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venerdì 30 dicembre 2022

Il vertice della CSI e la geopolitica del potere responsabile


Katehon think tank
Il 26 e 27 dicembre 2022 si è tenuta a San Pietroburgo una riunione informale dei capi di Stato della CSI. Hanno partecipato il Presidente russo Vladimir Putin, il Presidente azero Ilham Aliyev, il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan, il Presidente bielorusso Alexander Lukashenko, il Presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev, il Presidente kirghizo Sadyr Zhaparov, il Presidente tagiko Emomali Rakhmon, il Presidente turkmeno Serdar Berdymukhamedov e il Presidente uzbeko Shavkat Mirziyoyev. Cioè i leader dei nove Stati che facevano parte dell’URSS. Tra gli assenti, gli Stati baltici, la Georgia, la Moldavia e l’Ucraina. Per la Lettonia, la Lituania e l’Estonia la situazione è chiara: da tempo fanno parte del blocco dell’UE e della NATO. L’Ucraina, o meglio il regime neonazista che si considera il successore di quello Stato, resiste ancora ferocemente al processo di smilitarizzazione e denazificazione. La Georgia ha lasciato la CSI nel 2008 sotto Saakashvili, che, come Zelensky, era un burattino dell’Occidente. La Moldavia è ancora un membro della CSI, ma Maia Sandu ha perseguito una politica russofoba ed è stata sospesa dagli organi della CSI già nel maggio 2022. È inoltre significativo che Georgia, Moldavia e Ucraina partecipino tutte al Partenariato orientale, un progetto formalmente presentato dall’UE come programma di vicinato e integrazione, ma che è un’espansione politica ed economica dell’Occidente.

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