Michel di Pracontal
RNA-RETE NAZIONALE ANTINUCLEARE
traduzione dal francese : Fabienne Melmi
http://www.ilfautlesavoir.com/
Professionalità, trasparenza, precedenza alla sicurezza nelle centrali....
Dopo trentanni senza gravi incidenti , ci si potrebbe quasi dimenticare che il nucleare è un'industria ad alto rischio.
Tuttavia gli incidenti e le minacce esistono.
MOVIMENTARSI PER NON SUBIRE!
AGIRE PER NON MORIRE!
NO NUKE! UNA RISATA SHARDANICA VI SEPPELLIRA'!!!
Che ci sia capo di stato o ministro, generale o ingegnere, panettiere o giornalista, la regola è intangibile: per penetrare in uno degli "edifici dei reattori" di una centrale nucleare, occorre mettersi prima in slip. La procedura segue un ordine imperativo e meticoloso. Il percorso comincia con un "anthropo" - per anthropogammametria - che controlla che il visitatore è esente da contaminazione radioattiva. Poi il visitatore entra in "zona calda" e passa al guardaroba dove si sveste. Munito di un dosimetro e di un badge, supera allora un portico, si siede vicino ad una barriera. Là,si infilano calzini, maglietta, tuta, beretto, guanti, scarpe, tutti immacolati e debitamente controllati,. Dopo essersi applicati una crema ed avere messo un casco, eccoci alfine pronti.
Maggio 2005, centrale di Dampierre-en-Burly, vicino a Gien, in riva alla Loira. Quattro torre di 900 megawatt riparano ciascuna un edificio reattore - o "BR" -, torrione cilindrico di parecchie decine di metri di altezza, fatto di un muro di cemento armato di 90 centimetri di spessore . Salvo casi eccezionali, non si penetra nel BR di una torre in funzionamento, ma solamente durante i periodi di arresto necessario per ricaricare il combustibile da trattenere nell'installazione. Oggi ad esempio, è il caso della torre n° 1 a Dampierre. Alcuni lavoratori interinali adoperati dalle imprese a cui EDF subappalta delle operazioni di manutenzione arrivano all'ingresso principale , all'entrata della centrale. Per essere ammessi nel BR, bisogna cambiare badge prima di entrare sotto il duomo maestoso che protegge il reattore: un tino di acciaio di 20 centimetri di spessore che contiene le guaine del combustibile radioattivo.
La cultura di sicurezza è il leitmotiv degli agenti del nucleare. "Una centrale deve girare, ma la redditività non passerà mai davanti alla sicurezza, perché è lei che "tira le prestazioni"", dice Jean-Philippe Bainier, direttore del Centro nucleare di produzione di elettricità (CNPE, di Dampierre che impiega 1250 addetti permanenti, senza contare le centinaia di interinali degli imprese prestatarie,). Ogni giorno, tutte le attività della squadra di condotta sono seguite da un "ingegnere di sicurezza" che confronta le sue osservazioni con quelle del capo squadra. Pierre Haution è incaricato, lui, delle relazioni con l'autorità di Sicurezza (ASN), il "carabiniere" del nucleare: Il "mio lavoro, spiega, è di garantire che tutte le informazioni regolamentari siano trasmesse all'autorità di Sicurezza e di prestare attenzione al mantenimento di un clima di fiducia basata sulla trasparenza. Ogni evento deve essere segnalato il più velocemente possibile. L'autorità di Sicurezza può quindi farsi continuamente un'idea del funzionamento della centrale."
Professionalità, trasparenza.... Descritto dai suoi agenti, l'universo delle centrali di EDF che produce l' 80% della nostra elettricità, sembra idilliaco. Il programma nucleare è stato lanciato nel 1974. Su 58 reattori al totale, 48 reattori sono stati avviati prima del 1990. Dopo una generazione passata senza incidenti gravi, ci si potrebbe quasi dimenticare che si tratta di un'industria ad alto rischio. Per i giovani ingegneri freschi usciti delle scuole, il nucleare è un'attività come un altra. È vero che si fa fatica, ascoltando il ronzio regolare delle turbine, a pensare all'incidente di Three Miles Island (Stati Uniti) nel 1979 o alla catastrofe di Chernobyl nel 1986. "Il nucleare francese è percepito come uno dei più sicuri al mondo", scrive Yves Marignac, dell'associazione Wise (1). Per una larga parte dell'opinione pubblica, come per i decisionisti, un incidente di tipo Chernobyl è impossibile in Francia.
