lunedì 29 novembre 2010

IL FUTURO HA MARCIATO AL MIO FIANCO

“Agisci come se già fossi libero”
- P.L.Wilson -



Paola Alcioni SA CANTADORA

IL FUTURO HA MARCIATO AL MIO FIANCO



Valentina.....

Si amici miei, il futuro ha marciato al mio fianco nella Prima Giornata Per l’Indipendenza della Sardegna.
Sotto la pioggia, accanto a me.
Il suo nome è Valentina, il suo nome è Giovanni.

Si dice che la poesia o la letteratura in genere, nascano da un ripiegamento doloroso, e che non si abbia invece tempo per la scrittura, quando ci si gode una gioia.
La si gode e basta.
Vero, ma... svanita l’adrenalina, il dopo si nutre di nuovo di parole, perché la gioia non è gioia fino in fondo se non la raccontiamo a noi e agli altri, verbalizzando, riprendendoci trionfalmente in mano il diritto di nominazione.
La mia gioia, sabato, potevo chiamarla col nome dei molti amici che ho abbracciato, alcuni venuti da lontano, altri da molto lontano, pro sa Die de s’Indipendentzia.
Altri ancora da lontanissimo.
O con il nome di coloro che fisicamente si sono affaccendati intorno all’organizzazione della Marcia qui, o che lo hanno fatto collaborando da lontano, ma efficacemente.
Cari, carissimi amici tutti: niente unisce più di una condivisione di questo segno. Niente affratella più di un ricordo come questo. Nessuna semina può fare a meno di due mani che si stringono.
Perché l’unità è il lievito che la nostra gente aspetta per poter impastare il “Pane di via”, che serbato “in bértula” accompagnerà la nostra transumanza definitiva verso la libertà.

Grazie, grazie a tutti, mi viene da dire ora.
Ma in realtà è la mia terra che ringrazia...

Est sa terra mia Sardìnnia chi torrat gràtzias, pesendi artus is burtzus suus incadenaus e a pustis torrendi a s’abetu e a su dolu, fintzas chi s’at a imberiai su tzérriu: “Sardìnnia...” “Lìbera!!!” chi at acumpangiau dònnia passu de sa Màrcia e chi tambeni s’arretumbat in s’ànima e in su sànguni.

E a lungo, a lungo risuonerà quel grido e quell’emozione, dentro tanti di noi.

Potevo chiamarla con mille nomi, la mia gioia, sabato.
Ma oggi a voi la racconto con il nome di Valentina e Giovanni, perché devo a loro un’emozione grande che mi ha spalancato l’anima.

Quando sono arrivata al piazzale della Fiera, Giovanni l’ho trovato intento ad allestire il camion, che inalberava quattro grandi bandiere della nostra Natzione.
Riservato come sempre, mi è venuto incontro per un abbraccio, ma si vedeva che era concentrato, che stava prendendo tutto molto sul serio, ma che se lo stava anche godendo, come un momento importante.

Quando Valentina, la mia giovanissima patriota, ci ha raggiunto, non era attesa.
Ma nella gioia dell’abbraccio che ci ha unito, era contenuto un lunghissimo discorso di speranza.
A tutti, in misura più o meno grande, la decisione di venire a questa marcia è costata.
Ciascuno di noi ha dovuto vincere resistenze, difficoltà oggettive, ostilità e circostanze non facili.
Per alcuni è stata una decisione veramente sofferta.
Per altri un luminoso momento di presa salda sulle redini del proprio destino.

Valentina e Giovanni sabato, per me, erano il simbolo di tutti noi che eravamo alla marcia, ed era anche la dimostrazione che i nostri limiti e le difficoltà possono essere superati se ci rendiamo conto di possedere in noi stessi una risorsa grande che si chiama libertà.

Così come - in fondo - chi mancava senza giustificato motivo, era simbolo di quella parte di popolo che aspetta gli ordini, di quella che non rinuncia alle comodità, di quella che non si mette in gioco e che pensa al suo orticello; di quella dallo sguardo corto e dalla supina convinzione che delegare è bello, senza sapere che il meccanismo della delega è assolutamente apocrifo all’idea di democrazia assoluta; di quella dell’ossequio ad un vertice, del capo chino, dello sguardo fisso al solco segnato dall’aratro altrui.

Ma noi abbiamo marciato anche per quella parte della nostra gente; mai contro quella ma – ahimé – nonostante quella.

In quel momento Giovanni, Valentina ed io non ce ne rendevamo conto, ubriachi per la gioia di esserci. Ma in realtà un testimone, in quell’attimo, è passato di mano.
Perché io ho portato alla Marcia lo striscione nel quale era contenuta l’affermazione di principio che ha guidato tutto il mio agire fin’ora.
Ma loro la stavano mettendo in pratica.
Perché Valentina, marciando al mio fianco, stava già agendo come se fosse libera; stava decidendo per sé stessa; stava usando del diritto di autodeterminarsi, e lo stava portando con sé come una bandiera.
Perché Giovanni, decidendo di esserci e dare una mano, ha agito come se la cosa lo riguardasse, lo riguardasse direttamente.

Sono orgogliosa d’aver lavorato per questa Marcia.
In un prossimo articolo, parlerò di ciascuna delle meravigliose persone che ho conosciuto in questa meravigliosa esperienza di condivisione.

Sono orgogliosa d’aver avuto intorno gente che ha agito come se già fosse libera.
Ma ancor più, lo sono per avere avuto al fianco due giovani che non si fermeranno là dove i miei passi dovranno purtroppo fermarsi, perché le foglie devono cadere, in autunno, per divenire humus e senso di nuove fioriture.

Ma non si fermeranno, po bona sorti, Valentina e Giovanni. E insieme a giovani come loro, porteranno le speranze nostre per questa terra e per la mia gente oltre, verso il futuro.

“SARDINNIA...”
“LIBERAAA!!!!”
Sa Cantadora


Giovanni


Vaturu

2 commenti:

Juanne Pili ha detto...

Più che venuto incontro, ti sono proprio saltato addosso, venendo giù dal cascione, a rischio delle mie rotule. :D

Spero che questa giornata si ripeta ogni anno, magari associandola a Sa die de sa Sardigna, una giornata che dovrebbe essere degli indipendentisti e non una mera ricorrenza folkloristica. E' necessario anche che i movimenti appoggino in modo meno "timido" questo genere di iniziative; privilegiando il cervello al pallottoliere. L'esempio che qualcuno fa sui Baschi è fuori luogo; un conto è appoggiare le manifestazioni senza portare bandiere; un altro invece è fingere di appoggiarle e non portare né bandiere, né aiuti; magari gufando contro chi fa il primo passo falso.

SA DEFENZA ha detto...

Grazie Giovanni del tuo comento che condivido pienamente, ed a proposito dei gufi ne ho visti molti ma quello che mi ha dato più di stomaco è quel personaggio "indipendentista" rampante che hanno battezzato "principessina", è un ragazzo di 35 anni che crede di essere il deus ex macchina in terra.. uno che crede di aver letto ed elaborato solo lui , però purtroppo per lui e per quelli che lo ascoltano è solo un poverino molto ambizioso ma senza il cuore passinale.. solo bla bla ... pazienza,speriamo crescerà .. almeno lo spero per lui.

Poi devo dire che è stata una giornata stupenda , gioiosa , eppoi ricorda che almeno noi presenti abbiamo osato!!!

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