ECCEZIONALE INTERVENTO DEL PROF RINALDI IN FRANCIA: ''SALVIAMO L'EUROPA, LIBERIAMOLA DALL'EURO PRIMA DI UNA GUERRA''.
formiche.net/
Chi credeva che una stessa moneta fosse la conditio sine qua non per realizzare l’assioma “one market, one money” è rimasto profondamente deluso. Nulla è stato fatto affinché si mutuassero le diverse esigenze determinate dalle inevitabili asimmetrie fra economie e strutture nazionali molto diverse fra loro e dopo 22 anni da Maastricht, Bruxelles non è riuscita neanche ad uniformare stesse aliquote IVA (VAT) per stessi beni merceologici e servizi.
Ecco la relazione tenuta da Rinaldi.
Sarò estremamente realistico in questa mia analisi. La gravità della situazione che si è determinata in molti dei Paesi membri dell’Unione Europea e in particolare in quelli che hanno adottato la moneta comune, mi legittimano nel fare delle considerazioni che non avrei mai voluto fare. L’Euro è ormai divenuto il principale elemento di contrasto in Europa, costituendo un insormontabile ostacolo all’unione e alla coesione, mentre invece paradossalmente sarebbe dovuto essere il mezzo di principale d’integrazione e aggregazione. Un progetto frettolosamente messo in atto per una scelta prettamente politica al fine di creare nuovi equilibri dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica, non è riuscito però nel suo originario scopo.
Chi credeva che una stessa moneta fosse la conditio sine qua non per realizzare l’assioma “one market, one money” è rimasto profondamente deluso. Nulla è stato fatto affinché si mutuassero le diverse esigenze determinate dalle inevitabili asimmetrie fra economie e strutture nazionali molto diverse fra loro e dopo 22 anni da Maastricht, Bruxelles non è riuscita neanche ad uniformare stesse aliquote IVA (VAT) per stessi beni merceologici e servizi.
Come possiamo pertanto ragionevolmente credere che ci sia una effettiva volontà di procedere verso rapide unioni politiche e fiscali se neanche il gradino più basso per facilitare la libera circolazione dei beni e servizi, non è stato mai costruito? Nella realtà, nell’ambito dei Paesi membri, il mercato comune si è rivelato essere una vera e propria farsa e non perché non si è realizzata la prima conditio nell’ottimizzare i due principali fattori produttivi indispensabili capitale e lavoro, ma perché le regole a supporto della moneta unica sono state esclusivamente utilizzate come mezzo coercitivo per estraniare sempre più i paesi dalle loro rispettive residue Sovranità.
A chi fanno riferimento e a chi rispondono coloro i quali hanno avocato a sé questi poteri lasciando all’euro l’esclusiva funzione di sottomettere la maggioranza dei paesi eurodotati alle volontà di una eurocrazia autoreferenziale e soprattutto senza alcun mandato popolare? L’euro si è tristemente dimostrato a nostro danno non una reale moneta, ma un accordo di cambi fissi la cui irrevocabilità e le sue regole sono state utilizzate come un subdolo metodo di governo con cui imporre decisioni fuori dalle democratiche legittime istituzioni dei Paesi membri.
E’ pertanto inutile sforzarsi nel cercare di modificare o correggere l’attuale impianto dei Trattati e dei Regolamenti su cui si regge la moneta unica: risulterà impossibile raggiungere qualsiasi compromesso che possa essere considerato accettabile e i tentativi non faranno altro che procrastinare l’agonia a cui siamo inesorabilmente tutti condannati.
Ma come si è arrivati a questa situazione che ha gettato l’intera eurozona non solo nella più severa crisi economica dopo quella del ’29, ma anche sospendendo i più elementari principii della democrazia?
I più elementari principii della democrazia sono stati infatti completamente bypassati nell’evoluzione della costruzione europea, poiché sono stati estraniati progressivamente i contributi della gran parte dei cittadini europei dai processi decisionali.
Abbiamo sempre più assistito impotenti a una delega dei Governi nazionali, non prevista e soprattutto non voluta, che ha consegnato ai burocrati europei meccanismi giuridici ed economici che hanno assoggettato e consegnato a essi l’intera gestione dell’Unione.
Si sono sempre più rafforzate un insieme di istituzioni biogiuridiche, che agiscono e si muovono in modo robotizzato senza nessuna certificazione da parte del suffragio universale, non consentendo più alle varie politiche nazionali di poter intervenire a correzione e a proprio supporto in nome di un vincolo esterno che sarebbe dovuto intervenire invece a tutela di tutti i membri.
Quando ci è stato presentato il progetto d’integrazione europea non era stato previsto di estromettere i cittadini dalla condivisione della gestione della casa comune, ma di garantirgli pace, progresso e lavoro con l’attivo contributo di ogni risorsa democratica disponibile.
Tutto questo non è minimamente avvenuto e il solo organo eletto democraticamente dal popolo è il Parlamento, il quale non ha alcun potere che possa competere con quelli a disposizione della Commissione, che non è eletta direttamente da nessuna volontà popolare e che prendono decisioni sopra la testa di tutti noi senza interpellare preventivamente i rispettivi Parlamenti nazionali o che esercitano pressioni sfacciatamente ricattatorie affinché vengano adottate.
Non dobbiamo mai consentire che questi poteri europei si impossessino definitivamente di ogni spazio decisionale e influenzino e determinino i nostri destini, solo perché la classe politica dei Paesi membri si è rivelata essere troppo accondiscendente e debole, al limite del collaborazionismo, mentre quella contraria non ha ancora la piena forza d’imporsi.
Sono da salvaguardare dei principii imprescindibili, irrinunciabili e non negoziabili che con immani sacrifici sono riusciti a conquistare i nostri padri.
Ma i cittadini hanno capito ormai perfettamente che questa mutazione si è sempre più rafforzata non al fine di tutela generale, nessun escluso e super partes, ma solo a garanzia di specifici interessi e a discapito dell’intera comunità.