E se questa assicurazione fosse solo un'illusione? Abbiamo indagato su parecchi siti, ma anche presso agli organismi competenti e a differenti periti. Il quadro che ne esce fuori è contrastato . Le centrali nucleari francesi sono delle installazioni di qualità, servite da agenti devoti ed appassionati per il loro lavoro. E la loro sicurezza ha progredito molto in dieci anni, almeno se ci fidiamo degli indicatori quantitativi di EDF. Ma presentano anche numerosi punti deboli che il discorso ufficiale minimizza o passa sotto silenzio.
Primo aspetto: l'incidente maggiore non è impossibile, è solamente improbabile. Il principio di concezione dei reattori "è di evitare un incidente maggiore piuttosto che di resistergli", riassume Yves Marignac, dell'associazione Wise. I componenti sono stati calcolati per tenere in condizioni di funzionamento giudicate verosimili. "L'atto di base è probabilistico, conferma André-Claude Lacoste, direttore generale dell'autorità di Sicurezza nucleare (ASN). si considera un coppia probabilità-conseguenze e si pongono dei limiti. Gli avvenimenti troppo improbabili non sono presi in considerazione. " Questo approccio è completato dalla nozione di "sicurezza in profondità" che consiste in sovrapporre differenti linee di protezione, allo stato delle tre barriere che confinano il combustibile radioattivo. Quella è la teoria. Perché la pratica è l'idea della complessità di un'installazione nucleare: un incubo di tubatura, con più di 11000 paratie, centinaia di pompe, innumerevoli chilometri di tubature, migliaia di circuiti di controllo... in effetti, l'imprevisto è inevitabile.
12 maggio 1998, appena avviatosi, il reattore nuovo di zecca di Civaux-1 (Vienna) rompe un tubo e perde il refrigeratore del circuito primario che assicura il raffreddamento del combustibile. In chiaro, un organo vitale, perché un surriscaldamento del primario può provocare una fusione del nocciolo ed un rilascio di radioattività. È ciò che è accaduto a Three Miles Island. A Civaux, la crisi è durata più di 50 giorni ed il reattore è stato riportato ad un stato di "sicurezza" solo all'inizio di luglio 1998. Nell'intervallo di tempo, si è dovuto scaricare in emergenza i due reattori della centrale di Chooz, nelle Ardennes che fanno parte della stessa serie.
27 dicembre 1999: la tempesta che attraversa la Francia colpisce il sito del Blayais, nella Gironde, dove tre reattori su quattro sono in produzione. La centrale è parzialmente inondata . Non è un incidente grave come quello di Three Miles Island, ma un incidente serio. "Le onde provocate dalla tempesta nell'estuario della Gironde hanno causato la perdita di una delle due vie del sistema di raffreddamento del reattore 1, così come l'indisponibilità di due sistemi di salvaguardia dei reattori 1 e 2", nel rapporto ufficiale sull'incidente considerato dal deputato Claude Birraux. Certo, in alcun momento, l'acqua ha raggiunto il combustibile, ciò, se fosse successo avrebbe potuto avere conseguenze gravissime. Non resta nemeno molto del "concetto di sicurezza in profondità con barriere successive che si è rivelate insufficienti. (...) L'acqua non sarebbe mai dovuta entrare nell'edificio reattore. " In seguito a questo incidente, l'istituto di Protezione e di Sicurezza nucleare (IPSN) ha dimostrato in un rapporto che otto siti su diciannove erano vulnerabili al rischio di inondazione: Belleville, (Cher), Chinon (Indre-e-Loire), Dampierre (Loiret), Gravelines, (Nord), le Blayais (Gironde), Saint-Laurent, (Loir et Cher), hanno una piattaforma appoggiata sotto la "quota maggiorata di sicurezza"; i siti di Fessenheim (Haut-Rhin) e di Tricastin (Drôme) si trovano vicino ad un canale di cui la linea di acqua è più elevata della piattaforma. Questo rapporto ha condotto EDF ad impegnare diversi lavori di protezione, ma il rischio di un fiume in piena eccezionale non è eliminato.
Gli attentati del 11 settembre 2001 hanno posto in essere una nuova minaccia: un crash di aereo di linea su una centrale. Il problema è stato studiato? Risposta delle autorità: sì, ma i risultati sono classificati. "Pensiamo che il migliore modo di lottare contro l'attacco di un aereo indiretto, è di impedire a questo aereo di avvicinarsi ad un'installazione. Ne risultano misure preventive da cui il dettaglio rileva del segreto difesa", si limita a commentare André-Claude Lacoste, direttore generale dell'ASN. Joseph Sanchez, direttore della centrale di Fessenheim, afferma che ha conosciuto "le conclusioni di un studio, dove si afferma che l'edificio reattore resisterebbe" a questo tipo di attacco. Nella sua centrale, si è pregati di venire senza macchina fotografica né telefono portatile, al nome della sicurezza e del piano Vigipirate.
