessario conoscere la reale caratura del testo, avendo noi il solo obiettivo di valutare la grandezza dei grafemi incisi nel piombo; ci basta conoscere come si scrive in ebraico il verbo "morire" all'infinito e l'avverbio "sicuramente".

In ebraico "morire" si traduce למוּת e "sicuro" si traduce בטוח. Ciò comporta un incremento di caratteri scritti di almeno altri 12 elementi, per tanto le lettere incise all'interno del dell'oggetto dovrebbero essere almeno 60.

L'iniziale contraddizione della testata giornalistica menzionata viene però chiarita dalla notizia comparsa in The Times of Israel del 24 marzo 2022 nel quale vi è scritto che l'amuleto contiene 40 lettere proto-alfabetiche, 11 delle quali sono aleph.

La testata giornalistica riporta: “We recovered 40 letters, 40 on the inside and outside of the tablet. And they were all in this proto-alphabetic script which dates to the Late Bronze Age,” said Stripling."

Per tanto le lettere non sono 40, ma 40 sono quelle recuperate (lette all'interno della lastra); e continua scrivendo: "Galil told The Times of Israel that the text is largely written in an archaic proto-Canaanite script, with some letters coming from hieroglyphs. The latest date of the epigraphic analysis would put it circa the 12th century, while some elements are dated to even earlier."

Secondo The Times of Israel lo studioso asserisce che la scritta è in proto-cananeo; ma questo non risulta vero dato che Stripling la definisce scrittura "proto-alfabetica" [2]. E dichiara ancora che alcune lettere provengono dal geroglifico.

Proseguendo leggiamo: "The majority Hebrew-language text, he posited, was written by Israelites as an internal legal document, a form of social contract, warning the person under contract what would happen if he did not fulfill his obligations."

Per tanto il testo recherebbe anche "parole" non ebraiche. Questa notizia è piuttosto interessante perché potrebbe darsi che quelle parole "non ebraiche" siano ritenute tali per via di alcune lettere sconosciute ai ricercatori, come potrebbe essere, ad esempio, lo he a tratto orizzontale, che in Sardegna ha numerosissime attestazioni, mentre in area mediorientale sembra attestato in numero limitato di reperti e comunque è sconosciuto il suo valore grafico e fonetico. [3]

Per tanto il nostro computo delle lettere totali formanti la maledizione risulta almeno verosimile.

Metodo di dimensionamento dei caratteri. Una ipotesi

Il reperto ha le misure medie esterne di 22.3 mm di base per 26.4 mm di altezza (ricavate dalla scala di rapporto presente nell'immagine) . Per tanto, sapendo che la lastrina, una volta scritta, fu piegata in due, ho disegnato un rettangolo di 44.6 mm (2x22,3 mm) di base e 26.4 mm di altezza e al suo interno ho tracciato una cornice distante 1 mm dal perimetro esterno, ritenendo che questo sia il limite minimo entro il quale circoscrivere la scritta.

Ammettiamo ora di voler dividere il rettangolo composto dai due lembi piegati del piombetto con righe orizzontali sulle quali inserire i grafemi.

Vi sono varie possibilità di divisione del rettangolo con delle righe equidistanti:

6 righe distanti 4.1 mm l'una dall'altra

5 righe distanti 4.9 mm

4 righe distanti 6.1 mm

3 righe distanti 8.1 mm

Ci mettiamo nella situazione più gravosa rispetto al nostro obiettivo di voler dimostrare la piccolezza dei grafemi, e per tanto cercheremo di distribuire in modo uniforme 60 caratteri su sole 3 righe; benché abbiamo il sospetto che la maledizione sia scritta su quattro righe, così come viene esibita nella traduzione in inglese dai ricercatori. Ma non importa questo, dato che la divisione dello spazio scrittorio in quattro righe darebbe la possibilità di scrivere grafemi necessariamente più piccoli di quanto noi non possiamo fare su sole tre righe.