Non posso fare a meno di ricordare il vergognoso e inaccettabile comportamento riservato alla Grecia e ai suoi orgogliosi cittadini perché è stato leso un principio irrinunciabile: se si accetta un Paese nell’Unione è assoluto dovere tutelarlo fino in fondo, costi quel che costi, con tutta la solidarietà e mutualità possibile, senza mortificarlo e avvilirlo fino alla suo totale depauperamento, magari al solo fine di salvaguardare interessi finanziari internazionali superiori e palesemente di parte.
Da semplice cittadino di questa Europa chiedo scusa al fiero popolo greco per il trattamento che gli è stato riservato. Anche per loro arriverà il tempo del riscatto.
Inutile ricordare, in questa sede, la totale sospensione della democrazia che sta avvenendo in Italia dove sono stati designati gli ultimi tre Premier senza nessuna preventiva certificazione popolare!
E’ vergognoso che questo sia potuto avvenire in un Paese occidentale che viene ancora accreditato e definito come democratico!
E’ il prezzo da pagare da questa dittatura economica in atto in Europa, dove i Governi vengono condizionati dalle volontà Troika e non dei propri cittadini! Era questa l’Europa che volevamo e che ci era stata promessa?
E come non accorgersi che questa moneta comune è utilizzata come mezzo tecnico al servizio della Troika per poter realizzare e imporre i suoi disegni? Abbiamo tristemente capito a nostre spese che questa democrazia si è trasformata nella più pericolosa e insidiosa dittatura possibile!
Questo è stato possibile grazie al ricorso sempre più a “piloti automatici” che si sono surrogati e sostituiti in modo subdolo alla mediazione politica, interrompendo il contributo essenziale dei cittadini nei processi decisionali, come ad esempio nel caso del Patto di Stabilità e Crescita, il c.d. Fiscal Compact, l’ESM (European Stability Mechanism), all’Unione Bancaria, ecc.
A riguardo denuncio a gran voce la illegittimità del Fiscal Compact in quanto, come recita lo stesso Trattato sulla Stabilità all’art.2, “Le parti contraenti applicano e interpretano il presente Trattato conformemente ai Trattati su cui si fonda l’Unione Europea”, il cui concetto è ribadito anche nel comma successivo: “Il presente Trattato si applica nella misura in cui è compatibile con i Trattati su cui si fonda l’Unione europea e con il diritto dell’Unione europea”.
Pertanto il successivo art.3, n.1, lett.a) che prevede testualmente “la posizione di bilancio della Pubblica Amministrazione di una parte contraente è in pareggio o in avanzo” è da considerarsi non conforme e pertanto non legittimo, in quanto il Trattato della UE firmato a Maastricht (TUE) all’art.104 c) prot.5, ribadito anche nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea di Lisbona (TFUE) all’art.126 (ex 104), fissano invece al 3% il limite dell’indebitamento annuale. E’ stato pertanto palesemente violato il Trattato istitutivo della UE unitamente al TFUE che ne ribadisce, al citato art.126, i limiti dell’indebitamento.
E’ possibile che nessuno dello sconfinato esercito di giuristi e economisti di cui si avvale la Commissione di Bruxelles, non si sia accorto delle inoppugnabili interpretazioni giuridiche del professore emerito Giuseppe Guarino, che ha denunciato questo palese contrasto?
Si è arrivati ad imporre l’inserimento nei dettami Costituzionali dei paesi dell’Unione il vincolo del pareggio di bilancio, per mezzo di un Trattato illegittimo e fortemente stridente con altri articoli e fondamenti delle varie Carte Costituzionali nazionali.
Nessuno ha avuto il coraggio e la forza di alzare un dito di fronte a questo evidente errore?
La stessa Banca Centrale Europea è stata concepita esclusivamente come garante e guardiana della stabilità dei prezzi, cioè dell’inflazione, e non per mansioni proprie di una vera Banca Centrale a tutti gli effetti, tesa invece a fornire risorse per la crescita e lo sviluppo per la massima occupazione, ma relegando invece i cittadini e il sistema delle imprese, con l’estenuante ricorso penalizzante della fiscalità (Fiscal overkill), al ruolo di esclusivi prestatori di ultima istanza. Si è preferito lasciare il voto ai mercati per decidere la bontà delle scelte economiche adottate e non ai cittadini per mezzo delle democratiche urne.
Come è stato possibile affidarsi esclusivamente al ricorso fiscale senza valutare preventivamente che avrebbe creato ulteriori problemi proprio perché si sarebbero contratti notevolmente i consumi riducendo a sua volta sia le entrate fiscali stesse, l’entità del PIL (GDP Gross Domestic Product) e aumentando di conseguenza i debiti pubblici? Inoltre la crisi economica ha fatto esplodere anche i debiti privati e le sofferenze dell’intero sistema bancario europeo.
Perché si è rimasti sempre passivi e inerti di fronte all’imposizione tedesca di adottare un modello economico per il sostentamento dell’euro forgiato esclusivamente per le sue esigenze macroeconomiche?
E’ possibile che non si è voluto perseguire modelli economici alternativi se non orientati esclusivamente al rigore dei conti come esclusivo presupposto per la crescita?
Per quanto tempo ancora dovremo subire le antiche paure fobiche dei nostri amici tedeschi che vedono ancora nella stabilità dei prezzi e nell’esasperato rigore dei conti gli unici fondamenti su cui basare la crescita?
La maggioranza dei Paesi eurodotati non traggono beneficio da una inflazione tendenziale allo 0,7% se poi, per poterla perseguire, pagano il caro prezzo di un tasso di disoccupazione a livelli da economia di guerra!
La competitività di molti paesi euro non ha più potuto far ricorso allo strumento classico della svalutazione della propria moneta per riequilibrare i suoi fondamentali macroeconomici seguendo la naturale legge della domanda e dell’offerta, ma ha dovuto necessariamente procedere per mezzo della svalutazione interna, cioè alla riduzione dei salari, che sommata alla deindustrializzazione sempre più crescente favorita dalla globalizzazione selvaggia senza regole e alle delocalizzazioni territoriali, hanno permesso nella stessa area valutaria euro che si formassero zone sempre più ricche e zone sempre più povere.
