

In Francia, alla vigilia del voto, s’attendeva un’ondata d’astensioni senza precedenti: fino al 50 per cento. Tenuto conto dell’eliminazione delle listarelle che non avranno il 5 per cento dei suffragi, sebbene fra tutte rappresentino circa il 20 per cento dell’elettorato, gli eletti al Parlamento di Strasburgo rappresenterebbero un quarto della popolazione. Brutto segno per la democrazia. Ma per quale democrazia? Democrazia d’opinione, televisiva, di mercato? Studiate nella dimensione della crisi o valutate nella dinamica postmoderna, le patologie delle democrazie contemporanee attraggono vieppiù l’attenzione degli osservatori. È opinione generale che esse non ineriscano alla democrazia come tale, ma derivino dalla corruzione dei suoi principi. Gli osservatori più superficiali l’attribuiscono a fattori e fenomeni esterni (rituali le denunce del fondamentalismo, del populismo, del comunitarismo, della globalizzazione, ecc.), che riguardano solo evoluzione dei costumi e mutamenti sociali. Spesso, insomma, si scambia la causa per l’effetto, mentre gli osservatori più seri vanno oltre le osservazioni immediate e s’interrogano sull’evoluzione della democrazia, parlando allora di distacco più o meno netto fra ciò che la democrazia è e ciò che dovrebbe essere secondo i suoi principi fondatori.
Certuni parlano già di “post-democrazia”, non per dire che la democrazia è al termine, ma per suggerire che ha spontanemente adottato forme post-democratiche, da definire e classificare. Altri suggeriscono che siamo in una situazione paragonabile a quella di pochi anni prima della rivoluzione francese. I toni più comuni sono inquieti e disillusi. Per le democrazie europee la crisi attuale non è la prima. In materia Marcel Gauchet pubblica La révolution moderne e La crise du libéralisme, 1880-1914 (entrambi Gallimard), primi due - di quattro - volumi su L’avènement de la démocratie. La prima crisi della democrazia si profila in Francia dal 1880, s’afferma con lo «choc 1900», ma esplode solo dopo la Grande guerra, culminando negli anni Trenta. A quell’epoca - scrive Gauchet - «il regime parlamentare si rivela tanto ingannatore quanto impotente; minato dalla divisione del lavoro e dall’antagonismo fra classi, la società pare crollare; generalizzandosi, il cambiamento storico accelera, cresce, sfugge ai controlli». Si entra nell’era delle masse e la società è lacerata dalla lotta di classe. Inoltre cadono le solidarietà organiche e si svuotano le campagne. Conseguenza diretta di tale crisi è innanzitutto l’ascesa delle prime ideologie (pianismo, tecnocrazia) che vogliono dare il potere politico a «esperti», poi, e soprattutto, lo scatenarsi dei regimi totalitari, che tenteranno - come hanno dimostrato Louis Dumont e, in misura minore, Claude Lefort - di compensare gli effetti dissolventi dell’individualismo e la destrutturazione culturale della società con un olismo tanto artificioso quanto brutale, legato alla mobilitazione delle masse e all’instaurazione d’un regime da caserma nella società globale, su un fondo d’appelli a concetti prepolitici come la «comunità razziale». In realtà, per Gauchet, «tornano o tentano di tornare, in un linguaggio laico, alla società religiosa, alla sua coerenza e alla convergenza delle sue parti».
Da questo punto di vista, i totalitarismi del XX secolo sono incontestabilmente figli (illegittimi) del liberalismo. La fine della II guerra mondiale segna il grande ritorno della democrazia liberale. In un primo tempo, però, per evitare la ricaduta negli errori prebellici, la democrazia liberale si veste da Stato-Provvidenza. Nel contesto del fordismo trionfante, in realtà si forma un regime misto, che al classico Stato di diritto associa elementi d’essenza più democratica, ma dove la democrazia è vista innanzitutto come «democrazia sociale». Per Gauchet le caratteristiche di questa «sintesi liberal-democratica» sono: rivalutazione del potere esecutivo in seno al sistema rappresentativo, adozione - dove ancora mancavano - di assicurazioni sociali contro la malattia, la disoccupazione, la vecchiaia e l’indigenza, infine costituzione di un apparato che rimedi all’anarchia derivante dal libero sviluppo degli scambi sui mercati. Più o meno normalmente il sistema funzionò fino a metà degli anni Settanta. Dal 1975-80 nuove tendenze portano a una crisi diversa. Ideata come società d’assicurazioni e come organizzazione benefica, la democrazia sociale comincia ad ansimare e il liberalismo puro torna a prevalere. Privilegiata senza ritegno, la società civile diventa il motore di una nuova fase dell’organizzazione autonoma della vita sociale. È il grande ritorno del liberalismo economico, mentre a poco a poco il capitalismo si libera degli ostacoli, processo culminante nella globalizzazione seguita alla disgregazione del sistema sovietico. A lungo relegata nel ruolo simbolico e decorativo delle venerabili astrazioni d’epoca, l’ideologia dei diritti dell’uomo diventa la religione dei tempi nuovi e, insieme, la cultura dei buoni sentimenti, l’unica capace di realizzare il consenso sulle rovine delle ideologie precedenti.
