Neanche gli europei e gli Statunitensi sono realmente amici. Sono solo delle nazioni potenti con cui è necessario mantenere rapporti di buon vicinato. Anche loro potrebbero essere tentati di aggredire Israele e ripetere i crimini del nazifascismo.
Il sentimento tragico con cui gran parte del popolo israeliano (e più in particolare quello ebraico) vive la sua quotidianità lo rende disperato e allo stesso tempo refrattario a un qualsiasi tipo di dialogo e di riflessione critica che pare del tutto assente quando si tratti di esplorare e discutere la propria identità. Da qui la sua cecità nei confronti degli altri e del problema palestinese.
Cecità sfruttata abilmente dagli "ebrei" europei che hanno elaborato l'ideologia sionista puntellata da razzismo e da prevaricazione per difesa, da disprezzo per l'umanità altra. Sono questi costrutti psicologici e culturali che allontanano questa nazione, così sofferente nel proprio intimo, ad un serio progetto di pace.
Un'ideologia che è penetrata in profondità nelle sfere più alte della Finanza e delle massonerie e che favorisce dunque una partecipazione in prima fila alle questioni planetarie.
Israele vivrà perennemente in guerra, almeno fino quando glielo permetteranno gli ebrei che non aspirano ad una costruzione statuale ( già Einstein aveva giudicato incomprensibile l'idea di una stato ebraico) e fino quando gli arabi non l'avranno domata.
Del resto, con personaggi come Ben Gvir, ministro della Sicurezza nazionale o come Bezalel Smotrich, ministro della difesa nonché delle finanze, non c'è che da aspettarci guerra per il ritorno auspicato a Gaza dei coloni trasferiti a suo tempo da Sharon e per l'annessione della Cisgiordania.
E alla guerra sionista risponderà la guerra dei colonizzati, del Paese sotto occupazione, della Resistenza... La pace è lontana così come è lontana la proposta di due stati, a causa dell’impossibilità di rispetto reciproco dovuto all’ideologia sionista e ad un secolo di violenze subite dagli oppressi e dalla strage ultima, un’aberrazione luciferina
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