Ma il vero effetto negativo di questa dissennata gestione economica che prende come riferimento un modello non compatibile con la gran parte delle economie nazionali europee e nessun riscontro nella letteratura economica, è l’aver gettato gli stessi Paesi in conclamata deflazione, esponendoli ai noti pericoli conosciuti tristemente nel passato perché generati dall’ossessivo perseguimento del contenimento dell’inflazione ad ogni costo.
Chi ignora la Storia è condannato nel riviverla!
Ma perché tutto questo è potuto avvenire? A Maastricht è stata concepita una convergenza verso una moneta diversa da quella che poi è stata realizzata. Questa evoluzione è avvenuta in modo subdolo, senza che ci sia stata la consapevolezza, il consenso e l’approvazione né dei cittadini né tantomeno dei rispettivi Parlamenti nazionali.
Sono stati attivati quei famosi meccanismi automatici, voluti da una oligarchia autoreferenziale che man mano conquistava il potere nei palazzi di Bruxelles, riuscendo a sottrarre alla gestione delle politiche dei Paesi membri, e pertanto al consenso democratico della Sovranità di ciascun popolo, qualsiasi spazio di autonomia nella determinazione delle politiche economiche per il raggiungimento degli obiettivi di crescita.
E’ stato messo in atto un vero e proprio golpe, infatti il 1.1.1999 è stata partorita una moneta disciplinata dal Regolamento 1466/97, ma diametralmente opposta rispetto a quella contemplata dal TUE, un vero sfregio sotto gli occhi dei cittadini europei ignari e in buona fede e nell’indifferenza più o meno inconsapevole dei rispettivi Governi.
La mutazione, tra quanto previsto dal TUE e dal Regolamento 1466/97 si identifica in quanto il TUE fissa un obiettivo, uno sviluppo conforme al disposto dell’art.2, il cui conseguimento è affidato alle politiche economiche di ciascuno ognuno degli Stati membri, i quali avrebbero tenuto conto della specificità delle reali condizioni dell’economia di ciascun Paese.
Le rispettive politiche economiche avrebbero potuto utilizzare all’occorrenza, quale strumento per realizzare l’obiettivo, l’indebitamento nei limiti consentiti dall’art. 104 c), da interpretare ed applicare in conformità ai criteri fissati nei commi 2 e 3 del punto 2 dell’art. 104c).
Il Regolamento in oggetto abroga invece tutto questo, cancellando le politiche economiche degli Stati e di conseguenza qualsiasi loro autonomo apporto.
Il ruolo assegnato dal TUE di Maastricht (art. 102 A, 103 e 104c) per conseguire lo sviluppo che gli Stati avrebbero conseguito in conformità a quanto prescritto negli artt.2 e successivi del Trattato, è pertanto completamente cancellato.
I singoli Stati, secondo quanto previsto da Maastricht, avrebbero conseguito l’obiettivo utilizzando la propria autonomia e tenendo conto delle condizioni e delle strutture congiunturali del proprio Paese.
Questo per salvaguardare il corretto principio per il quale gli interventi sarebbero stati necessariamente diversi da Paese a Paese e per ogni anno, capovolgendo radicalmente, dunque, il rapporto tra l’euro e la realtà economica.
Secondo l’originario TUE, se vi è contrasto, è la gestione dell’euro a doversi adeguare alla realtà economica, mentre secondo da quanto previsto dal Regolamento in oggetto, invece è la realtà economica a doversi adeguare in ogni caso all’euro. In nessun paese del mondo è applicato questo principio!
E’ sempre la moneta al servizio dell’economia e mai l’economia schiava dei dogmi della propria moneta!Esiste pertanto una conflittualità evidente fra quanto approvato dai rispettivi Parlamenti dei Paesi membri che hanno ratificato ai tempi di Maastricht, dopo dibattiti parlamentari condivisi, e quanto invece previsto dal Regolamento 1466/97.
Conflittualità così forte e evidente da stravolgere completamente l’iniziale natura stessa della moneta unica. Da una parte l’originario Trattato Istitutivo della UE, agli articoli ricordati, che lasciava autonomia nelle scelte di politica economica, dall’altra successivamente il Regolamento avocava questa prerogativa a se, consegnando nelle mani e volontà della Commissione e degli organi tecnici ogni potere decisionale.
Vorremmo sapere chi sono gli ideatori e autori di questo golpe a danno di tutti i cittadini europei? Essendo fortemente convinto che l’unico modo per salvare l’euro è di crearne 18 e in alternativa invitare gli amici tedeschi ad abbandonarlo al più presto per togliere finalmente il cappio che si sta inesorabilmente stringendo intorno al nostro collo.
In ogni caso, la Germania, consapevole che si sta avvantaggiando oltremodo di una valuta, l’euro, notevolmente sottovalutata rispetto ai propri fondamentali, ben difficilmente prenderà una decisione in questa direzione e la soluzione più ragionevole rimarrebbe solamente quella di lasciare alle volontà di ciascun Paese la libera facoltà di poter mutare il proprio status di Paese “senza deroga” a Paese “con deroga”, così come già previsto dagli artt. 139 e 140 del TFUE e di poter pertanto tornare a conseguire in modo autonomo gli obiettivi di crescita, utilizzando propri strumenti di politica economica e monetaria con il pieno supporto delle rispettive valute sganciate dagli attuali vincoli automatici dimostratisi privi, non solo di validità economica e giuridica, ma anche colpevoli di aver interrotto il collegamento democratico essenziale e irrinunciabile nei processi decisionali fra cittadini e Istituzioni.
Naturalmente con il massimo coordinamento fra i vari Governi nazionali per massimizzare la segmentazione controllata dell’area euro e facendo salvi gli interessi comuni così come indicato e auspicato dall’European Solidarity Manifesto di cui mi onoro di far parte.