Nello stesso tempo lo Stato-nazione si rivela sempre più impotente contro le sfide del momento, perdendo progressivamente tutti i «valori di maestà», mentre si assiste, ovunque, al massiccio rilancio del processo d’individualizzazione, che si traduce nella scomparsa, in pratica, dei grandi progetti collettivi fondatori d’un «noi». Mentre in passato «era questione solo di masse e classi, perché l’individuo era considerato per il suo gruppo, la società di massa è stata sovvertita dall’interno dall’individualismo di massa, che sottrae l’individuo al suo appartenere». È anche l’epoca della quasi scomparsa delle società rurali occidentali, rivoluzione silenziosa i cui effetti profondi saranno più o meno inavvertiti, e dalla generalizzazione delle società multietniche, nate dall’immigrazione di massa. Per capire quest’evoluzione va colta la distinzione fra democrazia antica e moderna. La prima, già insita nell’idea di un’autocostituzione delle comunità umane, può definirsi come la formazione politica dei mezzi dell’autonomia grazie alla partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. La democrazia moderna è intrinseca alla modernità, ma solo attraverso un legame col liberalismo che tende a snaturarla. La causa profonda della crisi è l’alliage contronatura della democrazia col liberalismo, che Gauchet ha potuto presentare come «la dottrina stessa del mondo moderno». L’espressione «democrazia liberale» associa come complementari termini contraddittori. Oggi, rivelandosi del tutto, il liberalismo minaccia le basi della democrazia.
Giustamente Chantal Mouffe (The Democratic Paradox, Verso) osserva: «Da una parte c’è la tradizione liberale costituita dal regno della legge, dalla difesa dei diritti dell’uomo e dal rispetto della libertà individuale; dall’altra la tradizione democratica, con idee principali come eguaglianza, identità fra governo e governati, sovranità popolare. Fra queste due diverse tradizioni non c’è una relazione necessaria, ma solo un’articolazione storica contingente». Senza cogliere questa distinzione non si capisce la crisi attuale della democrazia, crisi di sistema di questa «articolazione storica contingente». Democrazia e liberalismo non sono sinonimi. Su punti importanti sono perfino concetti opposti. Ci possono essere democrazie non liberali (democrazie e basta) e liberali non democratici. Per Carl Schmitt, più una democrazia è liberale, meno è democratica.
Traduzione di Maurizio Cabona
www.ariannaeditrice.it
fonte:
Les Amis d’Alain de Benoist
Il tribunale è seguito con interesse da molte persone straniere che sostengono attivamente la lotta per la giustizia delle vittime vietnamite >L'Associazione internazionale dei giuristi democratici (International Association of Democratic Lawyers - IADL) il 15 maggio a Parigi ha indetto una sessione di lavoro di due giorni del Tribunale internazionale della coscienza dei popoli per il sostegno alle vittime vietnamite dell’Agente Orange. All’apertura dei lavori, il presidente del Tribunale, Jitendra Sharma, ha dichiarato: "La guerra chimica condotta dagli Stati Uniti contro il Vietnam attraverso l'uso dell’Agente Orange e di altre sostanze legate alla diossina dal 1961 al 1971 ha causato gravi, pesanti e prolungate conseguenze per l’ambiente, l’ecosistema e la salute del popolo del Vietnam". Da quel momento fino ad oggi nessun governo degli Stati Uniti ha riconosciuto le proprie responsabilità per le conseguenze dell'uso di queste sostanze chimiche. Gli Stati Uniti, nella causa legale intentata dall’Associazione delle vittime dell’Agente Orange del Vietnam (Vietnam Association for the Victims of Agent Orange - VAVA), hanno preso posizione contro l’assunzione di responsabilità da parte delle imprese che hanno prodotto l’Agente Orange. A nome della coscienza e dell’opinione pubblica internazionali, del Tribunale internazionale della coscienza dei popoli per il sostegno alle vittime vietnamite dell’Agente Orange, su iniziativa della Associazione internazionale dei giuristi democratici (IADL), verranno prese in considerazione e tratte le relative conclusioni in merito alle seguenti questioni: 1) I fatti dimostrano le conseguenze per l'ambiente e l'ecosistema del Vietnam e per la salute del popolo vietnamita prodotte dall'uso dell’Agente Orange da parte delle forze militari degli Stati Uniti dal 1961 al 1971. 