martedì 14 febbraio 2023

Cumenti unu sardu kena arresoja









Certo è che le oppressioni esterne non sono solo quelle materialmente evidenti, ma anche quelle culturalmente nascoste.

Accanto alla volontà di rendere la Sardegna una immensa discarica, quella delle pesantissime ingerenze militari su una terra pacifica, quella del millenario prendere senza mai ricevere, quella di imporre frequenze innaturali e dannose, quella di graffiarci i cieli impunemente, quella di sfruttare le nostre risorse a beneficio esclusivo di altri, quello di lasciarci le ossa e prendersi la carne, quella di non riconoscere continuità col continente penalizzando sardi e merci sarde, è una vera e propria jattura per la nazione sarda.

L'unica continuità che auspico tra la Sardegna e il continente è quella culturale, ma anche in questo caso risulteremmo in deficit, abbiamo molto più dato che ricevuto.Ieri come oggi.

Ieri abbiamo generato la civiltà occidentale, oggi molti sardi rifiutano paradigmi esterni e innaturali.

Affermare che saremmo in deficit culturale non ha niente di strano, se ci pensiamo bene non abbiamo bisogno del consumismo nè italiano, nè francese o americano, non abbiamo bisogno dei loro centri commerciali, non abbiamo bisogno delle loro scuole, delle loro televisioni, e nemmeno dei loro giornali.

Per dirla tutta non abbiamo bisogno nemmeno dei "nostri" giornali e delle "nostre" televisioni.

Giornate mondialiste imposte, feste imposte, religioni imposte, statalità imposta, con il codazzo di tasse, imposte e imposture.
Con il codazzo di elezioni e votazioni italiane, con il codazzo di questa democrazia che democrazia non è; abbiamo insegnato la vera democrazia ad antichi greci e romani, nei nostri siti archeologici esistono centinaia di esedre, altrimenti definite rotonde, che venivano usate sia per riti religiosi, ma anche per partecipazioni politiche, partecipazioni dirette e meritocratiche.
Sarebbe il caso di bere più filu e' ferru e niente coca cola, mangiare più prodotti sardi che scongelare frost food dispensati dai centri commerciali, sarebbe utile acquistare dalla bottega sotto casa, dall'agricoltore, dall'allevatore, dal pescatore, dall'artigiano che abita a due passi da casa nostra.

Se ci pensiamo bene tutte queste imposizioni sono oppressioni culturali nascoste, in linea con quanto scritto da un grande, non intendo essere oppresso da nessuno, in casa mia ho tutto quello che mi serve, sia sotto il profilo materiale, che sotto il profilo culturale. 

Se fossimo liberi di decidere per noi stessi, la sardegna diventerebbe in poco tempo il regno della ricchezza e della felicità.

E per dirla tutta, nonostante i popoli italici siano trattati meglio del popolo sardo, non abbiamo da invidiare loro niente, siamo orgogliosi di essere sardi.

Da sardi avremmo scelto un altro tipo di democrazia, Vera, Viva, Partecipata e Lungimirante, senza deleghe.

Votare e delegare non è democrazia, è una presa in giro.

A volte, in rete, durante la lettura di qualche post autoprodotto da miei contatti, mi riprometto di mettere un bel like convinto, salvo ricredermi dopo la lettura delle conclusioni, che terminano immancabilmente con le parole votazioni, elettore, referendum, partecipazione.

Informo che la partecipazione non è il mero ricorso al voto, ma cercare di incidere sulla società e sulla politica, e non è certo votando che si incide sulle decisioni che verranno prese, questa falsa democrazia di chiara marca sionista certifica che è soddisfatta, solo quando la gente sa che è andata a votare, se poi il suo voto, come è nella realtà, non verrà preso in considerazione è un altro discorso.
L'ultima volta che ho votato mi sono sentito preso in giro dal presidente del seggio che diceva "il sig abis ha votato" (che ho immediatamente tradotto con la frase: il signor balossu ha votato).
La gente che crede che mettendo un pezzo di carta in una scatola di cartone decide proprio futuro, è una condizionata televisiva, a proposito, non avete buttato ancora la tv in discarica?

