L’intervista di un misero gruppo di giornalistucoli da quattro soldi ad un nazista ucraino è un chiaro messaggio rivolto ai padroni dei nostri politici pedofili e tossicodipendenti: l’Italia è con la NATO e condivide l’ideologia nazista. Forse, qualcuno dimentica che la RAI è un organismo d'intelligence in cui è presente un comitato di controllo euroatlantico; e la conferma l’abbiamo avuta nel 2009, durante il governo Berlusconi (al tempo il Cavaliere non era ben visto dagli U.S.A. e filtrò preziosissime informazioni).
giovedì 22 agosto 2024
RAI, Servizi Segreti e nazisti: l’Italia dichiara guerra alla Russia. Putin, salvaci!
mercoledì 26 giugno 2024
Russian - OSINT: Spionaggio e sicurezza digitale. Intervista all'esperto informatico
“I governi intervengano subito per fermare gli spyware altrimenti nel mondo nessun telefono sarà più sicuro. Parliamo di telefoni che hanno lo stesso software in tutto il mondo. Quindi, se trovano il modo per hackerarne uno, hanno trovato il modo per hackerarli tutti. (...) E’ come un’industria che produce solo varianti del covid per schivare i vaccini. I loro unici prodotti sono vettori di infezione. Non sono prodotti per la sicurezza. Non forniscono alcun tipo di protezione. Non producono vaccino, l’unica cosa che vendono è il virus”.
Lo spionaggio con PEGASUS, le costanti violazioni della nostra "privacy", l'abolizione della libertà di pensiero e parola sono diventate la normalità in occidente, special modo in Italia con il governo fantoccio della marionetta made in U.S.A. Giorgia Meloni.
martedì 22 novembre 2022
Dis-Servizi Discreti, un libro di Chris Barlati sul sistema criminale integrato italiano
mercoledì 22 maggio 2019
Lettera aperta a Matteo Messina Denaro. ''Davvero vuole finire così?''
Chris Barlati
Sa defenza
Resistenze non ve ne furono, a parte lo stupido tentativo dei socialisti craxiani e Dc andreottiani di ergere Berlusconi a Homo Novus e referente politico del nuovo divenire, con l'intento di ''assorbire'', nel modo meno traumatico possibile, lo shock dell'inevitabile trasformazione, impedendo così la diluizione della politica italiana in un mero agglomerato di interessi e proiezioni economiche e finanziarie.
- Berlusconi:
- Renzi:
- Governo giallo verde.
- Si vuole dargli un avviso, ''attenzionarlo'', per rimetterlo in riga;
- Si vuole lanciare un messaggio, in modo che possa essere il solo ed unico a poterlo comprendere;
- Si vuole salvare il latitante da un omicidio interno, offrendogli un ''armistizio'' o ''protezione'', arrestandolo.
- Quando iniziò a mettere a fuoco i contorni del nuovo divenire, si rese conto che si sarebbe circondato di persone meschine, inutili e senza un minimo di anima? Gente che, condannata alla depravazione del denaro e della cocaina, in nulla e per nulla avrebbe potuto attuare i suoi ''ideali'' di crociato mafioso?
- Non si sente usato da quel mondo che ha contribuito a creare? Pensa davvero che la sua proiezione, in tale microcosmo, possa tuttavia influenzare la realtà circostante in maniera ''positiva''?
- Pensa davvero che ci siano persone incapaci di percepire quella verità che viene ridicolizzata e mistificata da esseri di infimo valore presenti nelle istituzioni e nelle megacorporazioni mediatiche?
- La storia si ripete, e si sta ripetendo anche per Lei. Di sicuro era preparato a tutto questo, poiché lei è, come direbbe Riina, uno ''dritto''. Pensa sia arrivato il momento di raccontarci un po' di Lei? Non dei suoi segreti, ma della sua persona. Un racconto, e non una confessione, di ciò che fu. La chiamano ''Svetonio'', ma preferire la chiamassero ''Petronio'' o ''Marziale'', poiché ''la nostra pagina sa di uomo'', e mi piacerebbe leggere una sua di pagina, anche una sola, che descriva la situazione di questi anni. Se la sentirebbe? Prima che l'arrestino o che la facciamo scomparire per sempre?
Chris Barlati
*****
https://sadefenza.blogspot.com/2019/05/lettera-aperta-matteo-messina-denaro.html
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sabato 1 dicembre 2018
"Storie di Prima Repubblica"
Sa Defenza
Chris Barlati |
multipolarismo è sempre stato il suo principale interesse, ma questa volta ha ben pensato di scrivere un libro inerente la Prima Repubblica.
