Sulla questione della speculazione energetica: l'eolico.
In Sardegna (secondo quanto rilevato da Terna relativamente alla produzione di energia elettrica per il 2021), c'è una richiesta di circa 9.000 GWh e una produzione che va ben oltre il 25% circa di energia che viene portata in Continente. Attualmente, di questa produzione il 30% circa viene da rinnovabili. Percentuale che al momento copre il 40% dell'efficienza isolana, ma che se riportata agli usi residenziale, e/o togliamo l'industria, arriva anche al 40/60%.
Allora, da dove nasce tutta questa pressione all'invasione eolica?
Perchè siamo di nuovo di fronte all'ennesimo saccheggio, a una nuova colonizzazione, materiale e culturale, la quarta in effetti. Da quella industriale, anni 60/70, a quella che ha visto la forzata eradicazione della nostra lingua; alla devastante imposizione delle servitù militari e adesso questa: una invasione selvaggia, giustificata da finti parametri ecologici, finalizzati ad una iper produzione energetica da fonti rinnovabili, eolico nello specifico, in realtà paravento a vere e proprie speculazioni finanziarie a danno di risorse e territori altrui.
Se questi progetti, alcuni off shore altri in mare, dovessero tutti superare la valutazione di impatto ambientale, arriveremo ad una produzione di 44.000 GWh, che rapportate alle 9.000 rendono evidente l'aspetto speculativo che li origina.
Tanto più, contrariamente alla narrazione, che tutta questa energia allo stato attuale non sarebbe neppure esportabile, nè con i collegamenti esistenti, nè con gli altri in progettazione, e che la natura stessa di questa produzione, intermittente, non permette affatto di superare il problema del fossile. Anzi, più se ne produce, più si deve compensare sulla rete.
Appare chiaro che quanto accade mette in luce un progetto ben più ampio: l'attacco a tutto campo politico, sanitario, culturale, sociale, economico, perpetrato a carico del mondo tutto, dell'Occidente e dell'Italia in particolare, da un potere sovranazionale che ha inficiato ed esautorato gli Stati e qualsiasi espressione democratica. Ignorare le implicazioni, continuare a considerare le evidenze fattuali come casuali e non convergenti, compromette pericolosamente la visione della portata del problema.
Tracciamento e controllo sanitario (vaccinazioni indiscriminate, abolizione dei generi, constrasto alla riproduzione, razionamento del cibo, divieto d'accesso alle cure alternative, limitazione degli spostamenti); controllo delle attività produttive e della proprietà privata (brevetto delle sementi e ostacoli alla produzione di cibo non industriale, razionamento della energia e delle risorse produttive, abolizione del contante, reddito di base universale) parlano un unico linguaggio: quello dell'Agenda 2030, coordinata da ONU, WEF, Club Bilderberg, Bill e Melinda Gates Foundation, per citarne alcuni, che fa del cambio climatico la teoria a supporto della imposizione delle quote di CO2; altra truffa che si infrange (al di là dello stesso buon senso, in quanto la CO2, essenziale alla vita su base carbonio, si trasforma, grazie alla sintesi clorofilliana, in ossigeno), con le evidenze storiche e le affermazioni scientifiche di ricercatori e studiosi liberi da conflitti di interesse.
Da questa "narrazione", abbracciata incondizionatamente dalle forze politiche tutte, hanno origine leggi capestro legate alle direttive europee (legge 387 del 2003, direttive europee del 2001); direttive che configurano una produzione fatta attraverso grandi impianti quindi, sostanzialmente, affidata alle multinazionali e alla loro genetica propensione alla speculazione.
Da questa "narrazione", abbracciata incondizionatamente dalle forze politiche tutte, hanno origine leggi capestro legate alle direttive europee (legge 387 del 2003, direttive europee del 2001); direttive che configurano una produzione fatta attraverso grandi impianti quindi, sostanzialmente, affidata alle multinazionali e alla loro genetica propensione alla speculazione.