L’euro e i suoi dogmi hanno inflitto dei danni molto forti nelle economie dei Paesi membri e le cicatrici di queste ferite saranno visibili per moltissimi anni e il day after sarà visto più come una vera e propria liberazione che una vittoria. La possibilità di poter di nuovo perseguire autonome politiche economiche per il perseguimento della propria crescita dovrebbero rappresentare magnifiche opportunità per chi sarà in grado di compierle, anche se il vantaggio maggiore, come già ribadito più volte, sarebbe quello del ripristino della democrazia interrotta nell’assoluta convinzione che la democrazia, quella vera, non ha prezzo!
In questo modo si riporterebbero i cittadini al centro di ogni interesse e non quelli graditi dalla finanza come invece sta perseguendo la dirigenza europea in nome di un neoliberismo esasperato e senza regole.
Tutti i tecnicismi per il ritorno alle proprie valute nazionali possono essere studiati, analizzati, discussi e tranquillamente risolti, mentre se abdichiamo ai principi della democrazia tutto sarà perso per sempre e non potremo sottrarci dal severo giudizio delle nostre generazioni future.
Questo nell’interesse generale, ad iniziare dalla Germania perché sarà proprio lei a pagare il prezzo più alto di questo enorme ma effimero attuale vantaggio che presto non mancherà di presentargli un conto tanto più alto quanto più durerà questa situazione.
Sono fermamente convinto che tutti i Paesi eurodotati siano in possesso di dettagliati e aggiornati “Piani B” per un uscita ordinata e non caotica e scomposta dalla moneta unica.
Questi “Piani B” di salvaguardia sono stati concepiti, da ciascun Paese che ha aderito all’euro, sin dal suo inizio, come una specie di “opting out” segrete predisposte alla stregua di piani per la sicurezza strategica nazionale nel caso in cui il Paese avesse avuto problemi valutando che il costo generale dell’appartenenza all’unione monetaria si fosse rivelata non più conveniente rispetto ai vantaggi ottenuti.
Ma nello stesso modo sono altresì convinto che ormai nessun Paese prenderà l’autonoma decisione di uscita e questo avverrà solamente per un forte shock esterno imprevedibile che agirà da detonatore per un contagio che non sarà possibile governare e gestire.
Ad esempio una forte inadempienza bancaria, potrebbe innescare una reazione a catena impossibile da imbrigliare con tutti gli attuali strumenti finanziari di tutela a disposizione dalla Troika.
I titoli pubblici di molti Paesi dell’area euro sarebbero sottoposti a fortissime pressioni speculative e l’unico modo per poter gestire la situazione, senza consegnarsi definitivamente a meccanismi tipo ESM che imporrebbero delle contropartite inaccettabili, sarebbe l’immediato ritorno alle rispettive piene Sovranità monetarie.
Questo potrà avvenire senza creare ulteriori gravi disagi solamente in funzione della bontà dei “Piani B” predisposti preventivamente dai rispettivi Governi e concertati con tutti gli altri.
Non confondiamo l’Europa con l’Unione monetaria: è nostro supremo dovere salvare l’Europa e pertanto dobbiamo liberarci al più presto dell’euro, perché non vorremo mai camminare sulle macerie di ciò che con immane fatica hanno costruito i nostri padri, ma garantire prosperità alle nostre generazioni future seguendo la strada irrinunciabile della democrazia.
Ma forse chiedo troppo, perché la parola democrazia è stata sempre ignorata sia nei Trattati che nei Regolamenti di questa Europa dell’eurocrazia che si è allontanata totalmente dalla realtà dei suoi cittadini! Da italiano confido moltissimo nel ruolo e nelle posizioni che la Francia adotterà nel prossimo futuro.
Se ciascuno di noi avrà la lungimiranza di riprendersi le chiavi della propria casa per poter perseguire con autonomi e corretti strumenti di politica economica la gestione della propria crescita, i benefici saranno per tutti, garantendo ancora al Vecchio Continente il ruolo che si è conquistato in millenni di Storia.
So infine perfettamente che chi combatte questa battaglia può anche perdere, ma chi non combatte ha già perso e fino ad ora abbiamo perso solo una battaglia, NON LA GUERRA e alla fine l’Europa risorgerà perché vincerà la ragione!
L'intervento del Prof. Rinaldi è stato pubblicato da Formiche.net
Nota biografica.
Antonio Maria Rinaldi, dopo la laurea in economia alla LUISS alla fine del '70 ha svolto molti incarichi operativi in banche italiane per poi passare dalla metà degli anni '80 dal Servizio Borsa della Consob Sede di Milano alla Sofid, capogruppo finanziaria dell'ENI, fino a ricoprirne la carica di Direttore Generale. Attualmente esercita la libera professione ed è docente di Finanza Aziendale presso l'Università Gabriele d'Annunzio di Chieti-Pescara e di Corporate & Investment Banking e Mercati Finanziari & Commercio Internazionale presso la Link Campus University di Roma. Ha pubblicato nel 2011 "Il Fallimento dell'Euro?" e nel 2013 “Europa Kaputt,(s)venduti all’euro” per manifestare tutto il disappunto nell'attuale costruzione e conduzione europea. Con il suo maestro di politica economica, prof. Paolo Savona e con il prof. Michele Fratianni, ha concepito una proposta per il consolidamento del debito pubblico italiano. E’ firmatario del Manifesto di Solidarietà Europea per il ritorno concordato alle valute nazionali e partecipa a convegni e trasmissioni radio-televisive sul tema dell'unione monetaria europea non mancando mai di esprimere la sua forte criticità.
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È possibile vivere senza l'euro?, e come? Si è posto gli interrogativi il prof Rinaldi durante gli "EFP Parlamentary Days" a Parigi. Benessere degli europei, democrazia, crisi identitaria ed economica saranno al centro delle tavole rotonde organizzate dalla coalizione di euroscettici EFP, per capire in che direzione deve e può muoversi l'Unione Europea nel prossimo futuro anche senza la moneta unica...
