INTERVENTO A DIFESA ORDINE COSTITUZIONALE
Riceviamo questo importante protocollo degli Avvocati del foro di Cagliari: Avv. Paola Musu, Avv. Debora Mura, Avv. Patrizia Francesca Orsini; riteniamo di grande e rilevante importanza visto i tempi in cui viviamo e il prolisso vanto del governo sul Recovery Fund , lasciamo a voi tutti amici il piacere di gustarVi la critica esposta dal team di avvocati sardi nell'intervento a difesa dell'ordine costituzionale. Sa Defenza
INTERVENTO A DIFESA ORDINE COSTITUZIONALE
Al Presidente della Repubblica Italiana
protocollo.centrale@pec.quirinale.it
Al Presidente del Senato
segreteriagabinettopresidente@pec.senato.it
Al Presidente della Camera
camera_protcentrale@certcamera.it roberto.fico@camera.it
Alla Corte Costituzionale in persona del Suo Presidente e dei suoi Giudici
segreteria.generale@cortecostituzionale.mailcert.it
“Quousque tandem abutere”, Europa,” patientia nostra? Quamdiu etiam furori iste tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?” (Fino a quando dunque, Europa, abuserai della nostra pazienza? Quanto a lungo ancora codesta tua follia si prenderà gioco di noi? Fino a che punto si spingerà la (tua) sfrenata audacia?).
Alla luce degli avvenimenti recentemente occorsi nel “tempio” della tecnocrazia europea, mentre è ancora in corso il dibattito su un’ improvvida, ingiustificata e fuori legge, proroga di uno “stato di emergenza”, sulla cui legittimità ab origine, specie quanto alla gestione, abbiamo già manifestato, come anche da più parti, dubbi più che fondati, ci permettiamo di usare le parole di Cicerone, aggrappandoci alle nostre più solide Radici.
I toni trionfalistici che hanno accompagnato la chiusura della seduta straordinaria dell’ultimo Consiglio Europeo, ancor prima di entrare nel merito delle conclusioni rese, sembrano dimenticare un elemento fondamentale: in forza all’art.15 del TUE “Il Consiglio europeo dà all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative.” In altri termini, il Consiglio europeo è solo un organo di indirizzo politico ed i suoi “atti”, stesi in forma di “conclusioni”, esempio cosiddetto di soft low, non hanno valore vincolante, né nei rapporti tra Stati, salva la spontanea applicazione tra essi del principio di leale cooperazione (della cui violazione al livello europeo si è troppo spesso stati inermi testimoni e vittime, soprattutto in quanto cittadini), né nei rapporti con i terzi, salva l’adesione volontaria. E nel susseguente prefigurato iter attuativo, molti sono gli “spazi in bianco” lasciati alla discrezionalità degli organi e istituzioni comunitarie chiamati ad intervenire, con rischi elevatissimi di trasformazione della celebrata vittoria in una rovinosa disfatta.
Questo quanto agli effetti giuridici impropriamente attribuiti, ad esito della riunione dell’organo in questione, dalla ridondante campagna mediatica.
Detto ciò, supposto che a tali “conclusioni” segua una calorosa cooperazione degli Stati europei ed una supina, presunta “volontaria”(si conceda il beneficio del dubbio, visto il triste precedente greco), adesione, è palese, nell’architettura d’impianto che ne viene disegnata, l’ideazione di un costrutto che rappresenta una chiara rivisitazione del MES, ritratteggiato nella forma e nel nome, ma non nella sostanza: le condizionalità prefigurate sono talmente pervasive, da tradursi in una intrusività tale nella gestione del denaro, che si ipotizzerebbe a disposizione, da devastare profondamente ogni residuo di sovranità e di residuo impianto ordinamentale costituzionale. Il tutto attraverso un machiavellico e perverso paradigma che consolida ulteriormente, ed aggrava, il modello del debito come chiave delle relazioni tra gli Stati membri, rafforzando maggiormente la posizione di alcuni tra essi nel controllo della disciplina della gestione monetaria e di bilancio (i cosiddetti “frugali”), con aggravio della condizione di inferiorità di altri (tra cui l’Italia), che diventa cronica ed irreversibile: tutto ciò è macroscopicamente comprovato da quanto prefigurato al punto “A19” delle conclusioni e rimarcato nei poteri assicurati a quella che è stata definita in gergo “minoranza di blocco”.
Il sistema finanziario sia pubblico che privato non reggerà a lungo agli effetti di questa ennesima, provvida, crisi che, complice l’impianto economico-monetario comunitario, sta infossando i paesi debitori dentro la spirale del debito, inducendoli a consegnarsi alla trappola dell’assistenza finanziaria condizionata.
Il tutto, peraltro, con un escamotage intessuto attraverso un improprio, artificioso, utilizzo dei meccanismi ordinari comunitari, piuttosto che con una necessaria, e dovuta, modifica dei trattati. Ciò vale anche laddove si vorrebbe attribuire alla Commissione il potere di indebitamento sui mercati finanziari (punti “A3” – “A5”), nonché un indebito autonomo potere di imposizione fiscale (punto “A29”) (destinato a finanziare il novellato potere di indebitamento sui mercati), che andrebbe, oltretutto, a sommarsi alla già insostenibile pressione fiscale, e con conseguente indebita ed arbitraria assunzione, in capo all’Unione Europea, delle prime caratteristiche di statualità, in totale spregio e violazione della legalità costituzionale, pesante compromissione dell’autonomia di organi costituzionali e con indebita usurpazione di poteri di competenza esclusiva degli Stati.
Ci si augura, sul punto, non si voglia continuare a perseverare nell’indebita invocazione del tanto bistrattato art.11 della Costituzione. In esso non si parla di “cessioni”, bensì di “limitazioni”. La “limitazione” è di per sé un vincolo, che pur lasciando inalterata la titolarità di un diritto in capo al soggetto, ne limita l’esercizio secondo le condizioni o gli ambiti stabiliti dalla limitazione stessa, ma non, e mai, in modo così privativo da svuotare di contenuto il diritto stesso od il suo esercizio, specie nel suo contenuto essenziale: il livello di passività ed inerzia con cui negli anni si è consentito uno svuotamento tale dell’integrità statuale, da provocare una progressiva pesante compromissione dei cardini di funzionamento della democrazia nella forma repubblicana ex art.139 della Costituzione, esige ora che a tutto questo venga posto un pesante argine.
In difetto, dignità e onore richiederebbero che si dichiarasse apertamente cosa è rimasto, se qualcosa ne è rimasto, della Repubblica e dell’Italia, quantomeno per risparmiare l’ulteriore consunzione delle pareti dei sepolcri a coloro che per esse hanno versato il loro sangue.
Cagliari, 27 luglio 2020
Avv. Paola Musu
Avv. Debora Mura
Avv. Patrizia Francesca Orsini
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