Del reperto, per nostra fortuna, abbiamo un esempio di forma scrittoria data dal nome di yhw scritto con caratteri diseguali (vedi Fig. 3 - la yod è piccola rispetto allo he, e il wav è una via di mezzo). Per tanto prendiamo quale "campione scrittorio" proprio il nome di yhw, e lo inseriamo all'interno del rettangolo disegnato in scala, in modo tale che ci stiano al suo interno tanti "yhw" quanti necessitano la composizione di 60 caratteri alfabetici di opportuna grandezza. [4]

Fig. 3

Naturalmente, come avveniva nella scritte antiche, non lasceremo spazi tra una parola e l'altra e dove lo spazio a fine riga sia esiguo, andremo a capo troncando la parola (un esempio è la famosa stele di Nora). Nel contempo cercheremo di esaurire lo spazio di tutte e tre le righe, accorgimento questo che tende ad aumentare la grandezza dei caratteri e per tanto va a discapito del nostro obiettivo di voler dimostrare la natura miniaturistica di quei grafemi.

Nella immagine di Fig. 4 osserviamo che il completo riempimento delle tre righe col nostro "campione scrittorio" comporta l'inserimento di 19 campioni (di colore rosso) più 2 campioni con ritorno a capo (con la parte di campione tronca colorata di blu). In sostanza abbiamo inserito 20 lettere in ogni riga.

Fig. 4

Questa distribuzione la otteniamo con caratteri la cui altezza massima totale è di 5.9 mm per lo he, con tratti che vanno da un minimo di 1.2 mm (quella del braccio destro) ad un massimo di 4.2 mm (tronco della figurina gambe escluse); mentre lo yod ha le dimensioni che vanno da un minimo di 1.1 mm per il tratto più breve e 1.8 mm per il tratto più lungo. Il wav invece mostra tratti che vanno da un minimo di 0.7 mm per l'occhiello e un massimo di 3.3 mm per la linea. Per quanto riguarda lo spazio risparmiato tra una linea a l'altra, questo è di 2.1 mm. Per tanto tutto lo spazio scrittorio è ben occupato al limite della leggibilità tra una riga e l'altra.

Nel suo complesso possiamo pensare che i tratti che formano i singoli grafemi siano veramente microscopici, lì dove l'occhiello del wav è composto da un quadrato di 0.7 mm di lato nonostante l'utilizzo della situazione più critica.

Per tanto i grafemi della placchetta di Monte Ebal competono per dimensione con quelli del sigillo A1 di Tzricotu. Infatti i segni del sigillo sardo di età nuragica hanno dimensioni che variano da un minimo di 0.6 mm, per quelli puntiformi, a una lunghezza media di 2.0 mm per braccia, gambe e fallo degli antropomorfi, e 3.3 mm per la testa tripartita degli stessi antropomorfi, mentre quella della divinità raggiunge i 4,5 mm (Fig. 5).

Fig. 5

Quale valenza può avere la caratteristica di una scrittura miniaturistica?

Scrive il Prof. Sanna (vedi nota 4 del link): "La miniatura dei numerosi oggetti nuragici, soprattutto in bronzo, a noi fa pensare alla stessa ‘microscrittura’ epigrafica, che ha valenza religiosa. Gli scribi operano su due piani della visibilità comunicativa del sacro, sul grande e sul piccolo perché entrambi sono espressione ‘naturale’ della divinità: nuraghe/ nuraghetto; statua/statuina; faretra/faretrina; grande fallo/piccolo fallo; grande cerchio/ piccolo cerchio; grande toro/ piccolo toro, grande bipenne/piccola bipenne, ecc. Non credo ad una motivazione che prenda le mosse solo dal ‘gusto’ o ‘dall’arte’. Pertanto mai un oggetto piccolo o piccolissimo può essere inteso come ‘decorativo’. E’ davvero un errore grossolano l’interpretare, ad esempio, le minuscole accette nuragiche in bronzo come oggetti per pesare e ritenere quindi ‘ponderali’ i segni che su di esse sono incisi. Si scambia così davvero il sacro con il profano!"

La scrittura miniaturistica ha valore religioso; e probabilmente è tesa a celare il più possibile il messaggio. Solo una vista acuta, occhi attenti e la conoscenza del codice scrittorio potevano svelare il valore logografico della scritta. Una sorta di criptografia su più livelli sempre più difficili da superare. Il primo livello è quello fisico, perché è necessario un occhio giovane capace di leggere benissimo i caratteri molto piccoli; ma non basta perché è necessario riconoscere quei segni quali possibili messaggeri logografici (secondo livello); per tanto è necessaria un'assuefazione a riconoscere una scrittura. Ma non basta ancora, perché per leggere quel messaggio è necessario conoscere il codice scrittorio (terzo livello di difficoltà). Ma non sono solo queste le difficoltà, dato che nel caso del sigillo A1 di Tzricotu alcuni "studiosi" non hanno riconosciuto neanche la natura dell'oggetto, mentre nel caso della placchetta di piombo di monte Ebal, il reperto è sfuggito all'attenzione degli archeologi che negli anni 80 del secolo scorso scavarono il sito. Reperto che invece non è sfuggito all'attenzione di occhi più esperti: Stripling et alii.

