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Racconto di Mariano Abis
Durante una orribile notte d'inverno di molti decenni fa, mentre fuori imperversava da un cielo violaceo una violenta tormenta di neve, e tutti erano già andati a dormire, mi trovavo a discorrere con mio nonno Serapiu di fronte ad un vivace caminetto.
Diceva che a me, e solo a me, aveva intenzione di raccontare una storia che assicurava realmente avvenuta.
Ventimila, o forse cinquantamila anni fa esisteva in una isola rigogliosa al centro del mediterraneo un popolo antico che era già antico per i popoli del periodo.
Osservava le leggi che erano state suggerite da uomini di colore blu venuti da chissà dove.
Era una società equilibrata, pacifica, giusta, senza disparità evidenti, opulenta e gioiosa, una società che funzionava alla perfezione, diceva che a questa società veniva dato il nome di Gilanica.
Aveva il culto delle acque e delle stelle che esercitava a ridosso di templi ed edifici costruiti in onore ai loro morti.
Ma all'interno di questa società esisteva un piccolo gruppo fondamentalmente emarginato perchè malvagio, un gruppo che aveva stretto un patto con una enigmatica figura mandata tra loro da un essere viscido ed etereo che chiamavano Natas.