Sarò estremamente realistico in questa mia analisi.La gravità della situazione che si è determinata in molti dei Paesi membri dell’Unione Europea e in particolare in quelli che hanno adottato la moneta comune, mi legittimano nel fare delle considerazioni che non avrei mai voluto fare. L’Euro è ormai divenuto il principale elemento di contrasto in Europa, costituendo un insormontabile ostacolo all’unione e alla coesione, mentre invece paradossalmente sarebbe dovuto essere il mezzo di principale d’integrazione e aggregazione. Un progetto frettolosamente messo in atto per una scelta prettamente politica al fine di creare nuovi equilibri dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica, non è riuscito però nel suo originario scopo.
Chi credeva che una stessa moneta fosse la conditio sine qua non per realizzare l’assioma “one market, one money” è rimasto profondamente deluso. Nulla è stato fatto affinché si mutuassero le diverse esigenze determinate dalle inevitabili asimmetrie fra economie e strutture nazionali molto diverse fra loro e dopo 22 anni da Maastricht, Bruxelles non è riuscita neanche ad uniformare stesse aliquote IVA (VAT) per stessi beni merceologici e servizi.
Ecco la relazione tenuta da Rinaldi.
Sarò estremamente realistico in questa mia analisi. La gravità della situazione che si è determinata in molti dei Paesi membri dell’Unione Europea e in particolare in quelli che hanno adottato la moneta comune, mi legittimano nel fare delle considerazioni che non avrei mai voluto fare. L’Euro è ormai divenuto il principale elemento di contrasto in Europa, costituendo un insormontabile ostacolo all’unione e alla coesione, mentre invece paradossalmente sarebbe dovuto essere il mezzo di principale d’integrazione e aggregazione. Un progetto frettolosamente messo in atto per una scelta prettamente politica al fine di creare nuovi equilibri dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica, non è riuscito però nel suo originario scopo.
Chi credeva che una stessa moneta fosse la conditio sine qua non per realizzare l’assioma “one market, one money” è rimasto profondamente deluso. Nulla è stato fatto affinché si mutuassero le diverse esigenze determinate dalle inevitabili asimmetrie fra economie e strutture nazionali molto diverse fra loro e dopo 22 anni da Maastricht, Bruxelles non è riuscita neanche ad uniformare stesse aliquote IVA (VAT) per stessi beni merceologici e servizi.
Come possiamo pertanto ragionevolmente credere che ci sia una effettiva volontà di procedere verso rapide unioni politiche e fiscali se neanche il gradino più basso per facilitare la libera circolazione dei beni e servizi, non è stato mai costruito? Nella realtà, nell’ambito dei Paesi membri, il mercato comune si è rivelato essere una vera e propria farsa e non perché non si è realizzata la prima conditio nell’ottimizzare i due principali fattori produttivi indispensabili capitale e lavoro, ma perché le regole a supporto della moneta unica sono state esclusivamente utilizzate come mezzo coercitivo per estraniare sempre più i paesi dalle loro rispettive residue Sovranità.
A chi fanno riferimento e a chi rispondono coloro i quali hanno avocato a sé questi poteri lasciando all’euro l’esclusiva funzione di sottomettere la maggioranza dei paesi eurodotati alle volontà di una eurocrazia autoreferenziale e soprattutto senza alcun mandato popolare? L’euro si è tristemente dimostrato a nostro danno non una reale moneta, ma un accordo di cambi fissi la cui irrevocabilità e le sue regole sono state utilizzate come un subdolo metodo di governo con cui imporre decisioni fuori dalle democratiche legittime istituzioni dei Paesi membri.
E’ pertanto inutile sforzarsi nel cercare di modificare o correggere l’attuale impianto dei Trattati e dei Regolamenti su cui si regge la moneta unica: risulterà impossibile raggiungere qualsiasi compromesso che possa essere considerato accettabile e i tentativi non faranno altro che procrastinare l’agonia a cui siamo inesorabilmente tutti condannati.
Ma come si è arrivati a questa situazione che ha gettato l’intera eurozona non solo nella più severa crisi economica dopo quella del ’29, ma anche sospendendo i più elementari principii della democrazia?
I più elementari principii della democrazia sono stati infatti completamente bypassati nell’evoluzione della costruzione europea, poiché sono stati estraniati progressivamente i contributi della gran parte dei cittadini europei dai processi decisionali.
Abbiamo sempre più assistito impotenti a una delega dei Governi nazionali, non prevista e soprattutto non voluta, che ha consegnato ai burocrati europei meccanismi giuridici ed economici che hanno assoggettato e consegnato a essi l’intera gestione dell’Unione.
Si sono sempre più rafforzate un insieme di istituzioni biogiuridiche, che agiscono e si muovono in modo robotizzato senza nessuna certificazione da parte del suffragio universale, non consentendo più alle varie politiche nazionali di poter intervenire a correzione e a proprio supporto in nome di un vincolo esterno che sarebbe dovuto intervenire invece a tutela di tutti i membri.
Quando ci è stato presentato il progetto d’integrazione europea non era stato previsto di estromettere i cittadini dalla condivisione della gestione della casa comune, ma di garantirgli pace, progresso e lavoro con l’attivo contributo di ogni risorsa democratica disponibile.
Tutto questo non è minimamente avvenuto e il solo organo eletto democraticamente dal popolo è il Parlamento, il quale non ha alcun potere che possa competere con quelli a disposizione della Commissione, che non è eletta direttamente da nessuna volontà popolare e che prendono decisioni sopra la testa di tutti noi senza interpellare preventivamente i rispettivi Parlamenti nazionali o che esercitano pressioni sfacciatamente ricattatorie affinché vengano adottate.
Non dobbiamo mai consentire che questi poteri europei si impossessino definitivamente di ogni spazio decisionale e influenzino e determinino i nostri destini, solo perché la classe politica dei Paesi membri si è rivelata essere troppo accondiscendente e debole, al limite del collaborazionismo, mentre quella contraria non ha ancora la piena forza d’imporsi.