2) La responsabilità delle amministrazioni degli Stati Uniti nel periodo 1961-1971 per aver condotto una guerra chimica in Vietnam sotto il Diritto internazionale consuetudinario. 3) La responsabilità degli Stati Uniti e delle imprese fornitrici per il riversamento dell’Agente Orange sul Vietnam, per il risanamento delle conseguenze ambientali e dell’ecosistema del Vietnam e per la salute del popolo vietnamita. A nome dell’Associazione delle vittime dell’Agente Orange/diossina del Vietnam (VAVA), il presidente Nguyen Van Rinh ha sottolineato che l'eredità della guerra degli Stati Uniti in Vietnam negli anni 1960-1970 ha causato enormi danni all’ecosistema ed esposto a sostanze tossiche più di 4,8 milioni di persone. Su un totale di circa 3 milioni di persone colpite, molti sono morti, molti altri sono sopravvissuti in agonia per causa di strane e gravi malattie e disabilità, molti bambini sono nati con orribili deformità. Dopo quasi 40 anni, tali effetti ancora non mostrano segni di regresso. Hanno invece mostrato segni ancor più devastanti e duraturi di quanto si potesse prevedere. Nel frattempo gli Stati Uniti, che direttamente hanno provocato questa tragedia, finora hanno cercato di sottrarsi alla loro responsabilità morale e giuridica. Di conseguenza, le vittime vietnamite hanno deciso di intentare causa al Tribunale Distrettuale degli Stati Uniti di Brooklyn, New York, il 30 gennaio 2004. Le vittime hanno trascorso cinque anni perseguendo la causa nei tribunali statunitensi, ma questa è stata rigettata in tutti e tre i gradi di giudizio dei tribunali federali, nonostante che il governo degli Stati Uniti avesse speso miliardi di dollari per risarcire i propri soldati veterani rimasti vittime dell’Agente Orange usato durante la guerra chimica in Vietnam. I tribunali statunitensi hanno respinto le istanze delle vittime vietnamite per il solo motivo che l’Agente Orange/diossina poteva essere qualificato soltanto come erbicida, in ogni caso non come sostanza tossica e che le sue conseguenze dannose sono state involontarie. Questa affermazione assurda da parte dei giudici statunitensi deve essere studiata e presentata all'opinione pubblica mondiale. Il signor Rinh ha sottolineato che: "Il dolore sofferto dalle vittime vietnamite è il dolore di tutta l'umanità. La loro lotta per la giustizia non è solo nel loro interesse, ma anche in quello delle altre vittime negli Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Canada; non solo per le vittime dell’Agente Orange/diossina, ma anche per le vittime di tutte le altre armi crudeli o di distruzione di massa; non solo per l’attuale generazione, ma anche per le generazioni future. Le vittime vietnamiti dell’Agente Orange sono quotidianamente private dei loro sacri diritti fondamentali di giustizia e dei diritti umani, cioè il diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità". Egli ha colto l'occasione per invitare tutte le persone amanti della pace e della giustizia di tutto il mondo a volgere i loro pensieri a questo Tribunale e marciare, fianco a fianco, con tutti i partecipanti a questa assise, per dare un seguito alla comune ricerca di giustizia. Successivamente, i presenti si sono commossi nell’ascoltare le storie di tre vittime vietnamite sulle loro sofferenze causate dall’Agente Orange. Pham The Minh, nato il 16 dicembre 1975, della città di Haiphong nel distretto di Duong, ha raccontato di come i suoi genitori sono stati contaminati dalle sostanze chimiche dell’Agente Orange quando erano in servizio nel campo di battaglia della provincia di Quang Tri, a sud della zona demilitarizzata (DMZ) dove questa sostanza è stata versata nella maniera più intensiva. "Sia io che mia sorella più giovane siamo nati dopo la guerra. Sono venuto al mondo con deformazioni congenite agli arti inferiori e in pessime condizioni di