Fine 2002 è apparsa un altro problema: quello del rischio sismico. Nel quadro dell'elaborazione di una nuova "Regola fondamentale di sicurezza" (RFS 2001-01), i periti dell'IRSN (2) hanno rivalutato questo rischio in differenti regioni. Hanno concluso che certe centrali, come Fessenheim in Alsace o Bugey a 30 km di Lione, erano più esposte di quanto non si credesse. All'epoca della loro costruzione, i due siti erano stati dimenzionati in funzione di un "sisma storico massimale verosimile" che non riflette più le conoscenze attuali. Anche se il rischio può sembrare debole, le due centrali sono difatti installate in regioni a sismicità accertata.
Un terremoto, del XIV° secolo, non ha distrutto la città di Basilea?
Un vero problema per EDF che ha valutato, in un documento confidenziale (3), l'importo dei lavori per rimettere in conformità le centrali sulla base dei riferimenti calcolati dall'IRSN: 1,2 miliardo di euro per i soli siti di Bugey e di Fessenheim; 1,9 miliardo se si aggiunge quelli di Chinon (Indre-e-Loire), Civaux (Vienne), Golfech, (Tarn-e-Garonne), Dampierre (Loiret), Saint-Laurent, (Loir et Cher), Belleville, (Cher), Saint-Alban (Isère) e Le Blayais (Gironde), anche loro concernati . I commenti che raffigurano nella nota di EDF a proposito di questo rischio sismico, prima percepito come un rischio finanziario, sono inquietanti: "Delle azioni di lobbying o altri periti sono possibili? (...) Bisogna trovare una scappatoia a questa minaccia. Nella pratica progettata, è un studio di impatto che deve definire fin dove sarebbe industrialmente accettabile rivalutare il sisma. E dunque derogare per certi siti all'applicazione del RFS."
Ecco che sfuma seriamente il ritornello secondo il quale i costi non saprebbero opporsi all'esigenza di sicurezza. Si può giudicare che il rischio di un sisma distruttore sia debole in Francia, ma nessuno aveva pensato neanche che Le Blayais potrebbe essere inondato. La disputa tra EDF e l'IRSN è stata la causa di una lettera molto tecnica di André-Claude Lacoste che non dà ragione né ad uno né all'altro dei protagonisti. In ogni caso, 10 siti su 19 non presentano oggi una tenuta al sisma che sia soddisfacente, secondo le stesse perizie sulle quali si basa la sicurezza! E per almeno due di essi il rischio non può essere considerato come trascurabile. Altra preoccupazione per i periti dell'IRSN: il problema dei pozzetti del cinta di confinamento. Hanno per funzione, in caso di breccia nel circuito primario, di raccogliere l'acqua e di permettere che il cuore continua ad essere raffreddato. Ora si è scoperto, in seguito ad un incidente successo nel 1992 in Svezia alla centrale di Barsebaeck, che i filtri dei pozzetti possono otturarsi. In questo caso, l'acqua non passerebbe più e ci sarebbe un rischio di fusione del cuore. "Questo problema riguarda numerosi reattori nel mondo, in particolare quelli del parco francese. EDF ha impiegato dieci anni a riconoscerlo. Ora è un dossier urgente", si allarma un osservatore.
Ma EDF ha numerosi altri problemi: l'impresa pubblica, pesantemente indebitata, è in piena mutazione, alla vigilia di aprire il suo capitale e di entrare in un mercato concorrenziale. I direttori dei siti proclamano alto e forte che niente di tutto ciò non affetta il funzionamento delle centrali. Pierre Wiroth, ispettore generale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione di EDF, si mostra più sfumato: "Constato per esempio che un "atteggiamento interrogativo ed una pratica rigorosa e prudente" non sono sempre all'appuntamento, scrive nel suo rapporto 2004, pubblicato nel gennaio scorso. Talvolta la coscienza del rischio degli intervenienti sembra insufficientemente evoluta ..." E di appuntare "numerosi errori che potrebbero imparentarsi alle violazioni, in particolare nel campo della radioprotezione e della sicurezza", "delle modalità di superamento di zona (salti di zona) che non si rispettano "perché non ci sono più rischi più ", delle attrezzature di protezione individuale che non si portano "perché è imbarazzante", delle "check-lists" di cui ci si affranca "perché si conosce la musica"."
