Quesito referendario
"Volete voi che il paesaggio sardo terrestre e marino sia modificato con l’installazione sul terreno ed in mare di impianti industriali eolici e/o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica?"
Quando il “Comitato per il No” ha predisposto il quesito del referendum regionale consultivo, una delle esigenze prese in considerazione è stata quella della estrema chiarezza del suo contenuto.
Il testo del quesito è il seguente: Volete voi che il paesaggio sardo terrestre e marino sia modificato con l’installazione sul terreno ed in mare di impianti industriali eolici e/o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica?
Come si vede, il quesito ha ad oggetto la tutela del paesaggio sardo terrestre e marino dallo scempio ambientale, culturale ed economico che si profila per l’installazione di impianti industriali costituiti da migliaia di torri eoliche e pannelli fotovoltaici destinati alla produzione di energia elettrica. Se è vero che il popolo è il suo territorio, la trasformazione del paesaggio sardo da rurale ad industriale equivale alla distruzione della identità dei sardi, alla mutazione artificiale delle loro radici culturali. Tra i principi fondamentali della Carta Costituzionale figura l’articolo 9, che testualmente recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni.”
L’idea di paesaggio nota ai Costituenti era quella coniata da Benedetto Croce, che lo identificava con l’insieme delle bellezze naturali del Paese, sede dell’identità storica e culturale della comunità e come tale meritevole di protezione.
Dunque, considerato che la legislazione nazionale ha escluso i sardi dal processo decisionale sul destino della propria isola, il referendum restituirà ai sardi la possibilità di esprimersi unitariamente e democraticamente per dire SI oppure No alla possibilità che il paesaggio sardo sia modificato con l’installazione sul terreno ed in mare di impianti industriali eolici o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica.
La locuzione “sul terreno ed in mare” significa che il NO escluderà dalle installazioni tutto, ma proprio tutto il suolo ed il mare. Il referendum, tra l’altro, si propone in questo modo di indicare al legislatore che si è contrari a sottrarre il suolo all’uso agricolo, all’allevamento del bestiame, al turismo, alle attività economiche della tradizione sarda.
Considerati i crescenti bisogni alimentari e la necessità di incentivare le nostre produzioni per il mercato interno, siamo contrari al consumo del territorio per la produzione della energia elettrica. Per essere chiari, il No al quesito referendario significa che anche nelle aree industriali dismesse, invece che impiantare nuove cattedrali eoliche, sarà possibile organizzare piani di bonifica ambientale con conseguente creazione di numerosi posti di lavoro e benefici alla qualità della vita delle popolazioni locali. Pensiamo alla piana di Ottana, gravemente inquinata dagli impianti industriali oramai in gran parte dismessi, piuttosto che ricoprire il terreno con migliaia di pannelli fotovoltaici ed aggravare la situazione sarebbe opera buona, anche considerati gli importanti problemi di salute della popolazione, bonificare le aree e restituirle alla loro vocazione naturale.
Il NO al quesito referendario lascia quale unica possibilità le installazioni per la produzione di corrente elettrica che non consumino il suolo, e precisamente i pannelli fotovoltaici sui tetti delle abitazioni private, degli edifici pubblici, dei parcheggi coperti e sui tetti dei capannoni delle aziende che in tal modo avranno la possibilità di approvvigionarsi della energia a costi decisamente contenuti.
Siamo convinti che il grande successo della raccolta di firme sulla proposta referendaria dimostri che il popolo sardo ha capito il senso della nostra iniziativa e sappia bene che la chiarezza e la semplicità delle parole è la garanzia della bontà delle intenzioni.
Il testo del quesito è il seguente: Volete voi che il paesaggio sardo terrestre e marino sia modificato con l’installazione sul terreno ed in mare di impianti industriali eolici e/o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica?
Come si vede, il quesito ha ad oggetto la tutela del paesaggio sardo terrestre e marino dallo scempio ambientale, culturale ed economico che si profila per l’installazione di impianti industriali costituiti da migliaia di torri eoliche e pannelli fotovoltaici destinati alla produzione di energia elettrica. Se è vero che il popolo è il suo territorio, la trasformazione del paesaggio sardo da rurale ad industriale equivale alla distruzione della identità dei sardi, alla mutazione artificiale delle loro radici culturali. Tra i principi fondamentali della Carta Costituzionale figura l’articolo 9, che testualmente recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni.”
L’idea di paesaggio nota ai Costituenti era quella coniata da Benedetto Croce, che lo identificava con l’insieme delle bellezze naturali del Paese, sede dell’identità storica e culturale della comunità e come tale meritevole di protezione.
Dunque, considerato che la legislazione nazionale ha escluso i sardi dal processo decisionale sul destino della propria isola, il referendum restituirà ai sardi la possibilità di esprimersi unitariamente e democraticamente per dire SI oppure No alla possibilità che il paesaggio sardo sia modificato con l’installazione sul terreno ed in mare di impianti industriali eolici o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica.
La locuzione “sul terreno ed in mare” significa che il NO escluderà dalle installazioni tutto, ma proprio tutto il suolo ed il mare. Il referendum, tra l’altro, si propone in questo modo di indicare al legislatore che si è contrari a sottrarre il suolo all’uso agricolo, all’allevamento del bestiame, al turismo, alle attività economiche della tradizione sarda.
Considerati i crescenti bisogni alimentari e la necessità di incentivare le nostre produzioni per il mercato interno, siamo contrari al consumo del territorio per la produzione della energia elettrica. Per essere chiari, il No al quesito referendario significa che anche nelle aree industriali dismesse, invece che impiantare nuove cattedrali eoliche, sarà possibile organizzare piani di bonifica ambientale con conseguente creazione di numerosi posti di lavoro e benefici alla qualità della vita delle popolazioni locali. Pensiamo alla piana di Ottana, gravemente inquinata dagli impianti industriali oramai in gran parte dismessi, piuttosto che ricoprire il terreno con migliaia di pannelli fotovoltaici ed aggravare la situazione sarebbe opera buona, anche considerati gli importanti problemi di salute della popolazione, bonificare le aree e restituirle alla loro vocazione naturale.
Il NO al quesito referendario lascia quale unica possibilità le installazioni per la produzione di corrente elettrica che non consumino il suolo, e precisamente i pannelli fotovoltaici sui tetti delle abitazioni private, degli edifici pubblici, dei parcheggi coperti e sui tetti dei capannoni delle aziende che in tal modo avranno la possibilità di approvvigionarsi della energia a costi decisamente contenuti.
Siamo convinti che il grande successo della raccolta di firme sulla proposta referendaria dimostri che il popolo sardo ha capito il senso della nostra iniziativa e sappia bene che la chiarezza e la semplicità delle parole è la garanzia della bontà delle intenzioni.
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