In un periodo di rifacimenti, nostalgie e definizioni errate della politica, il nostro collaboratore ha tentato di ristabilire i vecchi significati degli schieramenti, nonché
terminologie quali "destra" ,"sinistra";"criminalità" e "sovranità". Incontrando personaggi un tempo detentori dei meccanismi decisionali del nostro Paese, Barlati
ha potuto conoscere, parlare, discutere degli eventi, le strategie ed i segreti che hanno cambiato per sempre le sorti d'Italia. "Storie di Prima Repubblica" è il risultato di un percorso di studi che parte da una semplice tesi di laurea, ma che approda alla rielaborazione dei principali misteri d'Italia, nonché degli omicidi di Falcone e Borsellino, per offrire una verità che ancora oggi deve essere metabolizzata dalla pubblica opinione e che svela l'esistenza di chi si è sempre celato dietro Cosa Nostra, Gladio, Uno Bianca e le privatizzazioni postume al crollo del muro di Berlino. Abbiamo così deciso di intervistare il nostro collaboratore e di porgli alcune domande.
Partiamo Subito con la prima domanda. Mani Pulite fu un'operazione d'oltre oceano?
«Mani Pulite fu una conseguenza del crollo del Muro di Berlino. Le inchieste della
magistratura rappresentano il naturale divenire delle indagini allora in corso che,
non essendo più ostacolate dalle manine atlantiche, manine abituate agli omicidi ed
alle destabilizzazioni, poterono scardinare l'intera struttura dirigente. Mani Pulite
deflagra anche in Giappone, Francia, non solo in Italia e in maniera del tutto simile.
Mani Pulite, in sintesi, è una delegittimazione dei vecchi sistemi politici, protrattasi
a livello internazionale.»
Per quale motivo ciò avviene?
«Perché non ha più senso difendere e sostenere un immenso e dispendioso esercito
anti comunista. Mi riferisco alla Dc, al Psi e all'immunità di cui godeva l'Italia, come
altri paesi, sia nei rapporti con la mafia che per i numerosi finanziamenti illeciti.
Dunque, il ragionamento fu allo stesso tempo economico e politico. Diciamo che la
presenza statunitense, in questo caso, si esplica attraverso il proprio non intervento.
Mi spiego meglio: mentre in passato l'alleato era pronto a coprire eventuali
compromissioni, sia con l'utilizzo di qualche agente spregiudicato, sia con qualche
finanziamento ad personam, da quel momento in poi nessuno più si attivò a difesa dei
vecchi alleati. Anzi, ben accetta fu la scoperta di tutte le tangenti afferenti il Psi o la
Dc. Per eliminare l'oramai inefficiente e corrotta macchina pentapartitica, si pensò di
lasciar fare alla magistratura il suo corso naturale. Socialisti e democristiani inoltre
avevano fin troppo infastidito con la loro politica filo araba inglese e statunitense. Lo
stesso Andreotti con la sua equidistanza si era messo in cattiva luce, irritando le
intelligence anglosassoni e francesi.»
Quale fu il ruolo di Gladio nella prima Repubblica, nell'omicidio di Falcone e
Borsellino e nei confronti dell'Unione Sovietica?
«Gladio ufficialmente fu un apparato militare di intervento dedito alla prevenzione di
ogni possibile minaccia sovietica. Lo studio di Gladio era principalmente di natura
programmatica e strategica, e solo nel peggiore dei casi d'attuazione di guerra non
convenzionale. Alcuni critici collegano una partecipazione Gladio al rapimento e
omicidio di Aldo Moro, mentre dal mio punto di vista ciò non avrebbe avuto molto
senso nella seconda ipotesi. Vada pure, per assurdo, la validità del rapimento, ma
illogico si configurerebbe l'omicidio, per un aspetto di fondamentale importanza:
Moro era stimato ed amato dai Servizi italiani, da quegli stessi Servizi che
continuarono ad osservare fedelmente il patto con i palestinesi per il trasporto di armi in
territorio italiano in cambio dell'assenza di attentati (il cosiddetto Lodo Moro). Un
omicidio Moro avrebbe generato un guerra interna agli stessi Servizi, a meno che
quest'ultimi non fossero stati ingannati da altri servizi meglio preparati e con
maggiori dotazioni. Ricordiamo che il democristiano Galloni solo recentemente ha
parlato della presenza di truppe israeliane all'interno delle Brigate Rosse. Dunque,
quest'ipotesi si rende leggermente più credibile rispetto all'esclusiva partecipazione di
Gladio, o meglio nell'omicidio dello statista.
Nei riguardi di Falcone e Borsellino non abbiamo molte prove per dubitare di Gladio.