L'archeologia mette in risalto il fatto che Sardegna è piena di strutture similcircolari concentriche, spesso costruite a più livelli, delle esedre che richiamano le agorà elleniche, dove presumibilmente il popolo si riuniva in assemblee, e prendeva in tempi relativamente brevi decisioni inerenti la vita sociale e politica della contrada.
Voglio pensare che quei manufatti in pietra, evidentemente più antichi di qualunque manufatto greco,  avessero soprattutto quella funzione, concedere un sito dove decidere senza bisogno di deleghe, votazioni, elezioni, partiti o faccendieri.
La forma più nobile della democrazia è l'adozione delle assemblee delle Donne e degli Uomini Liberi di decidere, mi piace pensare che le decisioni degli antichi sardi fossero improntate al rispetto meritocratico del diritto più nobile che esiste, il Diritto Divino.
Mai più deleghe, mai più rappresentanti, mai più votazioni ed elezioni, mai più partiti politici intrisi del rancido sapore di ideologie estranee alla nostra cultura, ideologie dettate da quella innaturale forma di stato fasullo che chiamano repubblica italiana.
Così fasullo che sembra riso senza il curry, il porchetto arrosto senza il cannonau, le seadas senza il miele, la sardegna senza spiagge, o senza il mirto, è come un sardo senza arresoja, come una vacca senza latte, una zanzara senza pungiglione, una nuvola senza acqua.

La cosiddetta repubblica italiana assomiglia a un mezzo di trasporto senza conducente, a una stampante senza inchiostro, un libro senza testo, un paio di occhiali senza lenti, assomiglia a un sardo che si definisce italiano, è come il tacchino che organizza il cenone di natale.

La strada della libertà non contempla l'umiltà, non passa dalle domande col cappello in mano, non passa dalle deleghe concesse finora a infimi personaggi nostrani, ma passa dall'impegno fattivo, dalle attuazione di presidi per difendere la nostra Madre Terra, le nostre famiglie, i nostri beni, passa dalla forza della comunicazione della verità, dalla vera unione di popolo, e non certo da quella finta unione sbandierata e sponsorizzata dalle decine di capi bastone nostrani, che amano parlare in lingua sarda e agire in lingua italiana.

La strada della libertà non passa dalle elezioni italiane, non passa dai partitini italiani che vorrebbero far credere di essere sardi, non passa dall'indipendenza, perchè la nostra terra ha tutte le risorse per vivere in prosperosa libertà, senza dover chiedere niente a nessuno, se non paritaria collaborazione, non passa dal miglioramento di condizioni economiche, ma da una vera cultura prima individuale, poi collettiva.

Col portafogli vuoto è possibile percorrere la strada per la libertà, ma seppure hai risorse finanziarie in abbondanza, e se il tuo popolo ignora la sua storia e i suoi diritti di esseri umani nati liberi, raggiungere una parvenza di libertà è impossibile.
La vera libertà non passa dal diritto interno del colonizzatore, non passa da qualche posto di lavoro in cambio di stupro dei nostri territori e della nostra salute, non passa da quei pochi denari che lo "stato" "italiano" "concede" ai comuni (anche essi enti territoriali italiani, non sardi) in cambio dell'autorizzazione di poter invadere e devastare suoli altrimenti incontaminati, la vera libertà non passa da questa "civiltà" delle tecnologie a buon mercato, che rubano la nostra identità di popolo.
Non passa dalle elezioni regionali o comunali, e nemmeno da quelle europee, non passa da sterili proclami di insignificanti condottieri indy, per lo più in tenuta rosseggiante, retaggio di pessime ideologie nate altrove.
La vera libertà passa attraverso un popolo cosciente, informato, culturalmente attrezzato, passa dal coraggio di "opporsi" a tutte le manifestazioni esterne ed interne contrarie al Diritto Divino.
La vera libertà non passa attraverso manifestazioni che chiedono al potere di non essere troppo brutale con la gente, sulla falsariga della pessima "procurade e moderare", la vera libertà non passa da una costituzione "italiana" nebulosa e contradditoria, che da un lato afferma che lo stato è uno e indivisibile, e dall'altro, ratificando leggi internazionali, e quindi sottomettendosi ad esse, si impegna non solo a non contrastare processi di auto determinazione, ma addirittura a favorirli.


 

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