Una produzione consegnata interamente a soggetti esterni privati, totalmente protetti da una normativa che configura questi progetti nella categoria della "pubblica utilità". Legati giuricamente al solo criterio del "là dove c'e la fonte" (alla Sardegna, alla Sicilia, alla Puglia sarà richiesto, perchè privilegiate dal sole e dal vento, la produzione del 90% dell'eolico previsto per tutta l'Italia), sfuggono ad ogni tipo di regolamentazione territoriale e di pianificazione locale.
Spuntate le armi amministrative: regionali, provinciali, comunali; imbavagliate quelle politiche, con la spinta della Transizione ecologica sulla falsa narrazione del cambiamento climatico, come già ribadito, in modo truffaldino imputato all'attività umana e alla produzione della C02, questi impianti, in pratica, possono essere realizzati dappertutto, comprese le aree agricole (art. 12) e le acque territoriali con il solo veto della fantomatica "Valutazione di impatto ambientale". Sostanzialmente, perizie che pesano ancora una volta sul bilancio dei vari comuni, che richiede una notevole conoscenza dei territori e che, legati al decisore politico, il Ministero dell'ambiente, vista la spinta green e la quantità di fondi messi a disposizione, hanno ben poche possibilità di essere accolte.
Inoltre, le società interessate, coscienti del loro terreno di caccia, cercano di aggirare gli ostacoli territoriali, promettendo ai Sindaci compensazioni economiche. Peccato che tali compensazioni (decreto 2010), non possono avere natura monetaria, ma devono configurarsi come "compensazioni ambientali", non posso superare il 3% dei proventi provenienti dall'impianto, proventi che ovviamente nessuno conosce, e vadano concordare prima del rilascio della stessa autorizzazione; insomma un chiaro specchietto per le allodole che finisce col lasciare i Sindaci, caduti nella trappola, con i territori devastati e un pugno di mosche in mano.
Espropi, assenza della reale valutazione di impatto degli impianti, nessun ritorno economico: tutta la tecnologia, l'impiantistica e i proventi sono e restano in mano alle società appaltatrici. Un quadro drammatico, accettato supinamente dalla Regione Sarda che non si è fatta neppure promotrice di proposte più eque e consone al territorio e alle comunità.
L'assenza di una vera politica rende evidente la necessità di superare le fazioni partitiche, tutte indistintamente, come abbiamo avuto modo di vedere in questi ultimi anni, incapaci ed asservite, di fatto marionette al servizio di un sistema che ha ormai apertamente mostrato il suo volto.
La delega ai partiti, di qualunque colore si voglia, ha tradito il suo mandato popolare e vergognosamente fa sponda a dettami imposti da organismi esterni agli Stati e che si avvalgono, per imporre le loro politiche che non hanno affatto a cuore nè la terra, nè chi la abita, di organizzazioni di fatto private; come la UE braccio esecutivo delle lobby finanziarie che la governano.
Non possiamo cadere nella trappola di movimenti o associazioni che cavalcano false teorie ambientaliste, false emergenze sanitarie, falsi valori sociali e misconoscono l'assalto al diritto, alla Costituzione e all'uomo in quanto tale, subito in questi anni per mano degli stessi che oggi invocano la transizione green e la palese frode del "non avrai nulla è assai felice".
Guardare al particolare, evitando ottusamente di vedere il suo funzionale inserirsi in un puzzle ben più ampio e pericoloso, porterà ogni azione di contrasto, poiché figlia di premesse fallaci, a risultati allo stesso modo fallaci e certamente, controproducenti, per le legittime istanze popolari.
Consapevoli di tutte le ragioni fin qui esposte, forti della considerazione, così come ribadito nel nostro motto, che solo "la forza del popolo unito potrà salvarci", auspichiamo la nascita di un movimento vero, che nella "verità" e in onore, lavori per il bene della nostra grande Isola e dei sui legittimi abitanti.
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