Basandoci su di un collegamento di fatti, e non di opinioni, dobbiamo escludere la
partecipazione diretta dell'organizzazione, poiché sciolta completamente e sotto i
riflettori della pubblica opinione già nel 1990. Potremmo invece ipotizzare arruolamento di alcuni suoi componenti fanatici di estrema destra, la cosiddetta Gladio Nera, nelle fila della Falange armata, poiché vicini per ideologia ad alcuni esponenti della criminalità organizzata e della P2.»
Una Gladio all'nterno di Gladio?
«Gladio, per quanto "Stay Behind", fu pur sempre un apparato militare italiano,
dunque suscettibile anch'essa di sviste e goffaggini all'italiana, nonché di
infiltrazioni e manipolazioni. Non sono rari casi di analogie tra esponenti della
criminalità, figure massoniche ultra atlantiche e militari di apparati segreti.
Ricordiamo che tutti i maggiori attentati di quel periodo vennero rivendicati dalla
Falange Armata, in una non casuale confusione di chiamate fatte da sedi dei servizi
segreti e da voci marcate dai più disparati dialetti ed accenti stranieri. Se poi
volessimo citare Elio Ciolini, terrorista nero che seppe predire le azioni falangiste, o il
pentito Messina Denaro, padre di Matteo Messina Denaro, che per primo parlò di una
commistione tra mafia e massoneria, entriamo in un circuito composto da terroristi
neri, criminalità organizzata e massoneria. Tutte entità che ebbero in comune il
medesimo interesse: divenire decisori della nuova politica italiana.»
Se non sbaglio fu questa l'ossatura della Falange Armata.
«Esatto.»
Quindi, se non direttamente ci fu sempre una partecipazione esterna?
«Assolutamente, sì. Gli esplosivi, le tecniche d'azione militari, il radiocomando nel
citofono della madre di Borsellino, l'elicottero che sorvolò le strade al momento degli
attentati, strane figure viste e riviste in più di un'occasione: se non mercenari,
sicuramente personaggi assoldati da interessi non prettamente nazionali.»
Come è stato possibile che personaggi quali Cossiga od Andreotti non si resero
conto di ciò che stava accadendo?
«Andreotti non venne mai seriamente indagato, al massimo i suoi Pomicino e
Vitalone pagarono le conseguenze della sua condotta. Cossiga, ex amministratore
politico della Gladio, poté parlare in futuro liberamente, e senza remore, dei più
oscuri segreti di Stato. Pensiamo ai premi carriera per gli ottimi impiegati che rifilano
dopo un quasi decoroso licenziamento...
Sicuramente i due democristiani compresero che piega stesse prendendo il divenire
nazionale, ma non poterono opporre significative resistenze, poiché impossibilitati.
Andreotti puntò su Berlusconi e sul tentativo di conservare una radice culturale
politica della Prima Repubblica, così da rallentare il processo di svuotamento e
finanziarizzazione. Cossiga, invece, si ritirò a vita privata, dedicandosi sì alla politica,
ma al racconto degli inconfessabili segreti. Spazi d'azione, concessi, come ho detto,
poiché in fondo i due avevano ubbidito bene ai loro padroni sino all'ultimo momento.
Di una loro partecipazione diretta negli omicidi dei Giudici e nella strategia della
tensione, è difficile dire. Ma di sicuro non si sono opposti al cambiamento. Hanno
cercato solo di mitizzarlo. Come sempre hanno fatto.»
Che ruolo ebbe Di Pietro? Si vocifera di tutto, dall'essere un agente della Cia ad
un agente di Andreotti.
«Vi è un ottimo articolo, scritto dal direttore Andrea Cinquegrani, uomo che stimo
moltissimo e che reputo un'eccellenza del giornalismo italiano, che mette in risalto
tutte le sfaccettature del caso Di Pietro. L'articolo è rintracciabile su internet al nome
di "Di Pietro chi?".
Ho avuto il piacere di guardare Di Pietro negli occhi, di riderci e scherzarci, ed anche
di parlare in dialetto. Di Pietro, posso affermare, è stato implicitamente aiutato da
quel sistema che poi ha deciso di farlo cadere. Il carisma di Di Pietro e la sua volontà
di dirigere una Mani Pulite Internazionale è stata, indirettamente, l'incarnazione delle
stesse forze che hanno poi benedetto il governo Berlusconi per poi successivamente
delegittimare Mani Pulite e l'operato del PM Di Pietro, in sintesi, è stato una pedina
poco consapevole, come tutti in quel momento, delle reali direzioni che stava
assumendo la politica italiana. Il futuro leader dell'Italia dei Valori venne invitato
anche negli U.S.A. e sarebbe interessante conoscere per filo e per segno i contenuti di
quelle conversazioni, ma noi curiosi sappiamo per certo che non furono altro che
tentativi di carpire le intenzioni del magistrato, nonché la profondità raggiunta dalle
inchieste di Mani Pulite. Una volta stabilizzatosi il sistema, iniziano gli attacchi della
magistratura al pool di Milano. Non solo nei confronti di Di Pietro, ma di Gherardo
Colombo e di tutti i suoi componenti.