Sono da salvaguardare dei principii imprescindibili, irrinunciabili e non negoziabili che con immani sacrifici sono riusciti a conquistare i nostri padri.
Ma i cittadini hanno capito ormai perfettamente che questa mutazione si è sempre più rafforzata non al fine di tutela generale, nessun escluso e super partes, ma solo a garanzia di specifici interessi e a discapito dell’intera comunità.
Non posso fare a meno di ricordare il vergognoso e inaccettabile comportamento riservato alla Grecia e ai suoi orgogliosi cittadini perché è stato leso un principio irrinunciabile: se si accetta un Paese nell’Unione è assoluto dovere tutelarlo fino in fondo, costi quel che costi, con tutta la solidarietà e mutualità possibile, senza mortificarlo e avvilirlo fino alla suo totale depauperamento, magari al solo fine di salvaguardare interessi finanziari internazionali superiori e palesemente di parte.
Da semplice cittadino di questa Europa chiedo scusa al fiero popolo greco per il trattamento che gli è stato riservato. Anche per loro arriverà il tempo del riscatto.
Inutile ricordare, in questa sede, la totale sospensione della democrazia che sta avvenendo in Italia dove sono stati designati gli ultimi tre Premier senza nessuna preventiva certificazione popolare!
E’ vergognoso che questo sia potuto avvenire in un Paese occidentale che viene ancora accreditato e definito come democratico!
E’ il prezzo da pagare da questa dittatura economica in atto in Europa, dove i Governi vengono condizionati dalle volontà Troika e non dei propri cittadini! Era questa l’Europa che volevamo e che ci era stata promessa?
E come non accorgersi che questa moneta comune è utilizzata come mezzo tecnico al servizio della Troika per poter realizzare e imporre i suoi disegni? Abbiamo tristemente capito a nostre spese che questa democrazia si è trasformata nella più pericolosa e insidiosa dittatura possibile!
Questo è stato possibile grazie al ricorso sempre più a “piloti automatici” che si sono surrogati e sostituiti in modo subdolo alla mediazione politica, interrompendo il contributo essenziale dei cittadini nei processi decisionali, come ad esempio nel caso del Patto di Stabilità e Crescita, il c.d. Fiscal Compact, l’ESM (European Stability Mechanism), all’Unione Bancaria, ecc.
A riguardo denuncio a gran voce la illegittimità del Fiscal Compact in quanto, come recita lo stesso Trattato sulla Stabilità all’art.2, “Le parti contraenti applicano e interpretano il presente Trattato conformemente ai Trattati su cui si fonda l’Unione Europea”, il cui concetto è ribadito anche nel comma successivo: “Il presente Trattato si applica nella misura in cui è compatibile con i Trattati su cui si fonda l’Unione europea e con il diritto dell’Unione europea”.
Pertanto il successivo art.3, n.1, lett.a) che prevede testualmente “la posizione di bilancio della Pubblica Amministrazione di una parte contraente è in pareggio o in avanzo” è da considerarsi non conforme e pertanto non legittimo, in quanto il Trattato della UE firmato a Maastricht (TUE) all’art.104 c) prot.5, ribadito anche nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea di Lisbona (TFUE) all’art.126 (ex 104), fissano invece al 3% il limite dell’indebitamento annuale. E’ stato pertanto palesemente violato il Trattato istitutivo della UE unitamente al TFUE che ne ribadisce, al citato art.126, i limiti dell’indebitamento.
E’ possibile che nessuno dello sconfinato esercito di giuristi e economisti di cui si avvale la Commissione di Bruxelles, non si sia accorto delle inoppugnabili interpretazioni giuridiche del professore emerito Giuseppe Guarino, che ha denunciato questo palese contrasto?
Si è arrivati ad imporre l’inserimento nei dettami Costituzionali dei paesi dell’Unione il vincolo del pareggio di bilancio, per mezzo di un Trattato illegittimo e fortemente stridente con altri articoli e fondamenti delle varie Carte Costituzionali nazionali.
Nessuno ha avuto il coraggio e la forza di alzare un dito di fronte a questo evidente errore?
La stessa Banca Centrale Europea è stata concepita esclusivamente come garante e guardiana della stabilità dei prezzi, cioè dell’inflazione, e non per mansioni proprie di una vera Banca Centrale a tutti gli effetti, tesa invece a fornire risorse per la crescita e lo sviluppo per la massima occupazione, ma relegando invece i cittadini e il sistema delle imprese, con l’estenuante ricorso penalizzante della fiscalità (Fiscal overkill), al ruolo di esclusivi prestatori di ultima istanza. Si è preferito lasciare il voto ai mercati per decidere la bontà delle scelte economiche adottate e non ai cittadini per mezzo delle democratiche urne.
Come è stato possibile affidarsi esclusivamente al ricorso fiscale senza valutare preventivamente che avrebbe creato ulteriori problemi proprio perché si sarebbero contratti notevolmente i consumi riducendo a sua volta sia le entrate fiscali stesse, l’entità del PIL (GDP Gross Domestic Product) e aumentando di conseguenza i debiti pubblici? Inoltre la crisi economica ha fatto esplodere anche i debiti privati e le sofferenze dell’intero sistema bancario europeo.
Perché si è rimasti sempre passivi e inerti di fronte all’imposizione tedesca di adottare un modello economico per il sostentamento dell’euro forgiato esclusivamente per le sue esigenze macroeconomiche?
E’ possibile che non si è voluto perseguire modelli economici alternativi se non orientati esclusivamente al rigore dei conti come esclusivo presupposto per la crescita?
Per quanto tempo ancora dovremo subire le antiche paure fobiche dei nostri amici tedeschi che vedono ancora nella stabilità dei prezzi e nell’esasperato rigore dei conti gli unici fondamenti su cui basare la crescita?
La maggioranza dei Paesi eurodotati non traggono beneficio da una inflazione tendenziale allo 0,7% se poi, per poterla perseguire, pagano il caro prezzo di un tasso di disoccupazione a livelli da economia di guerra!