Quel che emerge dal nome yhw

Nella conferenza stampa tenutasi a Houston la scritta è stata definita appartenente genericamente ad una scrittura di tipo "proto-alfabetica", forse per evitare di usare il termine "proto-ebraico", che con tutta evidenza è "spudoratamente" di parte, ma per evitare anche il termine "proto-sinaitico" e tanto meno "proto-cananeo" (vedi nota 2).
Fatto sta che osservando i grafemi che compongono il nome yhw (Fig.6) notiamo con tutta evidenza che lo yod è di tipo proto-cananeo (Fig.7c) ma lo he è di tipo proto-sinaitico Fig.8a).


Fig. 6



 Fig.7  a           b                c
yod proto-sinaitico a sinistra e due yod del proto-cananeo a destra



Fig.8 a               b                c
due he del protosinaitico a sinistra he protocananeo a destra

La caratteristica pone la scritta yhw del piccolo piombo di Ebal tra quelle in mix, peculiari della scrittura sarda di età nuragica. Quella scrittura che contemplava anche l'uso di grafemi di alfabeti diversi, un reperto per tutti: il coccio di "Serra 'e sa fruca di Mogoro" che reca caratteri ugaritici e proto-cananei (Fi. 9).

Fig. 9

Un'ultima considerazione

A Monte Ebal è stata trovata una maledizione scritta con caratteri dell'alfabeto proto-cananeo, proto sinaitico e, a detta di Stripling, di caratteri geroglifici. Alfabeti che in qualche modo (anche i geroglifici [5]) sono arrivati in Sardegna assieme a quello ugaritico (esempio è il già accennato coccio di "Serra 'e sa fruca di Mogoro" che reca caratteri ugaritici e proto-cananei).

Ciò ci induce a pensare che in un certo momento della storia (XIV-XIII secolo a.C. e forse anche prima) genti di Canaan, recando il loro alfabeto, ebbero contatti con genti ebraiche e con genti venute da occidente; e forse proprio nel momento "storico" nel quale si inquadra la realizzazione del reperto di monte Ebal la scrittura proto-cananea prese due strade ben distinte: da una parte fu accolta e usata per i loro riti cerimoniali dagli Ebrei, dall'altra, la tribù di Dan, di quel Dan che "vive straniera sulle navi" (Cantico di Deborah), tornando alla sua terra d'origine portò con se quell'alfabeto del quale numerosissime tracce son rimaste in Sardegna. Ed è probabile che con quel modo di scrivere portarono riti e altro ancora.[6]

Conclusioni

Osservando le caratteristiche del reperto di monte Ebal confrontate con quelle dei sigilli di Tzricotu, alcune delle quali sono comuni a tutto il "Corpus Inscriptiorum" sardo di età nuragica, si possono osservare le peculiarità comuni che andiamo qui ad elencare:

- stesso nome della divinità: yhw per Ebal, yhw-h, h-yhw, yhw, yh, yhh, y in Sardegna

- scrittura su piombo per Ebal e Tzricotu

- scrittura miniaturistica per Ebal e Tzricotu

- scrittura in mix per Ebal e Tzricotu e per la gran parte delle epigrafi sarde

- scrittura religiosa e non laica per Ebal, così come è solamente di ambito religioso l'intero corpus epigrafico sardo di età nuragica. E proprio il ritrovamento del piccolo piombo di Ebal ribadisce, con tutta evidenza, quanto traspare dalla monotematica quanto monotona scrittura sarda di età nuragica. Per tanto risulta del tutto falso il "dogma" che vuole la scrittura nascere in ambito palaziale e commerciale, come affermato da alcuni studiosi.

- stessa tipologia di caratteri: in Ebal troviamo sicuramente il proto-cananeo e il proto-sinaitico, stessi caratteri usati, assieme ad altri, nella scrittura sarda di età nuragica.