Per le ipotesi di Cia, Fbi o agente di Andreotti, tutto è possibile. Specialmente nella
prima Repubblica. Ma su questo non posso affermare niente, poiché non ho studiato
nello specifico il caso. Tuttavia consiglio la lettura di "L'odore dei soldi" di Elio
Veltri, autore a cui ho dedicato in primis la tesi di laurea e poi questo libro.»
Nel tuo libro poni l'accento su di un'ipotetica trattativa tra mafia e quella che tu
definisci "corrente De Benedetti". Pensi sia tutt'ora valida?
«Autori come Travaglio lasciano intendere che i politici della sinistra democristiana
abbiano trattato con la mafia servendosi di esponenti dell'arma dei Carabinieri.
Dovremmo avere il coraggio di definire ciò che è empirico, ovvero che la sinistra Dc
aspirava da sempre alla guida del paese, anche in virtù di una sua posizione di
apertura a sinistra. E sembra inoltre strano che De Mita, capo corrente della sinistra
Dc, non avesse conoscenza delle azioni dei suoi sottoposti. Come ha potuto uno come
De Mita non conoscere i polli del suo recinto?
Non solo la sinistra Dc, ma anche la sinistra ebbe un ruolo non trascurabile. Vengono
fatti nomi quali quelli di Violante e De Gennaro, rispettivamente politico ed
esponente del mondo di polizia. Le accuse mosse verso quest'ultimi sono di
faciloneria, incompetenza ed omertà. Come verrà espresso nel libro, l'isolamento di
Borsellino da parte della sinistra culminerà non con la sua morte, ma con le bombe di
San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano, secondo alcuni messaggi rivolti a
Giorgio Napolitano e Giovanni Spadolini. Cose strane, certo, non prove, ma
collegamenti di fatti, non complotti. Bisognerebbe guardare a sinistra e non solo alla
Dc per la trattativa Stato-Mafia, poiché se una delle due fazioni politiche avesse
avuto intenzione di salvare la vita dei giudici, l'avrebbe fatto. In passato sono stati
sventati colpi di stato grazie al Pci, alzando solo una cornetta telefonica. Figuriamoci
salvare la vita di un giudice quando questi già è stato oggetto di minacce.»
Ultima domanda. Perché le dediche a Veltri e Giannuli?
«Originariamente, Storie di prima Repubblica nasce come un lavoro di tesi di laurea.
L'idea me la diede Aldo Giannuli, che volli incontrare per ricevere consiglio.
Naturalmente io ho stravolto il progetto originario, mettendoci del mio. E devo dire
che il risultato finale non è stato affatto male. Non potevo non affrontare il tema
stragi di stato poiché tuttora ritengo sia strettamente connesso al passaggio Prima-
Seconda Repubblica. E spero che se un giorno il proff. Giannuli leggerà il mio libro,
non la prenderà a male.
Per quanto riguarda la dedica ad Elio Veltri, mi sono ispirato molto a lui. Il suo modo
di raccontare la storia è simile, per aspetti, a quello di Montanelli. Indro Montanelli,
nella sua storia d'Italia, critica, giudica ed analizza spietatamente personaggi, luoghi e
circostanze. Veltri le chiarifica e le spoglia delle sofisticazioni. Grazie a Veltri ho
scoperto un nuovo modo di leggere la storia e di definire la politica passata e
corrente. Non a caso mi definisco un "socialista Veltriano".
Per la "simpatia" delle interviste ho pensato che non bastasse riadattare i contenuti e
stilare le necessarie definizioni, già presenti in forme diverse, e con diverse
argomentazioni, negli innumerevoli libri degli autori della vecchia classe dirigente.
Storie di prima Repubblica è un libro per i ragazzi che vogliono conoscere il vero
significato dei concetti della politica. E' un libro pensato per chiarire e per spiegare,
non per romanzare. Quello lo lasciamo fare ai politici della Seconda Repubblica. Per
quelli come me conta sì il politichese, ma la fede nei confronti della verità, del
proprio Paese e della memoria storica che andrebbe preservata ad ogni costo.»
*****
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