La competitività di molti paesi euro non ha più potuto far ricorso allo strumento classico della svalutazione della propria moneta per riequilibrare i suoi fondamentali macroeconomici seguendo la naturale legge della domanda e dell’offerta, ma ha dovuto necessariamente procedere per mezzo della svalutazione interna, cioè alla riduzione dei salari, che sommata alla deindustrializzazione sempre più crescente favorita dalla globalizzazione selvaggia senza regole e alle delocalizzazioni territoriali, hanno permesso nella stessa area valutaria euro che si formassero zone sempre più ricche e zone sempre più povere.
Ma il vero effetto negativo di questa dissennata gestione economica che prende come riferimento un modello non compatibile con la gran parte delle economie nazionali europee e nessun riscontro nella letteratura economica, è l’aver gettato gli stessi Paesi in conclamata deflazione, esponendoli ai noti pericoli conosciuti tristemente nel passato perché generati dall’ossessivo perseguimento del contenimento dell’inflazione ad ogni costo.
Chi ignora la Storia è condannato nel riviverla!
Ma perché tutto questo è potuto avvenire? A Maastricht è stata concepita una convergenza verso una moneta diversa da quella che poi è stata realizzata. Questa evoluzione è avvenuta in modo subdolo, senza che ci sia stata la consapevolezza, il consenso e l’approvazione né dei cittadini né tantomeno dei rispettivi Parlamenti nazionali.
Sono stati attivati quei famosi meccanismi automatici, voluti da una oligarchia autoreferenziale che man mano conquistava il potere nei palazzi di Bruxelles, riuscendo a sottrarre alla gestione delle politiche dei Paesi membri, e pertanto al consenso democratico della Sovranità di ciascun popolo, qualsiasi spazio di autonomia nella determinazione delle politiche economiche per il raggiungimento degli obiettivi di crescita.
E’ stato messo in atto un vero e proprio golpe, infatti il 1.1.1999 è stata partorita una moneta disciplinata dal Regolamento 1466/97, ma diametralmente opposta rispetto a quella contemplata dal TUE, un vero sfregio sotto gli occhi dei cittadini europei ignari e in buona fede e nell’indifferenza più o meno inconsapevole dei rispettivi Governi.
La mutazione, tra quanto previsto dal TUE e dal Regolamento 1466/97 si identifica in quanto il TUE fissa un obiettivo, uno sviluppo conforme al disposto dell’art.2, il cui conseguimento è affidato alle politiche economiche di ciascuno ognuno degli Stati membri, i quali avrebbero tenuto conto della specificità delle reali condizioni dell’economia di ciascun Paese.
Le rispettive politiche economiche avrebbero potuto utilizzare all’occorrenza, quale strumento per realizzare l’obiettivo, l’indebitamento nei limiti consentiti dall’art. 104 c), da interpretare ed applicare in conformità ai criteri fissati nei commi 2 e 3 del punto 2 dell’art. 104c).
Il Regolamento in oggetto abroga invece tutto questo, cancellando le politiche economiche degli Stati e di conseguenza qualsiasi loro autonomo apporto.
Il ruolo assegnato dal TUE di Maastricht (art. 102 A, 103 e 104c) per conseguire lo sviluppo che gli Stati avrebbero conseguito in conformità a quanto prescritto negli artt.2 e successivi del Trattato, è pertanto completamente cancellato.
I singoli Stati, secondo quanto previsto da Maastricht, avrebbero conseguito l’obiettivo utilizzando la propria autonomia e tenendo conto delle condizioni e delle strutture congiunturali del proprio Paese.
Questo per salvaguardare il corretto principio per il quale gli interventi sarebbero stati necessariamente diversi da Paese a Paese e per ogni anno, capovolgendo radicalmente, dunque, il rapporto tra l’euro e la realtà economica.
Secondo l’originario TUE, se vi è contrasto, è la gestione dell’euro a doversi adeguare alla realtà economica, mentre secondo da quanto previsto dal Regolamento in oggetto, invece è la realtà economica a doversi adeguare in ogni caso all’euro. In nessun paese del mondo è applicato questo principio!
E’ sempre la moneta al servizio dell’economia e mai l’economia schiava dei dogmi della propria moneta!Esiste pertanto una conflittualità evidente fra quanto approvato dai rispettivi Parlamenti dei Paesi membri che hanno ratificato ai tempi di Maastricht, dopo dibattiti parlamentari condivisi, e quanto invece previsto dal Regolamento 1466/97.
Conflittualità così forte e evidente da stravolgere completamente l’iniziale natura stessa della moneta unica. Da una parte l’originario Trattato Istitutivo della UE, agli articoli ricordati, che lasciava autonomia nelle scelte di politica economica, dall’altra successivamente il Regolamento avocava questa prerogativa a se, consegnando nelle mani e volontà della Commissione e degli organi tecnici ogni potere decisionale.
Vorremmo sapere chi sono gli ideatori e autori di questo golpe a danno di tutti i cittadini europei? Essendo fortemente convinto che l’unico modo per salvare l’euro è di crearne 18 e in alternativa invitare gli amici tedeschi ad abbandonarlo al più presto per togliere finalmente il cappio che si sta inesorabilmente stringendo intorno al nostro collo.
In ogni caso, la Germania, consapevole che si sta avvantaggiando oltremodo di una valuta, l’euro, notevolmente sottovalutata rispetto ai propri fondamentali, ben difficilmente prenderà una decisione in questa direzione e la soluzione più ragionevole rimarrebbe solamente quella di lasciare alle volontà di ciascun Paese la libera facoltà di poter mutare il proprio status di Paese “senza deroga” a Paese “con deroga”, così come già previsto dagli artt. 139 e 140 del TFUE e di poter pertanto tornare a conseguire in modo autonomo gli obiettivi di crescita, utilizzando propri strumenti di politica economica e monetaria con il pieno supporto delle rispettive valute sganciate dagli attuali vincoli automatici dimostratisi privi, non solo di validità economica e giuridica, ma anche colpevoli di aver interrotto il collegamento democratico essenziale e irrinunciabile nei processi decisionali fra cittadini e Istituzioni.