salute. Mia sorella esteriormente appare normale ma è nata prematuramente, molti mesi prima della data prevista, con patologie cardiache e polmonari congenite. La mia esposizione alla diossina, causa delle mie deformità, è in realtà nota attraverso le storie raccontate dai miei genitori sulla loro esposizione diretta all’Agente Orange e a seguito dei controlli medici ospedalieri nel corso del trattamento delle mie diverse malattie. Il caso della mia famiglia è stato riconosciuto ed è stato anche corrisposto un sostegno economico mensile da parte del governo vietnamita. A causa dell’esposizione all’Agente Orange, mia sorella, mia madre, mio padre, tutti noi, non siamo stati in grado di vivere normalmente come le altre persone. Non siamo in grado di lavorare a lungo e dobbiamo spendere molto denaro per la costante cura delle malattie. Mio padre è in questo modo deceduto nel 2005. Non posso in un così breve tempo descrivere tutte le sofferenze che la mia famiglia ed io dobbiamo patire, né le tragiche pene delle altre vittime dell’Agente Orange/diossina in Vietnam". Il signor Ho Ngoc Chu, nato nel 1937 e che ora vive nella città di Quang Ngai, si unì alle forze rivoluzionarie del Vietnam del Sud, attive nelle vaste aree della regione montuosa delle province di Quang Ngai e Quang Nam in cui gli americani usarono in modo regolare ed intensivo queste sostanze tossiche. Egli ricorda che: "Quando gli aerei americani arrivavano per spargere le sostanze chimiche, come le altre persone, avevo sentito dire che erano semplicemente erbicidi. Non avevo sufficienti conoscenze scientifiche per sapere che erano tossiche per gli esseri umani. Anche avendo saputo della loro tossicità non sarebbe stato comunque possibile per me e per tutti gli altri sfuggire alla contaminazione perché dovevamo combattere e coltivare i prodotti alimentari, come patate dolci, mais, riso, verdure e ogni tipo di commestibile solo per la nostra mera sopravvivenza. Abbiamo dovuto bere l'acqua presa da ruscelli o dai crateri causati dalle bombe. Mi ricordo di essere stato oggetto di almeno 4 o 5 irrorazioni dirette. La maggior parte delle volte ero in tenda, ma una volta, quando ero di ritorno dalla raccolta del riso, arrivarono gli aerei e sparsero queste sostanze. Tutto il mio corpo era completamente impregnato di sostanze chimiche. Anche il sacco del riso che avevo con me era inzuppato. Potevo osservare che di solito, un paio di giorni dopo essere stati irrorati, piante rigogliose come la casava, la papaja, il jack-tree... morivano subito. Questi grandi alberi nella giungla presto defoliavano. Anche la casava, nostro alimento abituale, era stata uccisa. Più tardi abbiamo saputo che questo era dovuto alle sostanze chimiche dell’Agente Orange, ma eravamo costretti a mangiare le sue radici e a bere l'acqua contaminata dei ruscelli. Ho presto accusato vari disturbi. I miei occhi erano deboli, i miei denti sono caduti in anticipo rispetto alla norma, avvertivo i sintomi di problemi interni legati alla prostata, all’intestino e all’attività vestibolare, problemi legati alla pelle, in particolare su schiena e gambe con eruzioni cutanee irritanti, acne e pustole, le ossa della colonna vertebrale e delle gambe iniziarono a degenerare quando avevo 35 anni. Sono stato sottoposto a trattamento medico ad Hanoi e Ho Chi Minh City, ma senza risultati efficaci. In aggiunta a questi problemi, anche il mio unico figlio è vittima dell’Agente Orange. Il mio matrimonio si è celebrato nel marzo 1977 e a metà novembre è nato prematuro ed estremamente debole tanto da dover essere curato nell’incubatrice per diverse volte. Era in grado di fare pochi passi e di pronunciare poche parole fino all’età di 4 anni. E’ cresciuto in modo anormale. Il suo apprendimento è stato molto lento ed i medici hanno detto che soffriva di deficit mentale. Inoltre, a volte veniva colpito da gravi convulsioni. Ora ha 37 anni, ma ancora non è autosufficiente. In un primo momento, non sapevamo cosa non funzionasse in lui. Lo portammo in ospedale più volte e visto che mia moglie aveva avuto aborti i medici conclusero