- stesso periodo di manifattura dei reperti XIII - XII secolo a.C. per Ebal e XII -XI secolo a.C. per Tzricotu

Per altre caratteristiche, quali i segni in legatura e/o agglutinati, oppure la scrittura di medesime lettere in vario modo, come sospetta il Prof. Gigi Sanna; ad esempio lo he a "bambolina" e lo he a linea orizzontale, dovremmo aspettare la pubblicazione dello studio completo.

note
1 Nella conferenza il Dr Stripling rispondendo ad una domanda dice che è possibile che la lastrina sia stato incisa con uno stilo di ferro (XIV sec. a.C.?). Secondo noi è ben più probabile che lo stilo fosse di bronzo.

2 Il ricercatore, nel video che compare su You Tube tiene a puntualizzare che la scrittura e di tipo proto-alfabetica (18:00 del video) e precisa che sono chiamate proto-sinaitiche e talvolta proto-cananee le scritte che provengono dal Sinai.

3 Benjamin Sass, Yosef Garfinkel, Michael G. Hasel, and Martin G. Klingbeil The Lachish Jar Sherd: An Early Alphabetic Inscription Discovered in 2014, 2015 American Schools of Oriental Research. BASOR 374 (2015): 233 -45.


 Vedi anche Gigi Sanna http://maimoniblog.blogspot.com/2016/05/scrittura-nuragica-e-scrittura_5.html

4 Avremmo potuto cimentarci nella composizione in caratteri protocananei almeno della parola arur; ma sarebbe stato troppo aleatorio l'inserimento, nel rettangolo scrittorio di Fig.4, di questa parola senza conoscere la mutua posizione dello aleph rispetto al resh e di questo rispetto al wav e di quest'ultimo rispetto all'altro resh. Parola che potrebbe avere, ad esempio, una di queste forme tra le molteplici possibili, tenendo conto della sola direzione qui utilizzata da sinistra verso destra della singola parola e della sequenza di parole.

N.B.: la sequenza di parole qui pubblicate sono del tutto ipotetiche e non trovano riscontro alcuno nella tavoletta di Ebal,.. almeno per il momento.


Direzione che potrebbe essere anche da destra verso sinistra o, come dice il Dr. Stripling nella conferenza, anche in senso bustrofedico e per tanto, ipotizzando una scritta su quattro righe, così come esposta nella traduzione in inglese (vedi filmato), la prima e la terza riga andrebbero da sinistra verso destra e la seconda e la quarta da destra verso sinistra o viceversa, ottenendo in tal modo la scritta di →arur o rura← e →yhw o why← nella stessa formula scrittoria.
Ma non è tutto, visto che le singole parole potrebbero essere pur scritte, si badi bene, in sequenza dall'alto verso il basso o dal basso verso l'alto, secondo una scrittura non ancora codificata; motivo anche questo, pensiamo, per il quale il Dr. Stripling usa il termine di "scrittura proto-alfabetica".


5 Si veda lo scarabeo di Monte Sirai

6 E ora una noticina ardita di "filologia".
Mi rendo conto di entrare con questa nota in un campo piuttosto labile, per nulla scientifico ma, al contrario, alquanto aleatorio se non supportato da prove concrete di "prima mano". Penso però che non guasti (dal momento che si resta pur sempre in argomento) dare una sbirciatina a qualche elemento toponomastico presente nei dintorni di "Monte 'e prama" e del "nuraghe Tzricotu".
Si è detto che il piombetto scritto proviene dal Monte Ebal.
Con un immediato mezzo sorriso mi viene in mente che nel Sinnis di Riola Sardo, nelle vicinanze del nuraghe Tzricotu e quindi anche di monte 'e prama, vi è un rilievo chiamato "monte palla" che la memoria popolare vuole attinente all'antica mansione di trebbiatura del grano, visto che li vicino vi è anche una collinetta (artificiale?) chiamata "Monte trigu" ('monte palla' dista da Tzricotu 2500 m, mentre da Monte 'e prama dista 1800 m); il mezzo sorriso è dettato dall'assonanza tra "Monte Ebal" in terra di Israele e il sardo "monte 'e palla" (con la p pronunciata come una b, non esplosiva ma fricativa), che rende i due nomi del tutto omofoni. L'ipotesi naturalmente tenta di puntellarsi sul fatto che non pochi toponimi e idronimi sardi (si pensi per questi ultimi allo stesso fiume Cedrino) sembrano avere derivazione orientale siro-palestinese.

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