Conclusione: "Il sistema migra , con leggerezza, da uno spazio sicuro verso una zona dove i margini si riducono. " Un sentimento condiviso da A., agente di condotta, venticinque anni di esperienza su parecchie centrali. C'è oggi una crisi culturale ad EDF. Quando sono stato assunto, i capi di servizio erano pronti a farsi in quattro affinché tutto funzionasse. Oggi non è più veramente cosi . Tra le costrizioni economiche, il rompicapo dei RTT e la burocratizzazione dell'impresa, si perde il cuore del mestiere. Dieci anni fa, si dedicava il 13% della massa salariale alla sicurezza,oggi solo il 7%. Mentre conosceremo a breve un'emorragia per la messa in quiescenza di pensione dei molti tecnici, e non abbiamo più i mezzi per formare i giovani. Il problema è ancora più acuto per i prestatari [il subappalto, NDLR]. Certi non hanno capito che una centrale nucleare non è una fabbrica di cioccolato. Alcuni impiegati vengono senza avere consapevolezza che il gesto tecnico che compiono può avere oggi un impatto sulla sicurezza della centrale fra cinque o dieci anni. Un giorno, un ragazzo mandato da una società interinale è venuto a pormi delle domande a proposito di un quadro elettrico, ed io mi sono reso conto parlandoci che il ragazzo non era un tecnico, ma, era un panettiere! »
Lo spettro di un incidente maggiore può continuare ad essere cancellato da un colpo di mano dal momento in cui si è deciso di prolungare di almeno vent' anni la durata di vita delle nostre centrali?
Il più grosso problema è di gestire un parco di cui si potrebbe essere obbligati a chiudere una parte importante, risponde un perito. Il fatto di dipendere al 80% dal nucleare non lascia nessuno margine di manovra. Gli svedesi possono permettersi di chiudere tutto, noi no. Questo ci obbliga ad anticipare ogni difetto che potrebbe essere generico. La scelta nucleare ha i suoi vantaggi, ma è anche una spada di Damocle. " Certamente, se si anticipa correttamente, la catastrofe non dovrebbe accadere. Ma, come lo nota sobria del nostro perito, molte cose che non dovevano accadere sono poi arrivate."
Note: (1) vedere Yves Marignac, "I rischi del nucleare francese al tempo dell'EPR", in "i Quaderni di Global Chance" (gennaio 2004). (2) Istituto di Radioprotezione e di Sicurezza nucleare, base di perizia sulla quale si appoggia l'autorità di Sicurezza. (3) divulgato per la rete Sortir du Nucléaire.
Estate calda per EDF: I francesi temono le estati caldi , EDF ancora di più. Fin da metà-giugno, l'operatore temeva una produzione insufficiente questa estate, a causa di una siccità che limita il funzionamento delle centrali in bordo di fiumi . Era previsto di fare girare al massimo i 18 reattori di bordo di mare (Gravelines, Penly, Paluel, Flamanville ed Le Blayais), e di non chiuderne simultaneamente più di due. In seguito ad imprevisti di cui un afflusso di alghe a Paluel, 5 reattori di bordo di mare sono fermi questo mese. L' 8 luglio, la direzione del parco nucleare inviava ai direttori di centrale una posta elettronica allarmistica: "La situazione del parco di produzione EDF è tesa attualmente. Dobbiamo limitare a minime e rigorose le operazioni a rischio..."
È precisato che la mancanza di potenza si eleva a "16 000 MW di cui 9 500 MW non previsti", che "la nafta si è avviata a prezzi alti" perchè gli acquisti sono realizzati all'estero". La siccità rischia di portare certi siti ad infrangere le ordinanze che fissano i livelli di rigetti nei fiumi. Ciò ha condotto la rete Sortir du Nucléaire ad attaccare presso la corte di giustizia le centrali di Civaux, del Blayais, di Saint-Laurent e di Gravelines, tutte colpevoli di recenti infrazioni . La penuria d'acqua rischia di provocare un funzionamento in flusso teso dei siti a bordo mare, situazione che Sortir du nucléaire qualifica di "préaccidentale".
Chi controlla le centrali?
Il controllo della sicurezza delle centrali nucleari di EDF è assicurata da una trafila molto gerarchizzata: lo sfruttamento è seguito al quotidiano dagli "ingegneri per la sicurezza" (IS che segnalano ogni errore). In caso di disaccordo con la squadra di sfruttamento, gli IS che hanno un "dovere di allerta", possono riferire al direttore della centrale. Un IS particolare ha per missione di informare continuamente l'autorità di Sicurezza nucleare (ASN, di ogni avvenimento che interessa la sicurezza,). L'asn si appoggia su degli organismi di periti di cui l'istituto di Protezione e di Sicurezza nucleare (IPSN), annessa al CEA, e l'istituto di Radioprotezione e di Sicurezza nucleare (IRSN). "Carabinieri del nucleare", l'ASN ha il potere di chiudere ogni centrale che giudicherebbe insufficientemente sicura. L'asn è lei stessa sottomessa all'autorità del Primo ministro ed a quella del ministro dell'industria.
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