che ero stato contaminato dall’Agente Orange e questo è anche il motivo della malattia di mio figlio. Nel mio paese si possono riscontrare anche peggiori disfunzioni e vedere le immagini di bambini deformi a causa dell’esposizione all’Agente Orange". Quindi, il signor Mai Giang Vu, nato nel 1937, ha detto che i suoi due figli nati nel 1974 e nel 1975 erano sani e avevano frequentato normalmente le scuole. Ma nel 1980, il maggiore ha cominciato a mostrare sintomi insoliti. In seguito entrambi, uno di seguito all’altro, raggiunti i 10 anni, hanno cominciato a mostrare gli stessi segni. In un primo momento non erano più in grado di camminare e di fare le cose come al solito, dopo di che hanno dovuto abbandonare la scuola e i loro arti si sono avvizziti e arricciati gradualmente. Infine, tutti e due sono stati costretti a camminare a carponi e poi a rimanere a letto fino a 18 anni. I suoi figli sono morti a 23 e 25 anni. Per un lungo periodo di tempo, ha ignorato il motivo alla base di questo disastro fino a quando i medici effettuarono dei controlli. Egli fatto presente ai presenti al dibattimento che in Vietnam ci sono state tante famiglie che hanno patito una simile tragedia e che necessitano di tanto aiuto da ogni parte possibile. Le vittime vietnamite hanno levato la loro voce chiedendo che il governo degli Stati Uniti e le imprese del settore chimico riconoscano la loro responsabilità nel contribuire, insieme con il Vietnam, a prestare aiuto per il trattamento delle persone intossicate, al risanamento delle aree contaminate, avendo cura dei casi gravi e fornendo mezzi di trasporto e altre necessità di base. Più tardi, testimoni dagli Stati Uniti, Repubblica di Corea e Francia hanno riferito di quanto hanno dovuto soffrire per le terribili conseguenze dell’Agente Orange e mostrato le immagini delle vittime in Vietnam. Hanno affermato che tutte le terribili conseguenze dell’Agente Orange potrebbero essere misurate soltanto dai testimoni diretti di quel dolore. Il Tribunale internazionale della coscienza dei popoli in sostegno delle vittime vietnamite dell’Agente Orange opera su iniziativa della Associazione internazionale dei giuristi democratici (IADL), a nome dell' opinione pubblica e della coscienza internazionali. Questo tribunale procurerà una documentazione a tutti coloro che sostengono questa causa per promuoverla nei loro paesi e in tutto il mondo. Originale: http://www.nhandan.com.vn/english/news/160509/domestic_i.htm |
Elettori | 1.407.972 | |
---|---|---|
Votanti | 576.367 | 40,93 % |
Schede bianche | 12.999 | 2,25 % |
---|---|---|
Schede nulle | 11.677 | 2,02 % |
Schede contestate e non assegnate | 41 | 0,00 % |
Sezioni pervenute | 1.812 su 1.812 | 100,00 % |
---|
Liste | Voti | % | |
---|---|---|---|
IL POPOLO DELLA LIBERTA' | 202.145 | 36,64 | |
PARTITO DEMOCRATICO | 196.396 | 35,60 | |
DI PIETRO ITALIA DEI VALORI | 48.756 | 8,83 | |
UNIONE DI CENTRO | 29.800 | 5,40 | |
RIFOND.COM. - SIN.EUROPEA - COM.ITALIANI | 26.429 | 4,79 | |
SINISTRA E LIBERTA' | 16.297 | 2,95 | |
LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO | 14.819 | 2,68 | |
LA DESTRA-MPA- PENSIONATI -ALL.DI CENTRO | 7.393 | 1,34 | |
LEGA NORD | 4.090 | 0,74 | |
FIAMMA TRICOLORE | 3.529 | 0,63 | |
LIBERAL DEMOCRATICI - MAIE | 1.996 | 0,36 | |
Totale | 551.650 |
Crisi d’identità, crisi economica, crisi finanziaria, … crisi di coppia, rapporti in crisi … crisi demografica, crisi creativa, crisi esistenziale. Crisi come momento di difficoltà, o presunto tale. Individuale o collettiva, fisica o emotiva; naturalmente un aspetto influenza l’altro. “Sono in crisi”: espressione comunissima che può derivare anche da piccole difficoltà della vita quotidiana. In essa c’è qualcosa che non va, che ci fa sentire a disagio: da una crisi si vuole uscire, e al più presto.
Gli universi, le società, gli individui sono complessi, e i costituenti di questa complessità non sono coordinati tra loro, cosicché c’è sempre qualche parte dell’uno o dell’altro che è in crisi: una supernova in una galassia, una rivoluzione in una società, un individuo con 40 di febbre.
