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venerdì 29 maggio 2020

GRANDE E’ LA CONFUSIONE NELLA SINISTRA: PRIMA COMUNISTA, POI LIBERISTA, OGGI AMMIRATRICE DELLA CINA (MA SEMPRE CON LA RELIGIONE DEL POTERE)

GRANDE E’ LA CONFUSIONE NELLA SINISTRA: PRIMA COMUNISTA, POI LIBERISTA, OGGI AMMIRATRICE DELLA CINA (MA SEMPRE CON LA RELIGIONE DEL POTERE)


Antonio Socci 
Sa Defenza 


Quando Massimo D’Alema – da premier italiano – incontrò Giovanni Paolo II, nel 1999, il papa gli disse: “Ho combattuto tutta la vita contro il comunismo, ma ora che il comunismo è caduto mi domando chi difenderà i poveri”. Wojtyla sapeva bene che di certo non sarebbero stati i comunisti (anche se post o ex).

Costoro infatti – comunque trasformati o riciclati – amano tanto i poveri da moltiplicarli ogni volta che vanno al potere. Lo dimostra la storia dei paesi dell’Est e pure la nostra degli ultimi 25 anni. Con una sola (apparente) eccezione: la Cina (dirò alla fine perché apparente).

Così D’Alema ora torna in campo con un libro e un’ennesima trasformazione: ora simpatizza per la Cina di Xi Jinping. È un ritorno al rosso antico da compagno D’AleMao? Il titolo del suo libro è proprio una frase di Mao: “Grande è la confusione sotto il cielo” (Donzelli).

Ma il lìder Massimo dei (post)comunisti italici fa un’operazione più ambiziosa. Sente nell’aria una grande rivincita storica: il comunismo di obbedienza moscovita infatti crollò nel 1989 sotto il peso dei suoi fallimenti (travolgendo il Pci), incapace di reggere il confronto con l’Occidente e di dare un po’ di benessere economico (la libertà, neanche a parlarne).

Oggi – ci dice in sintesi D’AleMao – è l’Occidente liberista e capitalista ad essere in grave crisi, a partire dagli Usa. E il confronto economico è vinto dalla Cina comunista. Che trionfa nel mondo. In realtà se “grande è la confusione sotto il cielo”, non minore dev’essere quella che c’è nella memoria storica di D’AleMao che è sempre refrattario alle autocritiche.

Infatti adesso scrive – molto polemico – che “gli ultimi vent’anni di globalizzazione e di egemonia neoliberista hanno reso enormemente più fragili le nostre società”. E denuncial’indebolimento dei sistemi sanitari, pubblici e universalistici”, la “riduzione del welfare e della spesa sociale”, la “crescita delle diseguaglianze e delle aree di emarginazione sociale”.

Ma chi ha fatto questo capolavoro in Italia? Anzitutto la Sinistra che – per far dimenticare il suo passato comunista e accedere al potere – archiviò perfino Keynes (e la Costituzione keynesiana) e, tramite la mediazione catto-prodiana, ha abbracciato il liberismo di Maastricht sostituendo Mosca con Bruxelles e perfino con la Casa Bianca dei Clinton e di Obama, in quell’Ulivo mondiale che ha voluto e realizzato la globalizzazione mercatista.


Non era D’Alema che andava alla City di Londra ad annunciare che intendeva fare in Italia una rivoluzione liberale? Diceva: “I ragazzi della City, vorrebbero il capitalismo, in Italia. Anch’io. Un capitalismo normale”.

E sempre D’Alema alla Bocconi spiegava che Berlusconi non era stato capace di fare il cambiamento “in senso antistatalista e che era la “grande borghesia” ad essere statalista.

Anni dopo, il 25 ottobre 2011, davanti a un allibito Angelino Alfano, a “Porta e porta”, D’Alema rivendicava le riforme liberiste: “durante i governi di centrosinistra si sono fatte più riforme e privatizzazioni di quante se ne siano fatte dopo. Il paradosso italiano è che è stato il centrosinistra a smontare l’Iri, non la destra che si definisce liberale. Privatizzazioni, liberalizzazioni, riforma delle pensioni. Noi abbiamo portato la lira nell’euro. Noi abbiamo compresso la spesa pubblica”.

Non mancò di accusare il centrodestra invece di averla aumentata. Di lì a poco la Sinistra appoggiò il governo Monti che dette il colpo di grazia allo stato sociale sottomettendo del tutto l’Italia all’ordoliberismo europeo (con i governi Pd che seguirono).

Adesso, con la crisi della globalizzazione, D’Alema si ricolloca e tuona contro “decenni di liberismo sfrenato e di progressivo indebolimento della sfera pubblica” che ci hanno dato ormai “non più soltanto un’economia di mercato, ma anche una società di mercato”.

Ritorna la critica agli Stati Uniti (di Trump) e all’occidente capitalista. E fulmini pure sull’Ue per “l’impostazione politica e culturale dell’Unione espressione di un pensiero unico liberista che è stato imposto come una sorta di verità tecnico-scientifica priva di alternative”.

Ma D’Alema non sostiene questo governo e, prima, tutti quelli del Pd sottomessi ai diktat Ue? Non è la sua sinistra che demonizza ogni critica a Bruxelles? Non è D’Alema che – con la sinistra – ha sposato acriticamente Maastricht e l’euro da 25 anni?

Poi – come ho detto – arrivano le parole di incredibile apprezzamento per la Cina. Così esagerate che perfino Antonio Padellaro ha scritto: “sono rimasto sorpreso dal forte apprezzamento che D’Alema esprime per la Cina di Xi Jinping nell’introduzione al libro, scritta in piena bufera Coronavirus”.

Perché il sistema cinese (e asiatico in generale) – dice D’Alema – “ha saputo fronteggiare questa prova in modo più efficace rispetto a noi”. In quanto “ha fatto la differenza un grado minore di individualismo, una maggior coesione sociale e l’esistenza di reti comunitarie”.

D’Alema non è neanche sfiorato dall’idea che il totalitarismo comunista cinese sia un’orrenda tirannia e un pericolo pubblico per il mondo. La storia del comunismo cinese (con milioni e milioni di vittime) sembra a lui ignota, come dimostra il modo incredibile in cui parla della “rivoluzione culturale” degli anni Sessanta. In conclusione: la Cina oggi ha molti amici nei Palazzi romani.

PS E’ vero, la Cina si è arricchita (unico caso fra i regimi comunisti) però creando milioni di poveri in Occidente e comunque sempre privando i cinesi della libertà e con immensi massacri in 70 anni di comunismo.

Antonio Socci


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