Naturalmente con il massimo coordinamento fra i vari Governi nazionali per massimizzare la segmentazione controllata dell’area euro e facendo salvi gli interessi comuni così come indicato e auspicato dall’European Solidarity Manifesto di cui mi onoro di far parte.
L’euro e i suoi dogmi hanno inflitto dei danni molto forti nelle economie dei Paesi membri e le cicatrici di queste ferite saranno visibili per moltissimi anni e il day after sarà visto più come una vera e propria liberazione che una vittoria. La possibilità di poter di nuovo perseguire autonome politiche economiche per il perseguimento della propria crescita dovrebbero rappresentare magnifiche opportunità per chi sarà in grado di compierle, anche se il vantaggio maggiore, come già ribadito più volte, sarebbe quello del ripristino della democrazia interrotta nell’assoluta convinzione che la democrazia, quella vera, non ha prezzo!
In questo modo si riporterebbero i cittadini al centro di ogni interesse e non quelli graditi dalla finanza come invece sta perseguendo la dirigenza europea in nome di un neoliberismo esasperato e senza regole.
Tutti i tecnicismi per il ritorno alle proprie valute nazionali possono essere studiati, analizzati, discussi e tranquillamente risolti, mentre se abdichiamo ai principi della democrazia tutto sarà perso per sempre e non potremo sottrarci dal severo giudizio delle nostre generazioni future.
Questo nell’interesse generale, ad iniziare dalla Germania perché sarà proprio lei a pagare il prezzo più alto di questo enorme ma effimero attuale vantaggio che presto non mancherà di presentargli un conto tanto più alto quanto più durerà questa situazione.
Sono fermamente convinto che tutti i Paesi eurodotati siano in possesso di dettagliati e aggiornati “Piani B” per un uscita ordinata e non caotica e scomposta dalla moneta unica.
Questi “Piani B” di salvaguardia sono stati concepiti, da ciascun Paese che ha aderito all’euro, sin dal suo inizio, come una specie di “opting out” segrete predisposte alla stregua di piani per la sicurezza strategica nazionale nel caso in cui il Paese avesse avuto problemi valutando che il costo generale dell’appartenenza all’unione monetaria si fosse rivelata non più conveniente rispetto ai vantaggi ottenuti.
Ma nello stesso modo sono altresì convinto che ormai nessun Paese prenderà l’autonoma decisione di uscita e questo avverrà solamente per un forte shock esterno imprevedibile che agirà da detonatore per un contagio che non sarà possibile governare e gestire.
Ad esempio una forte inadempienza bancaria, potrebbe innescare una reazione a catena impossibile da imbrigliare con tutti gli attuali strumenti finanziari di tutela a disposizione dalla Troika.
I titoli pubblici di molti Paesi dell’area euro sarebbero sottoposti a fortissime pressioni speculative e l’unico modo per poter gestire la situazione, senza consegnarsi definitivamente a meccanismi tipo ESM che imporrebbero delle contropartite inaccettabili, sarebbe l’immediato ritorno alle rispettive piene Sovranità monetarie.
Questo potrà avvenire senza creare ulteriori gravi disagi solamente in funzione della bontà dei “Piani B” predisposti preventivamente dai rispettivi Governi e concertati con tutti gli altri.
Non confondiamo l’Europa con l’Unione monetaria: è nostro supremo dovere salvare l’Europa e pertanto dobbiamo liberarci al più presto dell’euro, perché non vorremo mai camminare sulle macerie di ciò che con immane fatica hanno costruito i nostri padri, ma garantire prosperità alle nostre generazioni future seguendo la strada irrinunciabile della democrazia.
Ma forse chiedo troppo, perché la parola democrazia è stata sempre ignorata sia nei Trattati che nei Regolamenti di questa Europa dell’eurocrazia che si è allontanata totalmente dalla realtà dei suoi cittadini! Da italiano confido moltissimo nel ruolo e nelle posizioni che la Francia adotterà nel prossimo futuro.
Se ciascuno di noi avrà la lungimiranza di riprendersi le chiavi della propria casa per poter perseguire con autonomi e corretti strumenti di politica economica la gestione della propria crescita, i benefici saranno per tutti, garantendo ancora al Vecchio Continente il ruolo che si è conquistato in millenni di Storia.
So infine perfettamente che chi combatte questa battaglia può anche perdere, ma chi non combatte ha già perso e fino ad ora abbiamo perso solo una battaglia, NON LA GUERRA e alla fine l’Europa risorgerà perché vincerà la ragione!
L'intervento del Prof. Rinaldi è stato pubblicato da Formiche.net
Nota biografica.
Antonio Maria Rinaldi, dopo la laurea in economia alla LUISS alla fine del '70 ha svolto molti incarichi operativi in banche italiane per poi passare dalla metà degli anni '80 dal Servizio Borsa della Consob Sede di Milano alla Sofid, capogruppo finanziaria dell'ENI, fino a ricoprirne la carica di Direttore Generale. Attualmente esercita la libera professione ed è docente di Finanza Aziendale presso l'Università Gabriele d'Annunzio di Chieti-Pescara e di Corporate & Investment Banking e Mercati Finanziari & Commercio Internazionale presso la Link Campus University di Roma. Ha pubblicato nel 2011 "Il Fallimento dell'Euro?" e nel 2013 “Europa Kaputt,(s)venduti all’euro” per manifestare tutto il disappunto nell'attuale costruzione e conduzione europea. Con il suo maestro di politica economica, prof. Paolo Savona e con il prof. Michele Fratianni, ha concepito una proposta per il consolidamento del debito pubblico italiano. E’ firmatario del Manifesto di Solidarietà Europea per il ritorno concordato alle valute nazionali e partecipa a convegni e trasmissioni radio-televisive sul tema dell'unione monetaria europea non mancando mai di esprimere la sua forte criticità.