Localmente considerate le crisi sono quindi situazioni transitorie, dalle quali spesso si esce, in un modo o nell’altro. Se le consideriamo invece nella totalità delle cose, sono probabilmente continue; anche se sono assenti da un luogo , stanno capitando in altri.
Oggi parlando di crisi, è quasi inevitabile un sussulto, una sensazione di angosciante unicità. Ma sfogliando un qualsiasi giornale o libro di storia, la parola ‘crisi’ la troviamo dappertutto: crisi dell’Ancien Régime, crisi della borghesia, delle ideologie, del commercio mondiale, dell’industria tessile in Brianza, del dollaro, dell’acqua …
Ma che vuol dire ‘crisi’ ?
Dal latino crisis, indica un punto di svolta, un cambiamento di rotta in un processo fino a quel punto unidirezionale. Esempio: in una crescita economica ritenuta inarrestabile, un improvviso arresto seguito da inversione. Il lettore avrà capito che l’esempio non è stato scelto a caso.
Sembrerebbe che qualcosa vada in crisi quando non è più come prima: “stavo con Gigi, ora Gigi mi ha lasciato, sono in crisi”. Implicita nel sentirsi in crisi c’è quindi una valutazione positiva dello stato precedente. Nella crisi ci siamo cascati all’improvviso -tante volte ci sono dei segnali, ma non li vogliamo proprio ascoltare. Stiamo male! Vorremmo tornare a com’era prima, o se non è proprio possibile comunque a qualcosa di meglio!
Se avviene un mutamento incontrollato il malessere è inteso come perdita di ciò a cui siamo abituati, e che vorremmo rimanesse uguale. I punti fermi stanno venendo meno, viviamo una situazione di difficoltà, non riusciamo a formulare nuove ipotesi, a riaggiornarci, e rimaniamo legati alla nostra idea che però non trova riscontro nella realtà. “Crisi” sembra legata all’incertezza: una situazione di grande difficoltà ma nel contempo a noi molto chiara, ben definita nell’analisi e nei possibili sviluppi, difficilmente la descriveremmo come crisi.
Nel caso della ‘nostra’ crisi attuale la situazione pare chiara, le voci si levano numerose: così non si può andare avanti, colpa di una finanza scellerata, del liberismo, colpa dei cinesi, delle banche… Soluzioni: ci vogliono più ammortizzatori sociali, incentivi al consumo, bisogna alzare i salari, fare più figli per rimpolpare il sistema previdenziale, creare occupazione, investire sulle infrastrutture per rilanciare il sistema-Paese. Da molte parti si levano soluzioni definitive per uscire dalla crisi. Finalmente. Funzionerà?
Bisogna dare nuova linfa al sistema così come lo conosciamo? Forse stiamo ancora pensando a Gigi!?
Anche l’Europa degli anni ‘30 del secolo scorso entrò in crisi e sappiamo come ne uscì: buttiamo due bombe e ricostruiamo. Oggi il mondo intero è in crisi, l’avvertiamo nel nostro stesso modo di pensare, nel nostro vivere quotidiano, e un’uscita analoga a quella di ieri potrebbe non essere auspicabile (ammesso che ieri lo sia stato). E’ difficile, dopo due guerre mondiali come le abbiamo sperimentate a casa nostra e osservate altrove, non essere catastrofisti. Ma la via attraverso la catastrofe non è una strada obbligata. Durante una crisi, un momento di difficoltà, possono esserci atteggiamenti differenti. Ci si omogeneizza, unendosi e coalizzandosi. Si amplifica l’egoismo e si esasperano le differenze tra le diverse parti, essa infatti può anche imbarbarire: “mi hanno privato di qualcosa, adesso che posso averla la ingurgito senza limiti, morte tua vita mia”.
C’è chi dà un’interpretazione positiva, ottimistica al concetto di crisi. Essa produrrebbe una sana sofferenza che fortifica, tempra il carattere, rafforza la determinazione sociale o individuale. In questa visione sarebbe la sofferenza di per sé a migliorare le cose. Allora viva la sofferenza?!
Per quanto ci riguarda essa può avere una componente formativa, ma non di per sé: necessita un momento di riflessione. Non vi è dubbio che una crisi metta alle strette, con le spalle contro al muro, costringendoci a rivedere alcuni punti fermi. Forse solo in queste situazioni riusciamo a mettere in discussione, riesaminare, relativizzare principi e abitudini fino a quel momento indiscutibili.